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venerdì 6 novembre 2009

Bersani ha messo la retromarcia: dal Pd e' ritornato al Pci.

Via e-mail mesi addietro un mio lettore “sarcasticamente” si complimentava con me per la mia “straordinaria” capacità di “prevedere” gli avvenimenti. “Ironicamente” concludeva che Nostradamus era una “ciofeca” nei miei confronti. Il lettore in questione non mi ha piu’ inviato e-mail, probabilmente sconcertato che le mie “profezie” si avveravano puntualmente. Sì, sono migliore di Nostradamus! La sua chiaroveggenza e’ “retroattiva” e molto ambigua. Infatti, le sue presunte profezie sono state identificate solamente “dopo” che gli eventi erano accaduti. Le mie, invece, sono sempre state previste, inequivocabilmente, molto “prima” che i fatti si concretizzassero, vedi la “finaccia” del governo Prodi, vedi lo “squagliamento” del Pd ed altro. Ad onor del vero le mie non sono delle vere e proprie “profezie” convinto, come sono, di non possedere il dono della preveggenza (se dono può essere considerato). Non sarebbe stato difficile a chiunque capire come si sarebbe evoluta la situazione se, giorno dopo giorno, si fossero seguiti tutti i fatti e gli avvenimenti. Dopo la fuga a gambe levate di Veltroni, avevo scritto che, di fatto, il Pd ormai si era “squagliato”. Il Partito Democratico di Valter rappresentava una tenue speranza per l’opposizione di sinistra ora, purtroppo, dopo le “primarie”, e’ definitivamente morto e sotterrato. E questo l’avevo previsto molto tempo fa’. A suo tempo si fondò il Pd perché l’esperienza del governo Prodi si era rivelata negativa. L’unica speranza era quella di uscire decisamente dallo schema dell’ammucchiata antiberlusconiana. Magari perdendo le prime elezioni, ma preparando il terreno per le successive. Purtroppo lo stesso Veltroni ha fatto fallire il suo meritevole progetto quando ha accettato l’alleanza con Antonio Di Pietro. Ha permesso, infatti, che avesse voce, in Parlamento e nel Paese, un’opposizione ancor più irragionevole e urlata di quella di Bertinotti o Diliberto. Le recenti “primarie”, ha archiviato definitivamente il progetto “veltroniano”. Non più un partito di sinistra a vocazione “maggioritaria”, ma una “coalizione” come era il vecchio “Ulivo” o “l’Unione” nella quale far confluire, di nuovo, tutti, ma proprio tutti i partitini di sinistra per coagularli in una nuova armata “Brancaleone” per “battere” Berlusconi. Ma sono sicuri poi che Silvio si presenterà candidato premier alle elezioni politiche del 2013? E’ certo che la sinistra ha perso la speranza che la magistratura possa far “fuori” Berlusconi. Anche se i giudici lo condannassero in primo grado prima che scatti la prescrizione, Silvio non si dimetterà. La sinistra non ha nessuna speranza! L’unica che gli rimane e’ se a Berlusconi gli capitasse un incidente che lo facesse uscire di scena, ma neanche questa soluzione non dà sicure garanzie. Ormai il Pdl e la Lega dispongono di un’ottima e qualificatissima classe dirigenza politica, da Alfano alla Gelmini, da Maroni a Brunetta, da Frattini a Tremonti, da Castelli a Sacconi e molti altri ancora, ed uno di loro potrebbe egregiamente sostituire Berlusconi. Bersani ha vinto mobilitando quel che resta del Pci-Pds-Ds, ed ha “preso” il Pd. Ha battuto Franceschini criticandone l’antiberlusconismo e la sconsiderata alleanza con Di Pietro. Non ha fatto a tempo ad indossare la giacca di segretario, che già parla di colloqui con Di Pietro e rifiuto del “dialogo”. Ora gli si pone anche un grosso problema: come fanno i democratici italiani ad essere guidati da uno che fu comunista, che militò in un partito sovietico dittatoriale, e che non ha mai rinnegato il suo passato? Gli elettori non daranno mai la maggioranza dei voti a chi ha una simile storia politica. Da Togliatti in poi i comunisti hanno sempre saputo di non essere presentabili e, per ingannare i “creduloni”, hanno sempre messo una “testa di legno” come capo per nascondersi dietro: Prodi, D'Amato, Ciampi. La vittoria di Bersani, cioè del candidato di Massimo D’Alema, è la vittoria della componente “comunista”. La conseguenza di questo fatto consisterà in una modifica profonda del Pd e, probabilmente, dovrà cambiare il nome (ancora una volta!) per il suo forte spostamento a sinistra. Bersani ha ingranato la “retromarcia” in direzione del passato. Erano partiti dal Pci trasformatosi in Pds quindi in Ds per giungere al Pd. Ora dal Pd si ritorna direttamente al Pci. Veltroni lo ha dichiarato esplicitamente che si tratta senza dubbio di un “suicidio”. Originariamente, la costituzione del Pd doveva rappresentare l’asse portante dello schieramento del centro sinistra, cioè dell’alleanza tra la componente di sinistra, rappresentata dagli ex comunisti, e la componente centrista, formata dagli ex democristiani. Con un Pd destinato fatalmente a perdere questa prerogativa di partito di “centro sinistra” e a diventare sempre di più il maggiore partito della “sinistra”, il Pd non esiste piu’, anzi, a sentire Rutelli non e’ mai “nato”. E’ una cosa strana la vicenda del “bamboccione” (cosi’ Prodi apostrofò Rutelli). L’ex segretario della Margherita e’ stato uno dei due cofondatori del Pd, l’altro è Piero Fassino. Ora ha abbandonato baracca e burattini per fuggire non sa neppure lui dove. Si vocifera’ che farà “qualche cosa” con l’Udc di Pier Ferdinando Casini, ma per come è strutturato questo partito non sarebbe la scelta dei suoi sogni. Probabilmente costruirà un nuovo “soggetto” politico per cercare di “acchiappare” i moderati di destra ed i riformisti di sinistra. Ma e’ una missione impossibile per uno che non è mai stato né democristiano, né comunista e nemmeno fascista, ma solo Verde e Radicale. Sembra che seguiranno Rutelli molti “centristi”. Ma la fuga dei “rutelliani” e dei “centristi”, che hanno deciso di non morire “comunisti”, potrebbe essere compensata dal recupero di parte di Rifondazione, dei Comunisti Italiani, dei Verdi cioè dagli estremisti, ideologi rossi e verdi, rissosi ed incapaci di stare uniti, se non contro il “diavolo” Berlusconi. E Di Pietro che farà? Ha già “intimato” a Bersani di non sognarsi neppure lontanamente di confrontarsi con Berlusconi in Parlamento su qualsiasi riforma. Gli ha fatto chiaramente capire che l’Italia dei Valori non si lascerà trattare come gli altri “partitucoli” della diaspora della vecchia sinistra. Per Bersani si preannunciano tempi difficili perché dovrà fronteggiare un nemico alla propria sinistra che gli si pone in aperta contrapposizione. Bersani è il segretario di un partito più diviso e lacerato che mai. Ed in queste condizioni il compito di fronteggiare Di Pietro diventa un’impresa disperata. Il governo Berlusconi intanto sta tirando decisamente diritto senza girarsi indietro, nonostante l'assalto dei media “terroristi” ed anti italiani e le iniziative giudiziarie che cercheranno di bloccarlo. Cosa invece accade nel centrosinistra? Hanno ripreso il comando i vecchi nostalgici del passato. Bersani è certo un comunista serio. Un comunista rosso vivo, non “sbiadito” come Franceschini o Veltroni. Il fresco segretario, eletto con le tanto decantate “primarie” (che hanno portato sempre sfortuna al vincitore), prova a chiudere le tensioni congressuali e apre agli ex sfidanti, proponendo una “gestione non unitaria del partito ma plurale”. Assicura che le scelte, sui ruoli chiave, saranno fatte insieme all'ex segretario Franceschini, mettendo “le persone migliori nei posti migliori”. Ma non tutti sembrano intenzionati a lavorare per il nuovo corso. “Il Pd è avanti, avanti, a-van-ti” scandisce Bersani che punta alla “Grande Coalizione”, dalla sinistra radicale all’Udc di Casini che dovrebbe allearsi con il fuggiasco Rutelli. Ha ragione Veltroni: non c’e’ una strategia piu’ suicida da quella che vuole mettere in atto Bersani. Il nuovo segretario e’ legato a doppio filo al suo sponsor principale D'Alema, e non cambierà la disastrosa strategia voluta dallo stesso “baffino”. Per l'ennesima volta, si dovrà costruire una “gioiosa macchina da guerra” in grado di distruggere l'odiato Berlusconi nel più breve tempo possibile. Lo chiedono gli elettori di sinistra, lo chiede l’alleato Di Pietro, lo chiedono i sindacati rossi. Dunque, ancora una volta, il problema non è quello di dar vita ad un movimento progressista, popolare moderno e democratico per rivitalizzare la “sinistra”. L’obbiettivo e di compiere il miracolo di mettere insieme nuovamente l’armata “Brancaleone” che comprenderà tutto ed il contrario di tutto per “cacciare” Berlusconi, ma non per “governare”. È un dramma quel che si profila per la sinistra e per l’Italia. Altro che dialogo, altro che riforme condivise. Bersani andrà avanti a tutta forza sino alla distruzione del “nemico”. In questo modo continueranno le campagne internazionali di delegittimazione dell’Italia, sarà più difficile realizzare riforme necessarie per il Paese e lo scontro politico diventerà sempre piu’ aspro.