Gianni Pardo
Domenica, 06 Ottobre 2013
Potrebbe. Ma non è detto che lo sia. La crisi che abbiamo appena attraversato
somiglia allo scontro professionale di alcuni medici che si affannano intorno al
letto di un illustre malato: “Va curato in questo modo, no, va curato in
quest’altro modo”. E quando alla fine si accordano e tutto pare calmarsi, non
per questo il malato sta meglio. Non sappiamo se la cura comincerà e ancor meno
sappiamo se sarà efficace. L’Italia è lo stesso organismo tetraplegico di prima,
con la stessa prognosi infausta. L’ottimismo solenne con cui si cerca di
anestetizzarci impera soltanto perché la sinistra è al governo e i giornali la
sostengono a prescindere. Ma ciò non cambia i fatti.
Trascurando le sfumature intermedie, gli scenari sono due: o questo governo
compie il miracolo di rilanciare l’economia e di uscire dalla recessione, o si
realizzano le peggiori previsioni. Nel primo caso - che ci auguriamo tutti - il
Pdl si intesterà il merito dell’impresa, a pari titolo col Pd. Se invece si
verificherà l’ipotesi negativa - una recessione senza fine o perfino il default
e lo “scoppio” dell’euro - la colpa sarà data al Pd ed anche al Pdl ma con la
significativa eccezione di Berlusconi e dei suoi “falchi”. Questi potranno
sempre dire che il governo Letta non esprime la loro volontà ma soltanto quella
del Pd e dei “traditori”: di coloro che si sono imposti al Pdl ed hanno fallito,
mentre loro, i falchi, avrebbero salvato il Paese. Quando serve, posano tutti a
profeti del passato. Con un nuovo governo avrebbero impedito a Letta di fare
tutti i danni che ha fatto e forse nei fiumi sarebbe scorso latte e miele.
Naturalmente in queste affermazioni ci sarebbe molta demagogia, ma in politica
ciò è normale. Forse che il Pd, genuflettendosi dinanzi alla “stabilità”, non
era pronto a dare al Pdl la colpa delle nostre difficoltà economiche, se il
governo fosse caduto?
In politica l’attacco feroce all’animale ferito è la regola. Alfano e i suoi
amici hanno cinicamente approfittato della buona occasione per esautorare il
leader, e se domani gli andasse male i “lealisti” ne approfitterebbero
cinicamente, a loro volta, per dargli la colpa del disastro nazionale. Un
Capezzone, una Santanché, un Brunetta direbbero certamente: “Noi l’avevamo
previsto”. “Noi l’avremmo evitato”. “La colpa è vostra”.
Se sarà ancora in politica, in questo futuro Berlusconi cadrà sempre in
piedi: o come socio del governo vincente o come oppositore del governo perdente.
Tutto ciò perché ha avuto la cinica genialità di farsi ridere dietro concedendo
la fiducia a quel governo che voleva in ogni modo far cadere. Letta lo ha dato
per morto troppo presto.
Ma questa è solo politica, ciò che importa è la salute del malato: e qui non
c’è da gioire. Il governo ha davanti a sé un compito semplicemente impossibile.
Molti dicono che dovrebbe investire nell’occupazione, che dovrebbe rilanciare
l’economia e fanno finta di dimenticare che questa operazione richiede denaro.
Non solo lo Stato non ha i soldi per fare tutto ciò, ma è costituzionalmente
inadatto a salvare l’economia. Qualcosa in più potrebbe ottenere se, invece di
parlare di “investire nell’occupazione”, tagliasse drasticamente le imposte
sulle imprese. Perché sono i privati che assumono i lavoratori. Ma per tagliare
le imposte lo Stato dovrebbe essere in grado di fare a meno di quel gettito e
oggi ciò gli è assolutamente impossibile. Fra l’altro, nella mentalità corrente
c’è eventualmente la tendenza opposta: quella ad aumentarle le imposte alle
imprese, come s’è visto quando s’è parlato di evitare l’assurdo aumento dell’Iva
o di eliminare l’Imu. E come forse si vedrà in futuro.
In Italia non si vuole avere nessuna nozione della curva di Laffer per cui, a
partire da un certo livello di pressione fiscale, il gettito diminuisce invece
di aumentare. Semplici ovvietà ignote alla maggioranza degli italiani. Tutti
chiedono l’impossibile al governo e nel frattempo gli vietano quei provvedimenti
che potrebbero migliorare la nostra economia. La situazione è senza uscita e
l’ottimismo ufficiale è una moneta falsa. C’è da trasecolare sentendo parlare di
“primi segni di ripresa”. Ma forse è meglio così. Se proprio bisogna andare a
sbattere, tanto vale guardare di lato il panorama, e non la roccia verso cui si
corre.
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