Sydney, 30 gennaio 2009
Dio strabenedica Barack Obama, l’invocai quando ottenne la nomination e l’invoco ancor di piu’ adesso. A me il discorso di Obama non ha procurato alcun entusiasmo. Ha detto cose intelligenti ma anche molte banalità. Spero che presto abbia cose importanti da dirci e dimostri veramente cosa sa fare. Ha un grosso handicap da superare: quello che molti pensano che sia in grado di risolvere tutti i problemi ed i mali del mondo. C’e’ un’esagerata aspettativa su di lui come fosse il nuovo Messia. La sbornia collettiva, per la cerimonia di incoronazione di Barack Obama a presidente del più potente Paese del mondo, non ha portato nessun entusiasmo ai listini delle borse internazionali e a quella americana. Tutte hanno chiuso con il peggior risultato di sempre nella giornata di insediamento di un presidente USA. Questo e’ un segnale poco incoraggiante ma, tutto sommato, Obama ha aperto alla speranza ed il che non e’ poco. La speranza contro la paura, e' stato il filo conduttore del discorso di Obama (ha per caso letto il libro di Giulio Tremonti?). L'”audacia della speranza”, e' stato il messaggio di Berlusconi al neo presidente. Ed invece Walter Veltroni? Anche questa volta dimostra di essere “scollato” dalla realtà. Lui, e tutta la sinistra italiana, predica il “catastrofismo”. Insiste nel sostenere che la gravissima crisi economico-finanziaria in corso e' stata sottovalutata dal governo italiano. Secondo lui, il governo sta offrendo “una risposta casuale e debolissima”. Eppure il commissario dell’Unione Europea agli Affari economici, Joaquin Almunia, ha dichiarato che le misure anticrisi italiane “costituiscono un’adeguata combinazione tra l'esigenza di stimolare l'economia e l'esigenza di mantenere prudenza nel gestire il bilancio”. Sempre per Almunia, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti “non ha bisogno” di suggerimenti, visto che “sa benissimo quello che bisogna fare”. Mentre e’ iniziata la nuova era Obama, che si spera rivoluzionerà il mondo, in Italia assistiamo al solito gioco delle “tre carte”, sia in vista della nascita del Partito delle Libertà, con il conseguente scioglimento di Forza Italia e di Alleanza Nazionale, sia in vista delle elezioni europee ed amministrative che si terranno dal 6 al 7 giugno 2009. E’ da alcune settimane che il “trasformista” Gianfranco Fini cerca di mettersi in mostra pronunciandosi su qualsiasi argomento, il tutto per aumentare le “quotazioni” di AN che sta chiudendo i battenti per confluire nel Pdl il 27 marzo. Da qui al 7 giugno la situazione nella maggioranza e’ destinata a peggiorare. Il governo rischia di perdere “cinque o sei” punti di consenso popolare per la litigiosità che si verificherà nel centrodestra. Per rendere meno evidenti le liti interne alla maggioranza, c’e’ la tentazione di congelare le riforme per riparlarne dopo le elezioni europee ed amministrative. Due sono i fronti aperti. Il primo, tra Forza Italia e Alleanza nazionale. Si gioca sull’assetto da dare al PdL e sulla riforma della giustizia. L’altro fronte vede contrapposte Forza Italia e la Lega e riguarda i costi del federalismo fiscale e la solita riforma della giustizia. Infatti, il disegno di legge del guardasigilli Alfano per cambiare il processo penale, che doveva essere discusso al piu’ presto in uno dei consigli dei ministri, non e’ stato ancora presentato per la mancanza di un testo condiviso tra gli alleati. Più aumentano i contrasti tra Forza Italia e An, più la Lega cerca di approfittarne. Umberto Bossi ha sentenziato che: “Forza Italia e An non possono andare d’accordo. Per fortuna che c’è la Lega!”. Insomma, il leader del Carroccio soffia sul fuoco della rivalità tra An e Forza Italia, perché gli porta voti. Poi si presenta a Berlusconi e Gianfranco Fini con l’aria di quello che lavora per la causa comune: grazie alla Lega, quei voti resteranno comunque all’interno della maggioranza. Non è per amore degli alleati che Bossi si impegna a recuperare i loro voti. In molte aree del Nord, iniziando dal Veneto, la Lega punta a sorpassare il PdL e quindi a “comandare”. La stessa Forza Italia è divisa. C’e’ chi chiede al premier di tenere duro, convinto che, se Berlusconi fosse irremovibile, Bossi e Fini finirebbero per allinearsi. E c’e’ chi e’ convinto che la partita più dura sia quella con la Lega. La situazione è complessa, ma non drammatica. È evidente che, con l’avvicinarsi delle elezioni europee ed amministrative, ci sarà sempre più concorrenza tra Lega e PdL, per il semplice fatto che si presenteranno con liste diverse. Ora nelle aule parlamentari si stanno portando avanti due grandi riforme: quella per il federalismo fiscale e quella della giustizia. Se fossero approvate si dimostrerebbe che quella in atto è una concorrenza leale, senza “furbate”. Per reggere la competizione con la Lega il PdL deve dimostrare la sua compattezza. Ma intorno a Berlusconi c’è anche chi pensa che, per non rischiare, l’unica soluzione possibile e’ rinviare l’approvazione del federalismo e la riforma della giustizia a dopo le europee ed amministrative. Un obbligo, più che una scelta. Nessuno dei nodi del federalismo fiscale e’ stato risolto dal Senato. C’e’ il rischio di un aumento delle tasse, se non si accorperanno i comuni e si aboliranno le province, cosa questa che la Lega non vuole. Il vero federalismo fiscale, in sostanza, si dovrebbe iniziare a discutere alla Camera. L’approvazione del testo al Senato serve solo alla Lega come “manifesto elettorale” per le europee. A maggio inizia la campagna elettorale. Il fittissimo calendario dei lavori parlamentari, nei due rami del Parlamento, sarebbe un ottimo alibi per rimandare il tutto. L’aula della Camera, ad esempio, deve ancora affrontare la riforma della pubblica amministrazione. Insomma, o si trova un accordo forte in tempi brevi, oppure Berlusconi potrebbe decidere di rinviare le riforme a quando nessuno avrà più motivi per rubare elettori agli alleati. Per l’8 giugno, dopo le elezioni europee ed amministrative, dovrebbe essere tutto finito e il governo “ricomincerà” a fare le vere riforme e riguadagnare il consenso popolare. Mentre negli USA e’ in atto un grande cambiamento, la politica italiana rimane ancora “invischiata” ai vecchi riti dannosi per far si che le singole “parrocchiette” mantengano o aumentino il potere. E gli interessi dei cittadini? Poco male, possono attendere.
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