Lorenzo Matteoli
Martedì, 02 Luglio 2013
Lo spettacolo del PD con le contorsioni delle ventidue sette interne sul
“congresso lungo” è surreale. Il giocone della tattica, pretattica,
controtattica, sottotattica, intertattica, multipla incrociata diagonale, con
doppia controastuzia, finta contromossa, sottintesa, implicita di rimando è
affascinante anche per un paese che da un paio di millenni è abituato a tutte le
sottigliezze cattovaticanomachiavelliche possibili e ancora di più. Anche gli
analisti più sofisticati e consumati hanno abbandonato ogni tentativo di
interpretazione e si stanno chiudendo in un dignitoso umiliante silenzio.
Tutta questa divertente e grottesca sceneggiata, che gli ex compagni e i
nuovi compagni recitano con ridicola serietà e ancora più ridicola convinzione,
avrà un finale semplice e pacchiano: il popolo del PD, i resti sfrangiati dello
zoccolo duro oramai spappolato a budino, i cattolici profughi della defunta, ma
sempre attiva e velenosa democrazia cristiana, si logoreranno fra di loro fino
all’azzeramento. Alla fine i fantasmi stanchi di Bersani, D'Alema, Bindi,
Cuperlo, Civati, Veltroni etc. vagheranno recitando formule astruse e
incomprensibili nella loro fitta nebbia verbale e ideologica, personaggi tristi
di un passato tragico di logorrea e polpette. L’unico sopravvissuto, o dentro i
resti fumosi delle macerie della vecchia fortezza o in qualche strano
imprevedibile modo libero e fuori, con una immagine ancora identificabile e
spendibile, se non la brucia prima, sarà Matteo Renzi che vincerà quello che
resterà da vincere per default. Degli altri non resterà traccia storica: i
vecchi consumati da 25-30 anni di saponosa carriera consociativa e i giovani per
la leggerezza di contenuti.
Nessun commento:
Posta un commento