Martedì, 22 Ottobre 2013
Come molti in Italia nel Novembre del 2011 avevo riposto speranze nel professore bocconiano che avrebbe dovuto salvare l’Italia e per qualche settimana avevo seguito la sua esperienza di governo con atteggiamento positivo. Mi sembrava che quello che era ovvio anche al frequentatore del Bar Sport per un professore della Bocconi avrebbe dovuto essere chiarissimo: c’era urgente bisogno di una radicale operazione di taglio degli sprechi di razionalizzazione della architettura della spesa pubblica e forse si sarebbe dovuta impostare la vendita dell’argenteria per abbattere almeno in parte il debito pubblico.
Mario Monti, grazie alla campagna mediatica non solo Italiana, godeva di un
credito aureo sulla piazza della grande finanza internazionale e tutti
aspettavamo con speranza viva. La mia attesa positiva cominciava ad incrinarsi
fin dal 28 dicembre 2011 a un mese circa dalla nomina di Monti quando con un
commento su Legno Storto (Saltare
a piedi giunti nel piatto) esprimevo qualche dubbio sulla relativa
immobilità del suo governo di tecnici. Nessuna strategia chiara, nessuna
posizione ferma, galleggiamento, equidistanza, parole… linguaggio forbito, molte
locuzioni in financenglish. Ma fatti pochi. La stampa
soidisant e mainstream era ancora graniticamente con lui al
limite del trionfalismo tanto che esprimere dubbi era azione di lesa maestà
bocconiana.
Osservando i suoi comportamenti, gestualità, linguaggio, ironia si aveva
l’impressione che la parte di
Primo-Ministro-Salvatore-della-Patria-Tecnico-Super-Partes gli piacesse molto. A
me sembrava che gli piacesse troppo e con il passare delle settimane e dei mesi
le speranze iniziali si trasformavano in delusione e quindi in irritata
delusione. I miei commenti su LS erano sempre più negativi (Scusi Professore, Habla
con Hellos, Il coro muto segue sgomento). Ancora nella primavera del 2012
la stampa di servizio tesseva lodi estatiche del “professore” e della sua
internazionale credibilità, ma chi capiva di cose aveva ben altro atteggiamento.
Poi il crollo di credibilità è diventato rapido e catastrofico: solo la decente
buona educazione e un ingiustificato rispetto per la categoria dei “professori”
impedisce che si scateni il sarcasmo avvelenato.
Molta protezione viene garantita a Mario Monti dalla mutualità della
“sinistra” accademica e giornalistica, la stessa che è sempre mancata al Kaimano (Berlusconi)
per motivi che richiederebbero articolata analisi socio-psicologica. Una certa
Italia è ancora culturalmente classista. Solo oggi, senza rischiare troppo, si
può affermare che il governo Monti è stato un disastro sotto tutti i punti di
vista, politico, economico, culturale. Che lui e i suoi ministri tecnici hanno
“toppato” alla grande per arroganza, presunzione e incompetenza, che si sono
persi 12 preziosi mesi e che si è incredibilmente sprecata una maggioranza
“bulgara” per approvare misure pasticciate, controverse, deboli e inefficaci. Il
Grande Professore era vuoto di competenza politica e la sua visione strategica
dell’economia e della macro-economia era scadente e poco aggiornata. Gli slogan
e l’ironia una sottile garza sul vuoto sostanziale. I maligni scoprirono che era
andato in cattedra con solo tredici pubblicazioni molte delle quali sulla
rivista della Bocconi. Il resto l’aveva costruito una ingenua compiacenza di ben
gestite pubbliche relazioni. La lacuna più grave: assoluta mancanza di coraggio
politico.
Queste constatazioni sono oggi ovvie ed è banale persino elencarle, e sarebbe
una maramalderia indugiare oltre. Ma l’intervista di ieri con Lucia Annunziata,
elegantemente, perfidamente e femminilmente crudele nel condurre l’ingenuo
professore nel pantano della sua convinta presunzione, ci fa capire che Mario
Monti non ha ancora capito. Cosa non ha capito? Non ha capito che se anche tutte
le cose che la dolce Lucia gli ha fatto dire fossero state verissime, e magari
lo erano, lui era il meno qualificato per dirle e che dicendole ha piantato gli
ultimi chiodi sul coperchio della sua bara politica. I professori forse
insegnano, ma raramente imparano.
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