mercoledì 5 dicembre 2012

L'onore della sconfitta.

Scritto da Barbara Di Salvo

mercoledì 05 dicembre 2012

Sono passati già alcuni giorni dalla sconfitta di Renzi alle primarie e ancora non ha fondato un proprio partito, né una corrente, né una fondazione e neppure un think tank che fa tanto chic, non ha chiesto di essere candidato al Parlamento, né di fare il ministro, né mi risulta che abbia ancora chiesto di inserire i suoi fedelissimi nelle liste bloccate.

Beh, tanto di cappello.

Non apprezzo le sue poche idee politiche, non credo nel nuovismo fine a se stesso e non mi piace il suo semplicismo nel parlare perché denota la presunzione di chi pensa di rivolgersi ad un popolo ignorante, ma adesso lo ammiro per il modo onorevole in cui finora ha preso la sconfitta.

In una democrazia normale, all’interno di un partito che dovrebbe puntare a raccogliere il consenso di tutto l’elettorato, sarebbe altrettanto normale sfidarsi per ottenere la supremazia ed accettare la sconfitta come l’espressione di una maggioranza che può e deve decidere che strada seguire, prenderne atto, sostenere il vincitore e semmai prepararsi a sfidarlo di nuovo la volta successiva. Sarebbe altrettanto normale accettare la sconfitta da parte di tutti i partiti nei confronti di chi vince le elezioni e può e deve governare, in quella che è la massima espressione di una democrazia dell’alternanza.

Il problema è che non siamo una democrazia normale, siamo un Paese in cui un sistema frammentato, dove ogni fiato fa sostanza, porta ogni pseudo-politico a credersi fondamentale, a raschiare il fondo del barile per ottenere il minimo consenso indispensabile ad ottenere l’agognata poltrona purchessia. Per fare questo non serve puntare alla maggioranza dell’elettorato, basta un qualsiasi gruppuscolo di persone, una lobby, una mini-casta sufficiente a raggiungere quella briciola di consenso necessaria all’elezione dei singoli o anche solo all’inserimento nella lista bloccata. E da lì è un attimo passare dalla ricerca di consenso all’elargizione di favori. Che ci vuole? Basta promettere di favorire il gruppuscolo di riferimento, naturalmente a spese del resto del popolo, maggioritario, silenzioso finché dura, ma soprattutto non organizzato per opporsi a questo andazzo che è il brodo di coltura ideale di corruzione e spreco di denaro pubblico.

Ebbene, finora il giovin Matteo ci sta dimostrando con onore che si può essere normali anche in un Paese malato. Se resiste alla sirene, davvero complimenti.

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