La
situazione in Italia dopo la seconda guerra mondiale era “difficile e disastrata”, la produzione industriale
dimezzata, l’agricoltura danneggiata, i viveri di prima necessità erano “razionati”, mancavano lavoro e case. Aveva
assunto il potere il comitato di liberazione nazionale dell’alta Italia che favorì
la nascita dei “consigli di gestione” tra operai e
imprenditori con lo scopo di dare vita in Italia a una democrazia socialmente
avanzata. Il governo passò da Bonomi a Parri, un antifascista esponente della
resistenza e leader del “Partito d’azione”.
Il nuovo governo era formato da esponenti dei 6 partiti del comitato di liberazione nazionale (Democrazia Cristiana, Partito
Socialista, Partito d’azione, Partito Comunista Italiano, Partito Liberale Italiano
e Democrazia del lavoro). Lo scontro tra i moderati, sostenuti dal potere
economico, porta al governo il democristiano De Gasperi che fu protagonista
della politica fino alla sua morte nel 1954. Togliatti “propose un’amnistia nei confronti di quelli che avevano aderito alla repubblica di Salò”. Dopo
tanti mesi di guerra civile, il volere rompere con il passato, per “il bene dell’Italia”, riportarono al
loro posto questori e prefetti di “nomina
fascista” (oggi invece Bersani si rifiuta di formare un “governo di scopo” con il Pdl). Il 2
giugno 1946 si tenne il referendum
a suffragio universale. La repubblica vinse con due milioni di voti in più sulla
monarchia.
Il re andò in esilio. Il primo presidente eletto è Enrico de Nicola che succede
a Luigi Einaudi. Poi nel ’60 l’Italia
raggiunse il “miracolo economico”. Dal 1968 è tutto un
susseguirsi di “movimenti di contestazione”,
a volte violenti (brigate rosse e nere) e, tuttavia, nessuno di essi ha
lasciato grandi tracce nella storia. Le rivoluzioni vere, infatti, sono figlie
della “disperazione” o “dell’ideologia”, non del “capriccio”. Comunque, perché una
rivoluzione trionfi, bisogna che abbia buoni motivi, diversamente, come nel
caso “emblematico” del ’68, si
finisce col fare “un gran fracasso” e
non concludere nulla. Dalla fine della seconda guerra mondiale si è vissuto un
periodo di pace, libertà e prosperità. Dunque sarebbe stata possibile solo una “rivoluzione ideologica”, ma ideologie
nuove non ne sono nate e le vecchie, comunismo, fascismo, nazismo, maoismo e socialismo
reale sono fallite. Dal punto di vista economico hanno fatto marcia indietro
Paesi, come la Cina, che si sono date alla più “scatenata economia di mercato”. I giovani si sono dunque trovati a
vivere in un tempo “tanto facile e tanto
disincantato” da sentirsi costretti a “mimare
finte rivolte”. I giovani negli
ultimi 50 anni hanno avuto tutto e di tutto di più, tanto da sentirsi “annoiati”. Il loro problema è “ammazzare” la noia. Vivono cercando di “stupirsi” e “divertendosi” per superare la noia. I Paesi occidentali vivono un
momento di stasi. Economicamente il loro massimo sforzo è conservare le conquiste
raggiunte. Politicamente, avendo già la libertà e la democrazia, i giovani
soffrono di uno “scontento esistenziale”
e si “annoiano”. Per questo, alla ricerca
di una “risibile gloria”, alcuni di
loro tendono a sfogarsi scegliendo bersagli insignificanti. In realtà, che cosa
può importare ai ragazzi di un treno che corre in una galleria sotto il
Moncenisio? Protestano per sentirsi vivi. E, infatti, la maggior parte dei
movimenti sono di “contestazione”,
non di “proposta”. Il militante “No TAV” non vuole fare niente: non
vuole progredire. Questi militanti dicono
“no” agli aeroporti, alle centrali nucleari, al Mose di Venezia, al Ponte
sullo Stretto, ai radar militari, all’immaginario elettrosmog, agli inceneritori,
ai termovalorizzatori, alla riforma della scuola ecc. “No” a tutto. Un tempo le rivoluzioni “vere” le facevano i “progressisti”,
ora quelle “fasulle” le fanno i “conservatori”. Tutto si riflette al momento
politico italiano. Con la recessione, la disoccupazione, il possibile fallimento
dell’Italia e dell’euro, il Paese e’ sull’orlo del baratro. E tuttavia, dal
momento che nessuno, né a Roma né a Bruxelles, sembra avere una soluzione, si “traccheggia”. Ci si occupa di altri più“risibili” problemi. Si vagheggia un’“epocale” cambiamento abbassando i costi
della politica, combattere la corruzione, fare la legge sul conflitto
d’interessi, la legge elettorale, il rinnovamento delle istituzioni ecc. E a “paladino” di questo cambiamento si
propone un movimento “inconsistente e
futile” come il “Movimento 5 Stelle”.
I “grillini” sono convinti che tutto
si aggiusterà mandando a casa i politici attuali. Buttando in galera
Berlusconi. Tagliando gli stipendi ai parlamentari. Mettendosi continuamente di
traverso e, soprattutto, dicendo “parolacce”.
Non hanno capito che i “difetti morali”
della nostra classe politica sono anche i “difetti
morali” di tutti gli italiani, “grillini”
compresi.
Nessun commento:
Posta un commento