Gianni Pardo
Venerdì, 09 Agosto 2013
Qualcosa di analogo avviene in materia elettorale. Apriamo un giornale,
vediamo la televisione, ascoltiamo una Rassegna Stampa e ci sentiamo ripetere
continuamente che è indispensabile, indifferibile e improcrastinabile cambiare
l’attuale legge attuale. E siamo costretti a ripetere per l’ennesima volta che
non siamo a Natale, che quell’affermazione è sciocca e temeraria.
Per essere rassicurati sulla nostra salute mentale sarà bene rivedere i
motivi per cui crediamo più alla realtà che agli slogan. Una nuova legge
elettorale, per essere preferita all’attuale, deve incontrare l’approvazione dei
più importanti partiti. Poiché però ognuno di loro vorrebbe modificarla a
proprio vantaggio e a svantaggio degli altri, in tanti anni non si è arrivati ad
un accordo. Dunque è inutile presentare quella modifica come qualcosa di facile,
qualcosa che si può fare e si deve fare in quattro e quattr’otto per essere in
grado di andare a votare dopodomani. Se si vuol fare una riforma condivisa può
anche darsi che, pur dandosi mesi e mesi di tempo, non ci si riesca.
Se la legge avesse un solo, grandissimo difetto, identificato da tutti come
tale, i partiti almeno si sarebbero potuti mettere d’accordo sulla sua
eliminazione. Ma così non è stato. Dunque la legge non ha un solo grande difetto
riconosciuto come tale da tutti, ne ha molti, sulla cui identificazione a quanto
pare non tutti sono d’accordo. Ché anzi i difetti degli uni possono essere i
pregi degli altri.
Si dà ad intendere che la legge elettorale è cattiva e andrebbe sostituita
con una buona (senza mai specificare quale): ma è fumo negli occhi. Nessuna
legge elettorale è “buona”. Sono tutte compromessi fra governabilità e
rappresentatività. E migliorando una di queste due esigenze si peggiora
l’altra.
Si dice che il Porcellum provoca l’ingovernabilità e non è vero. Se un
partito avesse il 40% dei voti, e si alleasse con un partito che ha avuto il 15%
dei voti, anche al Senato si avrebbe una solida maggioranza del 55%. Non è la
legge che provoca l’equilibrio al Senato, oggi o al tempo del governo Prodi, è
il voto degli elettori.
Se poi si volesse – così come stabiliva l’originario progetto della legge
Calderoli prima delle modifiche imposte dal Presidente Ciampi – che anche al
Senato il partito più votato abbia il 55% dei seggi, basterebbe modificare la
Costituzione in questo senso. Ma proprio questo abnorme premio di maggioranza
(oggi applicato su base nazionale solo alla Camera, a beneficio del Pd) si
rimprovera alla legge attuale. Si dice che esso è antidemocratico e per nulla
rappresentativo della geografia politica del Paese. E allora, forte premio di
maggioranza sì o no? Abolirlo alla Camera o introdurlo al Senato? Una cosa è
sicura, salvo che si attribuisca un premio di maggioranza generalizzato,
eccessivo e brutale, nessuna legge elettorale può assicurare la governabilità:
se i due principali partiti prendono più o meno gli stessi voti, si ha
l’instabilità e la fragilità dell’ultimo governo Prodi. Se i partiti che
prendono più o meno gli stessi voti sono tre, è anche peggio: si ha la
situazione attuale. La governabilità si ha solo se l’elettorato dà ad una
coalizione un confortevole margine di voti.
La legge attuale è cattiva ma anche le altre lo sono. E lo sarà anche quella
che dovesse risultare dalla riforma. Non si dimentichi che si parla di tornare
al Mattarellum, che a suo tempo fu modificato perché “cattivo”. In realtà ognuno
giudica buona la legge che gli conviene e cattiva quella che non gli conviene.
Quella attuale ha solo un difetto particolare: è formulata in modo da favorire
la governabilità alla Camera e la rappresentatività al Senato. E poiché una
qualunque legge in Italia deve essere approvata da ambedue i rami del
Parlamento, prevale l’ingovernabilità. Che però sarebbe stata evitata non da una
diversa legge ma da una diversa volontà degli elettori. Dunque si può anche
andare a votare con il Porcellum come con qualunque altra legge. Tanto, l’Italia
sembra avere la vocazione dell’ingovernabilità.
Non è necessario essere specialisti di diritto costituzionale per riflettere
su queste tesi. Coloro che ci parlano con tanto sussiego della bruciante urgenza
di cambiare la legge elettorale perché non spiegano in concreto che cosa
vogliono fare? Oppure il loro livello politologico è lo stesso di chi scrivesse
sui muri “Abbasso il Porcellum”?
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