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sabato 25 luglio 2009



Grillo fuori dal Pd.
E ammette: c'è un complotto contro Silvio


22/07/2009 |

Al Cavaliere non ne ha mai fatta passare una. Se c'era da attaccare, attaccava. se c'era da punzecchiare, punzecchiava, se c'era da criticare, criticava. Eppure il re dei censori, Beppe Grillo, questa volta non può che ammettere: contro Berlusconi è in atto un complotto. Da cosa lo evince? Ma dalle registrazioni pubblicate su Repubblica.it e relative alle conversazioni tra il premier e la escort Patrizia D'Addario. Nel suo blog, oltre alla sua candidatura infranta (il Pd ha stracciato la sua tessera), Grillo parla della D'Addario e del Cavaliere: "Ho ascoltato le conversazioni tra la D'Addario e Berlusconi", scrive il comico; "la mia impressione è che siano state preparate, studiate a tavolino. Riascoltatele, la D'Addario sembra recitare una parte. Non mi sembra verosimile che una escort rischi tutto, si metta contro il Sistema, per una concessione edilizia negata, per una promessa non mantenuta dello psiconano. Poteva vendere le registrazioni a qualunque cifra all'interessato, e non lo ha fatto. È una supposizione, ma la D'Addario mi ricorda il cadavere di Salvo Lima usato contro Andreotti. Altri tempi. Per lo psiconano potrebbe essere sufficiente una prostituta".

Di fatto sono stati resi pubblici atti che un pm tiene sottochiave: questa è la realtà. Detto pm è stato preso in giro perché si ostina a custodire “in un armadio blindato nella caserma della Guardia di finanza” nastri che tutta Italia ha già ascoltato: come figura non è certo delle migliori. Arriva anche l’esclusiva del settimanale “Oggi” che pubblica gli scatti “proibiti” di un fotoromanzo porno-soft con protagonista proprio la D’Addario. Scrive il settimanale: «Allora (la D’Addario, ndr) si faceva chiamare Patty Love. Cosa c'è di strano nel fare fotoromanzi osè per una escort? C'è che la trama del racconto sembra proprio il copione di quello che stiamo vedendo in queste settimane. Patrizia seduceva un "cavaliere" (così lo chiama nel fotoromanzo), gli offriva le sue "grazie" e poi, con l'aiuto di un complice, si faceva fotografare durante un amplesso per poi ricattarlo...».Si attendono i prossimi sviluppi.



Tessera Pd stracciata - Voleva fare il fondo a tutti, destra e sinistra, candidandosi nelle file del Pd. Ma alla fine il fondo lo hanno fatto a lui. Beppe Grillo getta la spugna. È costretto a mollare la sua corsa alla leadership del Pd. E lo fa attraverso il suo blog, con un secco P.S. "Il PD meno elle ha annullato anche la mia iscrizione di Paternopoli. Non ho quindi la possibilità di candidarmi a segretario". L'annuncio fa seguito alla comunicazione della segreteria provinciale del Pd di Avellino sottoscritta dal segretario Vanda Grassi, con cui veniva respinta la tessera n. 40 del circolo di Paternopoli 'Martin Luther King' intestata, appunto, a Grillo. La procedura è scattata dopo aver sentito il parere della segreteria nazionale del Pd. Grassi ha imposto al coordinatore del circolo irpino Andrea Forgione di restituire al comico genovese la quota dovuta per l'iscrizione al circolo.
Ma a Forgione la cosa non va affatto giù. E in un'intervista rilasciata all'adnKronos afferma: “Soffro come un cane perchè vedo infrangersi il sogno di Walter Veltroni di un partito aperto. Lo stesso sogno che mi ha fatto avvicinare al Partito democratico. Ieri alle 17 siano andati a consegnare le tessere alla federazione provinciale di Avellino e quella di Grillo non l'hanno nemmeno voluta vedere. Non hanno nemmeno fatto il passaggio formale di prendere le tessere, fare le verifiche e quindi respingere l'iscrizione. Niente. Fuori, punto e basta”. Forgione riferisce che ieri ha parlato con Grillo al telefono dopo il definitivo non al suo tesseramento: "Mi ha ringraziato e mi ha detto che le rivoluzioni si possono fare anche dalla periferia. Speriamo. Io sono molto dispiaciuto perchè il partito di Roma ha perso l'occasione di dimostrare che siamo un partito democratico davvero.
Hanno vinto gli 'ayatollah' di Roma e i loro 'mullah' sul territorio".

sabato 18 luglio 2009

Straordinario successo del G8 all'Aquila. Il Pd in grande confusione e Beppe Grillo l'aumenta.

Il Globo & La Fiamma - Australia

Friday, 17 July 2009
GIAMPIERO PALLOTTA
Orgogliosi, dobbiamo sentirci molto orgogliosi di essere italiani dopo lo straordinario successo planetario ottenuto dall’Italia al G8 dell’Aquila. L’Italia ha avuto un ruolo centrale in questo vertice, non solo dal punto di vista cerimoniale, in quanto Paese ospitante, ma anche dal punto di vista sostanziale. Ad esempio, le posizioni sostenute da molto tempo dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, in materia di riforma delle regole del sistema finanziario, hanno qui trovato sostegni e ampie convergenze. E’ vero che i risultati dei vertici internazionali si misurano solo nel tempo, quando i solenni impegni assunti saranno realizzati concretamente. Per un solo protagonista, invece, non si può aspettare per formulare un giudizio: è stato un grande successo personale di Berlusconi. Chi è che ha dimenticato l’arroventato clima politico della vigilia? Gli avversari del premier che prevedevano scosse”, disastri organizzativi, gaffe protocollari, nuovi scandali mediatici e giudiziari, persino speravano in una forte scossa di terremoto durante il vertice per mandarlo all’aria. I giornali stranieri, soprattutto quelli inglesi, che arrivavano addirittura ad annunciare l’espulsione dell’Italia dal “club dei grandi”. Era stato scritto che molti leader non avrebbero partecipato e di sicuro le first ladies, “disgustate” da quanto scritto dai giornali sul premier italiano. Tutti sono arrivati puntualmente. Era stato messo in atto un tentativo di delegittimare il governo, di metterlo alla gogna con il serio pericolo di ridicolizzare l’Italia e deludere la speranza dei terremotati aquilani. Nel giro di qualche settimana abbiamo assistito a un crescendo di calunnie e persino di fosche previsioni. L’Italia era diventata un Paese “impresentabile” di cui vergognarsi. I giornali (alcuni giornali) inglesi e americani erano in prima linea nel raccontare un’Italia “inaffidabilee un governo non in grado di ospitare il summit. Palazzo Chigi sembrava un fortino assediato. Il G8 ha messo alla prova il governo del fare. I profeti di sventura della sinistra hanno preso una cantonata. Si aspettavano la caduta di Berlusconi durante il G8 (spernacchiato su un palcoscenico internazionale) e invece devono assistere al suo successo. Può sembrare un paradosso, ma Berlusconi è stato aiutato a costruire il suo personale successo proprio dal quel clima di foschi presagi. Di Pietro, nel pieno svolgimento del vertice, ha speso 38 mila euro per una pagina dell’ International Herald Tribune per chiedere scusa al mondo “per il comportamento di Berlusconi” e per chiedere aiuto per la democrazia italiana che è in “grave pericolo”. Infangare l’immagine del Paese, comprando pagine pubblicitarie sui giornali stranieri, è cosa ignobile. Di Pietro è recidivo. Come non ricordare che, nel 1994, proprio durante lo svolgimento del G7 a Napoli notificò, in mondovisione, l’avviso di garanzia al Presidente del Consiglio? Tutti ricordano la vicenda. La notifica fu accompagnata dalla famosa frase del Di Pietro magistrato: “Io quello lo sfascio”. La conclusione fu: “Sputtanamento” universale dell’Italia e assoluzione per Berlusconi dopo 12 anni. Per dare il giusto merito al governo Berlusconi, dell’eccezionale successo che ha riscosso il G8, Di Pietro dovrebbe comprare un’altra pagina nei quotidiani stranieri, per chiedere scusa per il danno provocato all’immagine del nostro Paese. Sul Corriere della Sera ha scritto bene Ostellino: “Uno spirito, quello di Di Pietro, autoritario che mal sopporta, oggi, di fare politica dentro il perimetro costituzionale, e che così facendo getta anche qualche ombra sul suo passato di magistrato”. Prima del meeting dell’Aquila era dovuto intervenire, con saggezza ed amor patrio, il presidente Napolitano per chiedere serietà e riflessione. Giravano le voci di una “scossa” che avrebbe eliminato definitivamente il premier. Molti ne erano certi: il berlusconismo e’ finito e sarebbe stato il vertice internazionale del G8 a certificarlo. Non è andata così, per fortuna. Anche i non berlusconiani dovrebbero essere contenti. Figuratevi che cosa sarebbe successo se fosse andato come tanti “gufi” avevano previsto. Non solo una leadership politica finita nel ridicolo, ma un Paese in ginocchio per il grande “sputtanamento”. L’Aquila dimenticata. Le rovine del capoluogo abruzzese sarebbero persino apparse poca cosa di fronte alle macerie della politica italiana. Era questo che alcuni che non amano l’Italia volevano che accadesse solo per invidia ed odio di Berlusconi. Dopo mesi di campagna “insensata” contro Silvio che ha messo a rischio, soprattutto, il prestigio e la rispettabilità dell’Italia nel mondo, La Repubblica ha dovuto ammettere il grande successo del premier riconosciutogli, per altro, da tutti i 40 leader del mondo che hanno partecipato al G8, iniziando da Obama. Nel suo articolo su La Repubblica Vittorio Zucconi ha scritto: “Questo è il risultato vero che il nostro Paese, il governo Berlusconi e i futuri governi incassano al G8 e che l’Italia può riporre in cassaforte come un capitale”. Anche il Financial Times, il giornale inglese che alla vigilia del meeting dell’Aquila aveva scritto che l’Italia sarebbe stata “cacciata” dal G8, è stato costretto a scrivere: “La scommessa di Silvio Berlusconi di tenere il vertice del G8 sembra aver pagato. Da playboy flagellato dagli scandali a statista: dopo aver presieduto per tre giorni il vertice internazionale mr. Berlusconi ha zittito i suoi critici e ha messo in riga i suoi alleati, almeno per il momento. Per il 72enne premier miliardario, il vertice di tre giorni con 40 capi di governo e organizzazioni è stato un successo per tutto ciò che non è accaduto”. Tutti i detrattori dell’Italia e di Berlusconi hanno collezionato schiaffoni e calci nel sedere. Il primo riconoscimento della forte leadership del governo italiano è giunto da Obama e Gordon Brown, ovvero dai “due giganti della sinistra occidentale”. La sinistra è rimasta completamente spiazzata dal suo mito Obama. Il riconoscimento al lavoro svolto e alla “forte” leadership del governo italiano è stata una decisa sconfessione di chi pretendeva di delegittimare Berlusconi per le “chiacchiere” sulla sua vita privata. Ma la maggioranza degli italiani sono con lui perché dal capo del governo non pretendono la virtù della castità, ma capacità decisionale e realizzativa: un governo del fare. Delle questioni di sesso, vere o fasulle che siano, se ne infischiano. Gli italiani sono stufi di politici parolai, nullafacenti, disonesti, corrotti dediti ad incassare tangenti e al servizio dei loro affari personali e non dei cittadini. Archiviato il G8 il presidente della Repubblica invita le parti politiche ad un ”clima più civile”: favorevoli Pdl e Pd, l’unico a “declinare” è il solito Di Pietro. Torna a ridire che l’Italia è in balia della “dittatura” di Silvio Berlusconi. E questa volta lo fa dalle pagine del Corriere della Sera. Il Pd si trova nel mezzo di un turbolento ciclone per la questione morale sollevata da Ignazio Marino dopo l’arresto dello stupratore seriale che era un coordinatore di un circolo del Pd. Come se non bastasse ecco che irrompe sulla scena il “comicoBeppe Grillo: vuole nientemeno “rifondare il partito per offrire un’alternativa al nulla”. Giura che si tratta di una cosa “serissima” e non di una provocazione. Tutto il “vecchio apparato” cerca di sbarrargli la strada a cominciare da Fassino, Bersani, Bindi, Melandri, Violante e Franceschini. A dargli il benvenuto è invece Mario Adinolfi che fa un appello “ai burocrati del Pd” affinché non ne impediscano la candidatura. Dello stesso avviso Antonio Di Pietro che e’ il vero suo “sponsor” per destabilizzare ancor più il Pd e accogliere gli elettori fuggiaschi. Giudica positiva la candidatura di Grillo il senatore Ignazio Marino: “Seguendo le regole della democrazia, non vedo perché debba essere escluso”. Emma Bonino sbotta: “Io ancora non ho capito bene se le regole di questo Statuto del Pd, che ogni giorno di più risulta più pasticciato, consentono o no la candidatura di Beppe Grillo”. Se Beppe Grillo si candida alla segreteria, i sondaggi dicono che vince le primarie. Da qui al 25 ottobre ed oltre, la sinistra, sarà impegnata nel suo "democratico" dibattito interno. All’improvviso, la scossa che doveva verificarsi contro Berlusconi, ha sommerso sotto le macerie tutta l’opposizione. Un redattore di Repubblica, in conferenza stampa al G8, con stupefacente candore, ha domandato a Berlusconi cosa ne “pensasse del fatto che non vi era stata nessuna compromissione dell’immagine dell’Italia a seguito della campagna di Repubblica dato che erano stati espressi validi riconoscimenti da parte di Capi di Stato e di Governo stranieri”. Ha fatto finta di non capire che senza l’eccezionali capacità di reazione di Berlusconi, Repubblica e la sinistra avrebbero avuto partita vinta. Lapidaria la risposta del Presidente: “Cosa ne penso? Che non avete raggiunto il risultato che volevate. Volevate rovinare l’Italia, ma avete fallito. Auguri!” Concluso il G8 il governo del “fare” ha ripreso a lavorare alacremente con o senza il contributo dell’opposizione. Ma quale opposizione? L’accozzaglia di sinistra è impegnata a districarsi da incomprensibili ed aggrovigliate idee, dalle tradizioni e visioni contrastanti ed incoerenti, e a darsele di santa ragione. Come è possibile costruire in questo modo un partito? Il male del Pd è che non ha un vero leader credibile.

venerdì 17 luglio 2009

E loro si chiedono perche' sempre meno li votano

Marco Cavallotti

giovedì 16 luglio 2009

L'interrogativo ricorre: perché questi coglioni di Italiani non li votano? Perché loro, il meglio del pensiero e della moralità italiana, non sono stati compresi da quei fessi dei nostri connazionali? Perché una valanga di voti, sempre di più, si riversa sul nano pelato, tanto che ormai i più acuti fra loro possono seriamente parlare di Berlusconismo, che fa pure rima con Fascismo? Perché nessuno li capisce e li apprezza come credono di meritare? Eppure le considerazioni dei loro giornali sono lì, da leggere per tutti, e quando non vengono lette su Repubblica, sul Corriere, su La Stampa o sull'Unità vengono riportate dalla Tv italiana e dall'estero. Ma la verità continua a non trionfare, e invece di iniziare a scomparire, come crede di vedere il povero Franceschini, i più svegli fra loro ammettono sottovoce proprio il contrario. Perché il fato è tanto crudele con loro? Vediamo di elencare i cardini su cui si basa l'opposizione, intorno agli spalti del Pd ed alle formazioni di ventura legate a Di Pietro.
1) «Berlusconi è stato votato da chi ha un disagio». Così oggi un imbecille rimpannucciato da intellettuale organico su Rai 2. Il giornalista lascia dire, compiaciuto e adorante. Tutti sanno che cosa è successo quando un commento analogo è stato espresso intorno al Papa ed ai suoi fedeli, e non intorno al Premier ed ai suoi elettori.
2) Abbiamo avuto presidenti e primi ministri cocainomani, mica tanto corretti, sessualmente iperattivi, e non sempre nella direzione "normale". Per lo più la cosa, quando non rivestiva troppo evidentemente una rilevanza penale, fu ignorata. Solo quando volarono parole più pesanti, e si parlò senza troppi complimenti di "ladri", qualcuno si degnò di rispondere, prendendo per il sedere gli Italiani, con il celebre "non ci sto". Questo qualcuno non era dei nostri, come poi si vide. Ma ora ci troviamo con un presidente che inventa la "firma con formula dubitativa". Una novità che difficilmente si troverà nelle pagine della nostra Costituzione, e che potrebbe indurre i soliti maligni a constatare quanto sia dura a morire una antica tradizione di fedeltà al partito sopra di ogni altra cosa.
3) Il Pci-Pds-Pd ha sempre vantato superiorità e serietà nel distinguere fra pubblico e privato: era il tratto che lo contraddistingueva, ad esempio, dai cattolici, che predicavano bene e razzolavano male, ma poi dovevano chiedere l'assoluzione dalla Chiesa, che questa distinzione moderna non può comprendere. Ora le pagine dei suoi quotidiani sono piene solo di gossip su sottane, puttane e capezzoli, che per giunta non importa se siano vere o inventate: ciò che conta è l'annuncio diffamatorio. La verità che uscirà fra dieci anni sarà comunque stantia. E anche qui mi pare di sentire il vecchio odore dei metodi della Lubjanka.
4) Poco si può dire della proposta politica: visto che in fondo stiamo meno male di tanti altri paesi europei, la linea di opposizione consiste nel dire che bisogna fare "più intensamente" le cose che fa la Maggioranza. Per il resto nebbia e disaccordo su tutto.
5) Sull'idea sciagurata di appoggiarsi a Di Pietro si è già sprecato abbastanza inchiostro: resta da chiedersi solo perché un elettore dovrebbe scegliere la copia quando ha a disposizione l'originale, tanto più effervescente e ruspante. Ma in fondo un partito che va in confusione perché un comico vorrebbe iscriversi e teme di non essere in grado di contenerne il successo è un partito convinto – questo sì – che il suo elettorato sia un popolo di imbecilli, pronto a lasciarsi convincere da un guitto. Vecchio vizio. Insomma, un problema c'è, eccome: come può rimanere in Italia un 20% di elettori che continuano ad essere fedeli al Pci-Pds-Pd?
C'è il Titanic della flotta del Botteghino che sta affondando, e quelli di bordo, dal capitano all'ultimo dell'equipaggio, continuano a guardarsi in giro alla ricerca dei vari icebergs che hanno aperto falle, senza avvedersi di quelli che stanno aprendo falle nello scafo sono dentro la nave, e lo fanno usando anche gli apriscatole, perchè è ormai chiaro che ogni capo della sinistra è un Sansone, che pur di non cedere un ilusorio potere, preferisce che tutti muoiano, sperando di salvarsi solo lui. E non comprendono che quanto sta accadendo ora alla sinistra italiana, altri non è che la continuazione di ciò che accadde in Unione Sovietica nei ventanni che hanno preceduto il crollo del muro. Era stato edificato un monolito con della sabbia bagnata e basato sull'argilla.
Albert

giovedì 16 luglio 2009

Veltroni: "Craxi ha innovato piu' di Berlinguer"

Carlo Panella
mercoledì 15 luglio 2009

Bene, ma come la mette col berlingueriano Franceschini? Walter Veltroni ha rispettato, con larghezza, la ferrea norma degli ex comunisti italiani: fare autocritica, pesante autocritica, ma solo passati 15 anni dai propri errori. Mercoledì, a sorpresa, dopo una ventina d’anni, Veltroni ha finalmente riconosciuto che “Craxi aveva ragione e Berlinguer torto”, ammissione clamorosa –che ovviamente sottoscriviamo in pieno- che lascia però aperti due scabrosi interrogativi. Il primo: perché Veltroni non comunica questa sua opinione, che non riguarda una questione secondaria, ma proprio l’essenza del percorso della sinistra italiana, al suo candidato segretario Dario Franceschini? Settimane fa, infatti, il candidato alla segreteria del Pd, nel commemorare solennemente Enrico Berlinguer nella sala della Lupa alla Camera, ha ribadito, con entusiasmo, con convinzione, la perenne attualità della strategia di fondo segnata da Berlinguer, questione morale –ovviamente, inclusa. Siccome si tratta di due strategie confliggenti in tutto e per tutto, tanto che i berlingueriani, Veltroni nel gruppo di testa, tutto fecero per sconfiggere e addirittura eliminare dalla scena politica non solo il craxismo, ma anche personalmente Bettino Craxi, sarebbe carino che Veltroniprima dei prossimi 15 anni- chiarisse se sul punto ha ragione Franceschini, oppure ha torto, e quindi sarebbe bene che il Pd dimentichi in tutto e per tutto la strategia berlingueriana e si dedichi ad aggiornare quella craxiana. Veltroni però, non lo farà, per una ragione –non accettabile- che lui stesso ha chiarito: solo ora può parlare liberamente da libero cittadino, senza i vincoli di una carica. Dunque, la riproposizione eterna della doppia verità, ereditata dal Pci togliattiano: una verità, quella ufficiale del partito, di totale fedeltà alla eredità berlingueriana (celebrata da Veltroni nel suo indimenticato libro “La sfida interrotta” del 1994); l’altra verità, quella “vera” quella a cui si crede nel proprio foro interiore, relegata però alla sfera personale. Ma c’è un’altra ragione che rende l’inedito entusiasmo politico di Veltroni per Bettino Craxi, particolarmente scabroso. Nel 2000, quando Craxi agonizzava a Tunisi senza cure adeguate, in una situazione sanitaria assolutamente deficitaria, Veltroni era un uomo potente: era segretario del Pds, il partito che esprimeva il capo del governo, Massimo D’Alema. Purtroppo però, né Veltroni, né D’Alema, pur essendo perfettamente al corrente della tragedia umana di Craxi, non mossero un dito. Non solo, non dissero nulla, assolutamente nulla, neanche sottovoce, contro la disumana posizione della Procura di Milano che continuava pervicacemente a rifiutare qualsiasi gesto di umanità e pretendeva che “il latitante”, per essere curato in Italia adeguatamente, si consegnasse alle patrie galere (era condannato a 22 anni!), per essere poi ricoverato, ma piantonato e in libertà vigilata, in un qualche ospedale affidabile. Una vergogna che fu amplificata dal gesto successivo del governo guidato da D’Alema, che, appena Craxi morì, propose alla famiglia la celebrazione di un “funerale di Stato”, con tutti gli onori conseguenti. Sepolcri imbiancati.

mercoledì 15 luglio 2009

Pd in un vicolo cieco. Trema la nomenclatura il popolo tifa per Grillo

15 Luglio 2009

di
Aldo Torchiaro

L’impressione è che (anche) sulla vicenda Grillo, il Pd si stia infilando in un cul de sac. Le primarie dovevano essere la fine dell’apparato e l’apertura alla società civile, ma si dimostrano – ancora una volta – un esercizio, questo sì, di cabaret. Il problema è che alla base dei Democratici le primarie piacciono aperte e Beppe Grillo, per dirla tutta, non dispiace per niente. Mentre gli oligarchi s’accalcano in una metaforica caccia alla volpe, con tutto il notabilato a cavallo che suona il corno e scioglie i cani, i militanti prendono d’assalto il web ma in senso contrario. In tanti, cresciuti a pane e manette, giustizialisti prima che legalitari, girotondini di pancia prima che riformisti riflessivi, stravedono per il comico genovese. Semplicemente, ci si rivedono. A Red, la fondazione di Massimo D’Alema, arrivano tante e-mail dallo stesso tono: “Fateci capire come possiamo votare Grillo”, insistono. E’ uno smacco al quale non danno risposta, dalle segrete stanze democratiche. Ma l’atteggiamento iraniano non paga, non serve: i mille rivoli del web s’inondano di tesserati Pd che non ne vogliono più sapere della triade ufficiale, Bersani-Franceschini-Marino. Persino il sindaco di Torino, il sempre autorevole e disciplinato Sergio Chiamparino, cresciuto alla scuola di Fassino, decide in questa situazione di non prendere parte alla farsa delle primarie. “Io a questo punto non voto più”, decreta laconico. E invita all’astensione chi prende sul serio il congresso democratico. E’ evidente per tutti che se Beppe Grillo si candida alla segreteria, vince le primarie. Per questo l’alzata di scudi è stata netta: trovato il comma, individuato l’articolo, spostato un lodo, Grillo non è più candidabile. “Si è iscritto”, rileva in coro il web democratico in un grido che lambisce l’emittente ufficiale, YouDem Tv. “Non fa niente, un’iscrizione da annullare”, replicano i garanti, tutori dell’ordine costituito. Beppe Grillo non potrebbe iscriversi al Pd perché si è rivolto al circolo fuori dal suo territorio. Giustamente non demorde: “Noi andiamo avanti. Il Pd sardo ha respinto la richiesta? Vorrà dire che la ripresenterò in continente. Peraltro la tessera praticamente ce l’ho già, ho pure pagato ben 16 euro…”, sottolinea l’interessato. E interviene, senza usare mezzi termini, l’ex presidente del Senato Franco Marini per stigmatizzare le caratteristiche di una fase precongressuale del Pd che ha del grottesco. “Il problema non è Grillo, che è un comico serio. Il suo è uno sberleffo, ci dà una scrollata. Il problema vero è l’immagine rovinata del partito che mette in palio al ’gratta e vinci’ la carica di segretario”, ha confidato Marini a Repubblica. Ce l’ha con Ignazio Marino, a quanto pare: “La cosa surreale - dice infatti - è che personaggi improbabili, senza preparazione ne’ attitudine, pensino seriamente di poter fare il segretario del partito. Il problema nel Pd - aggiunge quindi - è che si svilisce il senso di una responsabilità importante e grave quale è quella di segretario”. Dopo aver parlato del Pd come di “un partito con tante regole bizzarre, e perciò senza regole”, Marini critica il meccanismo delle primarie: “Vanno benissimo per i sindaci - osserva - ma eleggere così un segretario è come dire che l’amministratore di un condominio viene deciso da chi abita nel palazzo accanto”. E Grillo? “Per il Pd è un avversario politico - chiarisce Marini - perciò quale partito gli potrebbe dire ’entra’? Mi auguro si fermi, allora gli manderò un biglietto per ringraziarlo”. E c’è chi invita Grillo a candidarsi alle primarie di Italia dei Valori, qualora ne indica. “Perché’ Grillo non prova a candidarsi alla leadership dell’Italia dei Valori?”, provoca il responsabile comunicazione del Partito democratico, Paolo Gentiloni. In un intervento sul suo blog, Gentiloni scrive: “Se il desiderio di entrare nella stanza dei bottoni della politica è così irrefrenabile, se Beppe Grillo non riesce a resistere alla tentazione di candidarsi alla guida di un partito già presente in Parlamento, perché scegliere un partito così lontano dalle sue idee, perché aspirare alla leadership di una forza politica che combatte e sbeffeggia quotidianamente e contro la quale ha presentato liste elettorali in diverse realtà?”. La risposta la fornisce chi alle primarie blindatissime del Pd, ma quelle dei giovani, ha provato a correre: Giulia Innocenzi, tessera radicale in tasca. “Fin quando il Pd riuscirà a proporre primarie di facciata e a respingere chi vuole utilizzare le primarie per quello che servono, cioè per far concorrere gli outsider nel processo di rinnovamento della classe dirigente di un partito?”, chiede. Trincerati nel Palazzetto d’Inverno che si scioglie ormai sotto il sole di luglio, i maggiorenti del Pd tengono la linea. Comunque non si potrebbe iscrivere. Secondo il senatore Ceccantila domanda di iscrizione di Grillo non sarebbe accettabile perché lo statuto del partito al comma 8 dell’articolo 2 precisa: ‘Sono esclusi dalla registrazione nell’Anagrafe degli iscritti e nell’Albo degli elettori le persone che siano iscritte ad altri partiti politici’. Grillo non sarebbe candidabile dato che in passato è stato promotore di liste in concorrenza col Pd”. Da quando una lista equivale a un partto? E siamo certi che questa campagna di clausura gioverà all’immagine dei democratici? Ad avvalorare il dubbio sopraggiunge la lettura de L’Espresso, nel suo sondaggio on line. Per Beppe Grillo oltre cinquemila elettori democratici, per Bersani mille, per Franceschini duecento. Se si facessero davvero primarie vere….

Beppe Grillo e Pd, che triste spettacolo.

Scritto da Marcello Foa
lunedì 13 luglio 2009

Fino a qualche tempo fa seguivo Beppe Grillo con simpatia, ritenevo che certe sue provocazioni fossero salutari e contenessero anche una buona dose di verità. Ora non lo leggo più: le sue argomentazioni sono sovente pressapochiste e intrise di un populismo da bar che non sopporto più. L’uomo si è dimostrato molte volte incoerente. Fa politica, ma lo nega. Manda allo sbaraglio i comitati civici senza esporsi in prima persona, ma ora che gli fa comodo ne rivendica la paternità. In un’intervista all’Agr ha dichiarato che vuole correre per la segreteria del Pd, ma che non intende candidarsi al Parlamento. Nel suo penultimo post si leggono solenni banalità tipo: Dalla morte di Enrico Berlinguer nella sinistra c’è il Vuoto. Un Vuoto di idee, di proposte, di coraggio, di uomini . Il che peraltro è falso. Berlinguer era una persona perbene ma era il segretario di un Partito comunista e da allora la sinistra è cambiata e molto. Sbagliando, ma il tentativo lo ha fatto.
Beppe Grillo è l’uomo che si batte per l’ecologia e poi gironzola per il Mediterraneo con un motoscafo ultrainquinante; che si batte per i precari, le ingiustizie e gli avvoltoi della finanza, ma poi si dimostra abilissimo e spregiudicato uomo d’affari con redditi annui milionari. Lotta contro il copyright delle grandi major, ma denuncia per ricettazione un ragazzo che ha osato vendere su e bay un suo dvd. Non dichiara se sostiene o no lo sciopero dei blogger, probabilmente perchè l’idea non è venuta a lui, dimostrando un egocentrismo molto forte. Grillo evidentemente non ama condividere la ribalta con altri, tranne quando conviene a lui.
Ciò detto sono altrettanto allibito dalla reazione del Pd. Ma che credibilità ha un partito che,
per bocca del suo segretario organizzativo Migliavacca, si affretta a dichiarare che Beppe Grillo non ha i requisiti per ottenere la tessera? Sostiene Migliavacca: “Secondo lo statuto del Pd la domanda di iscrizione di Grillo non sarebbe accettabile perché lo statuto del partito al comma 8 dell’articolo 2 precisa: ‘Sono esclusi dalla registrazione nell’Anagrafe degli iscritti e nell’Albo degli elettori le persone che siano iscritte ad altri partiti politici’. Grillo non sarebbe candidabile dato che in passato è stato promotore di liste in concorrenza col Pd”.
Mi sembra un criterio sovietico: chi in passato ha fatto concorrenza al Pd non riceverà mai la tessera. E allora i radicali? E i tanti militanti di altri partiti? Incredibile. Non è questa la risposta di un partito moderno e sicuro di sè di fronte alla provocazione di un comico politico o se preferite di un politico comico.
E non c’è nulla da ridere…