Gianni Pardo
Domenica, 22 Settembre 2013
Le cose invece piano piano peggioravano. La conclusione non poteva che essere
la catastrofe e tuttavia, dal momento che il tempo passava e la catastrofe non
si verificava, si sopravviveva in attesa degli sviluppi. Finché, nel 410,
Alarico mise a sacco la città. Fu un avvertimento che non poteva essere
ignorato, ma non si vedeva quale risposta si potesse dare: sarebbe stato
necessario resuscitare quei romani guerrieri e patrioti che si erano ripresi
persino dopo la sconfitta di Canne. La vita riprese a scorrere, forse si sperò
che il destino decidesse autonomamente di salvare Roma, e invece arrivò
Odoacre.
Quando il male progredisce, il passare del tempo non deve rassicurare. Una
malattia asintomatica non è per questo meno grave: bisogna curarsi come se si
stesse soffrendo molto e solo uno sciocco non lo farebbe, con la scusa che sta
benissimo. A tutto questo si pensa mentre in Europa siamo in una situazione non
dissimile da quella di Roma durante la decadenza. Da un lustro abbondante
vediamo la crisi aggravarsi e da un lustro abbondante ci limitiamo ai
palliativi. Ognuno spera che la tegola cada sul prossimo governo.
Il nostro tumore (maligno?) si chiama euro e i suoi guasti sono evidenti.
Purtroppo ogni rimedio sembra peggiore del male. Se lo si annulla, può darsi che
alcuni Stati molto indebitati falliscano. E mentre loro precipiterebbero in
tragiche crisi economiche, cesserebbero di rimborsare i titoli detenuti dagli
altri Stati, fino a provocare la crisi anche da loro. Si pensi che la Germania
ha in portafoglio titoli dei Paesi che ha aiutato per circa 530 miliardi di
dollari (Stratfor, 918). Ammesso che non si abolisca l’euro, ammesso che alcuni
stati ne escano, ammesso che si creino un euro debole e un euro forte, può
sempre avvenire che alcuni Stati vadano in default e si riproduca lo schema di
prima. Basta che le Borse si spaventino. Allora si può ipotizzare che si
permetta l’immissione di molta moneta nel sistema, per rilanciare l’economia: ma
se il debito pubblico di un Paese come l’Italia continua ad aumentare nel
momento in cui si tirano i freni al massimo e si tassa a morte il popolo, in
quel caso il debito si metterebbe a galoppare, i risparmiatori potrebbero non
comprare più i titoli, le Borse potrebbero spaventarsi e saremmo così nel caso
precedente.
I motivi per non toccare il sistema sono impressionanti ma questo non
impedisce che siano sbagliati. Se il male non guarisce e tende a peggiorare, per
quanto catastrofiche possano apparire le cure, bisogna avere il coraggio di
sceglierne una. A chi facesse mille obiezioni bisognerebbe chiedere: “Bene,
questa terapia ti pare sbagliata. Ora facciamo che la crisi, invece di doversi
dichiarare domani, si sia dichiarata ieri: che fai?”
Il nostro caso è esemplare ma il problema non è solo italiano. La stessa
Germania si trova di fronte a dilemmi ineludibili e insuperabili. Se non aiuta i
Paesi in difficoltà, questi falliscono e viene giù tutto il sistema. Se li aiuta
diviene ancor più loro creditrice e in caso di loro fallimento la pagherebbe
carissima. Inoltre, se la crisi continua, i Paesi dell’eurozona hanno sempre
meno denaro per comprare i suoi prodotti e ciò ha notevoli effetti negativi sul
suo export, che oggi è loro destinato per più della metà: con gravi riflessi
sulla sua economia. La cosa ha già cominciato a verificarsi. Ma d’altra parte,
come fare uscire questi Paesi dalla crisi, se la pressione fiscale, resa
obbligatoria dall’euro, li tiene in catene?
Il quadro è ben noto. Ciò che qui interessa sottolineare è che l’attuale
politica tedesca, italiana e in generale comunitaria tende a preservare il
modello attuale. Ma il modello attuale tende a sua volta al peggioramento della
situazione: con buona pace di tutti i nictalopi che vedono luci in fondo al
tunnel. La prospettiva, nel medio termine, è lo scoppio finale. Non sarebbe
meglio pensare ad una soluzione oggi che Alarico non è ancora arrivato? È da
stolti pensare che tutto s’aggiusterà. Se noi non reagiamo, la storia non avrà
certo la gentilezza di cambiare direzione per non farci soffrire.
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