- Gianni Pardo
- Sabato, 19 Ottobre 2013
Il futuro politico dell’Italia non dipenderà né dal berlusconismo né
dall’antiberlusconismo. Questa sciocca polarizzazione intorno ad un singolo
uomo, che tanto fastidio ha potuto dare sia ai simpatizzanti sia agli
antipatizzanti, finalmente finirà. Naturalmente rimarrà l’Italia. E – come ci ha
insegnato Tocqueville – perfino dopo un’immensa rivoluzione come quella
francese, il Paese del “dopo” somiglia al Paese del “prima” più di quanto si
possa pensare. Dunque per immaginare che cosa sarà l’Italia bisogna guardare a
ciò che essa è oggi ed è stata ieri.
Considerando soltanto il tempo che va dalla fine della Seconda Guerra
Mondiale, il popolo italiano ha dimostrato due tendenze fondamentali: da un lato
verso la stabilità, il buon senso, la conservazione, dall’altro verso l’utopia e
il progressismo. Se queste pulsioni avessero avuto gli stessi connotati che
hanno in altri Paesi, per esempio la Gran Bretagna, avremmo avuto un Partito
Liberale e un Partito Socialista. Purtroppo da noi la situazione è da sempre
molto più complessa.
La “destra” vuole preservare i valori tradizionali ma nel frattempo desidera
anch’essa i vantaggi che offre la mentalità progressista. Ecco perché da un lato
è profondamente ostile ad uno Stato invadente e ad un fisco opprimente, ma
dall’altro gli chiede le stesse cose che chiedono i progressisti. Dunque gli
impone di spendere e, per conseguenza, di tassare. Sia detto di passaggio, ciò
spiega la strabiliante quantità di fallimenti dell’azione di Berlusconi:
probabilmente lui avrebbe realmente voluto adottare una politica liberale, ma
tutti, intorno a lui, questa politica la volevano soltanto a parole e sono
riusciti a bloccarlo. Infatti oggi abbiamo un governo che include sia la
“destra”, sia la “sinistra”, ed ambedue concordano nell’oppressione fiscale e
nello statalismo. Al punto che se qualcuno mette in dubbio l’efficacia di questa
politica sono disposti ad attuare una scissione, pur di tenerlo in vita.
Curiosamente, partendo dall’altra estremità dello spettro politico, il quadro
presenta analoghe contraddizioni. L’utopia incanta tutti ma non si può avere la
botte piena e la moglie ubriaca. E poiché ogni riforma, ogni serio cambiamento
ha luogo a spese di qualcuno, anche qui le resistenze alle innovazioni sono
maggiori del prevedibile. Fra l’altro la stessa volgare e rapace invidia dei
ricchi si scontra col fatto che “ricchi sono quelli che hanno più di me”. E
dunque i ricchi – se si eccettuano i miliardari – sono introvabili. Fra le file
di coloro che si dicono di sinistra e che votano a sinistra vi sono legioni di
cittadini che hanno parecchio da conservare: e di loro i partiti “progressisti”
devono tenere conto. La sinistra in Italia è rivoluzionaria a parole e
conservatrice nei fatti.
Il quadro totale è quello di una destra statalista e socialisteggiante e di
una sinistra ottativa e piena di cautele. La destra non vuole rischiare che i
suoi elettori passino a sinistra, la sinistra non vuole rischiare che i suoi
elettori passino a destra. Anche questi ultimi ormai hanno parecchio da perdere,
e si risentono come quelli di destra quando si parla di imposte, per esempio
sulla casa o sulla benzina.
L’Italia è il Paese delle “mosse”, quella della conservazione e quella della
rivoluzione. La sostanza profonda è il desiderio di tutti di avere tutto dallo
Stato senza pagare troppe tasse. L’erario deve assicurare la salute, la scuola,
l’ordine pubblico, e perfino salvare le imprese decotte (se sono abbastanza
grandi) per i famosi “livelli occupazionali”, ma nel frattempo non dovrebbe
pesare troppo col fisco. E di fatto si arriva fino alla situazione attuale.
Probabilmente una grande crisi economica internazionale, e non la fine
politica o fisica di Berlusconi, produrrà un grande cambiamento momentaneo. Ma
difficilmente ciò farà mutare la nostra mentalità. Per qualche tempo ritroveremo
un po’ di buon senso ma dopo, probabilmente, torneremo alla nostra situazione
d’elezione: la speranza, anzi la precisa richiesta che lo Stato ci dia tutto
gratis, continuando a protestare per ciò che esso ci chiede.
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