Il Globo & La Fiamma - Australia
Venerdi 14 agosto 2009
Giampiero Pallotta
Non faccio parte del Pdl. Sono sempre stato e rimango esclusivamente un “berlusconiano” convinto sin dall’11 febbraio 1994, prima che Berlusconi vincesse le sue prime elezioni. Lo sono rimasto anche durante l’attraversata del deserto dei sette anni bui d’opposizione. Nel 2001, alla sua seconda vittoria elettorale, molti, che prima si erano tenuti alla larga per paura di “compromettersi”, sono saliti di corsa sul carro del vincitore, alcuni con il miraggio di una candidatura per “acchiappare” una poltrona in Parlamento. Silvio Berlusconi, in questo particolare e cruciale momento storico, ha bisogno del sostegno e della solidarietà degli italiani. Il premier sta trasformando l’Italia per modernizzarla e farla uscire per sempre dal provincialismo che le ha sempre impedito di competere alla pari con i migliori Paesi del mondo piu’ avanzati politicamente ed economicamente. Il governo italiano deve portare a compimento molte importanti ed indispensabili riforme, tra cui quella del Parlamento che darà i mezzi politici al premier, che verrà dopo Berlusconi (che quasi certamente si ritirerà a vita privata a fine di questa legislatura), per governare l’Italia come un Paese finalmente “normale”. Silvio ha ancora a disposizione circa quattro anni per raggiungere tutti gli obbiettivi. Mentre lui ci sta mettendo tutto il suo entusiasmo e tutte le sue energie, ha bisogno del sostegno della maggior parte degli italiani in Italia e nel mondo. Se in questa legislatura non si costruirà un’Italia moderna ed efficiente, sarà per sempre relegata tra le ultime nazioni del mondo. Berlusconi ha dimostrato di essere un uomo forte e coraggioso, che non si abbatte di fronte alla montagna di fango che da quindici anni gli stanno gettando addosso. In questi ultimi tre mesi ha dovuto subire il più gigantesco attacco mediatico che un uomo politico abbia subito in tutto il mondo: solo pettegolezzi, calunnie e veleni, il tutto orchestrato dal gruppo editoriale L’Espresso di cui La Repubblica fa parte. Dopo mesi di disco incantato delle famose dieci domande, i lettori si sono rotti i cosi detti tanto che le vendite de La Repubblica hanno iniziato a calare (-7,2%) e continuano a diminuire vertiginosamente. Ma perché non pensa di utilizzare quello spazio per altre notizie? Ogni giorno ripropone le solite dieci domande e non si capisce chi le dovrebbe leggere. I lettori, che non sono degli imbecilli, le saltano e vanno alla pagina successiva. Invece ce ne sarebbero alcune, e pertinenti, da chiedere all’“escort” (in italiano: “mignotta”) Patrizia D’Addario. Ad esempio. Prima di svolgere il “lavoro”, dove tiene nascosto il registratore? Ha il registratore anche quando e’ senza vestiti? Dove? Beppe Grillo, a proposito di quelle registrazioni ha commentato: "Ho ascoltato le conversazioni tra la D'Addario e Berlusconi. La mia impressione è che siano state preparate, studiate a tavolino. Riascoltatele, la D'Addario sembra recitare una parte. Non mi sembra verosimile che un’escort rischi tutto, si metta contro il Sistema, per una concessione edilizia negata, per una promessa non mantenuta dello psiconano. Poteva vendere le registrazioni a qualunque cifra all'interessato, e non lo ha fatto. È una supposizione, ma la D'Addario mi ricorda il cadavere di Salvo Lima usato contro Andreotti. Altri tempi. Per lo psiconano potrebbe essere sufficiente una prostituta". Un tempo La Repubblica si vantava di fare giornalismo politico e d’opinione, persino riusciva ad influenzare le scelte nel centrosinistra. Avendo fallito su quel fronte, non gli e’ restato altro che il “gossip” con le divulgazioni di fatti totalmente falsi. E allora giù con le Noemi, le D’Addario, i voli di Stato, le trenta tombe fenicie a villa Certosa in Sardegna, le telefonate “piccanti” con le ministre. Tante voci, tante indiscrezioni, tante ricostruzioni, ma niente di niente di concreto in mano: tutte fandonie calunniose. Le uniche cose vere a livello giudiziario, pesanti e gravi, rischiano invece di compromettere l’intera classe dirigente pugliese di sinistra. Analizzando la situazione creatasi in Puglia, a seguito delle inchieste sulla sanità che vedono coinvolti i partiti di centrosinistra, Antonio Macaluso ( Corriere, 31 luglio) si è chiesto maliziosamente: “… se i pesanti attacchi di tutto il fronte dell’opposizione nei confronti del presidente del Consiglio e dei suoi comportamenti non abbiano talvolta voluto coprire i timori per quello che l’inchiesta avrebbe potuto portare alla luce”. E’ probabile che sia cosi’. Il governatore della Puglia Vendola, per paura di rimanere coinvolto personalmente, ha inviato ai magistrati responsabili dell’inchiesta una lunga “lettera aperta” in cui si lamenta del modo in cui sarebbero condotte le indagini. Immaginate se fosse stato Berlusconi a scrivere una lettera del genere. Apriti cielo! Sai lo “stracciamento” delle vesti del TG3, de “La Repubblica” ed di altri organi di stampa. Si sarebbe gridato forte e chiaro dell’imminente pericolo della censura degli organi d’informazione e che la dittatura “berlusconiana” era ormai instaurata. L’inchiesta di Bari, piu’ semplicemente, e’ usata come mezzo per regolamenti di conti interni del Pd, in vista delle elezioni regionali del 2010. E’ la prova provata che questo partito non e’ credibile nel sostenere di essere “riformista”. Mai e’ stato in grado di dimostrare, inequivocabilmente, all’opinione pubblica la questione del rapporto fra “morale e politica”. Quale futuro politico può avere un partito che si presenta come “riformista” mentre nella realtà e’ “immorale”, visti i fatti di Bari, ma anche quelli riscontrati da anni e negli ultimi mesi in molte altre regioni e comuni italiani? La “favola” della presunta superiorità morale della sinistra su tutti gli altri l’aveva iniziata a raccontare Enrico Berlinguer e sembrava che fosse credibile. Con “mani pulite”, i compagni hanno iniziato a gridare “al ladro al ladro”. Questa “rivoluzione” favorì nientemeno uno strano matrimonio: tra gli “antropologicamente onesti ed austeri comunisti” (come sosteneva Berlinguer) con i “santi” sopravvissuti dall’estinta DC. I “buoni” ed “incorrotti” insieme ai “santi” dovevano fare blocco contro la scesa in campo del “diavolo” Berlusconi: che simboleggiava tutti i mali, i vizi e le vergogne dell’Italia. E cosi’ questa “favola” e’ stata raccontata per quindici anni agli elettori del centrosinistra: ma era solo e soltanto una “favola”. La realtà e’ ormai sotto gli occhi di tutti e ha portato alla rovina “l’immorale” cattocomunista centrosinistra. Nel confuso dibattito precongressuale del Pd, e’ evidente l’assenza di ogni idea politico/culturale nei tre aspiranti “segretari”, e per questo il Pd subisce il pesante condizionamento de La Repubblica. Poi e’ evidente l’incapacità del Pd di sbarazzarsi di Di Pietro perché, al momento, non ha un programma o un sogno da proporre ai suoi elettori per contrastare e combattere quello che è ormai il suo piu’ pericoloso avversario. Il Pd, riducendo la politica a una questione di “onesti” e di “santi”, doveva immaginare che, prima o poi, ci si imbatte sempre in qualcuno che si dichiara piu’ onesto e santo di te: e lo ha fatto Di Pietro. Dopo quindici anni di confusione, fra moralismo ed etica pubblica, il Pd subisce da mesi e mesi, senza reagire, l’offensiva di Tonino che gli sta portando via sempre piu’ elettori e militanti che sposano l’ideologia “dipietrista”. La politica “moralista” della sinistra e’ sempre stata “protetta” da giudici “giustizialisti” come Di Pietro. Se si rendesse disponibile ad un accordo con il centrodestra per la riforma della giustizia, il Pd potrebbe cominciare a porre fine ad una ventennale politica opportunista rifiutando gli eccessi faziosi dell'attivismo politico di alcuni giudici. Allora il Pd comincerebbe a distinguersi da Di Pietro e potrebbe iniziare a considerarsi veramente un partito “pragmatico” e “riformista”. I dirigenti (si fa per dire) del Pd sono troppo lontani dalla realtà politica e di sicuro non faranno niente di tutto questo. Continueranno nella strada intrapresa: quella della totale distruzione del Pd. Dopo il congresso di ottobre, i “comunisti” si raggrupperanno intorno a Bersani e non vorranno avere nulla a che fare con i “democristiani” che avranno abbracciato Franceschini. Pochissimi altri saranno con Ignazio Marino che non ama né i comunisti né i democristiani. Rutelli se ne andrà a braccetto con Casini per correre dietro al sogno del “grande centro”. Liberi tutti! Via con il retino ad acchiappare farfalle.
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