La scissione di Scelta Civica
Gianni Pardo
Lunedì, 24 Giugno 2013
Pierferdinando Casini e Mario Monti si separano. La notizia compare appena
sui giornali, talmente i due personaggi sono divenuti irrilevanti: “la strana
maggioranza” non ha bisogno di loro e in questi mesi non sono stati capaci di
un’iniziativa che gli desse visibilità. Il magro risultato di febbraio forse è
stato ancora benevolo, rispetto a ciò che l’elettorato pensa di loro. Ma sarebbe
comunque bello riuscire a capire come mai i due si siano tanto illusi e come mai
siano arrivati a non sopportarsi più.
La radice di tutto è il governo Monti, nato da due presupposti erronei: che
la crisi fosse colpa di Berlusconi eche obbedendo a Bruxelles l’Italia si
sarebbe salvata. L’unico presupposto vero era che, data l’impopolarità del
programma - su cui nessuno era disposto a mettere la faccia - bisognava
costituire un esecutivo neutrale che si facesse carico del lavoro sporco. E a
causa di quest’ultimo punto, da quel momento tutti i giornali, anche quelli di
sinistra (in odio a Berlusconi), decisero che dovevano dir bene di questo
governo, checché facesse. Dovevano descrivere un’Italia che ritrovava una guida
illuminata, la sua dignità, e presto anche la sua prosperità. Né il centrodestra
poteva dir male di Monti, perché aveva deciso di votargli sia la prima fiducia,
sia le successive. Tutto ciò – almeno nelle occasioni ufficiali – dette
l’impressione che quel governo fosse ottimo. O che almeno fosse il migliore
possibile. Non si capì che la gente bada più al messaggio del proprio portafogli
che ai discorsi dei personaggi altolocati. Anche se sono seri fino ad essere
lugubri.
Solo con una prospettiva temporale più ampia si è compreso che, per qualche
tempo, la nazione ha vissuto su due piani paralleli. Monti, accecato da
un’adulazione corale che lo confermava nell’opinione eccessivamente positiva che
ha di sé, ha creduto che l’intero popolo italiano lo sostenesse
incondizionatamente. E Casini, vittima della stessa illusione, s’è creduto furbo
saltando sul carro del (futuro) vincitore. L’Italia ufficiale, sostenuta da una
pubblicistica compunta e fervorosa, mentre sospirava di sollievo per essersi
liberata del Cavaliere, ha voluto ad ogni costo accreditare una versione
addomesticata della realtà. Ma è riuscita ad ingannare solo sé stessa. Ha
dimenticato che, come insegna il detto, si può ingannare qualcuno per tutta la
vita, tutti per qualche tempo, ma non tutti per tutta la vita. Quando si
scontrano con dolorosi dati concreti, le illusioni scoppiano come palloncini.
Gli italiani, non che credere di avere vissuto un periodo di riscatto e di
rinascita, hanno visto che il Paese precipitava nel baratro della recessione e
ne hanno dato la colpa ai partiti che sostenevano il governo. E proprio per
questo hanno votato per Grillo: “Per chiunque ma non per questi qua”.
Il popolo ha visto Monti come una mosca cocchiera, capace solo di aumentare
le tasse e impoverire tutti. Un docente qualunque che ha vinto alla lotteria ed
ha creduto assurdamente di avere l’Italia ai suoi piedi, tanto da poter trattare
tutti con arroganza. Non dimentichiamolo, alle elezioni il Professore ha da
prima proposto non che il suo partitino si associasse al Pd, ma che il Pd si
associasse al suo partitino. Gli errori della campagna elettorale hanno fatto il
resto: se fosse durata un po’ di più, questo personaggio pomposo e smorto si
sarebbe autocancellato. Comunque la realtà si è vendicata di lui, di Casini,
rimasto in braghe di tela, e di Fini, mandato a godersi le ferie a tempo
indeterminato. Non è vero che il popolo finisce col credere ai giornali, se essi
dicono tutti la stessa cosa. Se così fosse, nel ’43 tutti gli italiani sarebbero
stati convinti che stavamo per vincere la guerra.
Rimane da chiedersi perché, nella sconfitta, Monti e Casini non possano
almeno rimanere insieme. Probabilmente ciò dipende dal fatto che il Professore,
pur ridimensionato, non ha perso l’enorme stima che ha della propria
superiorità. Non smette di essere irritante e di credere d’avere il diritto di
trinciare giudizi sugli altri come fossero studenti timorosi del voto che gli
metterà sul libretto. Alla fine Casini e i suoi amici si sono accorti che non
solo Monti non è il titolare del carro vincente, ma rischia di portarli a fondo
con sé. Meglio riprendere la propria autonomia. Nell’Udc sono quattro gatti, ma
sono radicati nel territorio e sono autentici professionisti della politica. Da
soli hanno la speranza di ritrovare i loro antichi elettori e potrebbero perfino
andare a cercare i vecchi alleati. Hanno certamente sbagliato ma non hanno, come
altri, provocato gli dei con la loro presunzione.
22 giugno 2013
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