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venerdì 23 luglio 2010

Si puo' cambiare l'Italia se il governo puo' "governare". Negli ultimi sessanta anni il Paese e' rimasto quasi fermo.

Nell’articolo del 25 giugno, sostenevo che l’uomo del fare, l’imprenditore di successo Silvio Berlusconi, si e’ reso conto di avere mani e piedi legati e non potrà mai trasformare l’Italia come aveva creduto al momento della sua discesa in campo. Sicuramente s’impegnerà per mantenere gli impegni assunti con gli italiani, ma in cuor suo non vede l’ora che termini la legislatura per mandare a “ramengo” tutti i “quaraquaqua’” nulla facenti annidati nella politica. Il premier si era illuso che un consiglio dei ministri non fosse diverso da un consiglio di amministrazione, dove si discute e si decide a maggioranza, senza mai perdere di vista l'obiettivo comune: il benessere dell'azienda. La realtà politica e’ del tutto diversa. Ogni riunione del Cdm (consiglio dei ministri) incontra sempre forti ostacoli. Ogni singolo ministro ha mire ed ambizioni diverse dalle esigenze degli altri colleghi e al presidente del Consiglio la Costituzione non gli assegna poteri per imporre la sua volontà. Il premier italiano e’ “primus inter pares” (primo tra i pari) non possiede poteri come i premier australiani, americani, francesi o della Germania. Se il governo Berlusconi e’ riuscito a fare e molto, lo si deve esclusivamente al personale “carisma” del premier, non per la posizione che occupa. Ricordate quando c’era Prodi? Il Cdm si riuniva ed era sempre una grande “gazzarra”: nessuno era d’accordo con nessuno. E’ capitato anche che, il giorno dopo, alcuni ministri scendessero in piazza per “protestare” contro il governo. Berlusconi credeva che tra soci, come in affari, un contratto vada rispettato. Ora si e’ reso conto che questa semplici regola “d’onore” non vale in politica: gli alleati possono tradire i patti senza pagare penali. La “scaltrezza”, la “spregiudicatezza” del “politicante” di professione abituato alle “chiacchiere”, sembra stia per averla vinta sulla capacità e l’intelligenza dell’imprenditore abituato a “fare”. L’aria che si respira a Roma in questo mese di luglio e’ pari a quella del 25 luglio 1943 quando il Gran Consiglio “defenestrò” Benito Mussolini? Una gran parte del mondo politico italiano e’ convinta che sia giunto il momento del dopo Berlusconi ed insieme alla magistratura sta preparando il “ribaltone”? L’antipolitico ed uomo del fare, sta per soccombere agli attacchi di chi non ha mai lavorato in tutta la loro vita? Per cacciare “l’usurpatore” e’ in atto un tentativo di coalizione tra i “politicanti” di professione: Fini, Casini, Rutelli, Bersani, Veltroni, D’Alema, Cesa, Franceschini, Rosa Bindi, Di Pietro ed un altro centinaio di “scansa fatica”. Fa “scompisciare” dalle risate l’intervista rilasciata al “Corriere della Sera” dal “politico piu’ intelligente” che vanta la sinistra: Massimo D’Alema. Il piu’ intelligente? Povera sinistra, ecco perché e’ combinata male! Sostiene, con toni apocalittici, che siamo alla crisi finale del Pdl: “Le prospettive appaiono incerte mentre la crisi appare certa”. Ma non specifica ne’quando avverrà ne’ in che cosa consisterà. Chi butterà giù il governo? Non Fini, che va ripetendo che lui e i suoi “finiani” sosterranno sempre “lealmente” questo esecutivo (ammazzate oh che facce da “tolla”!). Massimo, il leader “minimo”, conta molto su “Gianfrego” che, pero’, con i suoi “finiani” stanno con un piede fuori dalla “carrozzone” Pdl. Disperatamente vogliono rimanerci, non se ne vogliono andare, altrimenti sanno che si ritroverebbero da soli in quattro gatti, al freddo e ridotti alla fame e senza “fama”. Fini diventerebbe un Follini o un Rutelli “qualunque” che contano meno del due quando non e’ briscola. D’Alema, con la sua banale “acutezza” che glie e’ propria, osserva: “C’e’ anche una crisi morale, di credibilità dello Stato”. E di chi e’ la colpa? Gli scandali sono stati una costante nella vita della politica italiana dal 1950 in poi, per elencarli tutti non basterebbe un libro: caso Montesi, Fiumicino, Lockeed, Cassa del mezzogiorno, Federconsorzi, pensioni e centinaia ancora. Alberto Sordi ha fatto la sua fortuna interpretando films sulle “anomalie” della politica italiana. Secondo “baffino” bisognerebbe costituire un nuovo governo, ma senza Silvio Berlusconi. Chi sarebbe il premier? Chi sarebbero i ministri? Faccia i nomi. Mezze cartucce con la polvere bagnata come lui? Berlusconi, entrando in politica, si e’ rovinato la vita quando poteva averne una piu’ tranquilla. In Italia i grandi uomini d’affari mai sono scesi in campo per sfidare i “politicanti” di professione. Hanno preferito “blandirli”, usarli e “corromperli” per continuare a fare i loro affari. Un esempio? Carlo De Benedetti. Gli Agnelli, un altro esempio, hanno fatto politica “discretamente”, senza mai entrare negli interessi del partito che li ospitava. L’importante per loro era stare nella stanza dei bottoni per controllare. Si muovevano con “prudenza” soltanto per ottenere quello che a loro interessava, certamente non si sono “spesi” per fare gli interessi dell’Italia. Mica scemi! Non volevano andare in conflitto col sistema dei partiti come Berlusconi. Altrimenti gli avrebbero “aizzato” contro la magistratura, altro che armadi piedi di scheletri, gli avrebbero scoperto un cimitero piu’ esteso del Verano di Roma. Berlusconi avrebbe meglio curato e sviluppato ancor di piu’ le sue aziende se avesse seguito l’esempio degli Agnelli. Dopo Craxi, pazienza se avrebbe dovuto “blandire” Occhetto che, con la sua “gioiosa macchina da guerra” avrebbe senz’altro vinto le elezioni del 1994. Invece quel “diavolo” di un “riccastro” sempre “sorridente” gli ha rovinato la festa. La sinistra lo avrebbe accolto come ha accolto e protetto imprenditori, banchieri e finanzieri che, infatti, nulla debbono temere dalla magistratura, anche se i loro armadi sono oltremodo strapieni di scheletri. Se volete capire perché mai l’Italia e’ ferma dal 1950 ad oggi, dovreste leggere il libro “Canale Mussolini” che ha vinto il premio letterario “Strega” il 6 luglio di questo mese. L’autore Antonio Pennacchi (nato nel 1950), espulso dall’ex Msi, ex Comunista Stalinista, ex Sessantottino e dal 2007 iscritto al Pd, racconta tutta la storia dalla nascita all’affermarsi del Fascismo, la decisione di bonificare i territori, le guerre coloniali, la seconda guerra mondiale, lo sbarco di Anzio, la caduta del Fascismo e le incertezze della ricostruzione postbellica. Il vero protagonista del libro e’ il “Canale Mussolini”, quello che ha permesso alle terre dell’agro pontino di essere prosciugate. Diventarono abitabili per gli emigranti provenienti da zone dell’Italia settentrionale, con una agricoltura piu’ avanzata in particolare da Friuli, Veneto, Emilia, Romagna e Marche. Si “spaccarono” la schiena, in una coraggiosa opera di ingegneria idraulica. Pennacchi racconta la storia con grande lucidità e obiettività. Il Fascismo e’ stata una dittatura col consenso popolare. Coabitava con la monarchia e la chiesa. Aveva conservato molte leggi pre-fasciste. Gli italiani avevano una guida, si sentivano Nazione, ne erano orgogliosi. Un regime che promosse e attuò riforme sociali impensabili all’epoca. Ha introdotto moderne forme previdenziali (INPS, INAIL), servizi innovativi per la tutela dell’infanzia, delle madri, degli anziani, dei lavoratori. Rivoluzionò le strutture istituzionali e l’amministrazione statale. Incentivò la cultura e le arti figurative, rinnovò l’urbanistica. Influenzò l’architettura’ con uno stile originale italiano. Lascia in eredità un numero enorme di opere pubbliche: edifici, strade, ponti, dighe, stazioni ferroviarie, università, 174 nuove città e borghi, bonificò aree malariche in diverse regioni per conquistare terra all’agricoltura. Istituiti l’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale). Elettrificò l’intero Paese. Incentivò lo sviluppo delle industrie dell’automobile e della seta, la creazione di un moderno sistema bancario. Portò a compimento riforme epocali come quella scolastica e dei codici legislativi penale e civile. Gli idrovolanti italiani attraversarono l’oceano. Un regime che, in soli venti anni, portò un Paese rurale, povero e con il 35/45% di analfabeti, ad essere una delle potenze mondiali. Se dopo la guerra e’ stato possibile riavviare subito la produzione industriale, lo si deve al fatto che la Repubblica Sociale aveva impedito che i tedeschi, fatti entrare in Italia da Badoglio perché Mussolini, sino a quel momento non glielo aveva permesso, facessero saltare impianti, fabbriche e stabilimenti. Nonostante questi fatti incontestabili, se fossi vissuto in quell’era, per l’abolizione del diritto d’espressione, sarei stato di certo anti fascista come lo fu mio nonno Alfredo, considerato un “sovversivo” e piu’ volte purgato dagli “squadristi”. A Macerata, quando si preparava una manifestazione dei “fasci”, i carabinieri arrestavano preventivamente nonno e lo tenevano rinchiuso nella “camera di sicurezza” della caserma sino al termine dell’adunata. Nonno Alfredo ci lasciò nel 1958, ma ebbe il tempo di vedere l’inizio della “degenerazione” dei “liberatori” che avevano combattuto per i “diritti”, ma stavano diventando rapidamente dei “dritti”. Come era nel suo stile, nonno obbiettivamente riconosceva che se, durate il “famigerato” ventennio, l’Italia fece un gigantesco balzo in avanti economico/sociale/culturale, lo doveva al fatto che il governo “governava”. Precedentemente, al tempo di Giollitti o degli altri presidenti, in Parlamento regnava l’“anarchia” e c’era una perpetua “gazzarra”: esattamente come dal 1950 ad oggi. Negli ultimi 60 anni non e’ stato realizzato neppure un decimo di quanto fatto nel “ventennio”. Di Pietro e la sinistra considerano Berlusconi un “dittatore” per il fatto che vuole dare efficienza al Parlamento per attuare le riforme che si attendono da decenni. Per dare autorevolezza ai futuri premier (e' assai probabile che Berlusconi nel 2013 si ritirera' a vita privata), per farli governare con speditezza ed efficienza, e’ tassativo procedere senza piu’ indugi a riformare la parte seconda della Costituzione lasciando inalterati i “principi fondamentali” e la parte prima.