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sabato 11 agosto 2018

Il governo dell'ossimoro

Questa frase della ministra della Salute Giulia Grillo ben rappresenta l'essenza di questo governo: «I vaccini? Sono per l'obbligo flessibile», ha dichiarato pensando così di tenere insieme la parte (consistente) del suo elettorato No vax con quello leghista prevalentemente favorevole alle vaccinazioni obbligatorie.








Siamo alla «lucida pazzia», cioè all'uso dell'ossimoro, figura retorica costruita con parole che esprimono concetti contrari. «L'obbligo flessibile» in natura non può esistere, legalmente neppure perché una certa cosa o è obbligatoria o flessibile. Sostenere entrambi i concetti nello stesso istante più che far ridere è pericoloso. Genera caos, incertezza e lascia spazio all'arbitrio, in questo caso di presidi e genitori. Così quello che sarà permesso in una scuola o in una città, sarà vietato e addirittura sanzionato in un'altra.
La cosa non mi stupisce, perché questo governo nasce su un ossimoro. 
Di più, questo governo tra Lega e Cinquestelle è un ossimoro e quotidianamente ne abbiamo, purtroppo, una prova. Immaginate un'azienda, o anche solo una famiglia, i cui capi diramano ogni giorno una disposizione e il suo esatto contrario. Oppure una società quotata in cui l'amministratore delegato dice A, il presidente lo corregge in B e il direttore generale si muove verso C. Cosa potrebbero dire il mercato e gli azionisti se non: «Sono ubriachi, molliamoli finché siamo in tempo»?
Prendiamo ad esempio l'economia. La flat tax e il reddito di cittadinanza esistono a giorni alterni; l'Iva sarà aumentata ma anche no; il futuro delle grandi opere - Tav e Tap - dipende se parla Di Maio o Salvini; gli 80 euro renziani saranno soppressi per i Cinquestelle ma non per la Lega; le pensioni saranno tagliate ma non è detto. In queste condizioni come fa un cittadino, un'azienda, un investitore a programmare il suo futuro? 
Peggio di una cattiva decisione c'è solo la non-decisione, peggio del padre burbero il padre assente.
Tutto questo non sta avvenendo solo per incapacità e inesperienza. C'è quel peccato originale dell'ossimoro politico che renderà impossibile a Lega e Cinquestelle prendere decisioni sui temi più importanti e delicati. 
E non è con i giochi di parole che questo Paese potrà andare avanti ancora per molto. Perché, per rimanere in tema, non ci interessa assistere a «un tragico trionfo» o essere «disgraziatamente felici».

venerdì 10 agosto 2018

Nel suk della merce illegale anche i vigili non entrano

Cibi tarocchi, abiti a un euro, bici e lavatrici rubate Nel «regno» dei romeni 5mila compratori al giorno

L'uva - bella e dolce - costa un euro e cinquanta al chilo; le ciliegie, grosse, nere e perfette a vedersi (ma anche il gusto è ottimo e non ce n'è una ammaccata o marcia) 2 euro e 90.







L'abbigliamento più ordinario, quello che serve cercare smistando capi su capi da veri e propri mucchi buttati, ad esempio, su enormi coperte appoggiate direttamente a terra, si può pagare a pezzo anche un euro, che diventano al massimo tre quando maglie, magliette, gonne e pantaloni sono di fattura un tantino più ricercata.
Poi si passa dalle lattine di tonno al parmigiano, dalle caciotte alle buste di salmone, dai bagnoschiuma ai prodotti per l'igiene dentale, fino alle scarpe, ai trucchi, ai solari, alle creme per viso e capelli, gli spray antizanzare, profumi, tutto il materiale per l'incollaggio pile alcaline di ogni marca e misura, occhiali da sole, quindi tutti i possibili tipi di utensili per il fai da te e per l'uso quotidiano in cucina, chincaglieria di qualsiasi genere e materiale, biciclette, lavatrici, frigoriferi. Naturalmente tutto nuovo e intatto (guarda le foto).
I prezzi? Pensate a quanto costerebbero questi beni di consumo in un discount e dividete almeno per tre, farete sempre in tempo a detrarre ancora qualche euro. La provenienza? Lecita? Illecita? Qui nessuno si fa prendere dagli scrupoli se gli oggetti sono esattamente gli stessi - naturalmente «inviolati» e mai scaduti - che si possono trovare in una qualsiasi rivendita, sullo scaffale di un supermercato: quel che conta è che tutta la merce costa molto, molto meno. E con lo stesso denaro con cui altrove fai una spesa qui, accontentandoti, contrattando senza sosta e girando come una trottola tra la calca magari sotto il sole a picco e 35 gradi all'ombra come ieri, puoi anche farci saltar fuori un «regalone» per i tuoi bambini: un tenero cucciolo di cane (sulla razza però guardatevi attorno e non fate i cavillosi) di 40 giorni che spunta, ben nascosto, insieme ai due fratellini da sotto una vettura con targa romena guidata da un uomo che, sul bancone, vende merce che con gli animali nulla ha a che fare. Duecento euro a cagnetto. «Ma se ne compri due, uno per te e uno per tua mama, ti faccio un prezzaccio. E fai le foto, ma non mi mettere su internet, eh?» sorride il mercante sdentato mentre fa l'occhiolino.
C'è un mondo di almeno 5mila persone, venditori ma naturalmente soprattutto acquirenti la stragrande maggioranza dei quali sono stranieri, che ogni sabato sera comincia a muoversi o comunque a prepararsi per arrivare tutte le domeniche mattina - in ogni le stagioni e con qualsiasi condizione atmosferica più o meno estrema - nella zona tra piazzale Cuoco e viale Puglie, fino a via Varsavia dove si accede anche a un parcheggio. Un'area di almeno 20mila metri quadrati che la maggior parte della gente raggiunge a partire dalle 5.30 (ma l'ingresso ufficiale sarebbe fissato per le 8) a bordo della 91 (il bus della circolare sinistra che insieme alla 90, la circolare destra, viaggia senza sosta 24 ore su 24 ma è tra le linee meno sicure della città), magari dopo essere scesa dalla linea gialla del metrò alla fermata di piazzale Lodi e aver fatto appena 5 fermate. Si tratta di consumatori sfrenati - soprattutto di origine nordafricana, romena, tanti anche i nomadi e naturalmente molti italiani - che arrivano a frotte, con bambini e passeggini a seguito, per frequentare queste due aree distinte e separate da cancelli divisi da una stradina ma distanti non più di tre metri l'uno dall'altro. Le due aree, entrambe gestite da privati seppur di competenza comunale, sono diversamente frequentate. Sul lato sinistro ci sono venditori italiani che offrono merce dai 20 ai 30 euro ma che non va oltre gli abiti o le borse vintage, i servizi per la casa e pezzi d'arredamento retrò. La merce spesso rubata (o comunque di provenienza illecita) e che va a ruba, quella di cui abbiamo parlato, però, la si trova dalla parte opposta, sulla destra. Dove centinaia di stranieri, raggiunta l'area - molti con camioncini e auto di fortuna, moltissimi sui mezzi pubblici e «armati» solo di grossi sacchi neri della spazzatura colmi di oggetti e alimentari che trasportano con l'aiuto della famiglia - espongono direttamente a terra su lenzuola o grandi stracci, pagando una decina di euro per piccoli e medi spazi dove vendono fino alle 13. La presenza della polizia locale, sempre e solo ai margini del mercato, è soprattutto simbolica, per evitare che nascano problemi di ordine pubblico. Molti residenti, infatti, che pure si sono lamentati per l'«invasione» domenicale e inesorabilmente spalmata su tutto l'anno, non disdegnano i prezzi di queste bancarelle e le frequentano. Perché la verità è che la spesa al mercato di piazzale Cuoco fa quadrare il bilancio a buona parte dei nuclei multietnici della nuova Milano.

giovedì 9 agosto 2018

I frutti guasti della truffa per contratto

Non c'è nessun contratto, se non quello di spartirsi le poltrone. Intanto il fuoco avanza. Si salvi chi può

Se quello firmato due mesi fa tra Cinquestelle e Lega fosse davvero un contratto, oggi non saremmo qui ad assistere alla lite tra i due partiti su Tav e Tap, se fare o no da subito flat tax e reddito di cittadinanza e altri temi sensibili per il futuro dell'Italia.







Tutto sarebbe dovuto filare liscio come l'olio perché tutto - ci avevano detto e assicurato - era stato concordato nelle oltre cinquanta pagine dell'accordo tra Di Maio e Salvini. «Modello tedesco», lo avevano chiamato con non poca enfasi e presunzione, senza tenere conto che il «modello tedesco» è fatto da tedeschi e il loro da italiani, per di più da politici con la propensione a imbrogliare le carte pur di arrivare all'obiettivo. Tanto è vero che ogni volta che un nodo viene al pettine - vedi Tav e Tap, ma anche lavoro e fisco - il governo non sa da che parte andare. Perché il contenuto del contratto è volutamente generico e retorico. Dice tutto e il contrario di tutto. Un esempio, sul tema delle vaccinazioni: «Pur con l'obiettivo di tutelare la salute individuale e collettiva garantendo le necessarie coperture vaccinali, va affrontata la tematica del giusto equilibrio tra il diritto all'istruzione e il diritto alla salute, tutelando i bambini in età prescolare e scolare che potrebbero essere a rischio». Qualcuno di voi sa dire se ciò significa vaccini obbligatori? Stessa cosa sulle grandi opere, i cui investitori e lavoratori chissà per quanto saranno lasciati nel limbo in attesa di un sì o di un no, di cui nel contratto non c'è traccia.
Tutto questo per dire che stiamo parlando di una truffa. Non c'è nessun contratto, se non quello di spartirsi le poltrone. Assisteremo per mesi a un estenuante tira e molla su tutto e quelle poche decisioni saranno necessariamente talmente annacquate per evitare la rottura dell'alleanza da risultare inefficaci nel bene e nel male. «Discutere e ridiscutere, perché noi siamo il cambiamento» è il loro slogan d'ordinanza. Gli italiani hanno chiamato i pompieri perché la casa stava bruciando e questi che fanno?
Discutono e ridiscutono, consultano un contratto farlocco e litigano. Intanto il fuoco avanza. Loro si tengono a distanza, ma noi ormai l'abbiamo sull'uscio. Si salvi chi può.

Il Testamento di Mussolini

“Nessuno che sia un vero Italiano, qualunque sia la sua fede politica, disperi nell’avvenire. Le risorse del nostro popolo sono immense. Se saprà trovare un punto di saldatura, recupererà la sua forza prima ancora di qualche vincitore. Per questo punto di fusione io darei la vita anche ora, spontaneamente, qualunque sia purché improntata a vero spirito italiano. Dopo la sconfitta io sarò coperto furiosamente di sputi, ma poi verranno a mondarmi con venerazione. Allora sorriderò, perché il mio popolo sarà in pace con se stesso. Il lavoratore che assolve il dovere sociale senz’altra speranza che un pezzo di pane e la salute della propria famiglia, ripete ogni giorno un atto di eroismo. La gente che lavora è infinitamente superiore a tutti i falsi profeti che pretendono di rappresentarla. I quali profeti hanno buon gioco per l’insensibilità di chi avrebbe il sacrosanto dovere di provvedere.
Per questo sono stato e sono socialista!
L’accusa di incoerenza non ha fondamento. La mia condotta è sempre stata rettilinea nel guardare alla sostanza delle cose e non alla forma. Mi 
sono adattato socialisticamente alla realtà. Man mano che l’evoluzione della società smentiva molte delle profezie di Marx, il vero socialismo ripiegava dal possibile al probabile. L’unico socialismo attuabile socialisticamente è il corporativismo, punto di confluenza, di equilibrio e di giustizia degli interessi rispetto all’interesse collettivo. La politica è un’arte difficilissima tra le difficili perché lavora la materia inafferrabile, più oscillante, più incerta. La politica lavora sullo spirito degli uomini, che è un’entità assai difficile a definirsi, perché è mutevole.
Mutevolissimo è lo spirito degli italiani. Quando io non sarò più, sono sicuro che gli storici e gli psicologi si chiederanno come un uomo abbia potuto trascinarsi dietro per vent’anni un popolo come l’italiano. Se non avessi fatto altro basterebbe questo capolavoro per non essere seppellito nell’oblio. Altri forse potrà dominare col ferro e col fuoco, non col consenso come ho fatto io. 
La mia dittatura è stata assai più lieve che non certe democrazie in cui imperano le plutocrazie. 
Il Fascismo ha avuto più morti dei suoi avversari e il 25 Luglio al confino non c’erano più di trenta persone. Quando si scrive che noi siamo la guardia bianca della borghesia, si afferma la più spudorata delle menzogne. Io ho difeso, e lo affermo con piena coscienza, il progresso dei lavoratori
Tra le cause principali del tracollo del Fascismo io pongo la lotta sorda ed implacabile di taluni gruppi industriali e finanziari, che nel loro folle egoismo temevano ed odiano il fascismo come il peggior nemico dei loro inumani interessi. 
Devo dire, per ragioni di giustizia che, il capitale italiano, quello legittimo, che si regge con la capacità delle sue imprese, ha sempre compreso le esigenze sociali, anche quando doveva allungare il collo per far fronte ai nuovi patti di lavoro.

L’umile gente del lavoro mi ha sempre amato e mi ama ancora.
 Tutti i dittatori hanno fatto strage dei loro nemici. Io sono il solo passivo; tremila morti contro qualche centinaio. Credo di aver nobilitato la dittatura. Forse l’ho svirilizzata, ma le ho strappato gli strumenti di tortura.

Stalin è seduto sopra una montagna di ossa umane. E’ male? Io non mi pento di aver fatto tutto il bene che ho potuto anche agli avversari, anche ai nemici, che complottavano contro la mia vita, sia con l’inviare loro dei sussidi che per la frequenza diventavano degli stipendi, sia strappandoli alla morte.

Ma se domani togliessero la vita ai miei uomini, quale responsabilità avrei assunto salvandoli? Stalin è in piedi e vince, io cado e perdo. La storia si occupa solamente dei vincitori e del volume delle loro conquiste ed il trionfo giustifica tutto. La rivoluzionefrancese è considerata per i suoi risultati, mentre i ghigliottinati sono confinati nella cronaca nera.

Vent’anni di Fascismo nessuno potrà cancellarli dalla storia d’Italia
Non ho nessuna illusione sul mio destino. Non mi processeranno, perché sanno che da accusato diverrei pubblico accusatore. Probabilmente mi uccideranno e poi diranno che mi sono suicidato, vinto dai rimorsi. Chi teme la morte non è mai vissuto, ed io sono vissuto anche troppo. 
La vita non è che un tratto di congiunzione tra due eternità: il passato ed il futuro.
Finché la mia stella brillò, io bastavo per tutti; ora che si spegne, tutti non basterebbero per me
Io andrò dove il destino mi vorrà, perché ho fatto quello che il destino mi dettò.
I fascisti che rimarranno fedeli ai principi, dovranno essere dei cittadini esemplari. Essi dovranno rispettare le leggi che il popolo vorrà darsi e cooperare lealmente con le autorità legittimamente costituite per aiutarle a rimarginare, nel più breve tempo possibile, le ferite della Patria.
Chi agisce diversamente dimostrerebbe di ritenere la Patria non più Patria quando si è chiamati a servirla dal basso. 
I fascisti, insomma, dovranno agire per sentimento, non per risentimento. 
Dal loro contegno dipenderà una più sollecita revisione storica del Fascismo, perché adesso è notte, ma poi verrà il giorno ” .

lunedì 23 luglio 2018

Siamo tutti Berlusconi

Siamo tutti Berlusconi". Così il Tempo, in prima pagina, titola a caratteri cubitali. Un sostegno al Cav nella settimana più dura, quella che riassume le accuse di 25 anni di fango con il video rubato delle serate con le olgettine e le motivazioni della sentenza sulla trattativa Stato-Mafia pubblicate a poche ore di distanza l'uno dalle altre. "Dalla pedofilia alle stragi - scrive il Tempo -, non se ne può più". Per questo il quotidiano romano smonta punto per punto tutti gli attacchi all'ex premier.Cosa non farebbero i tumori italiani, magistratura e cattocomunisti con l'aggiunta del verme di Fini, per distruggere l'unica persona che avrebbe con le sue idee potuto cambiare l'Italia. Peccato che tutti i suoi "alleati" (falsi come Giuda e che pensavano di essere pure intelligenti) gli abbiano sempre remato contro. Berlusconi è avanti anni luce rispetto a tutti gli altri anche se ottantenne. Peccato che molti di quelli che gli davano il voto si siano fatti infinocchiare da tutte le balle messe in giro su di lui.
TEOREMI GIUDIZIARI

SIAMO TUTTI BERLUSCONI

Dalla pedofilia alle stragi, 25 anni di fango. Ora pure il video con le Olgettine. Non se ne può più nemmeno della Trattativa: Il Tempo smonta le accuse al Cav 

SIAMO TUTTI BERLUSCONI
Non è provato che Marcello Dell’Utri abbia «minacciato» Silvio Berlusconi, però Dell’Utri è ugualmente colpevole perché, ipoteticamente, potrebbe averlo fatto. Sta tutto qui il fallace ragionamento della Corte d’Assise di Palermo che due giorni fa ha depositato le motivazioni alla sentenza del processo sulla «trattativa» Stato-mafia; sta tutto, dunque, nell’ammissione dell’assenza della «prova regina», che pure si tenta di scavalcare con quelle che il giudice Alfredo Montalto chiama «ragioni logico-fattuali». La tesi della procura di Palermo, accolta dai giudici, è chiara: verso la fine del 1993, i boss Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca avrebbero contattato Vittorio Mangano, stalliere di Arcore negli anni ’70, chiedendogli di riferire a Dell’Utri che, se non avessero ottenuto dei benefici di legge, le stragi di mafia sarebbero riprese. E Dell’Utri, processato per «minaccia a Corpo politico dello Stato», stando alle accuse avrebbe recapitato quella minaccia a Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio dall’aprile al dicembre del 1994.
MINACCIA SENZA PROVE
Ma, come detto, la Corte d’Assise di Palermo è costretta ad ammettere che questo assunto non è dimostrato, tanto da scrivere che «se pure non vi è prova diretta dell’inoltro della minaccia mafiosa da Dell’Utri a Berlusconi, perché solo loro sanno i contenuti dei loro colloqui, ci sono ragioni logico-fattuali che inducono a non dubitare che Dell’Utri abbia riferito a Berlusconi quanto di volta in volta emergeva dai suoi rapporti con l’associazione mafiosa Cosa nostra mediati da Vittorio Mangano». La prova non c’è, dunque, ma non potendosi escludere che da qualche parte ci sia, si condanna ugualmente Dell’Utri a 12 anni di galera. 

PENTITI E BUGIE
I giudici, poi, sottolineano che la disponibilità dell’ex senatore a porsi come intermediario tra i clan e Berlusconi fornì «le premesse della rinnovazione della minaccia al governo quando, dopo il maggio del 1994, questo sarebbe stato appunto presieduto dallo stesso Berlusconi». In questo senso si ritiene provata, dunque, la teoria della «cinghia di trasmissione» della minaccia di Cosa nostra all’ex premier. Ma davvero quella «filiera» sarebbe dimostrata? I fatti dicono il contrario. Intanto, Brusca ha affermato di aver saputo della permanenza di Mangano ad Arcore, fatto notorio in mezza Sicilia, leggendo l’Espresso. Il pentito, inoltre, ha collocato l’incontro in cui avrebbe chiesto a Mangano di riprendere i rapporti con Dell’Utri nell’aprile del 1994, sostenendo di aver ricevuto una risposta pochi giorni dopo. Peccato che quando si trattò di precisare il momento esatto, lo associò a un furto di vitelli avvenuto a Partinico nel novembre del 1993. In sostanza, a voler dar retta al capo mandamento di San Giuseppe Jato, l’incarico a Mangano di contattare Dell’Utri sarebbe avvenuto nell’aprile del 1994 e la risposta...cinque mesi prima...

domenica 22 luglio 2018

Le lacrime (taciute) degli uomini

L’uomo piange sino dall’antichità. Ma oggi vuole essere un robot

Gli eroi antichi piangevano. Piange Achille alla morte di Patroclo, piange Ulisse nell’isola di Calipso pensando alla patria lontana.







Piange Pericle al processo di Aspasia. Piange Paolo mentre Francesca racconta.
Oggi ha finito per imporsi un modello di maschio che pensa di essere forte controllando i suoi sentimenti e anche la donna sta imitando il modello androgino e si vanta dicendo che cambia uomini come cambia i vestiti. Ma nel profondo la realtà è diversa. Anche lei si innamora e piange dopo avere fatto l’amore e talvolta ha gli occhi pieni di lacrime mentre lo sta facendo. E l’uomo innamorato piange quando non si sente amato dalla sua donna e, quando la rivede dopo una lunga attesa, gli salgono le lacrime agli occhi come a un bambino che pensava di avere perso sua madre nella folla e, ritrovandola, corre ad abbracciarla singhiozzando.
Nell’innamoramento profondo il maschio ha esperienze simili a quelle del bambino, si intristisce non appena la sua donna amata si allontana, ha continuamente bisogno di vederla, di parlarle, di sentirla vicina. E la donna sa amare anche a distanza, anche per anni un uomo che non l’ama con la sua stessa intensità. Di queste cose abitualmente non si parla perché nel mondo del lavoro e degli affari noi portiamo una corazza emotiva, ostentiamo un ottimismo di maniera, e mettiamo al primo posto il denaro.
I sentimenti amorosi sono vissuti come segno di debolezza, si preferisce il sesso che dà piacere e non ti lega. Ma al di là delle ideologie e delle mode gli esseri umani continuano a provare le antiche passioni. L’amore, la gelosia, l’invidia, la solitudine e continuano a innamorarsi, e allora ecco che anche l’uomo viene improvvisamente preso dal mal d’amore, e quando sente la voce amata lo prende un nodo alla gola e non riesce più a parlare. E lo stesso succede a lei. Sì, davvero, anche oggi nella nostra società della comunicazione i due innamorati talvolta fanno fatica a parlarsi al telefono tanto la loro voce è rotta dai singhiozzi, dalla commozione. Ma perché queste cose, che pure sono vere non si dicono? Perché abbiamo tanta fretta di assomigliare a dei robot?

sabato 21 luglio 2018

Caro dottore, questo Paese è un bordello

Il direttore de il Giornale risponde alla lettera di un medico: "Valgo meno di una segretaria"

Caro dottore, il grande Giuseppe Prezzolini diceva: «I cittadini italiani si dividono in due categorie: i fessi e i furbi.







Colui che sa, è un fesso, colui che riesce senza sapere è un furbo. I primi hanno dei principi, i secondi dei fini». Non si offenda, ma il suo curriculm parla chiaro. Lei appartiene alla categoria dei fessi che hanno creduto in un sogno e che sogno il suo - non avendo calcolato che in Italia, parole di Indro Montanelli «il bordello è l'unica istituzione dove la competenza è premiata e il merito riconosciuto».
Quindi uno con le sue qualità e capacità se fosse nata con le tette e disinvolta oggi sarebbe ricco. Invece è nato uomo e ha voluto fare il medico. Un momento di debolezza che ora paga e non deve lamentarsi se una ragazzina compaesana del ministro Di Maio e fidanzata con il suo braccio destro guadagna al primo impiego, per fare la segretaria, più di lei medico scrupoloso ed esperto a fine carriera. E lo stesso vale per il segretario del ministro della Giustizia Bonafede, tale Daniele Longo, anni 35, nove dei quali impiegati per laurearsi (non in fisica nucleare, banalmente in giurisprudenza).
I grillini le avevano promesso che avrebbero cambiato il mondo a suo favore. Non so lei, ma in tanti hanno abboccato e molti sono ancora convinti di avere fatto svoltare il Paese. Boccaloni e illusi. Questi sono peggio degli altri perché ai riti della vecchia casta aggiungono l'arroganza e l'inesperienza della gioventù. Il loro concetto di «merito» è conoscere le persone giuste al momento giusto. Ma, caro dottore, non si abbatta e tenga duro. Prima o poi riusciremo ad avere un Paese dove i medici pubblici, e perché no gli insegnanti, torneranno sul piedistallo sociale ed economico.
Perché senza di voi tutti noi non andiamo lontano nella vita, né in età né in qualità.