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martedì 28 agosto 2012

Impossibile ritornare allo spirito del dopoguerra.

Si va dicendo che, per superare la gravissima crisi socio/economica che attanaglia l’Italia, bisognerebbe ritornare allo spirito che ha animato gli italiani alla fine della seconda guerra mondiale. Purtroppo e’ “impossibile”. Gli italiani in Italia di oggi “antropologicamente” sono del tutto diversi da quelli di quel tempo. Lo sono socialmente e culturalmente, psicologicamente ed evolutivamente, artisticamente ed espressivamente, filosoficamente e religiosamente, ed in genere in tutti i comportamenti. Terminata la guerra, i cinquantenni e sessantenni “sopravvissuti” si ritrovarono a gestire l’Italia economicamente e politicamente. Il loro “background” si era formato nel “pragmatico” ottocento. Mentre i quarantenni, i trentenni ed i ventenni che li affiancarono, avevano assimilato i “severi” metodi dei primi anni del novecento e del ventennio fascista. Tutti erano stati educati con “rigore” e “disciplina” con “spirito di sacrificio” e “senso del dovere”. I maestri “bacchettavano” gli alunni che a casa prendevano dai padri il “resto” in “cinghiate” per essersi comportati male a scuola. Oggigiorno gli studenti non possono essere piu’ “sfiorarli” dai maestri e neppure dai genitori. E se un professore s’azzardasse di rimproverare un allievo, il padre o la madre “subito” lo contesterebbe. Alcune generazioni pre-guerra erano nate quando la luce elettrica non c’era nelle case, e neppure l’acqua corrente. Le donne, col secchio in bilico sulla testa, andavano ad attingere l’acqua alle fontane pubbliche e lavavano i panni al fiume e, se “erano fortunate”, al “lavatoio” comunale. “Rarissime” le auto in circolazione e gli aerei non solcavano i cieli. Persone per lo piu’ di origine contadina abituata al duro lavoro ed a infinite “privazioni”. I piu’ nascevano, vivevano e morivano nello stesso paese. Le “vacanze” ed i viaggi di piacere erano per pochissimi “privilegiati”. Avevano difficoltà di mettere insieme il pranzo con la cena. E con gli stessi “principi” che gli erano stati “inculcati” educarono i loro discendenti. La società nel 1945 era sostanzialmente la stessa di inizio secolo: agricola, arretrata e provinciale. Eppure, qualche anno più tardi, l’Italia diventa uno dei sette Paesi più industrializzati del mondo. Tutto ebbe inizio dalla metà degli anni ‘50 al 1963: il famoso “miracolo economico”. In quel periodo avvennero mutamenti “eccezionali” e straordinari” fuori dell’ordinario. L’Italia e’ un Paese trasformatore di materie prime, terminata la guerra era “impossibile acquistarle” per “mancanza di denaro”. Il problema venne risolto con le “cospicue rimesse” dei milioni d’italiani ch’erano emigrati e che, letteralmente, “riempirono” le casse delle banche. Cosi’ la quasi piena occupazione si ottenne attorno al 1960. Fu “esclusivo merito” della “economia privata” che agiva “spontaneamente” ed “autonomamente” sganciata dai provvedimenti e pianificazione dei governi che si “succedevano” in continuazione ogni pochi mesi. Senza gli “intralci” del governo l’economia andava a “gonfie vele”. Dopo la seconda guerra mondiale la maggior parte della forza lavoro era impiegata con bassi salari nel settore agricolo. Agli inizi degli anni ‘50, nonostante la riforma agraria e gli aiuti straordinari destinati al Mezzogiorno (Cassa del Mezzogiorno), “un esercito” di lavoratori meridionali disoccupati si trasferirono al Nord per avere un lavoro e, con l’apertura dei mercati esteri, “scoppiò” la “scintilla” del “boom economico”. Nel 1968 iniziarono le “rivolte studentesche” che “rifiutavano” la società dei consumi. Quale differenza rispetto a soli vent’anni prima, “quando da consumare non c’era niente” e, per moltissime famiglie, il problema era di mangiare ogni giorno! Anche se la morale “ufficiale” era vicino alla religione cattolica, comincia proprio con il “boom economico” la progressiva “disgregazione” della famiglia. Il ’68 fu un “momento di rottura” con le istituzioni tradizionali: Stato, chiesa, famiglia. L’Italia di oggi e’ figlia dei “sessantottini” studenti universitari che “pretendevano” il “diciotto politico a tutti”, il “salario variabile indipendente”, il “posto fisso” per tutti (come in Russia). Dei “figli dei fiori”. Delle “femministe” che “sfilavano” gridando “il sesso e’ mio e lo gestisco io”. Si sono riempiti il cervello di “ideologie” le piu’ “stravaganti”. Inneggiavano al libretto rosso di Mao. Hanno assimilato i difetti piu’ deteriori degli americani (droga, sesso sfrenato, tatuaggi ecc.) invece di acquisire la loro ottima organizzazione commerciale e governativa e la voglia di primeggiare in tutto per “onorare” il loro Paese. In pensione con l’ultimo stipendio dopo soli 16 anni sei mesi e un giorno. Pretendevano tutto senza neppure il “minimo impegno”. “Diritti” inalienabili e sacrosanti e nessun “dovere”. Ora stanno difendendo con le unghie e con i denti i loro “privilegi” e le “pensioni” che hanno ottenuto “senza meritarle”. E, quello che e’ peggio, hanno educato i loro discendenti “nell’anarchia piu’ assoluta” senza alcun senso di “responsabilità”. Per salvarsi l’Italia ha bisogno di gente abituate al“rigore” e alla “disciplina”, disposte a fare grandi “sacrifici”, capaci d’impegnarsi con “caparbietà” e con “senso del dovere”. La grave crisi in atto “impone” solo e soltanto “rinunce”. E’ duro, ed anche “innaturale”, fare un passo in dietro dopo un periodo di “scialo” come l’hanno avuto le ultime generazioni. Quelle che le hanno precedute hanno avuto soltanto guerre, fame, duro lavoro mal pagato e “bacchettate”. Hanno dovuto emigrare in massa e gli emigranti sono stati trattati spesso peggio degli “schiavi” nei Paesi dove approdarono. Seppure “umiliati” ed “offesi”, come dei veri “Giganti”, hanno affrontato e superato inimmaginabili “sacrifici”, fatto infinite “rinunce” e, lavorando “duramente” e “sotto pagati”, hanno “onorato” l’Italia “permettendole” di collocarsi tra le piu’ industrializzate nazioni del mondo. Questa “stirpe” d’italiani e’ ormai scomparsa o prossima all’estinzione. Tranne alcune lodevoli eccezioni, l’odierna popolazione italiana e’ composta dalle generazioni post ’68 tirate su con “frivoli” principi come l’essere “belli, ricchi e famosi” senza alcun “spirito di sacrificio” e “senso del dovere”. “Impossibile” ritornare allo spirito del dopoguerra.



Mario Monti e Corrado Passera: sono solo canzonette.


Il mondo imprenditoriale (l’unico che può creare posti di lavoro) e’ in crisi profonda. Le banche non concedono piu’ credito. E’ in crisi l’euro. La giustizia. La Scuola. Le ferrovie. L’agricoltura. La stampa. Lo sport. La Borsa. La famiglia. I pensionati. I giovani. La zootecnica. La lirica. Il cinema. L’organizzazione dello Stato. Le istituzioni. La Fiat. L’ILVA di Taranto. I partiti. I Comuni. Le Regioni. Gli ospedali. Come reagiscono le imprese? Alcune hanno chiuso, per sempre, altre si sono “rilocate” all’estero ed altre lo stanno per fare. E chi ha ancora soldi li porta in Svizzera. Chi darà il posto di lavoro ai giovani e ai disoccupati? Solo e soltanto le centinai di migliaia di piccole e piccolissime imprese che giornalmente, pur “oppresse” dal fisco, dalla burocrazia e dalla giustizia inefficiente, mantengono “viva” l’economia italiana. La vivacità delle esportazioni (70 miliardi) sta solo a dimostrare che gli italiani, che “rischiano in proprio”, corrono, viaggiano con la valigetta in tutto il mondo, non si arrendono, sputano sangue, sono e restano la ricchezza piu’ grande dell’Italia, ma i loro sforzi “inumani” sono insufficienti per dar lavoro a tutti i disoccupati. La “luce” che Mario Monti e Corrado Passera vedono in fondo al tunnel e’ di un treno merci, con cento vagoni carichi, che sta sopraggiungendo in senso contrario. I due dicono che la crisi sta per finire e che il peggio e’ passato. Visto che uno e’ “professore universitario” e l’altro e’ “banchiere”, ci dicano sulla base di quali dati. “Sospette” sono le valutazione positive sull’Italia delle agenzie “Fitch” e “Moody’s”. Troppo “benevoli” con il loro “collega” Mario Monti. Sia Monti che Passera (ma anche la Fornero) hanno detto che la pressione fiscale e’ troppo alta. Il primo ha subito aggiunto che per ora non cala (per la verità aumenta, vedi benzina), il secondo auspica che lo si possa fare. Ragionamenti assai “poco tecnici”, più adeguati a chi e’ alla ricerca di “voti futuri”. E’ evidente che hanno “ambizioni politiche”. Se il “governo tecnico” si limitasse a sottolineare la gravità della situazione, ci sarebbe poco da rimproverargli. Ma i “tecnici” si spingono ben oltre. Mentre i partiti hanno paura delle urne, loro sembrano essere in “servizio propagandistico” permanente effettivo. Se e’ vero che la speculazione contro il debito italiano ha la sua radice nella debolezza istituzionale e strutturale dell’euro, e nessun provvedimento e’ stato preso, dov’e’ la luce? Se e’ vero che la speculazione si fonda su un debito pubblico troppo alto e su una produttività troppo bassa (secondo i dati Eurostat la produttività degli italiani e’ superiore solo a quella dei greci), anche qui non e’ successo nulla. Anzi, il debito e’ cresciuto. Dunque, che luce vedono Monti e Passera? Pura propaganda. Roba che non si perdona ai politici, ma non e’ ammessa ai tecnici. Le loro “sono solo canzonette”!

domenica 26 agosto 2012

Perche' Berlusconi non si ricandidera'.


“C'è un gran movimento di sostegno alla ricandidatura del presidente Berlusconi e credo che alla fine lui deciderà di scendere in campo”: così Angelino Alfano, segretario del Pdl, ai giornalisti che gli chiedevano dell'ipotesi, riportata dal “Corriere della Sera”, che il Berlusconi torni a candidarsi a premier alle politiche del 2013. Poi lo stesso ex premier nel corso di una cena di compleanno ha aggiunto: “Vari imprenditori mi hanno detto che tutto il mondo imprenditoriale vuole il mio ritorno”. Secondo me e’ esclusivamente “pretattica” per confondere e “sparigliare” gli avversari politici. Sono piu’ che convinto che Berlusconi non si candiderà per nessuna delle cariche statali, vuoi come premier o presidente della Repubblica. Se ricordate bene, appena ha “accennato” all’intenzione di candidarsi, soltanto poche ore dopo, ha ricevuto dal magistrato Ingroia della Procura di Palermo, un “avviso di comparizione” per essere ascoltato sulla vicenda della “trattativa” mafia e Stato nella quale e’ stato anche coinvolto Giorgio Napolitano “intercettato telefonicamente”. Se Berlusconi nel 2013 fosse rieletto premier, di sicuro alcune procure s’inventerebbero qualche altro “avviso di garanzia” per aprire altri processi contro di lui ed il giornale “La Repubblica” ricomincerebbe la “sarabanda” per diffondere all’estero la solita montagna di fango che danneggerebbe piu’ l’Italia piuttosto che Berlusconi. Dal 1943 l’Italia e’ divisa fra destra e sinistra. La “guerra civile” che cominciò in quell’anno non e’ mai terminata, neanche quando i mitra hanno smesso di sparare. Infatti, contro Berlusconi si e’ avuta la più grande “campagna di odio” di tutti i tempi. Tuttavia, dall’autunno del 2011, e’ stato possibile un’alleanza tra “il diavolo e l’acqua santa” per salvare l’Italia dal “fallimento”. Con una maggioranza “oceanica”, contro un’esigua minoranza, si poteva pensare che il “governo tecnico” di Mario Monti potesse essere “onnipotente”. Finalmente una maggioranza cui nessuno può resistere, una maggioranza senza opposizione che può permettersi tutto per il “bene comune”. Infatti, subito dopo la costituzione del nuovo esecutivo, il Parlamento, anche se “contro voglia”, ha approvato la riforma delle pensioni. Ma i mesi impiegati per la riforma dell’art. 18 del lavoro, sono serviti per capire che le “divergenze” tra destra e sinistra erano rimaste tutte “intatte”. Da quel momento il Pd, non potendo “mandare a casa” il governo che aveva voluto, ha cominciato ad “ingabbiarlo”. Prima il ministro Fornero ha detto e ripetuto fino alla nausea che “avrebbe tirato diritto”, checché dicessero i sindacati, poi ha “abbassato la testa”. Infine e’ stata costretta a “stravolgere” la riforma del lavoro deludendo i mercati e gli imprenditori italiani e stranieri. E, infatti, non e’ servita a niente. Sostanzialmente i “famosi tecnici” sono riusciti a fare solo ciò che saprebbe fare anche un bambino: aumentare le tasse. Senza per questo far abbassare l’alto livello dello spread e, per giunta, generando la più grande “recessione” che l’Italia abbia mai conosciuto. Si vuol dare di tutto questo il torto a Monti? Neanche per sogno. Sarebbe stupido. E’ innegabile che il Pd e’ “visceralmente” fazioso, demagogico e sostanzialmente “conservatore”, altro che “progressista”. Ma anche la generalità degli italiani sono contro le vere “rivoluzioni” e resistono ai cambiamenti con le unghie e con i denti. Mussolini voleva trasformare gli italiani in atleti e in guerrieri: si e’ solo reso ridicolo. Cambiare? Neanche a parlarne. Ad esempio. C’e’ bisogno di una legge sacrosanta contro “l’eccesso di intercettazioni telefoniche”. La chiede ora anche Giorgio Napolitano. Silvio Berlusconi, pur essendo stato a capo della più grande maggioranza che abbia avuto un Parlamento repubblicano, non e’ riuscito ad ottenerla. Chi si e’ opposto? L’intera sinistra e gli italiani. Trasversalmente. Per le più varie ragioni. E soprattutto perché costituiva un “cambiamento”. Un altro esempio di “conservatorismo fanatico” e’ quello della magistratura. Se solo si proponesse di modificare il colore delle loro toghe, i magistrati “insorgerebbero” come un sol uomo contro questo “attacco all’indipendenza” della magistratura. Figurarsi dunque le “grandi riforme”. Quando un governo volesse realizzarne una, il percorso e’ così lungo, così “travagliato”, così “impervio” che alla fine o non se ne fa nulla oppure la legge arriva alla meta “annacquata e stravolta”. Se i “conservatori” non vincono, non perdono neppure. “Governare gli italiani non e’ né facile né difficile: e’ inutile”. Non importa se l’ha detto Mussolini. Lo ha anche riscontrato qualsiasi presidente del consiglio, Monti compreso. Per questo, e per le ragioni piu’ sopra riportate, Berlusconi non si ricandiderà a premier e non pensa minimamente a candidarsi neppure come presidente della Repubblica.

Bersani e' contro la riforma delle legge elettorale e di quelle costituzionali.


La proposta del Pdl per una nuova legge elettorale prevede il premio di maggioranza del 15% al partito, e non alla coalizione, che prende piu’ voti; sbarramento nazionale e regionale al 5%; preferenze al 70% il restante 30% resterebbe alle scelte dirette delle segreterie di partito. Pierluigi Bersani non può apertamente dichiararsi contrario alle “preferenze”, ma sa se ci fossero correrebbe il rischio di essere “scalzato” da Matteo Renzi che ottonerebbe piu’ voti di lui. Sta facendo “carte false” per votare col “porcellum” ancora in vigore. Listini blindati e collegi sicuri per gli “amici” che garantirebbero la sopravvivenza di Bersani evitando, al contempo, la frantumazione del Pd, ora diviso in diciotto correnti, scusate se sono poche! Bersani e’ contrario anche ad un’altra riforma proposta dal Pdl e gia’ approvata dal Senato: l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Sarebbe una grande modernizzazione, darebbe al Paese e ai cittadini la possibilità di decidere direttamente per la scelta del candidato Presidente e renderebbe, finalmente, l’Italia un Paese governabile: un Paese “normale”. Sono ben trent’anni che si parla di riforme. Approfittando ora del “governo tecnico”, che sta continuando il lavoro intrapreso dal governo Berlusconi, ora l’ex maggioranza e l’ex opposizione “unite” dovrebbero lavorare per trovare l’accordo per fare le riforme costituzionali. A novembre 2011 Berlusconi decise di fare il passo “laterale” non tanto perché c’era la crisi delle Borse e l’aumento dello “spread”, che rimane sempre alto e che e’ stato ormai “accertato” che non era dovuto all’azione del suo governo, ma perché sembrava necessario ed opportuno (ed anche per “l’insistenza” di Giorgio Napolitano) di lasciare il posto a un “governo tecnico” che avrebbe consentito un “incontro” tra maggioranza e opposizione per una trattativa sul cambiamento della ”architettura istituzionale”. Nulla, invece, e’ andato in quella direzione. Oramai, in vista delle imminenti elezioni politiche del 2013, il Pdl sta “determinando” la sua linea politica. Nessuna ipotesi di “grande coalizione”, nessuna ricerca “spasmodica” di “alleanze”, netta alternativa rispetto alla sinistra che e’ sempre alla ricerca di “compromessi” impossibili per rimettere in piedi “l’armata Brancaleone” che, come tutti sanno, durerebbe pochi mesi al governo. Il programma del Pdl sarà tutto rivolto al “rilancio economico” dell’Italia, magari cercando di coinvolgere, per il “risorgimento economico”, anche gli operatori economici italiani residenti all’estero. Niente “astrattismi” e “demagogia” dunque, ma “serietà e pragmatismo”. Per definire il programma il 15 luglio c’e’ stata una riunione a Villa Germetto a Lesmo, la Versailles della Brianza, dimora settecentesca acquistata nel 2008 dalla famiglia Berlusconi per ospitare la sede della “Università del Pensiero liberale”. Il “summit”, a porte chiuse, e’ stato promosso dall’ex ministro Antonio Martino e dalla deputatessa Pdl Deborah Bergamini. Vi hanno partecipato una settantina di personalità tra economisti europei e americani, di cui un premio Nobel e altri collaboratori. Riuniti nella “sala dei professori” dell’università’, si e’ parlato di crisi, di politica economica europea, di tasse. Un ulteriore “summit” e’ previsto ai primi settembre. Una cosa e’ certa: per rinnovare il partito bisogna ritornate allo spirito del 1994 non piu’ sotto le bandiere di “Forza Italia” ma di “Grande Italia”.