mercoledì 5 dicembre 2012

La Consulta in ginocchio.


Bartolomeo Di Monaco

4 dicembre 2012

Quando scrivo, e lo faccio spesso, che ormai tutto va a rotoli, e le istituzioni sono asservite ad interessi del tutto estranei ai bisogni di correttezza e di trasparenza che dovrebbero improntare l’amministrazione dello Stato, non parlo a vanvera.

La sentenza della consulta con cui è accolto il ricorso di re Giorgio, per cui i nastri che contengono le sue telefonate con Nicola Mancino saranno distrutte, era data per scontata proprio a causa della misera condizione in cui è stato confinato il diritto dei cittadini ad avere uno Stato trasparente e privo di ogni ombra che possa offuscarne il prestigio.

Così ci troviamo ad avere tre istituzioni gravate da dubbi e sospetti: la presidenza della camera, coinvolta in fatti di raccomandazioni e in compravendite poco chiare; la presidenza del consiglio, sospettata di fare gli interessi dei poteri forti e della Germania, e per ciò spietata solo con i più deboli; la presidenza della repubblica minata dal dubbio che Napolitano abbia cercato di fare qualcosa di indebito per favorire la posizione processuale di Nicola Mancino, oltre alle ipotesi avanzate da alcuni giornali, come Panorama e La Stampa, che abbia perfino denigrato persone della famiglia Borsellino, che avrebbero potuto querelarlo, così come avvenne per il presidente Cossiga.

Ove si pensi che le quattro telefonate sono così divise: 2 di Mancino verso Napolitano e due di Napolitano verso Mancino, il sospetto di una partecipazione attiva del capo dello Stato è più che rafforzata.

Stasera la consulta gli dà una mano a far scomparire ogni traccia di quanto è accaduto, privando in particolare gli storici di un tassello importante per conoscere la verità sulla trattativa Stato – mafia.

Resterà sempre l’interrogativo, infatti (almeno fino a quando qualcuno che sa non si decida a parlare) su che cosa abbiano combinato Napolitano e Mancino. E noi sappiamo dal contenuto delle intercettazioni delle telefonate tra Nicola Mancino e Loris D’Ambrosio che non può essere stato nulla di buono.

Confido, come i miei lettori sanno, nella nemesi, e vedrete che anche su questo segreto prima o poi si squarceranno i veli, e potremo aggiungere qualche altra annotazione sugli ultimi due anni di presidenza di Napolitano, il quale, come faceva notare qualche giorno fa anche Piero Ostellino, ha più volte dato motivo di pensare ad una sua dittatura instaurata con il silenzio ed il consenso di un parlamento tremebondo ed incapace.

Non si conoscono ancora le motivazioni della sentenza, ma le poche righe che si leggono anche qui e qui non lasciano adito a dubbi di sorta. Le telefonate saranno distrutte, e Napolitano, insieme con quella nefasta dichiarazione sui fatti di Ungheria del 1956, si potrà appiccicare sulla giubba anche questa nuova medaglia al valore: quella che gli ha assegnato la consulta liberandolo dal dovere morale di chiarire ai cittadini del perché egli abbia sentito la necessità di ascoltare per ben due volte e di chiamare per ben due volte un personaggio delle istituzioni che invocava il suo aiuto trovandosi sospettato di aver esercitato un qualche ruolo in una vicenda che rappresenta la massima vergogna raggiunta da uno Stato pusillanime.

Ecco, dunque, che un’altra pagina nera si aggiunge alle troppe che sono state scritte da uomini cui purtroppo i cittadini avevano ed hanno affidato invano le loro speranze.



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