L’esperienza internazionale acquisita da Mario Monti, quale membro di importanti organizzazioni internazionali (incarichi avuti grazie a Silvio Berlusconi) gli ha creato un prestigio che va oltre le capacità personali “concrete”. I vari incarichi gli hanno consentito e gli consentono tutt’oggi, di trattenere buoni rapporti con le maggiori autorità politiche ed economiche, e nella veste di capo del governo, con i maggiori Stati europei e mondiali. Si e’ creata più una fama di buon esperto di “pubbliche relazioni” che di “uomo del fare”. Senza dubbio Monti si presenta bene, sobrio, mai eccessivo e mai invadente, buon ascoltatore ed incline al “compromesso”. Insomma, un buon “public relations man” piuttosto che un capo di governo. A lui “mancano le doti essenziali” per governare un Paese, e soprattutto un Paese in profonda crisi. Come professore universitario ha assimilato dagli studi “solo teorie” difficilmente applicabili su realtà economiche e politiche complesse quali sono diventate quelle della globalizzazione. Una piccola variazione in qualunque parte del mondo, come il famoso “battito d’ali della famosa farfalla”, può produrre delle conseguenze incalcolabili. La formazione universitaria di Monti “non e’ in grado” di far fronte a fenomeni complessi e complicati come questi. Infatti “sta mostrando tutti i suoi limiti” e specialmente la sua “astratta” preparazione accademica. Iniziando a governare applicando un fortissimo inasprimento fiscale, ha dimostrato che ha seguito il “diktat” dei tedeschi i quali, non a caso, avevano “suggerito” il suo nome a Napolitano. Ma ha anche dimostrato la sua “scarsa conoscenza della realtà” o l’incapacità di saperla leggere. Quando Monti riduceva la capacità di acquisto degli italiani, Mario Draghi faceva in Europa un’operazione contraria, abbassando il tasso di sconto, e abbassandolo di nuovo, dopo qualche settimana, fino al record storico dello 0,75%. Due visioni della realtà opposte e due capacità di leggerla assai diverse. “Miope” quella di Monti, “preveggente” quella di Draghi. I due sono molto diversi anche nella personalità. Mario Draghi e’ “deciso” e “convincente” e sa attirare consensi. Monti e’ “untuoso” e “mellifluo” e attira solo rispetto per la sua disponibilità più all’ascolto e al compromesso che all’azione “decisa”. Qualcuno temeva che Draghi dovesse chinare il capo di fronte alla “netta opposizione” della Bundesbank (la banca centrale della repubblica federale tedesca), che in pratica “gli aveva proibito” di attuare la politica di intervento anti spread che Draghi ha invece attuato, ottenendo l’appoggio di tutta l’Unione tranne quello, scontato, della Germania. Ha fatto di piu’ Draghi per l’Italia “in un sol giorno” che Monti “in dieci mesi”. Draghi, che fu sostenuto da Berlusconi nella ascesa prima alla banca d’Italia e poi alla Bce, e’ un vero “combattente” che, convinto della bontà di un’idea, non si arresta alle prime resistenze, ma combatte fino ad affermarsi. L’iniziativa di Draghi ha riscosso un grande successo sui mercati nonché l’adesione del Fmi (Fondo Monetario Internazionale), e ciò significa che la strada e’ quella giusta. Che farà la Germania? È scontata la sua contrarietà e molto probabilmente cercherà un riscatto da questa che può essere definita una sua “sconfitta solenne”. Però la Storia dovrebbe averle insegnato che, quando si era messa in testa di fare da padrona in Europa, gli e’ andata sempre male, anzi malissimo! Come nella seconda guerra mondiale trovò “Ike” Eisenhower (dal 1945 al 1948 “primo governatore” nella zona tedesca occupata dall’America e poi trentaquattresimo presidente degli Usa dal 1953 al 1961) a toglierle ogni ambizione, oggi alla Banca Centrale Europea (Bce) siede Mari Draghi che forse ha ancora più “caparbietà” e “competenza” del presidente statunitense. Oggi Mario Draghi serve all’Europa, a tutti gli Stati, inclusa l’Italia. I tedeschi si accorgeranno presto che l’azione di Draghi alla lunga farà anche i loro interessi, costruendo un’Europa unita e forte. La fortuna dell’Ue (Unione Europea) e’ che a presiedere la Bce sia andato l’italiano Mario Draghi. Un uomo di “carattere”, oltre che “capace”. Merita di essere insignito con la maggiore onorificenza europea. L’Italia dovrà ricordarlo come la maggiore personalità che ha onorato l’Italia. Invece Mario Monti farebbe bene a ritornare ad insegnare all’universitario. I proverbi sono la saggezza dei popoli: “Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna”.
giovedì 13 settembre 2012
Marketing elettorale: Vota Antonio, Vota Antonio, Vota Antonio!
Può essere considerato ancora attuale il film di Toto’ “Gli Onorevoli” del 1963 (chi volesse farsi quattro risate compri il film da Negozio Italia). Toto’, facendo il verso al Duce, prende in giro il “conformismo” della Democrazia Cristiana e deride il “grigiore” del Partito Comunista (“e poi dici che ti butti a sinistra” andava dicendo) ridicolizzando cosi’ la politica italiana. Antonio La Trippa si presenta alle elezioni per il Partito Nazionale Restaurazione. Rimarrà deluso dai “notabili” del Partito quando capirà che l’unica loro intenzione e’ quella di “acchiappare” una poltrona in Parlamento per poi vendersi al miglior offerente. Esattamente come avviene ancora oggi. Ma Antonio La trippa ha capito l’importanza della pubblicità: “Occorre battere, ribattere, martellare. Il nome del candidato deve rimanere impresso nella mente degli elettori”. E si comporta di conseguenza scegliendo uno slogan: “Vota Antonio, Vota Antonio, Vota Antonio!”. Lo ripete dappertutto, con tono normale, a bassa voce, ad intercalare ma, soprattutto, urlandolo a squarciagola in un “imbuto” a mo’ di “megafono”. Una domenica mattina presto arringa la folla (i suoi coinquilini) affacciandosi alla finestra della propria casa che da sul cortile (precedentemente aveva dato la sveglia suonando la tromba). Armato d’imbuto-megafono inizia il suo discorso: “Vota Antonio La Trippa. Vota Antonio, Vota Antonio, Vota Antonio”. Poi alla Mussolini” “ I t a l i a n i e i t a l i a n e, elettori, inquilini, coinquilini. Quando sarete chiamati alle urne per compiere il vostro dovere, ricordatevi un solo nome: Antonio La Trippa. Italiano! Vota La trippa”. Poi per tranquillizzare il “popolo” a tutta voce aggiunge: “Italiani, dormite pure, borghesi pantalofai, tanto c’e’ l’insonne che vi salva. Mentre voi dormite La Trippa lavora, Vota Antonio, Vota Antonio, Vota Antonio!”. Per finire vuole assicurare gli elettori che il loro voto non andrà disperso: “Chi parla di voti inutili e’ totalitario e in malafede, i voti inutili possono essere utili se servono ad eleggere qualcuno: questo qualcuno di cui vi parlo sono io, concittadini. Io umile figlio di questo nobile Paese: Antonio La trippa, Vota Antonio, Vota Antonio, Vota Antonio”. Discorsi di questa “levatura”, in special modo in Australia, siamo stati costretti ad ascoltare durante le campagne elettorali del 2006 e 2008. Dobbiamo augurarci che i candidati che si presenteranno alle prossime elezioni politiche del 2013 siano di “maggiore spessore professionale” e di grande affidabilità sia per il “prestigio delle loro referenze” e sia per un consistente e “veritiero” curriculum vitae. Ridere dicono che faccia bene alla salute. Ci “sganasceremo” dalle risate se qualcuno pensasse di vincere la “lotteria”, che per premio ha una poltrona in Parlamento, affidandosi al solo slogan: “Vota Antonio, Vota Antonio, Vota Antonio!”.
martedì 4 settembre 2012
Un motivo in piu' per Berlusconi di non candidarsi.
Si era sempre detto che Berlusconi era il “collante” che teneva unito il centrosinistra, infatti, oggi constatiamo che era proprio cosi’. Mancato il “bersaglio principale”, al quale sparare contro con tutte le armi (dalle frecce ai missili nucleari), tra le varie componenti, del cosiddetto schieramento “progressista”, e’ in atto una furibonda guerra “fratricida”. Un anno fa, più o meno di questi tempi, a Vasto Bersani, Vendola e Di Pietro scattavano la foto di un’alleanza (presunta) che sembrava ormai cosa fatta. Oggi Di Pietro sta con Grillo e contro Bersani. Vendola sta con Bersani (e forse ci farà pure liste uniche). Bersani contro Di Pietro, Travaglio contro Scalfari, l’ANM (Associazione Nazionale Magistrati) contro ogni ipotesi di azione disciplinare nei confronti di Antonio Ingroia il PM (Pubblico Ministero) nuovo “eroe dei due mondi”, visto che, su mandato ONU, sarà trasferito in Guatemala. Matteo Renzi e Beppe Grillo sono “mine vaganti” nel Pd. Il sindaco di Firenze “sfida” alle primarie Bersani per la “rottamazione” dei “vecchi”. Rosy Bindi, fiutato il pericolo, consiglia di evitare le primarie. A Reggio Emilia Renzi alla festa del Pd incassa “ovazioni” quando ripete il “refrain” del “prego si accomodi” per chi sta in parlamento da 25 anni “e ci ha portato a questa situazione”. La sua mossa politica rischia di aprire un fronte nel Pd difficile da gestire per Bersani. I “veltroniani” sono tentati di appoggiare Renzi. Grillo e’ da tempo a caccia dei voti degli elettori del Pd. Dal suo sito internet lancia l’allarme su “fantomatiche forze del male” che vorrebbero addirittura toglierlo di mezzo. Campagna elettorale ad affetto per “raggranellare” voti, infatti, lancia una minaccia: “Ci vedremo in Parlamento”. Bersani gli da del “fascista”. Nessuno piu’ vuole Casini che “pateticamente” pensa ancora di essere il “perno” della politica italiana. Renzi lo ha attaccato duramente dopo che il leader Udc ne aveva criticato la sua “levatura politica”. L’invidioso D’Alema cerca di “stroncare” Renzi. Insomma, a sinistra e al centro se le stanno dando di santa ragione. Solo per questo Berlusconi non dovrebbe candidarsi. Rimanendo fuori dalla scena politica i suoi nemici si “sterminerebbero” da soli.
Napolitano ha fatto orecchi da mercante ed ora ne paga le conseguenze.
L’Italia e’ la patria dei “gattopardi” che, si sa, vogliono far finta di voler cambiare tutto a patto che “tutto resti immutato”. I nostri parlamentari, “al riparo” dei loro “lauti stipendi”, non sentono il peso della crisi economica e si “disinteressano” di qualsiasi altro problema e passano le loro giornate in “vacanza” e a parlare di “quisquilie” e “pinzillacchere”. A parere di tutti sarebbe giusto varare una legge che regoli le “intercettazioni”. In passato si e’ esagerato, si sono coinvolti e rovinati anche degli innocenti. Ma, sempre a parere di tutti, la nuova legge “non deve cambiare nulla”. Se cambia qualcosa, se veramente essa punisce chi sgarra, e’ “la fine del mondo”, per questo se ne discute da anni. L'unica buona legge e’ “nessuna” legge. Solo in uno Stato in“decadenza” può capitare che le conversazioni telefoniche del presidente della Repubblica, non intento ad organizzare un “golpe”, finiscano nelle carte di un processo penale e sui mezzi di comunicazione. Il difetto sta nella legge che regola le intercettazioni, sta in un costume che ha consentito la pubblicazione di ogni cosa, sta nella “barbarie” degli istinti piu’ “faziosi”, sta nel non avere posto rimedio quando era evidente che il problema sarebbe diventato una “cancrena”. Troppi fecero i furbi e la responsabilità e’ anche del presidente della Repubblica. Napolitano e’ responsabile, assieme a tutto il mondo politico e istituzionale che ha reso impossibile la modifica di una “demenziale” legge sulle intercettazioni. Per l’interesse collettivo “si deve intercettare” a fini d’indagine e di prevenzione, ma i contenuti non debbono essere usati per “sputtanare” cittadini ancora presunti innocenti, o le cui parole sono del tutto prive di “valenza penale”. In qualsiasi Paese “civile” del mondo, la polizia giudiziaria e’ libera d’intercettare, ma le cose che ascolta “non sono mai prove” (se non in casi eccezionali), ma “solo piste” che debbano portare a “prove concrete”. Il testo delle intercettazioni non deve mai essere depositato in nessun fascicolo giudiziario, dove, invece, vanno le prove e non le “chiacchiere”, e mai e poi mai quelle intercettazioni potranno essere date in pasto ai “media”. In questo modo e’ salva l’esigenza d’indagare salvaguardando la dignità delle persone. Ma non si e’ voluto adottare una simile soluzione, perché si e’ “goduto” nell’usare questa “vergogna” giudiziaria per “infamare” Berlusconi. Giorgio Napolitano, con tutto il rispetto che si deve all’incarico che ricopre, ha fatto orecchie da mercante quando le intercettazioni “non lo riguardavano”. Cosi’ ha favorito il prosperare di questa “sconcezza” tutta italiana. Ora Napolitano, se i testi di quelle telefonate che lo riguardano esistono, ha un solo modo “per fare chiarezza”: deve farle diventare di dominio pubblico. Antonio Di Pietro anticipa il contenuto di alcune conversazioni, ed afferma che ci sono anche “insulti” diretti a delle persone (Berlusconi). E’ gravissima la situazione che si e’ creata, e la cosa più grave consiste nel fatto che alcuni “media” abbiano quei testi e altri no, ecco perche’ converrebbe a Napolitano divulgarli. Non e’ in gioco solo il suo onore o l’equilibrio istituzionale, ma la sicurezza di ciascun individuo, la libertà dei cittadini e della collettività. La questione e’ semplice. Il Pd, insieme al Pdl, approvino finalmente una vera legge che regoli le intercettazioni, se vogliono che l’Italia sia un Paese “normale”.
In Italia potrebbe esserci la piena occupazione.
La cosiddetta “generazione perduta”, quella formata da persone fra i 20 e i 30 anni, sono le vittime delle generazioni anziane. In passato sono state “sperperate” risorse che non c’erano, garantendo uno stile di vita che non si poteva avere. La classe politica ha colpe enormi, ma non proprio tutto e’ imputabile ai politici. In realtà “molti sono complici” di una mentalità diffusa, che ha ritenuto per anni che lo Stato avesse risorse “infinite”. E invece infinite non lo erano affatto. Oggi l’Italia e’ “sommersa” da un debito che e’ quasi interamente nelle mani dei mercati internazionali che pretendono, giustamente, la restituzione delle somme investite. Ogni asta dei nostri buoni del tesoro diventa un “thriller”. Se l’asta fallisse c’e’ il “rischio concreto” di non poter pagare stipendi e pensioni. Ma pure i giovani hanno le loro colpe. Si tratta di colpe “riflesse” per come sono stati educati. Nel dopoguerra gli italiani emigrarono in massa per trovare lavoro anche “umiliante” all’estero. Sono stati il “volano” della rinascita economica italiana oltre ad essere riusciti a far affermare “l’italianita’” nei Paesi in cui sono approdati. Poi e’ iniziato il flusso contrario. L’Italia, da terra di emigranti, e’ diventata un Paese che “importa” lavoratori stranieri. Perche’? E’ accaduto che gli italiani abbiano iniziato a rifiutare molti tipi di impiego. Talora perché pagati poco, più spesso perche’ ritenuti “degradanti” o poco soddisfacenti dal punto di vista del “prestigio sociale”. Si e’ diffuso “il mito della laurea”, anche quando e’ chiaro che serve a poco o niente. Sono stati lasciati agli immigrati stranieri interi settori economici che avevano, e ancora hanno, un grande bisogno di addetti. Gli artigiani sono diventati merce rara. Più difficile trovare l’idraulico e l’elettricista del medico. Ma c’è un caso ancora più eclatante. L’età media della popolazione italiana e’ aumentata. C’e’ la necessità di trovare persone che assistano gli anziani. Gli anziani sono tantissimi ed in aumento, di conseguenza, anche il numero di chi presta assistenza domiciliare e’ destinato a crescere sempre più. Si tratta di un lavoro difficile e delicato che, pero’, garantisce una remunerazione “dignitosa”. Si trovano italiani/e disposti a operare in questo settore così in crescita? Casi rarissimi. L’Italia e’ stata “invasa” (nel senso buono della parola) da “badanti” che provengono per lo più dal Sud America o dai Paesi dell’Est. Si capisce benissimo il motivo che spinge quasi tutti i nostri connazionali a rifiutarsi di fornire prestazioni di quel tipo: il nome “badante” viene considerato una sorta di “offesa alla propria dignità sociale”. Tutti aspirano a una professione di “prestigio” che procuri subito alti guadagni. Sarebbe necessario un radicale cambiamento di mentalità. Occorre un’educazione, “familiare e scolastica”, destinata a non “svalutare” le professioni manuali. Una sorta di “rivoluzione educativa” assai difficile da realizzare visti i modelli culturali dominanti (veline, tronisti, grande fratello ecc.). Tutto questo pero’ fa capire che in Italia il mercato del lavoro e’ ancora grande. Esistono impieghi in vasti settori che i nostri connazionali “rifiutano” per paura di una presunta “degradazione sociale”. Piuttosto preferiscono restare disoccupati o andare a “lavare i piatti” all’estero.
martedì 28 agosto 2012
Impossibile ritornare allo spirito del dopoguerra.
Si va dicendo che, per superare la gravissima crisi socio/economica che attanaglia l’Italia, bisognerebbe ritornare allo spirito che ha animato gli italiani alla fine della seconda guerra mondiale. Purtroppo e’ “impossibile”. Gli italiani in Italia di oggi “antropologicamente” sono del tutto diversi da quelli di quel tempo. Lo sono socialmente e culturalmente, psicologicamente ed evolutivamente, artisticamente ed espressivamente, filosoficamente e religiosamente, ed in genere in tutti i comportamenti. Terminata la guerra, i cinquantenni e sessantenni “sopravvissuti” si ritrovarono a gestire l’Italia economicamente e politicamente. Il loro “background” si era formato nel “pragmatico” ottocento. Mentre i quarantenni, i trentenni ed i ventenni che li affiancarono, avevano assimilato i “severi” metodi dei primi anni del novecento e del ventennio fascista. Tutti erano stati educati con “rigore” e “disciplina” con “spirito di sacrificio” e “senso del dovere”. I maestri “bacchettavano” gli alunni che a casa prendevano dai padri il “resto” in “cinghiate” per essersi comportati male a scuola. Oggigiorno gli studenti non possono essere piu’ “sfiorarli” dai maestri e neppure dai genitori. E se un professore s’azzardasse di rimproverare un allievo, il padre o la madre “subito” lo contesterebbe. Alcune generazioni pre-guerra erano nate quando la luce elettrica non c’era nelle case, e neppure l’acqua corrente. Le donne, col secchio in bilico sulla testa, andavano ad attingere l’acqua alle fontane pubbliche e lavavano i panni al fiume e, se “erano fortunate”, al “lavatoio” comunale. “Rarissime” le auto in circolazione e gli aerei non solcavano i cieli. Persone per lo piu’ di origine contadina abituata al duro lavoro ed a infinite “privazioni”. I piu’ nascevano, vivevano e morivano nello stesso paese. Le “vacanze” ed i viaggi di piacere erano per pochissimi “privilegiati”. Avevano difficoltà di mettere insieme il pranzo con la cena. E con gli stessi “principi” che gli erano stati “inculcati” educarono i loro discendenti. La società nel 1945 era sostanzialmente la stessa di inizio secolo: agricola, arretrata e provinciale. Eppure, qualche anno più tardi, l’Italia diventa uno dei sette Paesi più industrializzati del mondo. Tutto ebbe inizio dalla metà degli anni ‘50 al 1963: il famoso “miracolo economico”. In quel periodo avvennero mutamenti “eccezionali” e straordinari” fuori dell’ordinario. L’Italia e’ un Paese trasformatore di materie prime, terminata la guerra era “impossibile acquistarle” per “mancanza di denaro”. Il problema venne risolto con le “cospicue rimesse” dei milioni d’italiani ch’erano emigrati e che, letteralmente, “riempirono” le casse delle banche. Cosi’ la quasi piena occupazione si ottenne attorno al 1960. Fu “esclusivo merito” della “economia privata” che agiva “spontaneamente” ed “autonomamente” sganciata dai provvedimenti e pianificazione dei governi che si “succedevano” in continuazione ogni pochi mesi. Senza gli “intralci” del governo l’economia andava a “gonfie vele”. Dopo la seconda guerra mondiale la maggior parte della forza lavoro era impiegata con bassi salari nel settore agricolo. Agli inizi degli anni ‘50, nonostante la riforma agraria e gli aiuti straordinari destinati al Mezzogiorno (Cassa del Mezzogiorno), “un esercito” di lavoratori meridionali disoccupati si trasferirono al Nord per avere un lavoro e, con l’apertura dei mercati esteri, “scoppiò” la “scintilla” del “boom economico”. Nel 1968 iniziarono le “rivolte studentesche” che “rifiutavano” la società dei consumi. Quale differenza rispetto a soli vent’anni prima, “quando da consumare non c’era niente” e, per moltissime famiglie, il problema era di mangiare ogni giorno! Anche se la morale “ufficiale” era vicino alla religione cattolica, comincia proprio con il “boom economico” la progressiva “disgregazione” della famiglia. Il ’68 fu un “momento di rottura” con le istituzioni tradizionali: Stato, chiesa, famiglia. L’Italia di oggi e’ figlia dei “sessantottini” studenti universitari che “pretendevano” il “diciotto politico a tutti”, il “salario variabile indipendente”, il “posto fisso” per tutti (come in Russia). Dei “figli dei fiori”. Delle “femministe” che “sfilavano” gridando “il sesso e’ mio e lo gestisco io”. Si sono riempiti il cervello di “ideologie” le piu’ “stravaganti”. Inneggiavano al libretto rosso di Mao. Hanno assimilato i difetti piu’ deteriori degli americani (droga, sesso sfrenato, tatuaggi ecc.) invece di acquisire la loro ottima organizzazione commerciale e governativa e la voglia di primeggiare in tutto per “onorare” il loro Paese. In pensione con l’ultimo stipendio dopo soli 16 anni sei mesi e un giorno. Pretendevano tutto senza neppure il “minimo impegno”. “Diritti” inalienabili e sacrosanti e nessun “dovere”. Ora stanno difendendo con le unghie e con i denti i loro “privilegi” e le “pensioni” che hanno ottenuto “senza meritarle”. E, quello che e’ peggio, hanno educato i loro discendenti “nell’anarchia piu’ assoluta” senza alcun senso di “responsabilità”. Per salvarsi l’Italia ha bisogno di gente abituate al“rigore” e alla “disciplina”, disposte a fare grandi “sacrifici”, capaci d’impegnarsi con “caparbietà” e con “senso del dovere”. La grave crisi in atto “impone” solo e soltanto “rinunce”. E’ duro, ed anche “innaturale”, fare un passo in dietro dopo un periodo di “scialo” come l’hanno avuto le ultime generazioni. Quelle che le hanno precedute hanno avuto soltanto guerre, fame, duro lavoro mal pagato e “bacchettate”. Hanno dovuto emigrare in massa e gli emigranti sono stati trattati spesso peggio degli “schiavi” nei Paesi dove approdarono. Seppure “umiliati” ed “offesi”, come dei veri “Giganti”, hanno affrontato e superato inimmaginabili “sacrifici”, fatto infinite “rinunce” e, lavorando “duramente” e “sotto pagati”, hanno “onorato” l’Italia “permettendole” di collocarsi tra le piu’ industrializzate nazioni del mondo. Questa “stirpe” d’italiani e’ ormai scomparsa o prossima all’estinzione. Tranne alcune lodevoli eccezioni, l’odierna popolazione italiana e’ composta dalle generazioni post ’68 tirate su con “frivoli” principi come l’essere “belli, ricchi e famosi” senza alcun “spirito di sacrificio” e “senso del dovere”. “Impossibile” ritornare allo spirito del dopoguerra.
Mario Monti e Corrado Passera: sono solo canzonette.
Il mondo imprenditoriale (l’unico che può creare posti di lavoro) e’ in crisi profonda. Le banche non concedono piu’ credito. E’ in crisi l’euro. La giustizia. La Scuola. Le ferrovie. L’agricoltura. La stampa. Lo sport. La Borsa. La famiglia. I pensionati. I giovani. La zootecnica. La lirica. Il cinema. L’organizzazione dello Stato. Le istituzioni. La Fiat. L’ILVA di Taranto. I partiti. I Comuni. Le Regioni. Gli ospedali. Come reagiscono le imprese? Alcune hanno chiuso, per sempre, altre si sono “rilocate” all’estero ed altre lo stanno per fare. E chi ha ancora soldi li porta in Svizzera. Chi darà il posto di lavoro ai giovani e ai disoccupati? Solo e soltanto le centinai di migliaia di piccole e piccolissime imprese che giornalmente, pur “oppresse” dal fisco, dalla burocrazia e dalla giustizia inefficiente, mantengono “viva” l’economia italiana. La vivacità delle esportazioni (70 miliardi) sta solo a dimostrare che gli italiani, che “rischiano in proprio”, corrono, viaggiano con la valigetta in tutto il mondo, non si arrendono, sputano sangue, sono e restano la ricchezza piu’ grande dell’Italia, ma i loro sforzi “inumani” sono insufficienti per dar lavoro a tutti i disoccupati. La “luce” che Mario Monti e Corrado Passera vedono in fondo al tunnel e’ di un treno merci, con cento vagoni carichi, che sta sopraggiungendo in senso contrario. I due dicono che la crisi sta per finire e che il peggio e’ passato. Visto che uno e’ “professore universitario” e l’altro e’ “banchiere”, ci dicano sulla base di quali dati. “Sospette” sono le valutazione positive sull’Italia delle agenzie “Fitch” e “Moody’s”. Troppo “benevoli” con il loro “collega” Mario Monti. Sia Monti che Passera (ma anche la Fornero) hanno detto che la pressione fiscale e’ troppo alta. Il primo ha subito aggiunto che per ora non cala (per la verità aumenta, vedi benzina), il secondo auspica che lo si possa fare. Ragionamenti assai “poco tecnici”, più adeguati a chi e’ alla ricerca di “voti futuri”. E’ evidente che hanno “ambizioni politiche”. Se il “governo tecnico” si limitasse a sottolineare la gravità della situazione, ci sarebbe poco da rimproverargli. Ma i “tecnici” si spingono ben oltre. Mentre i partiti hanno paura delle urne, loro sembrano essere in “servizio propagandistico” permanente effettivo. Se e’ vero che la speculazione contro il debito italiano ha la sua radice nella debolezza istituzionale e strutturale dell’euro, e nessun provvedimento e’ stato preso, dov’e’ la luce? Se e’ vero che la speculazione si fonda su un debito pubblico troppo alto e su una produttività troppo bassa (secondo i dati Eurostat la produttività degli italiani e’ superiore solo a quella dei greci), anche qui non e’ successo nulla. Anzi, il debito e’ cresciuto. Dunque, che luce vedono Monti e Passera? Pura propaganda. Roba che non si perdona ai politici, ma non e’ ammessa ai tecnici. Le loro “sono solo canzonette”!
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