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domenica 10 luglio 2016

La Merkel vuole uscire dall'euro




Alla faccia della moneta unica: da oggi la Germania batte moneta tedesca. Proprio così: quello che è vietato in Italia, in Francia, in Spagna e negli altri Paesi della disgraziata Unione europea, è permesso a Berlino. I supercrucchi si sono fatti il loro soldino su misura: una moneta da 5 euro con il bordino colorato in blu che vale solo entro i sacri confini dell’impero di Frau Merkel. Non è un’invenzione: esiste davvero e sta per arrivare sul mercato in queste ore. Sono 2.250.000 pezzi di cui 250mila riservati a collezionisti e gli altri 2 milioni, invece, a disposizione di tutti. Chi vuole se li prende e se li spende come gli altri. Solo in Germania, però. Se vi capita di andare lassù, perciò, fate attenzione: la nuova monetina ha corso legale, dunque potrebbero darvela come resto in qualsiasi negozio o supermercato, ma quando tornate in Italia, oplà, perde tutto il suo fascino. E il suo valore. La potete mettere in un cassetto per ricordo, perché non vale. Trattasi, infatti, a tutti gli effetti di moneta nazionale. Ma non ci avevano detto che erano superate? Non ci avevano raccontato che erano vietate? Anzi: non dicevano che le monete nazionali erano un reperto del passato? Un male assoluto? Un pericolo da evitare? E allora perché, dopo averci per anni ripetuto la lezioncina della moneta unica che ci salva da ogni male, ora si mettono a stampare una moneta nazionale? Si dirà che due milioni di pezzi sono pochi rispetto alla quantità di moneta in circolazione, e che dunque di fatto questa fuga in avanti in salsa di crauti non cambierà nulla dal punto di vista strettamente economico. Vero. Ma dal punto di vista simbolico ha una forza straordinaria: è la prima vera frantumazione del dogma euro, la prima negazione esplicita della circolazione comune, il primo ritorno alla valuta che ogni Paese si controlla da sé. È come se, nell’Europa che sta tirando su muri dappertutto, si sentisse finalmente il bisogno anche di un muro monetario. La cosa singolare è che ciò avvenga proprio in Germania, nel cuore dell’impero dell'euro, laddove si sono tratti i maggiori vantaggi dall’unificazione monetaria, e dove più si sono difese le ragioni di Maastricht. Quanti sermoni abbiamo dovuto ascoltare da Berlino? Quante dotte spiegazioni sull’importanza della valuta unica? E adesso che l’intero mostruoso impianto di Bruxelles vacilla chi sono i primi a sperimentare la via di fuga? Guarda un po’: non i Paesi che hanno subito i maggiori danni dell'Ue, non i Paesi del Sud massacrati da un'unificazione folle, non i fragili e sempre sbertucciati Pigs. Ma proprio loro: i superpotenti tedeschi di Germania guidati dalla paladina del continente unito, sua maestà EurAngela Merkel. E il bello è che, ovviamente, possono permettersi di farlo. Chi dice qualcosa ai tedeschi? Avesse provato la Grecia a farsi un euro su misura avrebbero cominciato a bombardare finanziariamente Atene. Avesse provato l’Italia, figuriamoci: avrebbero cominciato a tirare fuori i trattati, le sentenze, le Corti europee, le commissioni inferocite, gli articoli severi della Frankfurter Allgemeine. Ci sarebbe piombata sul capo una troika assetata del nostro sangue. Invece lo fa la Germania. E allora che problema c’è? La Germania, si sa, può sempre tutto. Se noi sforiamo il parametro del deficit, per dire, finiamo subito in infrazione. La Germania invece sfora danni il parametro del surplus commerciale, ma nessuno dice niente. Perché? Semplice: perché l’Europa è stata concepita come uno stuoino per i piedi crucchi. E se alla fine, dopo averci spremuto ben bene, i crucchi si convincono che converrà loro andarsene da soli e lasciarci a piedi, lo faranno. Attenti ai 5 euro con il bordino blu, dunque: se ne trovate qualcuno, al massimo potete tenerlo per ricordo. Anche perché magari, la prossima volta che andrete in Germania ritroverete il marco... di Mario Giordano Mario Giordano smaschera la Merkel: quello schiaffo è la prova, vuole uscire dall'euro Mario Giordano smaschera la Merkel: quello schiaffo è la prova, vuole uscire dall'euro Alla faccia della moneta unica: da oggi la Germania batte moneta tedesca. Proprio così: quello che è vietato in Italia, in Francia, in Spagna e negli altri Paesi della disgraziata Unione europea, è permesso a Berlino. I supercrucchi si sono fatti il loro soldino su misura: una moneta da 5 euro con il bordino colorato in blu che vale solo entro i sacri confini dell’impero di Frau Merkel. Non è un’invenzione: esiste davvero e sta per arrivare sul mercato in queste ore. Sono 2.250.000 pezzi di cui 250mila riservati a collezionisti e gli altri 2 milioni, invece, a disposizione di tutti. Chi vuole se li prende e se li spende come gli altri. Solo in Germania, però. Se vi capita di andare lassù, perciò, fate attenzione: la nuova monetina ha corso legale, dunque potrebbero darvela come resto in qualsiasi negozio o supermercato, ma quando tornate in Italia, oplà, perde tutto il suo fascino. E il suo valore. La potete mettere in un cassetto per ricordo, perché non vale. Trattasi, infatti, a tutti gli effetti di moneta nazionale. Ma non ci avevano detto che erano superate? Non ci avevano raccontato che erano vietate? Anzi: non dicevano che le monete nazionali erano un reperto del passato? Un male assoluto? Un pericolo da evitare? E allora perché, dopo averci per anni ripetuto la lezioncina della moneta unica che ci salva da ogni male, ora si mettono a stampare una moneta nazionale? Si dirà che due milioni di pezzi sono pochi rispetto alla quantità di moneta in circolazione, e che dunque di fatto questa fuga in avanti in salsa di crauti non cambierà nulla dal punto di vista strettamente economico. Vero. Ma dal punto di vista simbolico ha una forza straordinaria: è la prima vera frantumazione del dogma euro, la prima negazione esplicita della circolazione comune, il primo ritorno alla valuta che ogni Paese si controlla da sé. È come se, nell’Europa che sta tirando su muri dappertutto, si sentisse finalmente il bisogno anche di un muro monetario. La cosa singolare è che ciò avvenga proprio in Germania, nel cuore dell’impero dell'euro, laddove si sono tratti i maggiori vantaggi dall’unificazione monetaria, e dove più si sono difese le ragioni di Maastricht. Quanti sermoni abbiamo dovuto ascoltare da Berlino? Quante dotte spiegazioni sull’importanza della valuta unica? E adesso che l’intero mostruoso impianto di Bruxelles vacilla chi sono i primi a sperimentare la via di fuga? Guarda un po’: non i Paesi che hanno subito i maggiori danni dell'Ue, non i Paesi del Sud massacrati da un'unificazione folle, non i fragili e sempre sbertucciati Pigs. Ma proprio loro: i superpotenti tedeschi di Germania guidati dalla paladina del continente unito, sua maestà EurAngela Merkel. E il bello è che, ovviamente, possono permettersi di farlo. Chi dice qualcosa ai tedeschi? Avesse provato la Grecia a farsi un euro su misura avrebbero cominciato a bombardare finanziariamente Atene. Avesse provato l’Italia, figuriamoci: avrebbero cominciato a tirare fuori i trattati, le sentenze, le Corti europee, le commissioni inferocite, gli articoli severi della Frankfurter Allgemeine. Ci sarebbe piombata sul capo una troika assetata del nostro sangue. Invece lo fa la Germania. E allora che problema c’è? La Germania, si sa, può sempre tutto. Se noi sforiamo il parametro del deficit, per dire, finiamo subito in infrazione. La Germania invece sfora danni il parametro del surplus commerciale, ma nessuno dice niente. Perché? Semplice: perché l’Europa è stata concepita come uno stuoino per i piedi crucchi. E se alla fine, dopo averci spremuto ben bene, i crucchi si convincono che converrà loro andarsene da soli e lasciarci a piedi, lo faranno. Attenti ai 5 euro con il bordino blu, dunque: se ne trovate qualcuno, al massimo potete tenerlo per ricordo. Anche perché magari, la prossima volta che andrete in Germania ritroverete il marco... di Mario Giordano

La crisi c'e' ma si proclama in autunno

di Arturo Diaconale

09 luglio 2016EDITORIALI

Matteo Renzi si è convinto che l’unico modo di evitare la crisi di governo sia di minacciare i suoi nemici interni ed esterni al Partito Democratico di rimanere segretario del proprio partito anche in caso di uscita da Palazzo Chigi. Con questa minaccia ricorda agli antirenziani dem che sarà sempre lui a scegliere chi entrerà a far parte delle liste elettorali e che userà questo potere per poter mandare a casa i riottosi e gli irriducibili. Alle opposizioni (ma anche al capo dello Stato) manda a dire che da segretario del partito si opporrà a qualsiasi tentativo di uscire dalla crisi con un qualche governo diverso dal suo e farà di tutto per provocare il ricorso alle elezioni anticipate. Questa doppia minaccia sarà sufficiente a scongiurare la sempre più incombente crisi di governo?
La domanda è senza risposta. Per la semplice ragione che al momento anche i più acerrimi nemici del Premier appaiono preoccupati di una crisi di governo prematura a cui non saprebbero dare un qualche sbocco diverso da quello di elezioni anticipate destinate a finire come le recenti amministrative di Roma e di Torino.
A meno di qualche evento imprevedibile, come una valanga giudiziaria su Angelino Alfano destinata a polverizzare il Nuovo Centrodestra, quindi, una crisi estiva appare estremamente improbabile. Non perché Renzi abbia la forza di evitarla, ma perché i suoi nemici non la vogliono affrontare in questo momento e preferiscono rinviarla a dopo il referendum costituzionale per indirizzarla verso la formazione di un governo d’emergenza nazionale con il compito di cambiare la legge elettorale e portare il Paese con la dovuta calma alla data naturale delle elezioni politiche. Il fatto che siano i nemici ad aiutare Renzi ad evitare la crisi dimostra in maniera indubitabile che la crisi è comunque un fatto compiuto. Che venga conclamata tra qualche mese non cambia la sostanza di un governo che è decotto e che non è in grado di andare avanti.
I sostenitori del Presidente del Consiglio sostengono che la colpa della decozione è degli italiani che non hanno votato per il Pd alle elezioni amministrative e dei banchieri tedeschi che si oppongono al tentativo di salvare le banche italiane con gli aiuti di Stato. Ma la verità è che la crisi nasce dal fallimento della politica economica del governo. Renzi ha puntato su una ripresa che non c’era e non si è verificata, ha pensato che bastassero la mance elettorali ed i bonus per riattivare i consumi e gli incentivi fiscali per far ripartire l’occupazione. Ma la sua ricetta semplicistica è clamorosamente fallita. E la mancata ripresa, con un aggravamento delle condizioni economiche generali evidenziato dalla tempesta bancaria, ha fatto rapidamente evaporare la bolla di consenso che il Premier si era costruito con la sua comunicazione arrembante, martellante ed invasiva divenuta di colpo controproducente ed autodevastante.
La crisi, dunque, c’è già anche se slitterà all’autunno. C’è il tempo per studiare il modo di gestirla al meglio!