Gianni Pardo
Venerdì, 16 Agosto 2013
Nel 1994 uno sconosciuto, Silvio Berlusconi, ebbe uno straordinario e
imprevisto successo elettorale. Gli bastò per questo l’aver capito che, morta la
Democrazia Cristiana, non era morto il suo elettorato anticomunista. Lo sciocco
fu l’ultimo segretario della Dc, Mino Martinazzoli, che non lo capì.
Da quel momento lo schema della politica italiana non è cambiato: Berlusconi
rappresenta l’argine contro la sinistra e tutta la politica di quest’ultima è
consistita e consiste nell’andare contro questo singolo uomo, oggetto di un odio
feroce e implacabile. È dunque corretto parlare di antiberlusconismo, lo è meno
parlare di berlusconismo. Quelli che votano per il centrodestra sono lungi dallo
stimare Berlusconi incondizionatamente, mentre molti di quelli che votano contro
di lui lo demonizzano come il Male Assoluto. Dal 1994 la destra è contro un
partito, la sinistra contro un uomo.
Da allora è stata applicata una vecchia tecnica dei partiti comunisti. Quando
si tratta di lottare contro un nemico, da Trotsky in giù, non ci si limita a
contestarne le idee e i programmi, si procede ad una metodica “character
assassination”, cioè alla totale demolizione della sua immagine, abbassandosi
perfino ai nomignoli ingiuriosi, al sarcasmo sui difetti fisici, e interpretando
in maniera malevola e tendenziosa qualunque cosa. Ha una casa di lusso?
Chiaramente ha rubato. È miserella? È uno sfigato o uno spilorcio. Se fa sfoggio
di cultura è un presuntuoso, se si esprime come tutti è volgare. Lo si fa
oggetto di tanti insulti e di tante calunnie che alla fine parlarne con costante
disprezzo diviene un luogo comune. Quando il Pci decise di fare la guerra a
Craxi, cominciò ad insolentirlo e ad accusarlo fino a spingere il popolo a
considerarlo il più grande ladro d’Italia. Lui si difese, anche in Parlamento,
dicendo che ciò che gli veniva imputato l’avevano fatto tutti, accusatori
inclusi: ma non gli servì a nulla. L’ordine era di vedere la pagliuzza
nell’occhio socialista e non la trave dei finanziamenti di Mosca in quella del
Pci.
Nel caso di Berlusconi la programmatica “demolizione del personaggio” -
favorita dal carattere esuberante, giocoso e incontrollato dell’uomo - ha fatto
valanga. È infine sfuggita di mano ai suoi autori, toccando vette inusitate.
Scioccamente incapace di concepire l’odio, il bersaglio ha continuato a offrire
pretesti. Per lui una buona barzelletta non poteva che far ridere tutti, e
invece perfino le storielle insulse sono state costantemente rivoltate contro di
lui. “Fermi tutti, è una rapina!” E il commerciante: “Oh, meno male, temevo
fosse la Finanza”. E tutti a dire che Berlusconi era un evasore amico degli
evasori. L’incauto andò anche più lontano: “Pare che ai malati di cancro siano
consigliate le sabbiature”. “Li guariscono?” “No, ma li abituano a stare
sottoterra”. Apriti cielo. Scherzare su una simile tragedia. Che insensibilità.
E non parliamo di quella del “Bunga Bunga”. Soltanto un pervertito può
riderne.
Con gli anni, lo sport di attribuirgli assiomaticamente tutte le malefatte
possibili è divenuto nazionale e gli esempi sono infiniti. Alcune accuse sono
addirittura divenute dogmatiche. La denuncia del conflitto d’interessi, per
esempio. Se da Presidente del Consiglio il Cavaliere avesse favorito un’impresa
di cui era azionista, sarebbe stato giusto denunciarlo: ma di qualcosa del
genere non si è mai parlato. Non c’è mai stato un caso concreto. O forse si è
verificato e la sinistral si è privata di gridarlo ai quattro venti? E tuttavia,
basta citarlo e tutti annuiscono.
Berlusconi è il padrone di tutte le televisioni. Ma la Rai gli è stata
contraria da sempre. Rai3 scandalosamente, fino ad indurlo a protestare, con
l’ovvia reazione: “Vuole imporre la censura!”, “L’editto bulgaro!”. Le
televisioni private (per esempio La 7) sono prevalentemente antiberlusconiane.
Le reti Mediaset si sono mantenute equilibrate (salvo la Retequattro di Emilio
Fede) per non perdere clienti. Ma i fatti non servono a nulla. Berlusconi,
semplicemente azionista di quelle reti, è stato condannato dalla Cassazione a
quattro anni di reclusione perché, a sentire il giudice Esposito, «è stato
informato di una frode fiscale». Senza dimostrare che l’ha voluta e senza dire
chi l’avrebbe informato, cosa che l’avv.Coppi ha pubblicamente chiesto di
sapere.
La sostanza è che, quando si cerca di interpretare una serie di fenomeni
sulla base di una credenza di fondo, tutti i fatti vengono forzatamente
allineati per sostenerla. Si chiama paranoia. Per gli antisemiti, ad esempio,
il dogma di partenza è che gli ebrei sono malvagi e nocivi. Da questo momento
in poi tutto ciò che li riguarda deve confermare questo assunto. Ogni loro
successo è frutto dell’inganno, della corruzione, del complotto, della mancanza
di scrupoli e al limite (se c’entra Israele) della violenza; ogni loro
insuccesso è il meritato frutto di un’innegabile ed anzi insufficiente
giustizia. I nazisti disprezzavano gli ebrei perché si lasciavano ammazzare
come pecore, gli arabi li dichiarano violenti e anche nazisti. Se i palestinesi
bombardano i civili sono dei patrioti, se gli israeliani cercano di uccidere i
terroristi sono dei massacratori. Uno avrebbe voglia di dire: «Hanno una sola
qualità, la bomba atomica per difendersi da gente come te».
Se Berlusconi riesce a realizzare una riforma (come quella, eccellente, della
Costituzione, o quella dello scalone Maroni) è una riforma da eliminare; se non
ci riesce, è perché è un bugiardo e un incapace. Lo si accusa costantemente di
governare per il proprio interesse e poi tutte queste leggi ad personam non
l’hanno salvato da niente. Ma s’è già detto: è un imbecille.
Non sono i fatti che inducono la paranoia, è la paranoia che dà un senso
prefissato ai fatti. Se la persecuzione di Berlusconi si estende a chiunque
abbia da fare con lui – familiare, alleato politico, avvocato, collaboratore,
stalliere – la conclusione è che Berlusconi si circonda di delinquenti e
l’indefessa, pluridecennale attività investigativa dei magistrati nasce dal
cattivo comportamento di questa cricca. Mentre se servisse pensare l’inverso, si
direbbe che la magistratura è asservita a una parte politica. Che è poi quello
che pensano i berlusconiani. Infatti un effetto imprevisto della paranoia,
quando si impossessa di più o meno metà della nazione, è che una paranoia
speculare viene attribuita a chi non l’ha. Se non sei antiberlusconiano sei
paranoico.
Viene voglia di emigrare in un Paese qualunque, dove il sole sorge e tramonta
senza che sia necessario sparlare sempre e comunque di Silvio Berlusconi.
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