martedì 30 marzo 2010

I finanziamenti soltanto alla "buona' stampa estera. La legge Tremaglia 459/2001 va abrogata.

Paga sempre il giusto per il peccatore. Calza perfettamente questo detto con la decisione del governo italiano di ridurre i fondi destinati ai giornali italiani pubblicati all’estero. E’ vero che molti giornali editi all’estero sono dei bluff. Dichiarano di stampare e distribuire un numero considerevole di copie quando, nella realtà, ne stampano ben poche e non sono distribuite nelle edicole, vengono usati soltanto per incartare il pesce. Tagliare indiscriminatamente a tutti i fondi, come e’ previsto, e’ da “screanzati”. Il governo non deve fare di tutta l’erba un fascio. Deve continuare a sostenere “esclusivamente” i giornali pubblicati all’estero se assolvono egregiamente il loro compito per cui furono fondati, cioè per informare, assistere, difendere e, persino, istruire le comunità italiane nel mondo. Il noto giornalista Gian Antonio Stella, sul “Il Corriere della Sera” del 22 marzo, ha scritto un articolo col quale ha voluto mettere in grande evidenza l’utilità’ della “buona” stampa italiana nel mondo tanto da essere, in alcuni casi, veramente “indispensabile”. A noi italiani in Australia, ancora ci brucia la grave offesa dell’Australian Financial Review. Si e’ permesso di pubblicare una mappa dell’Italia cambiandogli il nome in “Berlusconia” e dove Roma e’ stata ribattezzata “Puta”, Venezia “Venerea”, Ferrara “Merda”, Taranto “Tarantula”, Crotone “Cretino” e al posto della Sicilia “Mafia” e della Lombardia “Lombastardi”. Un vero insulto a tutti gli italiani all’estero ed in Italia, non solo a quelli che vivono in Australia. Quella mappa ha “vilipeso” l’Italia. Come poteva reagire compatta e con decisione la comunità italiana in Australia se non si fossero messi a capo della protesta i giornali italiani Il Globo & La Fiamma? Ora la questione e’ all’esame del Commissione per i Diritti Umani. I “buoni” giornali italiani pubblicati nel mondo svolgono anche un’altra funzione importante: il recupero e la diffusione della lingua italiana. Nei diversi Paesi, dove l’emigrazione italiana e’ presente in un certo numero, i giornali stampati in lingua italiana vengono usati nelle scuole come testi di studio. Anche questo ha contribuito alla maggiore diffusione dell’italiano che, dopo decenni di disinteresse, torna ad essere richiesto in molte scuole di tutto il mondo. Non sfugge piu’ a nessuno che l’Italia, come tutti gli altri Paesi del mondo, si trova in pessime condizioni economiche per una grave e profonda recessione finanziaria globale. Siamo anche tutti d’accordo che il governo ha l’obbligo ed il dovere di tagliare le spese “superflue” ma, se i cinque milioni che sono stati tagliati all’editoria italiana nel mondo, andrà a discapito dei “buoni” giornali e’ come darsi la zappa sui piedi. Come può gli italiani nel mondo continuare ad essere quell’enorme risorsa politica, morale, culturale, sociale ed economica se, giorno dopo giorno, gli si toglie l’acqua per innaffiare le radici della buona e forte pianta dell’italianita’? Non vogliamo credere che Berlusconi si rimangi la sua promessa (ancora su YouTube): “Io garantisco che manterremo rapporti sempre più stretti con le vostre comunità”. Il vero problema, pero’, e’ che i voti degli italiani nel mondo non sono mai serviti, non servono e non serviranno a nessun partito politico italiano perché non si sommano con i loro voti. I nostri voti servono esclusivamente per eleggere 18 “inutili” e “costosissimi” parlamentari. A pensar male si fa peccato, ma spesso ci s’indovina, dice spesso Giulio Andreotti. Volete scommettere se noi italiani nel mondo dovevamo votare per le elezioni regionali del 28 e 29 marzo, sicuramente saremmo stati trattati meglio? Saremmo stati “corteggiati” dai partiti italiani per accaparrarsi il nostro voto. E’ da subito dopo le elezioni politiche del 2006 che avevo intuito che era contraddittoria e, persino, svantaggiosa per gli italiani nel mondo la legge Tremaglia 459 del 27 dicembre 2001 che stabiliva le “Norme per l’ esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’ estero”. Dopo i clamorosi fatti delle ultime settimane, su tutti l’eclatante caso del senatore del Pdl Di Girolamo finito in carcere, ormai tutti hanno la consapevolezza che la legge 459/2001 vada completamente cambiata. Nel 2006 gli italiani nel mondo si accorsero che i loro voti non “contano nulla” perché, come su detto, non si sommavano agli altri voti, quindi, non potevano favorire o sfavorire nessun schieramento. Anche se quell’anno Prodi poté formare il governo con la maggioranza di un solo senatore eletto all’estero. Il suo salvatore ha il nome di Luigi Pallaro eletto in Argentina, inizialmente schierato con Forza Italia. Fatto non inconsueto in Italia, Pallaro fece un “mini ribaltone”, ma che fu decisivo, e Prodi cominciò il suo viaggio verso gli scogli dove “ingloriosamente” sarebbe naufragato appena 18 mesi dopo. La legge Tremaglia nasce dopo una riforma costituzionale, la modifica degli articoli 48, 56 e 57, approvata nella XIII legislatura. All’art. 48 della Costituzione vene aggiunto il seguente comma: “La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tal fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere”. E poi furono modificati anche gli art. 56 e 57 della Costituzione, che disciplinano l’elezione della Camera e del Senato: “alla Circoscrizione Estero vengono riservati 12 deputati e 6 senatori. Numero definito e immutabile, blindato da eventuali cambiamenti demografici”. La modifica, all’epoca dei fatti, fu fatta con i voti “bipartisan”. Inascoltati furono i richiami alla realtà di alcuni parlamentari, che proponevano di concedere il voto “esclusivamente” ai “temporaneamente all’estero” (docenti, personale PA, militari, ricercatori ecc.) e non già ai residenti all’estero. Persone che, magari, da molti anni lontani dall’Italia, si erano inseriti nella realtà dei loro Paesi d’accoglienza e che non avevano piu’ interessi in Italia oppure li avevano parzialmente. In altri Paesi, ad esempio in Inghilterra o in Germania, dopo un certo numero di anni di residenza stabile all’estero, non si ha piu’ il diritto di voto. La legge era un atto dovuto nei confronti degli italiani nel mondo ma, purtroppo, e’ nata male perché “troppo teorica” ed i “furbacchioni” (per non dire “imbroglioni”) l’hanno interpretata a loro uso e consumo per fruttarla a loro personale esclusivo vantaggio e non a tutela di chi li votava. I cittadini italiani residenti all’estero il diritto di voto l’hanno sempre avuto, solo che prima della legge Tremaglia, per votare, dovevano tornare in Italia. Tremaglia, che da molti anni era impegnato per far ottenere il voto agli italiani all’estero, durante la XIV legislatura (2001), divenne Ministro per gli italiani nel mondo nel Governo Berlusconi. Con la legge 459 del 2001 si definì le modalità della Circoscrizione Estero che venne divisa in 4 grandi Ripartizioni: 1) Europa; 2) America Settentrionale e Centrale; 3) America Meridionale; 4) Africa Asia Oceania e Antartide. Come modalità di esercizio del voto si scelse quello per “corrispondenza”. Il piu’ “semplice” per sperare nel coinvolgimento degli elettori (che già si sapeva ch’erano “scarsamente” interessati), ma anche il più “complesso” da gestire da un punto di vista organizzativo e, soprattutto, il piu’ “esposto” ai brogli come, infatti, ci furono e non pochi ed in tutte le “salse”. La famosa fantasia italica ha superato se stessa “inventando” infiniti modi per “barare”. In alternativa la legge prevede che si può votare presso la sezione elettorale italiana nelle cui liste l’elettore e’ iscritto. Prima di ogni scadenza elettorale i consoli devono chiedere all’interessato di optare se votare all’estero o in Italia. Alla luce dei disastrosi risultati (brogli ed inutilità dei 18 eletti) di questi ultimi quattro anni dell’applicazione della legge Tremaglia, da piu’ parti si chiede di riformarla e, persino, di abolirla. Ma, in ogni caso, il diritto di voto acquisito dagli italiani all’estero, verrà mantenuto. Quale sarebbe la soluzione migliore per noi italiani nel mondo per eleggere i nostri rappresentati e sceglierli tra i piu’ validi candidati e non “imposti” dai partiti politici italiani? Prima di tutto bisognerebbe chiedere l’equiparazione del nostro voto a quello degli italiani residenti in Italia. Quindi fondare un nostro partito “sganciato” da qualsiasi altro partito politico italiano. Sono oltre 4 milioni (forse anche piu’) gli italiani nel mondo iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) con diritto di voto, come consistenza potrebbe essere il terzo o il quarto partito italiano. Gli articoli 48, 56 e 57 della Costituzione dovrebbero essere ripristinati nella forma originale e “la ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione, per seicentotrenta e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e piu’ alti resti” come recita il comma terzo dell’art.56 della Costituzione ed anche l’art.57 dovrebbe avere la medesima applicazione circa la ripartizione dei seggi. Con 4 milioni e piu’ di voti il “nostro” partito potrebbe acquisire (piu’ o meno) 40 parlamentari. Allora si che gli italiani nel mondo conterebbero e come! Allora si che i politici italiani la smetterebbero di prenderci a pesci in faccia e potremmo influire nelle decisioni del governo! Decideremmo che i giornali italiani “bluff” editi all’estero debbono essere abbandonati a loro destino negandogli i contributi, ma la “buona” stampa deve essere aiutata come lo e’ quella in Italia dei giornali di partito, semipartito, cooperativa, semicooperativa e di tutti quelli degli altri “furbetti del quartierino” che, stando vicini alla “al fienile”, riescono ad accaparrare qualche fascio di fieno. Se il governo ritiene necessario aiutare La Padania, Liberazione, Il Fatto, L’Unita’, Il Secolo d’Italia, La Repubblica ecc, e’ molto piu’ che “necessario” che finanzi i “buoni” giornali italiani all’estero. Berlusconi e’ un uomo che mantiene sempre la parola data, non e’ un “ciarlatano”. Ci ha assicurato:“Io garantisco che manterremo rapporti sempre più stretti con le vostre comunità”. E’ un impegno chiaro e solenne che ha preso con tutti noi italiani nel mondo. Se non dovesse mantenerla non potremmo piu’ considerarlo uno “statista”, ma uno dei tanti, troppi “ciarlatani”.

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