Sappiamo tutti che nessuno legge i
programmi dei partiti. Tutti sanno che sono un libro dei sogni, dunque
irrealizzabili. Troppo spesso in passato le promesse non sono state mantenute.
Neanche le più ragionevoli. I programmi sono un modo per prendere gli elettori
per i fondelli e per questo la gente li ignora. Generalmente le persone hanno
idee “schematizzate” e “radicalizzate”. Pensano che il Pd sia
il partito che cerca di favorire i lavoratori contro i ricchi e gli
sfruttatori. Il Pdl e’ il partito che incoraggia la libera iniziativa per
creare più lavoro e vuole che ci sia meno Stato nella vita dei cittadini. Se si
parla di un’accusa a Berlusconi, la conclusione è semplice: per quelli di
sinistra tutte le imputazioni sono già sentenze di condanna, per quelli di
destra Berlusconi sono vittima delle solite calunnie. Parlando con l’uomo della
strada, si capisce che non ha idee più “profonde”
di queste. Il programma di Grillo invece è semplice immediatamente comprensibile
a tutti: “Basta” con i partiti. “Basta” con la corruzione. “Basta” con l’euro. “Basta” con i privilegi della casta. “Basta” con tutti i politici attuali, bisogna mandarli a casa in
blocco. Tanto, i nuovi non potrebbero essere peggiori! “Basta” con le speranze tradite. “Basta” con le promesse non mantenute, bisogna azzerare tutto e
ripartire da capo. Il programma di
Grillo si riassume in una sola parola: “Basta!”.
Programma piuttosto “vago” e per
questo “inattuabile”. Una “protesta urlata”, per quanto
giustificata, non è un programma e neppure offre una soluzione. L’esasperazione
di cui Grillo si fa portavoce “non
conduce da nessuna parte”, se non s’indicano azioni specifiche e “concretamente realizzabili”. Ad esempio non fa parte dei progetti realizzabili
il “reddito di cittadinanza” a
chiunque sia disoccupato. Probabilmente Grillo guadagna tanto da credere che
mille euro siano una “quisquilia”.
C’è troppa gente che lavora 40 ore settimanali e tuttavia non li guadagna. E
comunque, con i disoccupati attuali sarebbero necessari 36 miliardi e contando
quelli che disoccupati lo diverrebbero immediatamente (per riscuotere il
sussidio) quella somma almeno si raddoppierebbe. È una promessa “totalmente fuori dalla realtà”. È vero
che i programmi senza capo né coda a volte hanno ugualmente un grande successo.
Gridare “Basta!” va benissimo per
vincere le elezioni. Ma poi bisogna governare. Saper utilizzare la vittoria è
tanto difficile quanto amministrare i tanti milioni vinti con la lotteria. Non
a caso, a volte, dopo qualche tempo si apprende che i fortunati hanno perduto
tutto. Grillo deve stare attento. È partito dicendo “Basta!” ma dovrebbe sapere che il popolo può dirlo anche a lui, se
appena si accorge che dietro le “parolacce”
gridate al microfono “non c’è niente”.
Per ora i “grillini” rievocano la
famosa scena del film di Carlo Verdone “Un
sacco bello” in cui il giovane “hippy”
prova a spiegare al padre e al parroco l’attività’ del loro gruppo: “Cioè, siamo un gruppo di ragazzi no, che
stanno fondando una comunità agricola no, cioè come alternativa
all'inquinamento urbano, cioè inteso non soltanto come scorie eccetera, no,
cioè inteso anche come inquinamento morale capito in che senso? Cioè allora,
mentre le ragazze provvedono alla raccolta dei frutti naturali della terra no,
tipo carciofi, ravanelli, insalata, piselli no, tutta robbba vegetale un sacco
bbuona no, noi ragazzi invece provvediamo così alla dimensione artigggianale
no, cioè tutti lavoretti così in ceramica, in cuoio no, così eccetera no, per
sentirci in noi stessi in quanto entità fisico psichica a contatto con gli
altri no, cioè in questo mondo cosmico pantistico naturalistico no, cioè un
mondo in cui è l'amore che vince e il male che perde no, cioè un modo in cui
veramente domina la fratellanza no”. Ovviamente un paragone “spiritoso”, da non prendere alla
lettera, ma il discorso di Verdone assomiglia molto al “guazzabuglio” delle “proposte
ingenue” e “teorie strampalate” espresse
dai “grillini” eletti in Parlamento
nella loro recente assemblea di Roma. In generale il Movimento 5 Stelle e’ il
frutto della cultura “anti capitalista”,
antagonista, no global, che la sinistra italiana, politica e intellettuale, ha diffuso
per decenni dal ‘68 a oggi. Vi si ritrovano tutte le “subculture” del post comunismo (ormai uscito sconfitto dalla
storia) per combattere il “liberalismo”
e la “democrazia” rappresentativa.
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