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sabato 16 giugno 2018


"Famiglia è solo uomo e donna". Poi il Papa sull'aborto: "Nazismo"

L'affondo di Papa Francesco sull'aborto: "Come i nazisti, ma con i guanti bianchi". E sulle famiglie omosessuali: "La famiglia immagine di Dio è una sola, quella tra uomo e donna"


"Fa dolore dirlo: oggi si parla di famiglie diversificate, di diversi tipi di famiglia.







Sì è vero: famiglia è una parola analoga, si dice anche 'la famiglia delle stelle', 'la famiglia degli animali'. Ma la famiglia immagine di Dio è una sola, quella tra uomo e donna". Non usa mezzi termini Papa Francesco mentre parla ai delegati del Forum delle Famiglie ricevuti oggi in Vaticano. E tocca i temi caldi del di battito politico e ecclesiastico: le famiglie omosessuali e l'aborto.
"Può darsi - ha detto Francesco - che non siano credenti ma se si amano e uniscono in matrimonio sono a immagine e somiglianza di Dio. Per questo il matrimonio è un sacramento grande". Parlando a braccio, il Pontefice ha anche lodato la santità delle donne che "nel silenzio" hanno sopportato i tradimenti dei martiti e aspettato "che tornasse alla fedeltà". E dopo aver parlato dei segreti delle coppie felici, da quelle di lungo matrimonio ("essere innamorati tutta la vita") a quelli all'inizio del cammino coniugale ("non andate mai a letto senza fare la pace"), il Papa si è concentrato in due brevi passaggi anche sull'aborto. "Ho sentito dire che è di moda - ha detto - o almeno è abituale che quando nei primi mesi di gravidanza si fanno gli studi per vedere se il bambino non sta bene o viene con qualcosa, la prima offerta è: 'lo mandiamo vià. L'omicidio dei bambini: per risolvere la vita tranquilla si fa fuori un innocente". Poi, dopo aver ricordato la rupe di Sparta da cui venivano gettati i bambini per "salvagardarne la purezza", il Papa ha messo in guardia i fedeli dal non cadere nel peccato "nazista" dell'aborto: "Il secolo scorso - ha scandito - tutto il mondo si è scandalizzato per quello che facevano i nazisti. Oggi facciamo lo stesso ma con i guanti bianchi".

I Cinque "Stalle" ballano sul Titanic

C'erano una volta i Cinquestelle che urlavano nelle piazze e in Parlamento «onestà, onestà».







Dicevano di essere stati mandati dal messia Beppe Grillo (e dallo spirito santo Casaleggio) a purificare l'Italia corrotta e incapace. Poi i primi scivoloni giudiziari: ogni sindaco che hanno conquistato in virtù della presunta diversità etica è finito a processo per reati che vanno dal falso in bilancio alla truffa fino all'omicidio colposo. Mancava l'associazione a delinquere, che ieri si è materializzata nell'inchiesta su tangenti e accordi sottobanco che riguardano la costruzione del nuovo stadio della Roma (completamente estranea ai fatti). Tra i tanti politici e manager è finito agli arresti Luca Lanzalone, capo dell'Acea (l'azienda energetica romana), ma soprattutto braccio destro di Beppe Grillo e uomo fidato della sindaca Raggi e del vicepremier Di Maio. Indagato anche Paolo Ferrara, il capogruppo dei Cinquestelle in Campidoglio (gli altri politici coinvolti di Forza Italia e Pd diciamo che non fanno notizia).
Qui non stiamo parlando di incidenti di percorso o di pecore nere. Qui si entra nel cuore del potere grillino, che, come tutti i poteri, batte dove ci sono soldi e poltrone. Da Cinquestelle a Cinquestalle il passo è stato più breve del previsto. E non solo per fatti giudiziari. Di Maio ha avuto il coraggio di mettere come sottosegretario agli Interni (parliamo di sicurezza nazionale) tale Carlo Sibilia, uno che in sequenza ha teorizzato le seguenti cose: giusto il matrimonio tra più di due persone e tra specie diverse; l'uomo sulla Luna è una bufala; l'Isis non esiste e l'attentato a Charlie Hebdo è un complotto.
Sibilia non è l'unico Cinquestelle fuori di testa arrivato nelle stanze dei bottoni. L'elenco è lungo e lo trovate nelle pagine interne. Non è normale, qualche cosa ci sta sfuggendo nella nascita della cosiddetta (si fa per dire) terza Repubblica. Con quali lobby, con quali ricatti si sta formando la nuova classe dirigente? Gli indizi sono tanti e inquietanti, riguardano sia le sfere private che gli intrecci professionali con i servizi segreti e faccendieri di lungo corso. Caro Salvini, stai attento, non sei in buona compagnia. È bello ballare in prima classe, ma non sul Titanic.

mercoledì 13 giugno 2018


La scomunica immeritata


Il cardinale Ravasi è una delle massime autorità morali di questo Paese e della Chiesa universale.
Ha tutto il nostro rispetto anche quando, come è successo ieri, dice cose teologicamente inappuntabili ma nella pratica discutibili. Commentando il blocco dei porti italiani alle navi cariche di immigrati raccolti in mare, Ravasi ha citato come monito un famoso passo tratto dal Vangelo secondo Matteo: «Ero straniero e non mi avete accolto». Se non una scomunica, contro chi ha deciso il blocco e tutti noi che lo abbiamo approvato, poco ci manca. I fatti però danno torto al cardinale perché l'Europa, meta degli «stranieri», grazie all'Italia le sue porte le ha aperte. E mai, neppure per un secondo, quei seicento immigrati che si trovavano a bordo della Aquarius, hanno corso il ben che minimo rischio e Salvini è stato il primo a preoccuparsi della loro incolumità inviando a bordo personale medico in grado di affrontare qualsiasi emergenza. Salvini, forte di un mandato popolare ricevuto da milioni di elettori di centrodestra, in maggior parte laici moderati e cattolici praticanti, si è comportato come farebbe un buon prete che tiene aperte all'accoglienza le porte della sua parrocchia ma che va in difficoltà per il caos che un eccesso di domanda gli ha creato in oratorio e nella sua comunità. Questo prete che fa? Chiama il vescovo e gli chiede di sollecitare i distratti preti delle parrocchie vicine a fare altrettanto per dividere in parti uguali costi e fatiche.
Ecco, Salvini ha chiamato sua eccellenza il vescovo Europa per dirgli di intercedere presso le nazioni vicine, che furbescamente se ne stavano a guardare, e per la prima volta l'Italia è stata ascoltata. Diciamo che è stata una telefonata brusca e ultimativa? Sì, abbastanza, ma non più di quella che avrebbe fatto don Camillo per difendere le anime a lui affidate al culmine di uno dei tanti scontri con Peppone.
Non me ne voglia sua eccellenza il Cardinale, ma più pericolosa della propaganda salviniana - che pure esiste e spesso è debordante - è la propaganda antisalviniana. Mettere in croce il leader della Lega non salverà la sinistra dai suoi peccati e la Chiesa dalle sue omissioni.

domenica 10 giugno 2018

Consigli al nuovo Governo del professor Cassese: abolire lo spoils system all’italiana.

 
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Nell’ultimo “fondo” sul Corriere della Sera del 7 giugno 2018 ha esposto alcuni punti di vista in ordine all'”Esordio” in Parlamento del nuovo Presidente del Consiglio, prof. Giuseppe Conte – vedi qui il testo completo dell’articolo: al di là del titolo e delle considerazioni iniziali – Un esordio in tono minore”, assumono particolare interesse per noi  le sue raccomandazioni finali, perchè attengono alla gestione specifica della macchina dello Stato da parte dei nuovi governanti: 1) “dotarsi di quelle che i francesi chiamano «amministrazioni di stato maggiore», degli «staff», senza i quali non si governa uno Stato”2) “Non diventino prigionieri delle critiche ai grandi servitori dello Stato, ma sappiano distinguere i competenti dai vecchi volponi e dai giovani inesperti. E principalmente trovino il coraggio di sopprimere lo «spoils system» all’italiana, che ha fatto tanto danno, da un quarto di secolo, alle nostre Amministrazioni pubbliche, diminuendone l’imparzialità”3) Evitino di pensare che “lo Stato siamo noi”, ovverosia che la macchina della Repubblica sia riconducibile all’azione del solo Stato centrale: in un Paese democratico vanno attentamente salvaguardati, non solo il potere giudiziario, ma anche “le autorità indipendenti, il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti e molti altri organismi che non dipendono dal Governo“. Aggiungiamo noi che l’identificazione fra Stato e Repubblica rischia sempre generare equivoci in ordine al ruolo di altri soggetti (Regioni, Province e Comuni) di pari dignità costituzionale e con insoddisfacenti regole di coordinamento reciproco; 4) “Sappiano anche che il governo del Paese è anche (parte del) governo dell’Europa“.

Sondaggio | Un italiano su 2 apprezza Conte. Immigrati e pensioni le priorità degli elettori

I consensi per il premier e il governo si estendono oltre il bacino M5S-Lega. 

Il 24 per cento non si esprime


L’esordio del nuovo governo presieduto da Giuseppe Conte ha un buon livello di apprezzamento da parte dei cittadini, che fa da contraltare all’aspro dibattito che ha fatto seguito alla presentazione dell’esecutivo al Senato e alla Camera. Un italiano su due (49%) lo gradisce molto (27%) o abbastanza (22%), mentre uno su tre poco (11%) o per nulla (22%) e il 18% sospende il giudizio. Si tratta di un gradimento che va al di là del bacino elettorale del M5S e della Lega che alle Politiche hanno ottenuto il voto da parte del 35,3% degli italiani (50,1% dei voti validi) e, stando ai sondaggi più recenti, verrebbero votati dal 39% degli elettori (58% dei voti validi). Infatti, oltre all’immaginabile consenso da parte degli elettori delle due forze della maggioranza, si registra il gradimento del 42% degli elettori di Forza Italia e il 37% degli elettori di tutti gli altri partiti di opposizione, con l’eccezione dei dem, tra le cui fila solo il 14% esprime una valutazione positiva a fronte di un 73% di pareri negativi.
L’indice di gradimento, calcolato escludendo coloro che non esprimono un giudizio, si attesta a 60 e risulta sostanzialmente in linea con la maggior parte dei governi che lo hanno preceduto, se si eccettuano il governo Prodi (indice 54), nato dopo il famoso «pareggio» alle elezioni del 2006, e il governo Gentiloni che all’esordio fu penalizzato dalla continuità con il governo Renzi e dall’aspettativa delusa di elezioni da parte di coloro che avevano votato No al referendum costituzionale. Il presidente Conte ottiene un gradimento analogo a quello del suo esecutivo (48% giudizi positivi e 36% di negativi) ma un italiano su quattro (24%) non è in grado di esprimere una valutazione.
Tra i provvedimenti previsti dal contratto di governo, quelli che si vorrebbe venissero realizzati con maggiore urgenza sono innanzitutto le misure di controllo dei flussi migratori e di contrasto alla clandestinità (37%) e le modifiche alla riforma Fornero (32%), seguiti dagli interventi sul Jobs act (21%), dall’introduzione della flat tax (16%); chiudono la graduatoria il reddito di cittadinanza e la cosiddetta «pace fiscale», entrambi al 12%, mentre quasi un italiano su quattro (23%) dichiara di non gradire nessuno degli interventi elencati. Da ultimo, il sondaggio odierno fa registrare una limitata fiducia (36%) nella possibilità che il programma possa essere realizzato senza mettere a rischio la tenuta dei conti pubblici.
Il consenso che accompagna il neonato governo Conte va principalmente ricondotto a tre ragioni: la prima riguarda la fine della lunga fase di stallo istituzionale che aveva alimentato una situazione di incertezza sul futuro e acuito le già diffuse preoccupazioni degli italiani per la situazione economica personale e del Paese. La seconda riguarda l’apprezzamento trasversale di alcuni dei temi previsti nel programma del governo: è infatti interessante osservare come, sia pure con accentuazioni diverse, alcuni provvedimenti siano auspicati anche dagli elettori dell’opposizione, compreso quelli del Pd (che appaiono i più distanti dall’attuale esecutivo) una parte dei quali non sembra disdegnare il contrasto all’immigrazione clandestina, le modifiche alla Fornero e al Jobs act (quest’ultimo in misura addirittura superiore ai leghisti). Infine, come più volte sottolineato, l’esecutivo gialloverde nasce all’insegna del cambiamento. L’ennesimo, verrebbe da dire. Ed è proprio sulla percezione di cambiamento che si giocherà il consenso futuro a governo, premier, forze politiche della maggioranza e loro leader. Da un lato perché non è sembrato chiaro in che cosa si sostanzi il cambiamento reclamato dagli elettori (di contenuti? di leader? di prassi politiche? di stile comunicativo?), dall’altro perché il contratto di governo appare davvero ambizioso sia per la tenuta dei conti pubblici che per le priorità dei provvedimenti da adottare che risultano un po’ diverse nei due differenti elettorati della maggioranza.
Ma non è affatto detto che l’eventuale mancato rispetto del contratto possa determinare una repentina perdita di consenso, come conseguenza della delusione per le aspettative suscitate. In precedenti circostanze infatti la mancata realizzazione del programma è stata gestita in chiave politica e di contrapposizione identitaria. Il ricorso a argomenti del tipo: «non li lasciano lavorare»», «hanno troppi nemici», «non sono responsabili della situazione che hanno ereditato», «in ogni caso sono meglio degli altri», ha consentito di limitare i danni.
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