martedì 4 settembre 2012

Napolitano ha fatto orecchi da mercante ed ora ne paga le conseguenze.


L’Italia e’ la patria dei “gattopardi” che, si sa, vogliono far finta di voler cambiare tutto a patto che “tutto resti immutato”. I nostri parlamentari, “al riparo” dei loro “lauti stipendi”, non sentono il peso della crisi economica e si “disinteressano” di qualsiasi altro problema e passano le loro giornate in “vacanza” e a parlare di “quisquilie” e “pinzillacchere”. A parere di tutti sarebbe giusto varare una legge che regoli le “intercettazioni”. In passato si e’ esagerato, si sono coinvolti e rovinati anche degli innocenti. Ma, sempre a parere di tutti, la nuova legge “non deve cambiare nulla”. Se cambia qualcosa, se veramente essa punisce chi sgarra, e’ “la fine del mondo”, per questo se ne discute da anni. L'unica buona legge e’ “nessuna” legge. Solo in uno Stato in“decadenza” può capitare che le conversazioni telefoniche del presidente della Repubblica, non intento ad organizzare un “golpe”, finiscano nelle carte di un processo penale e sui mezzi di comunicazione. Il difetto sta nella legge che regola le intercettazioni, sta in un costume che ha consentito la pubblicazione di ogni cosa, sta nella “barbarie” degli istinti piu’ “faziosi”, sta nel non avere posto rimedio quando era evidente che il problema sarebbe diventato una “cancrena”. Troppi fecero i furbi e la responsabilità e’ anche del presidente della Repubblica. Napolitano e’ responsabile, assieme a tutto il mondo politico e istituzionale che ha reso impossibile la modifica di una “demenziale” legge sulle intercettazioni. Per l’interesse collettivo “si deve intercettare” a fini d’indagine e di prevenzione, ma i contenuti non debbono essere usati per “sputtanare” cittadini ancora presunti innocenti, o le cui parole sono del tutto prive di “valenza penale”. In qualsiasi Paese “civile” del mondo, la polizia giudiziaria e’ libera d’intercettare, ma le cose che ascolta “non sono mai prove” (se non in casi eccezionali), ma “solo piste” che debbano portare a “prove concrete”. Il testo delle intercettazioni non deve mai essere depositato in nessun fascicolo giudiziario, dove, invece, vanno le prove e non le “chiacchiere”, e mai e poi mai quelle intercettazioni potranno essere date in pasto ai “media”. In questo modo e’ salva l’esigenza d’indagare salvaguardando la dignità delle persone. Ma non si e’ voluto adottare una simile soluzione, perché si e’ “goduto” nell’usare questa “vergogna” giudiziaria per “infamare” Berlusconi. Giorgio Napolitano, con tutto il rispetto che si deve all’incarico che ricopre, ha fatto orecchie da mercante quando le intercettazioni “non lo riguardavano”. Cosi’ ha favorito il prosperare di questa “sconcezza” tutta italiana. Ora Napolitano, se i testi di quelle telefonate che lo riguardano esistono, ha un solo modo “per fare chiarezza”: deve farle diventare di dominio pubblico. Antonio Di Pietro anticipa il contenuto di alcune conversazioni, ed afferma che ci sono anche “insulti” diretti a delle persone (Berlusconi). E’ gravissima la situazione che si e’ creata, e la cosa più grave consiste nel fatto che alcuni “media” abbiano quei testi e altri no, ecco perche’ converrebbe a Napolitano divulgarli. Non e’ in gioco solo il suo onore o l’equilibrio istituzionale, ma la sicurezza di ciascun individuo, la libertà dei cittadini e della collettività. La questione e’ semplice. Il Pd, insieme al Pdl, approvino finalmente una vera legge che regoli le intercettazioni, se vogliono che l’Italia sia un Paese “normale”.

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