Gianni Pardo
Lunedì, 15 Luglio 2013
Ecco le parole di Roberto Calderoli sul ministro Kyenge: “Quando vedo le
immagini della Kyenge non posso non pensare alle sembianze di un orango”.
Indignazione e richiesta di dimissioni. Che dobbiamo pensarne, se non siamo
abituati ad associarci alle cagnare?
In primo luogo, ovviamente, che il buon gusto non è la principale
caratteristica di Calderoli. Lo si è visto più di una volta. In secondo luogo,
che le osservazioni malevole sono particolarmente indigeste quando si fondano su
caratteristiche fisiche vere o presunte. E si potrebbe continuare su questo
registro, ma basta vedere la reazione dell’opinione pubblica. Infatti pare che
tutti i giornali e tutti coloro cui viene teso un microfono della televisione si
siano accordati per dichiarare Calderoli “sacer” in senso latino: sacro, sì, ma
come una bestia che chiunque può sacrificare agli dei, senza essere punito.
Insomma una sorta di condanna a morte che può eseguire il primo che lo
incontra.
Ci sarebbe da essere lieti, se questa reazione corale si avesse ogni volta
che qualcuno insulta un altro. Ma così non è. Gli insulti più sanguinosi, come
il turpiloquio, sono moneta corrente. Gli accenni ingiuriosi alle qualità
fisiche sono frequenti: Berlusconi è un “nano” (anzi, uno psiconano), è
apoditticamente un evasore fiscale, un pregiudicato, un delinquente. È anche un
rettile, un caimano, per la precisione. Monti accennò alla ‘statura’ di
Brunetta. A lungo abbiamo avuto “Er Pecora”. A tutte le donne, se di
centro-destra, non si risparmia la definizione di zoccole. O la descrizione del
modo come hanno avuto successo in politica. Della Bindi hanno detto che è più
bella che intelligente. E uno come Sgarbi sembra in grado di scrivere
un’enciclopedia sul modo di trattare in malo modo il prossimo.
Anche il turpiloquio, come si diceva, è totalmente sdoganato. Al prossimo si
può dare pressoché impunemente dello stronzo e del coglione, gli si può chiedere
che cazzo vuole e mandarlo a fare in culo. Anzi, il vaffanculo è divenuto un
programma politico. Ecco perché, nel momento in cui a Calderoli si chiede
addirittura di dimettersi, si è imbarazzati. Questo corpulento energumeno
verbale è certamente colpevole, sì, ma come sono colpevoli decine e decine di
altri. E se una legge – anche sbagliata – è applicata a tutti, siamo nella
legalità. Se invece una legge – anche giusta – è applicata solo a uno, siamo
dinanzi ad un arbitrio repressivo individuale.
Ecco perché è difficile essere veramente severi con Calderoli. Oggi come
oggi, condannare qualcuno per una cosa del genere corrisponde a violare la par
condicio, come avrebbe detto la Buonanima con la erre moscia. O reprimiamo ogni
forma di ingiuria e di cattivo gusto verbale, o accettiamo che, anche se il
codice non ha cambiato opinione, l’ha certo cambiata la società. Personalmente
ricordo una sentenza della Cassazione che assolveva la parola “stronzo”: era più
o meno un insulto amichevole.
Rimane il punto essenziale, quello che ha indotto tutti a strapparsi
(doverosamente) le vesti: il fatto che l’insulto sia stato relativo alla razza.
Lo scandalo per la parola “orango” non è grave in sé, ma perché rivolto a una
donna di colore. Perché contrario alla political correctness. Perché contrario
alla moda. La stessa società che eleva il “vaffanculo” agli onori della storia
si scandalizza se un insulto è su base non fisica soltanto, ma razziale. Se
della signora Carfagna si dice che ha fatto carriera superando gli orali con
Berlusconi, la cosa non è grave. Perché il sesso, in tutte le sue forme, non è
razzismo. E del resto una donna bella non può che essere un oggetto sessuale:
questo la political correctness lo permette.
Il diritto penale dovrebbe essere una cosa seria. Non si può seguire la moda
nel perseguimento dei reati, non si può seguire la moda nell’assoluzione o nella
condanna dei rei. Nessuno più di me depreca l’andazzo della volgarità. Quando
ero giovane uno che avesse detto nella buona società le parole “preservativo” o
anche “omosessuale” sarebbe stato condannato alla morte civile. Ora mi si
infligge la volgarità da mane a sera - e non parliamo del linguaggio dei comici!
- e qualcuno si mette a fare il moralista? O mi liberate del turpiloquio e della
licenza di ingiuria, o lasciate che sia il buon gusto degli ascoltatori a
condannare chi sbaglia.
Anche se in questo campo non c’è da avere molte speranze.
pardonuovo.myblog.it
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