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venerdì 27 agosto 2010

L'ingrato Gianfranco Fini ha ostacolato Berlusconi subito dopo essere stato da lui "sdoganato". Fini ed i suoi "accoliti" hanno sabotato le riforme.

Berlusconi ha posto ai “finiani” le condizioni per il proseguimento della collaborazione di Governo. Italo Bocchino ha risposto con “irridente insolenza” che erano condivisibili al 95 per cento. E’ avanti agli occhi di tutti la mancanza di sincera collaborazione dei “finiani” di portare a termine la legislatura attuando il programma che hanno sottoscritto prima delle elezioni politiche del 2008. Per ora navigano a vista, pronti a dare il colpo di grazia al governo non appena avranno organizzato una coalizione per scalzare il premier. Berlusconi ha capito il loro gioco. Per pressarli presto presenterà al Parlamento alcune riforme “invise” ai “finiani” e alla prima mancanza di maggioranza aprirà la crisi. Nato per essere il numero uno, Fini da sedici anni e’ costretto a fare il numero due. La sfortuna di Fini si chiama Silvio Berlusconi che e’ si più vecchio di lui di 16 anni, ma ancora dimostra che può stare dove sta. Purtroppo Fini non ha saputo dominare la sua “sfrenata” ambizione e ne e’ rimasto schiacciato. Ha preteso la carica di Presidente della Camera dei Deputati, ma non si e’ rassegnato alla perdita di rilevanza e di visibilità politica. Ha cominciato a scalciare, peggiorando la sua situazione fino al momento attuale, in cui si e’ “suicidato” politicamente anche con l’affare dell’appartamento di Montecarlo,“sfilato” ad An a beneficio del “cognato”. La vera, sola ambizione di Fini era il dopo Berlusconi. “Gianfry” riteneva di essere di una spanna superiore a tutte le mezze tacche (a suo giudizio) dei politici che popolano il Pdl. In tutta la sua vita, Fini ha fatto solo politica, quindi, non e’ un uomo di azione e di concretezza, che sono le grandi qualità di Berlusconi. E’ tutt’altro che un pragmatico. E’ un intellettuale e un teorico evanescente e da lui ci si può aspettare solo polemiche e discussioni: “non fatti”. Mesi fa aprì le “danze” dicendo che: “La fase del 70 a 30 è finita. Mi auguro che Berlusconi accetti che esista un dissenso interno nel Pdl” e aggiunse: “Ora si apre una nuova fase e chi avrà più filo da tessere, tesserà...”. Durante la riunione di aprile del direttivo del Pdl, Fini giustificò la sua “sconsiderata” mossa, come necessaria per il bene del partito: “Il mio spirito è costruttivo, ma anche un minimo di dignità è doveroso”. Dignità? Pura follia! Quando si è visto mai che un presidente della Camera riunisce i “suoi” parlamentari per far nascere “gruppi autonomi” in Parlamento? E per fortuna che Fini, tempo fa, aveva dichiarato di considerare le “correnti” di un partito delle “metastasi” e, come ha fatto spesso nella sua vita, ancora una volta si e’ “rimangiato” tutto. L’incosciente decisione e’ stata presa per rallentare l’attività di governo, con il gioco continuo di estenuanti “chiacchiere” e “mediazioni”. L’Italia attende da anni le riforme. ed ora che si era ad un passo dal farle si mette di mezzo Fini, il “gattopardo”: cambiare tutto per non cambiare niente. Guardando al passato, ci accorgiamo che i rapporti tra Berlusconi e Fini non sono mai stati “idilliaci”. L’attuale presidente della Camera, invece di essere riconoscente a chi deve tutto, sin dall’inizio della collaborazione l’ha sempre “combattuto”. Nel luglio 1994 Fini si dissociò dal decreto del ministro Biondi (FI) sulla limitazione della custodia cautelare. Nei successivi cinque anni, tra la fine del primo governo Berlusconi e la nascita della Casa delle Libertà, Fini sembrò il rivale piu’ acceso di Berlusconi per la guida del centrodestra. Nel 1995 Fini non escluse di poter raggiungere un’intesa politica sulla questione giustizia con Di Pietro. Nel settembre 1995, attaccò duramente gli amici di Bettino Craxi, senza citare Berlusconi. Alla fine della XII legislatura, Fini fece fallire il tentativo di Berlusconi di un governo di larghe intese tra il Polo e il centrosinistra per la riforma costituzionale. Si andò ad elezioni politiche anticipate del 21 aprile 1996, ed il Polo delle Libertà perse di strettissima misura. Nel corso della XIII legislatura, Fini era sicuro che Berlusconi era ormai sulla via del tramonto per la sconfitta elettorale e per i processi penali a cui era imputato. Cosi’ mise in atto varie iniziative in dissenso di Silvio o addirittura in aperta contrapposizione, ma tutte si conclusero con delle sue pesanti sconfitte. Nel 1999 Fini s’impegno moltissimo a fianco dei DS e di Di Pietro per il “si” del referendum del 18 aprile sull’abolizione del voto di lista. Forza Italia era contraria e si astenne, determinando il fallimento di quel referendum per la mancanza del quorum. Per le elezioni europee del 13 giugno 1999, Fini stipulò un’assurda alleanza con Mariotto Segni, ostile a Berlusconi. Fini e Segni subirono una sonora sconfitta e, con la coda tra le gambe, Fini tornò da Berlusconi, ormai leader indiscusso e indiscutibile del centrodestra. Dopo la vittoria elettorale del centrodestra del 2001, Fini si “accucciò’” docilmente e ricoprì l'incarico di vicepresidente del Consiglio. Nel febbraio del 2002 fu nominato rappresentante del governo italiano alla Convenzione europea. Nel novembre 2004 divenne ministro degli Esteri, dopo che il precedente ministro, Franco Frattini, fu nominato Commissario Europeo. Nel 2006, di fatto, Fini si era tirato indietro durante la campagna elettorale (stessa cosa fece Casini) che poi avrebbe portato al “nato morto” governo Prodi. Tutto il peso della campagna elettorale fu lasciato sulle spalle di Berlusconi. Erano ancora i tempi di Forza Italia e Alleanza Nazionale, il Pdl non esisteva e Fini era il principale esponente di un partito che rappresentava il 12% degli Italiani. Il centrodestra perse di un soffio le elezioni. Durante il “tragico” e travagliato governo Prodi, Fini ricominciò a fare le bizze e a creare fastidi a non finire a Berlusconi. Il 16 novembre 2007 dichiarò: “E’ venuta meno la fiducia, a Berlusconi l'ho anche scritto per lettera d'ora in poi procediamo per conto nostro”. Ricattò Berlusconi aggiungendo: ”D’ora in poi di giustizia e comunicazione mi occuperò io personalmente”. Il 18 novembre 2007 a piazza San Babila, dal “predellino” di un’auto, Berlusconi annunciò la nascita del nuovo partito: “Popolo della Libertà”. Fini andò su tutte le furie: “Berlusconi con me ha chiuso, non pensi di recuperarmi, io al contrario di lui non cambio posizione. Se vuole fare il premier deve fare i conti con me, che ho pure vent’anni di meno”. Il 28 novembre aggiunse: “Casa delle Libertà? Se non esiste piu’, ognuno ha le mani libere sulle questioni relative alle televisioni e alla giustizia”. L’8 dicembre “sprezzante” dichiara: “Silvio, siamo alle comiche finali”. Il giorno successivo: “Non esiste alcuna possibilità che AN confluisca nel nuovo partito di Berlusconi”. Sempre irritatissimo il 16 dicembre: “Berlusconi ha creato il Pdl senza neanche avvertire quelli di FI, quindi ha distrutto la Casa delle Libertà. Conclusi i giochi dovremmo bussare alla porta? Non siamo postulanti. Io non sono una pecora!”. Caduto il governo Prodi (27 gennaio 2008), “immediatamente” Fini si accorda con Berlusconi per presentare An e FI sotto il simbolo del “Popolo della Libertà” alle imminenti elezioni del 13 e 14 aprile 2008. Da “buon politico” ancora una volta si era rimangiato tutto e ora, senza alcuna vergogna, “sostiene” di essere il “co-fondatore” del Partito della Libertà. Nel 2008 il Pdl vinse le elezioni politiche, sempre grazie al grandissimo impegno elettorale profuso da Silvio Berlusconi. Fini? Chi l’ha visto e sentito durante la campagna elettorale, ma poi “pretese” la presidenza della Camera. Subito dopo ha iniziato la forte offensiva contro Berlusconi con attacchi mediatici e con il continuo “controcanto”. Questi suoi espliciti e continui attacchi sono culminati con il “divorzio” di alcune settimane fa e il Pdl e’ rimasto compatto con il suo unico e vero leader. Berlusconi ha detto una cosa “realistica”, scandalosa soltanto per i suoi detrattori. Se non esiste piu’ una “genuina” maggioranza, si deve andare alle urne. Nell’ipotesi che, se caduto il governo, ci fosse una coalizione di tutti i partiti (escluso il Pdl) e questa coalizione avesse la fiducia delle Camere, non si violerebbe nessuno articolo della Costituzione se Napolitano l’avallasse, anzi lo farebbe con gran piacere per togliersi dai piedi Berlusconi. Rimarrebbe pero’ il fatto gravissimo che si contraddirebbe la “volontà popolare” espressa nel 2008. Sostanzialmente si andrebbe contro l’articolo uno della Costituzione: la “sovranità” appartiene al popolo. “Teoricamente” potrebbe nel Parlamento esistere una maggioranza, ma “realisticamente” non e’ “genuina”. I soggetti che la comporrebbero sono tra loro in disaccordo su tutto. “Diabolicamente” potrebbero pero’ raggiungere un accordo “fittizio” e “momentaneo” con l’unico obbiettivo di far fuori Berlusconi e, senz’altro, otterrebbero la benedizione del presidente della Repubblica. Sono capaci di tutto i “politicanti”. Saranno poi tutti “orgogliosi” di aver mandato a casa l’unico governo che avrebbe potuto fare le indispensabili riforme che l’Italia attende da tempo. Chi se ne frega dei problemi degli italiani. Chi se ne frega se l’Italia finirà come la Grecia o ancor peggio. L’importante per loro e’ che ricominci la “cuccagna”, grazie a Fini ed al suo manipolo di “sabotatori”. Avverrà la restaurazione del “vecchio” a discapito del “nuovo” rappresentato da Berlusconi?