Sydney, 5 dicembre 2008
Da alcuni mesi siamo giornalmente bombardati da “catastrofiche” notizie sul futuro dell’economia mondiale e, di conseguenza, della nostra vita quotidiana. Questa crisi globale del settore finanziario, spingerà tutto il mondo finalmente alla riscoperta dell’economia “reale”, dove il lavoro, la produzione, le aziende riacquisteranno quel valore che in questi ultimi decenni avevano perso nei confronti di una finanza spregiudicata e truffaldina. Se volevamo andare avanti dovevamo ritornare in dietro. Sarebbe anche ora che producessimo meno e soltanto cose utili e di qualità, vista la quantità enorme di oggetti inutili e superflui che riempiono le nostre case. Produrre meglio, e cose veramente utili, contribuirà sicuramente al miglioramento della qualità della vita perché, disfacendoci del superfluo, ci concentreremo maggiormente su ciò che è veramente “essenziale” per la nostra vita. Dovremmo anche investite di piu’ sulla salute, il lavoro, la casa, la famiglia, l’amicizia, questi sono tutti beni durevoli che non temono crisi finanziarie e che da sempre sono la fonte della vera felicità e del benessere economico. Non tutti i mali vengono per nuocere. La crisi sarà pesante ma occorre non farsi prendere dal panico e dare il giusto peso alle notizie diffuse dai media. Siamo di fronte ad una grande svolta di cambiamento del nostro stile di vita. Se non crediamo piu’ al futuro, e ci limitiamo alla semplice sopravvivenza quotidiana, andremo in contro a conseguenze disastrose. Ad esempio la salute: impariamo a non comprare il cibo “spazzatura”, compriamo solo quello “sano” nelle quantità esclusivamente “necessarie”, non “abbondanti” come siamo stati abituati a fare da tempo. Andiamo dal dottore quanto veramente e’ “necessario”, non per un semplice raffreddore. Non ingozziamoci di medicinali come se dovessero fare chi sa quali miracoli: le medicine “quando fanno bene fanno male” se consideriamo tutti gli effetti “collaterali”. Se adotteremo questi comportamenti risparmieremmo, staremmo meglio in salute (con meno spese per lo Stato) e nel contempo continueremo a consumare per far lavorare le fabbriche: quelle che produrranno cose veramente utili e necessarie. Dobbiamo iniziare a vivere in modo piu’ intelligente e “consapevole” perché, da alcuni mesi, l’umanità’ sta consumando le “riserve” del capitale biologico (a cominciare dal legno e l’acqua) accumulato in oltre tre miliardi di anni di evoluzione della Terra. Nemmeno un super intervento, come quello del governo degli Stati Uniti e di tutti gli altri Paesi per tappare i buchi delle banche, basterebbe a riequilibrare il nostro rapporto con la madre Terra. Secondo gli scienziati il 23 settembre del 2050 potrebbe essere “l'Earth Overshoot Day”: l'ora della bancarotta ecologica se non cambieremo “urgentemente” le abitudini del nostro stile di vita. La data della possibile crisi delle risorse rinnovabili è stata calcolata dal Global “Footprint Network”, l'associazione che misura l'impronta ecologica, cioè il segno che ognuno di noi lascia sul pianeta prelevando ciò di cui ha bisogno per vivere ed eliminando ciò che non gli serve più: i rifiuti. Attualmente continuiamo a sopravvivere “rubando” ricchezza ai figli, ai nipoti e a quelli che verranno dopo. Se continueremo di questo passo la Terra sta andando incontro allo stesso destino avuto l’isola di Pasqua, dove l’insensato consumo delle risorse naturali portò all’estinzione la popolazione che l’abitava. La storia di questa isola e’ drammaticamente emblematica e deve farci riflettere profondamente. Allo sbarco dei primi colonizzatori polinesiani, attorno all’800-900 d.C., l'isola si presentava come un’immensa foresta di palme: un vero “paradiso terrestre”. Fino al 1200 la popolazione rimase sostanzialmente in equilibrio con le risorse naturali presenti. In seguito, però, nacque da parte degli abitanti la necessità di costruire i “moai”. Si tratta di statue monolitiche, cioè ricavate e scavate da un unico blocco di tufo vulcanico. Alcune possiedono sulla testa un tozzo cilindro (pukau) ricavato da un altro tipo di tufo di colore rossastro, come l'acconciatura diffusa tra i maschi. Il sistema di trasporto di queste gigantesche statue richiedeva notevoli quantità di legname. Cominciò pertanto un “dissennato” disboscamento dell’isola che fu ulteriormente intensificato dopo il sensibile aumento della popolazione dovuto a nuovi sbarchi. Verso il 1400 l’attività di abbattimento degli alberi raggiunge il massimo di intensità. La riduzione della risorsa forestale provocò un inasprimento dei rapporti sociali interni che sfociarono in violente guerre civili. Tra il 1600 e il 1700, in alternativa al legno divenuto sempre più scarso, gli abitanti iniziano a utilizzare anche erbe e cespugli come combustibile. Le condizioni di vita sull'isola divennero pertanto proibitive per la popolazione rimasta, in gran parte decimata dalle guerre civili e per l’emigrazione di coloro che abbandonarono l’isola all’inizio un “paradiso terrestre”. Per millenni l'impatto dell'umanità, a livello globale, è stato trascurabile. Con la crescita della popolazione (il Novecento è cominciato con 1,6 miliardi di esseri umani e si è concluso con 6 miliardi) e con la crescita dei consumi (quelli energetici sono aumentati di 16 volte durante il secolo scorso) il quadro è cambiato così rapidamente che, dal punto di vista della storia geologica, rappresenta una “frazione di secondo”. Nel 1961 metà della Terra era sufficiente per soddisfare le nostre necessità. Il primo anno in cui l'umanità ha utilizzato più risorse di quelle offerte dalla biocapacità della Terra è stato il 1986, ma quella volta il danno era ancora moderato. Nel 1995 il prelievo cominciava a “intaccare” il capitale a disposizione: la quantità di legname, fibre, animali, verdure divorati andava oltre la capacità degli ecosistemi capaci di rigenerarsi. E, visto che è difficile ipotizzare che per il 2050 parte della popolazione terrestre potrà “emigrare” in altri pianeti, bisognerà arginare il sovra consumo usando nuove tecnologie e cambiando stile di vita. Se il modello di stile di vita degli Stati Uniti venisse esteso a tutti gli abitanti del pianeta ci vorrebbero 5,4 Terre. Con lo stile Regno Unito 3,1 Terre, Germania 2,5 Terre, Italia 2,2 Terre. Cosa fare? Dobbiamo continuare ad avere fiducia del presente ma guardare con molta consapevolezza al futuro. I governi di tutte le nazioni saranno costretti ad adottare provvedimenti drastici per indirizzare le persone ad avere stili di vita consoni per essere sostenibili dall’ecosistema. Se non cambieremo urgentemente il nostro stile di vita immancabilmente la Terra subirà la sorte dell’isola di Pasqua.
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