Gianni Pardo
Mercoledì, 14 Agosto 2013
Berlusconi è stato inopinatamente condannato in Cassazione e i giornali non
parlano d’altro. E invece c’è chi si sente vittima di una sorta di afasia. Non
c’è un’idea che si presenti alla mente con quei connotati di chiarezza e
distinzione che la renderebbero degna di essere comunicata. Si possono soltanto
elencare gli snodi, i dubbi irrisolti, le possibili soluzioni.
Nel frattempo s’è aperto il festival delle ipocrisie. Si fa finta di credere
che la Cassazione abbia emesso una normale sentenza, che il Cavaliere abbia
commesso un grave reato e che per questo sia stato punito. In realtà non lo
crede nessuno. Se quell’uomo fosse un delinquente, sarebbe già stato condannato
la prima volta che è stato accusato. O anche la seconda. O anche la terza. Ma
non la trentesima. Se avviene alla trentesima accusa è segno che si è tanto
insistito che finalmente si sono trovati tre giudici di fila disposti a
condannarlo comunque. Ecco perché tanti italiani voterebbero di nuovo
per lui domani mattina. Ed ecco perché tutte le omelie che vengono dal Pd – “le
sentenze si rispettano”, “Berlusconi è indegno di partecipare alla vita
politica”, “le sentenze si eseguono”, “Berlusconi faccia un passo indietro” –
suonano false. A sinistra mietono una messe attesa per lustri ma che è stata
loro offerta dalla magistratura: un successo ottenuto barando.
La sentenza, comunque la si voglia qualificare, esiste ed ha i suoi effetti.
Dunque è inutile girarci intorno: Berlusconi deve scontare la pena. Una grazia
di Giorgio Napolitano è improbabile e comunque farebbe un buco nell’acqua:
perché ci sarà un’altra sentenza e un’altra ancora, soprattutto ora che s’è
rotto il ghiaccio. All’occasione basterà continuare a non ascoltare i testi
della difesa o a dichiararli falsi e condannare anche loro.
Il Presidente Napolitano non si impegna a nulla e parla degli interessi del
Paese. Ma Berlusconi in questo momento si starà chiedendo chi pensa ai suoi, di
interessi. E immaginiamo abbia il sospetto che debba pensarci lui. Né sono
significativi i moniti quirinalizi riguardanti lo scioglimento delle Camere e
nuove elezioni: Napolitano ammonisce, Berlusconi decide.
Il fatto che il Cavaliere sia formalmente escluso dalla vita politica in
Parlamento è meno significativo di quanto i suoi avversari possano sperare. Il
king è importante, ma più importante è il king maker. Un Berlusconi privato
dell’elettorato passivo rimane infatti il capo del suo movimento. Potrà tenere
comizi, rilasciare interviste, continuare ad essere il dominus del suo partito.
A quel punto, quanto peserà l’impossibilità di essere deputato o senatore? Forse
che Beppe Grillo lo è? E se tentassero di ridurlo al silenzio, non gli si
potrebbe comunque negare ciò che è stato concesso ad Adriano Sofri, colpevole di
omicidio: quel detenuto eccellente dalla sua cella ha scritto per i giornali ed
ha continuato a partecipare quotidianamente alla vita pubblica. Diversamente
all’estero si potrebbero accorgere che in Italia non è lecito fare politica
contro la sinistra: si rischia la mordacchia e la morte civile.
Senza dire che Berlusconi potrebbe sempre farsi prelevare da un elicottero
nel cortile di casa e volare verso un paradiso qualunque da cui, via satellite,
non sarebbe solo presente, in Italia, ma addirittura ubiquo. Non siamo ai tempi
di Craxi. La sinistra si illude, se pensa di avere eliminato Berlusconi dalla
scena. Forse è meglio che speri nell’anagrafe.
I giornali riferiscono ogni giorno che questo ingombrante personaggio ha
detto questo e ha detto quello, ma una persona di buon senso non si fida. Non
solo potrebbe trattarsi d’invenzioni, ma Berlusconi potrebbe non fare ciò che ci
si aspetta, perché non è sottoposto alle decisioni di alcun sinedrio. Come
sempre, ascolta i consiglieri ma alla fine fa di testa sua. E potrebbe far
cadere il governo anche se tutti glielo sconsigliano. Perché costoro parlano nel
loro interesse, lui agisce nel suo. Ma attualmente può anche darsi che neppure
lui sappia qual è la migliore linea da seguire.
La vicenda avrà comunque provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la
modifica dell’art.68 della Costituzione (1993) ha turbato l’equilibrio dei
poteri. Oggi la magistratura decide chi può partecipare alla vita politica e chi
no. E quando la materia è troppo astratta per essere risolta con una condanna
penale, ci pensa la Corte Costituzione a far prevalere, sulla volontà del
Parlamento, quella di alcuni uomini non eletti ma in toga.
Se si costringe la politica ad avere i suoi momenti più importanti fuori dal
Parlamento - perché fuori dal Parlamento è tenuto chi in esso peserebbe di più -
la nostra democrazia è azzoppata. Chi non lo vede deve andare dall’ottico.
L’oculista sarebbe sprecato.
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