Nel 2013 quando si ritornerà a votare, i cittadini si chiederanno non se il governo abbia dialogato con l’opposizione interna (nata in questi giorni) o esterna, ma se ha portato a casa le riforme promesse. Nonostante quello che abbiamo assistito in diretta durante la direzione del Pdl, dove si e’ consumata una rottura che sarà “impossibile” ricomporre, il governo ha ancora una maggioranza forte per portare a compimento le riforme avendo in Parlamento i numeri. Ma Fini ed i “finiani” faranno del tutto per ostacolarle anche se il “rivoluzionario”, troppo tardi destando sospetti, ha iniziato a moderare i toni e a fare marcia in dietro dopo che anche gli undici, che gli aveva votato a favore, cominciano a squagliarsela. Per limitare al minimo i danni, che potrebbero provocare il rallentamento delle tanto attese quanto necessarie riforme, il Pdl sarà costretto a spingere Fini, ed i “finiani”, fuori dal partito e costringere il presidente della Camera dei deputati a dimettersi. Non si può fare altrimenti per rimuovere il “macigno” che, inaspettatamente, e’ precipitato in mezzo alla strada delle riforme. Con la diretta della riunione, il Pdl ha dimostrato di essere un partito democratico che non ha avuto nessuna preoccupazione di rendere pubblico lo scontro interno. E’ stato permesso a Fini di esporre il suo “legittimo dissenso” e poter dire quello che voleva. Purtroppo per lui si sono rivelate false ed ipocrite le sue “motivazioni” di contestazione. Si e’ fatto bene farlo parlare avanti a tutti, si e’ scoperto che non aveva niente da dire ma, allo stesso tempo, si e’ bloccato il suo tentativo di mantenere l’equivoco per continuare a logorare la leadership di Berlusconi e la capacità d’azione del partito e del governo. L’obiettivo e’ stato centrato, ma non possono escludersi pericolosi colpi di coda. Fini e’ incattivito per aver ottenuto, sul documento finale, 11 voti a suo favore (piu’ 1 astenuto) su 172 membri di cui 54 ex AN. Le sue tardive affermazioni, sulla lealtà verso il partito e la necessità di realizzare il programma votato dagli elettori, suonano del tutto false ed ipocrite: non sono credibili. Quello che abbiamo assistito e’ un film già visto. Riporta alla memoria quello che accadde in una riunione della coalizione di centrodestra quando c’erano Follini e Casini. Ad un certo punto Follini, spalleggiato da Casini, disse: “Se agli altri va bene la leadership di Berlusconi, a noi non va bene” e ne seguì la scissione. Cosa e’ accaduto da allora ad oggi? Follini e’ sparito, si vede raramente in qualche “insignificante” intervista. Casini continua a fare il “parolaio” e da utile idiota al centrosinistra che continua ad annaspare nel vuoto piu’ assoluto. L’unica idea “balzana” venuta a Bersani e’ il “patto repubblicano” che sarebbe l’adesione alla proposta Di Pietro di rimettere insieme l’armata Brancaleone includendo anche Fini. Ora e’ il turno di “Gianfrego” a fare “casino”, non per reali motivi di dissenso dell’azione di governo che, come abbiamo ascoltato, non ce ne sono, ma per “orgoglio”, per risentimenti personali e per un errato senso di superiorita’ nei confronti di Berlusconi. Uno spettacolo avvilente! Incredibile che un quasi sessantenne, per giunta presidente della Camera, sia sceso così in basso. Stravaccato sulla poltroncina masticando gomma americana come uno scemo adolescente teddy boy, continuava sguaiatamente a fare mosse isteriche con il viso e le mani per contestare Berlusconi che stava parlarlando. In piedi, dalla platea sotto il palco degli oratori, col ditino alzato, a battibeccare con il Premier. Ha cancellato in pochi minuti l'immagine seria e composta che s'era costruito in quest'ultimi due anni. Tutta l'ipocrisia, l’accidia e la tracotanza “finiana” e’ venuta a galla. Ha messo in evidenza la sua vera immagine di persona astiosa ed isterica. Ed e’ per questo che non c’e’ piu’ niente da fare: la “frattura” non si potrà ricomporre. Il documento finale ufficiale della direzione de Pdl, approvato dal 93% dei delegati, conclude con una dichiarazione inequivocabile: “In ogni democrazia, così come all’interno del Pdl, vige il principio della maggioranza. Se questa decide una linea politica, quella è e quella va seguita anche da chi dissente”. Fini non ci vuole stare, non vuole riconoscere questa “elementare” regola democratica e minaccia “scintille” in Parlamento durante l’esercizio della sua carica di presidente della Camera. Come giudicare questa sua “insensata” minaccia e la “assurda” pretesa di far prevalere una sparutissima minoranza sulle decisioni della maggioranza? E’ stupidamente pretenzioso, come se una mosca minacciasse un’aquila. S’e’ ammattito! Vuol rimanere nel partito? A che titolo e a che fare? Per continuare a fare “casino” e diffondere zizzania e mettere bastoni nelle ruote? Non vuole uscire perché sa benissimo che non ha piu’ nessuna alternativa politica e sparirebbe nel nulla. L’attacco frontale a Berlusconi e’ stato per lui una “catastrofica” disfatta. Di conseguenza, non ha piu’ nessuna speranza di soddisfare la sua “sfrenata ambizione” di diventare primo ministro e neppure presidente della Repubblica. La soluzione migliore sarebbe che capisse che non c’e’ piu’ posto per lui e per i “finiani” nel Pdl e dia le dimissioni da presidente della Camera, altrimenti potrebbe essere cacciato in malo modo. Se il Pdl fosse costretto a farlo, sarebbe un segnale forte che gli elettori e la pubblica opinione capirebbero che era necessario fare. Escluse le opposizioni che grideranno al regime dittatoriale, alla mancanza di libertà d’opinione ed altri ancora soliti beceri giudizi per continuare a “demonizzare” Berlusconi. I giornali hanno trovato materia da scrivere per mesi, pronosticando migliaia di scenari improbabili (La Repubblica ha già iniziato con le “torte” percentualizzate. Il Fatto con Travaglio che, manco a dirlo, si e’ schierato con Fini, ha cominciato un assordante rullio frenetico di tamburi). Che fortuna inaspettata per loro! Gli e’ stata data ancora un’occasione per “iniziare” un altro “filone” contro Berlusconi e cosi’ continueranno a fare soldi e a vendere le loro copie di giornali. Fini potrebbe giocare di furbizia per evitare che lui ed suoi “peones” vengano espulsi dal Pdl. A che cosa si riferiva Fini quando ha “minacciato” che farà “scintille” in Parlamento? E’ stabilito che nel Pdl ciascuno ha diritto di dire quel che pensa, poi si vota e tutti sono tenuti a rispettare quel che si e’ “deciso a maggioranza”. La prova del nove, se la minoranza rispetterà questa regola, si toccherà con mano ogni volta che il governo porrà la questione di fiducia in Parlamento. Ovviamente, se i parlamentari della maggioranza votano contro, automaticamente si pongono fuori dal partito. Solo che il voto e’ segreto, ed il “controllore” e’ il presidente della Camera. E’ chiara, adesso, la “furbata” che Fini vuol mettere in atto? Umberto Bossi, che e’ un “volpone”, l’ha capito e cerca di prendersi il merito della cacciata di Fini e dei suoi. Intanto Italo Bocchino ha presentato le dimissioni da vice capogruppo alla Camera, ma con toni “risentiti” di uno che cerca una rivincita il prima possibile. Mentre rimaniamo in attesa degli sviluppi della situazione, interessiamoci di cose piu’ specificatamente inerenti agli italiani nel mondo. Sarà un caso, ma tutto quello che scrivo da anni sembra sia stato del tutto recepito dal sottosegretario all’emigrazione Alfredo Mantica. Finalmente, si sono accorti che, dopo due tornate elettorali, il tempo di rodaggio della legge Tremaglia e’ finito e non ha dato i frutti sperati. Il voto degli italiani all’estero ha creato più problemi di quanti ne doveva risolvere, gli unici a beneficiarne sono stati i 18 eletti. E’ fuor di dubbio che il voto all’estero verrà rivisto, ma non e’ ancora chiaro come. Nel suo intervento al Senato, di fronte le Commissioni Affari Costituzionali ed Esteri, Mantica, ha detto chiaro e tondo che non e’ piu’ il caso che ci siano persone che ancora difendono “strutture antiche” che non rappresentano piu’ “niente e nessuno”. Si riferiva ai COMITES ed al CGIE. In verità, nei vent’anni di vita, non sono serviti mai a niente escluso qualche meritevole COMITES. Le stesse cose l’ha ripetute poi durante la prima giornata di lavoro del CGIE (Comitato Generale degli Italiani all’Estero) in un aula deserta, per protesta erano usciti quasi tutti i partecipanti. Sarebbe da “incoscienti ed autolesionisti” continuare ancora a spendere 5 milioni all’anno per mantenere i COMITES ed il CGIE, 9 milioni per consentire le elezioni del COMITES e 16 milioni per il voto all’estero. La riforma degli “organi rappresentativi” degli italiani nel mondo e’ stata prorogata al 31 dicembre 2012, con la fondata speranza che alla fine si deciderà per la totale cancellazione sia del voto all’estero che del CGIE. Se i COMITES verranno riformati, come e’ auspicabile, dovranno essere organi non politici, ma solo costituiti da noti professionisti (di ogni settore) che conoscono profondamente la realtà locale per individuare l’esigenze delle varie comunità italiane. Il povero Elio Carozza, attuale segretario generale del CGIE, ha minacciato che si dovrà passare sul suo cadavere se il CGIE verrà cancellato. Mantica gli ha risposto che ci passerà sopra con il carro armato. Bravo! Basta con le allegre e spensierate gite intorno al modo dei magnifici 94 del CGIE per parlare del “nulla”. E’ tempo di agire con serieta'.
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