Il Lodo Alfano? Non ci sarebbe stato bisogno. “Strano Paese il nostro. Certo sono passati quindici anni, ma la storia è nota, stranota: riguarda il presidente Oscar Luigi Scalfaro”. Questo ha dichiarato Giuseppe Di Federico, professore emerito di sistemi giudiziari all’Università di Bologna. Nel 1993 alcuni funzionari del SISDE (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica) erano stati indagati per peculato dalla Procura di Roma. Alcuni di loro tirarono in ballo Scalfaro. Dissero che all’epoca in cui era ministro degli Interni, quindi prima di diventare presidente della Repubblica, gestiva 100 milioni di lire al mese. La situazione divenne compromettente per Scalfaro che stizzito disse: “Io non ci sto”. Ricordate? Nel 1993 non c’era nessun “lodo” che tutelava le quattro più alte cariche dello Stato. A sbrogliare la matassa ci pensarono i magistrati della Procura di Roma, non il Parlamento. Così, ancora una volta i giudici invasero il campo della politica facendo quello che i politici non erano capaci di fare. Ancora una volta fu un pool di magistrati, e non il Parlamento, a fissare le regole della politica. Che cosa accadde? Anzitutto quei funzionari del SISDE furono messi sotto inchiesta per attentato agli organi costituzionali. Risultato? Gli 007, rischiando una condanna pesantissima, decisero di tacere su Scalfaro, come scrisse nel suo libro “La toga rossa” Francesco Misiani che, all’epoca, era PM (Pubblico Ministero) a Roma. Quindi, dopo una riunione, alcuni magistrati della Procura di Roma stabilirono di fermare l’indagine su Scalfaro, facendo riferimento all’articolo 289 del codice penale, quello che punisce severamente chi attenta agli organi costituzionali. L’articolo recita: “È punito con la reclusione non inferiore a dieci anni, qualora non si tratti di un reato più grave, chiunque commette atti diretti a impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente, al presidente della Repubblica e ad altre cariche istituzionali l’esercizio delle attribuzioni o delle prerogative conferite dalla legge”. L’attentato agli organi costituzionali è un reato gravissimo, è stato contestato, per esempio, ai generali dell’Aeronautica militare che avrebbero mentito e depistato, ingannando il governo a proposito della strage di Ustica. Nel 1993 la Procura di Roma fu lodata da tutti per questo provvedimento che “salvava” il presidente della Repubblica. In pratica i giudici, interpretando l’articolo 289, stabilirono che un’indagine giudiziaria non avrebbe dovuto impedire al capo dello Stato di svolgere i propri compiti. E l’indagine su Scalfaro “venne sospesa” e così anche qualsiasi procedimento. Tutto rimase congelato per sei anni. La controprova è che ripartì solo nel 1999, quando Scalfaro lasciò il Quirinale. E a quel punto fu rapidamente archiviato. Staremo ora a vedere se la Corte Costituzionale ratificherà il Lodo Alfano, altrimenti saremmo al paradosso. Infatti, l’articolo 289 prevede anche l’immunità di tutto il Parlamento e dei dirigenti regionali, quindi è molto più esteso del Lodo Alfano. E Di Pietro lo ha definito una legge immorale! Per logica, ne consegue che è immorale anche il presidente Napolitano che l’ha promulgata. L’unico immorale è proprio Di Pietro. Dagli anni Novanta in poi, si è assistito a strumentali ingerenze nella politica da parte della Magistratura. Di Pietro, ex magistrato politicizzato, ha deciso che il confronto non debba basarsi sulle idee ed i programmi, ma debba continuare in uno scontro fazioso. Vuole che i giudici continuino ad intromettersi per seguitare a delegittimare la classe politica e, soprattutto, per “eliminare” politicamente Berlusconi. Non accetta il responso delle urne a favore del Pdl, dopo la fallimentare esperienza del governo Prodi di cui lui era ministro. Di Pietro è per l’ingovernabilità’ dell’Italia. In nome della governabilità Veltroni dovrebbero prendere le distanze da lui. Dovrebbe dimostrarsi responsabile per ricominciare il dialogo, mai negato da Berlusconi. Il Pd inizi a fare opposizione per migliorare l’azione del governo e non per mettersi di traverso ideologicamente. Il Pd ha fatto bene a staccarsi dai comunisti, ma ora deve riconoscere alla maggioranza il diritto/dovere di governare e contribuisca a realizzare il miglior Stato possibile per il bene di tutti gli italiani. Il Pd ha fatto un grande sbaglio, quando si è alleato con Di Pietro, non sbagli una seconda dandogli ancora credito assecondando la sua voglia di dare “mazzate” e di “ammanettare”. Veltroni dimostri di avere gli attributi se vuole rimanere a capo del partito che si candida all’alternanza di governo. Walter, purtroppo, attualmente rappresenta il nulla programmatico, il nulla tattico, il niente strategico. Di certo non è più comunista, ma il problema è che non ha la minima idea di cosa sia veramente e scimmiotta a fare l’Obama “de noantri” mentre quello vero copia la Robin tax di Tremonti. Da due mesi parla solo di salari insufficienti e si dimentica che a tagliarli e tassarli è stato proprio il governo di Prodi. La raccolta dei cinque milioni di firme “contro Berlusconi” va molto male. Chiamparino, Bassolino e Cacciari hanno rifiutato di firmare la petizione. Intanto D’Alema seguita a manovrare per ricostituire ”l’armata brancaleone”: la solita “ammucchiata” con i vecchi alleati. Non ha importanza se Rifondazione comunista al suo congresso abbia dato un’immagine di un “partitino” impazzito e la cui sintesi del suo programma è: “comunismo”. Ha nominato segretario Ferrero con un’elezione farsa dai metodi staliniani: imporre di salire sul palco ed uno per uno a dichiarare se si era o no “nemici del popolo di Bandiera Rossa”. Un vuoto di democrazia, d’idee, di programma e di assoluto scollamento dalla realtà sociale ed economica. Veltroni e D’alema per combattersi meglio inaugurano una televisione a testa: Tv Red (dalemiana) e You-dem (veltroniana). All’orizzonte due nuovi colossali “flop”. Quanti ancora credono nel Pd?
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