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sabato 23 giugno 2018

I rom? Ospitiamoli ai Parioli

 
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Lo aveva sottolineato con garbata ironia qualche commentatore ma il suggerimento era caduto nel dimenticatoio e giudicato una risibile e sciocca provocazione. Poi, un paio di giorni fa, con una ostentata chiarezza che non teme eccessi verbali, lo ha ribadito Vittorio Sgarbi pretendendo una risposta ad una domanda semplice: «qual è il motivo per il quale Salvini non si è posto il problema del censimento dei filippini e degli srilankesi che lavorano in Italia e invece se lo è posto per i rom? E in quante case di questi illuminati progressisti vi sono inservienti e persone di fiducia zingari?». Infine, ha chiuso con un interrogativo banale ma vero: «voi credete che la Boldrini abbia assunto o abbia mai pensato di assumere una colf rom?».
Perché è così! Arrivati a questo punto, la pantomima sui rom si può districare solo attraversando con spregiudicatezza la verità per sbatterla in faccia a chi si nutre di finto ecumenismo, misto a mielosa tolleranza e generosità. Non servono più numeri e tabelle ma interrogativi diretti privi di ogni compromesso lessicale. Inutile girarci intorno per timore di ritorsioni o di pesanti attacchi e di essere ristretti nel girone infernale dei razzisti.
Cosicché lo stesso metodo utilizzato da Sgarbi per i Rom andrebbe integralmente applicato alla colossale questione ‘migranti’.
Mettiamo pure che corrisponda al vero il fatto che gli italiani siano dei razzisti inconsapevoli, e che le élite intellettuali e le classi più ricche ed agiate abbiano ragione nell’affermare che i flussi migratori siano capziosamente sovradimensionati e che, invece, con una ordinata e scientifica programmazione ed una seria e coscienziosa accoglienza, si possa governare questo non-problema.
Bene… allora facciamo come dicono loro, riprendiamo lo schema Sgarbi e trasliamolo a quest’altra vicenda. Se tutte le questioni legate al disordine, alla sicurezza, al decoro civile sono artatamente ampliate da politici che fanno di retorica e demagogia il loro pane quotidiano e gli imbelli cittadini ci cascano come dei polli, perché dunque non distribuire equamente i migranti extracomunitari? Perché non mettere Centri di accoglienza, adeguatamente riorganizzati, sotto stretto controllo pubblico e con svariate centinaia di ‘ospiti’, ai Parioli, a via Monte Napoleone, o a fianco la sede di Repubblica o del Corriere della Sera? E perché, non organizzare campi rom moderni, puliti, ordinati di tutto punto con seducenti aiuole, adeguata illuminazione e immancabile ‘mercatino delle pulci’ al Vomero, a Posillipo, a Capri, a Venezia, sotto la casa di Lilli Gruber o di Oliviero Toscani, in piazza Duomo a Milano, nelle vie dello shopping o magari adiacenti ai negozi Benetton? In fondo, quando nelle nostre dimore private accogliamo un ospite non gli riserviamo mica lo sgabuzzino?

La mafia e l’ndrangheta fanno schifo e Matteo Salvini è l’uomo giusto per contrastarle concretamente

 
La mafia uccide solo d’estate è un fortunato film realizzato da Pierfrancesco Diliberto, più noto come Pif. Il caldo alle porte, l’afa e l’umidità di un solleone che colpisce tutta la penisola. Matteo Salvini è a Roma. Sul sito dell’Ansa si legge: “Sono onorato di essere qui, felice di essere in compagnia del presidente della Regione, che ci siano i comitati dei cittadini che finalmente non hanno più paura di farsi vedere. E’ l’inizio di un percorso da ministro. Conto di aiutare l’agenzia per i beni confiscati e sequestrati aggiungendo personale e soldi”. Il contesto è quello della confisca della villa dei Casamonica alla Romanina, in piena Capitale. “Questo posto è un simbolo lo abbiamo scelto in maniera totalmente slegata dalle minacce o pseudo minacce di qualche Casamonica nei miei confronti che non mi fanno ne’ caldo ne’ freddo”. Un altro colpo indirizzato al centro dell’obbiettivo. Un altro colpo mandato a segno. Il Ministro dell’Interno ha pugno di ferro e cuore di velluto. Ed il primo è tutto quello che serve per contrastare Ndrangheta, la Camorra, la mafia, la criminalità nigeriana, la criminalità albanese la criminalità cinese e la sacra corona unita tutti tipi di mafie che devono essere contrastate costantemente con coraggio e senza pietà.
“Mi sento molto meglio se chi puzza di mafia sta lontano da me. E i voti dei mafiosi mi fanno schifo”. Questo è leitmotiv del numero uno in casa Lega. In quest’ottica si staglia la polemica, fuffa, tra Salvini e lo scrittore Roberto Saviano. Scorta o non scorta? La battuta più folgorante, davanti a questo teatrino ignobile, l’ha prodotta l’intellettuale Adriano Scianca: “Assurdo togliere la scorta all’autore di Gomorra. Togliamola semmai a Saviano”. L’idea che il vice-Premier avesse, come la stampa sta cercando di far passare, “imbruttito” lo scrittore campano è di cattivo gusto. Basta ascoltare le dichiarazioni del segretario della Lega per accorgersi che non esiste nessun clima d’odio, anzi che quest’ultimo è stato creato artificiosamente. “Valuteranno gli organi preposti”. “Gli italiani voglio sapere come vengono spesi i loro soldi, mi sembra che lui stia spesso all’estero. “Questo è l’ultimo dei miei problemi”. Ecco perché la vera intimidazione è stata fatta da Saviano che ha definito, dal suo attico di New York, Salvini il ministro della malvita facendo il a Gaetano Salvemini. Diatribe sul nulla, quando l’Italia brucia sotto il sole di giugno e la mafia sguazza ancora.
Basta affacciarsi sui profili social del Ministro dell’interno per leggere: “Villone sequestrato ormai 4 anni fa a Roma al clan dei Casamonica (quelli che mi hanno invitato a ‘rigare dritto’…) che oggi visiterò e farò di tutto per restituire ai cittadini il prima possibile. Il mio impegno a fare la guerra a tutte le mafie sarà totale, per riconsegnare alla legalità i circa 15mila beni sequestrati tra i quali immobili, aziende, ristoranti, auto, negozi e molto altro. #lamafiamifaschifo “. Oppure un attacco ai suoi “nemici” che da tutta Europa vogliono impedirgli di operare a mani libere: “Gli insulti dei chiacchieroni Macron e Saviano non mi toccano, anzi mi fanno forza. Mentre loro parlano, io oggi sto lavorando per bloccare il traffico di immigrati clandestini nel Mediterraneo e per restituire agli italiani le numerose ville sequestrate ai mafiosi. C’è chi parla, c’è chi fa. Bacioni”. Bisogna affiancare Salvini nella lotta alle mafie. A quel conglomerato parastatale che da oltre 70 anni affossa la nostra amata Italia.

Chiamatela Camorra. Chiamatela Cosa nostra. Chiamatela ‘Ndrangheta. Per via della provenienza regionale. Chiamatela criminalità nigeriana. Chiamatela criminalità albanese. Chiamatela criminalità cinese. In base alla globalizzazione del crimine. Abbiamo bisogno di un uomo forte, che tra lotte contro le Ong, contro l’immigrazione selvaggia e l’Unione Europea che ci avversa, trovi la forza e la costanza di mettere in ginocchio la mafia. La mafia fa schifo e Matteo Salvini è l’uomo giusto per staccare le teste di quest’Idra che non vuole morire, ma far morire le strutture governative.
Tanti italiani ed io Andrea Pasini di Trezzano Sul Naviglio in prima persona voglio essere al fianco del Ministro Matteo Salvini mettendoci la faccia senza paura ma con grande orgoglio perché anche a noi Italiani per bene e giovani imprenditori con la schiena dritta, l’ndragheta, la sacra corona unita e tutti i tipi di mafia ci fanno schifo e ribrezzo.
www.IlGiornale.it

Ma quale Saviano, la scorta serve agli italiani

 
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Fiumi di parole, un profluvio di inchiostro. Tutto e solo per lui, Roberto Saviano. E per la sua scorta. Già, un privato cittadino con un conto in banca in milioni di Euro e la protezione pagata dallo Stato. Un figlio della buona borghesia campana, fresco proprietario di un lussuoso attico a New York, che nella vita ha avuto il merito, incontestabile per carità, di scrivere, ormai 12 anni fa, un romanzo sulla camorra.
Eppure la storia e l’attualità del sud Italia sono piene di esempi di coraggio, che la scorta non ce l’hanno. Dai braccianti e sindacalisti che denunciano gli abusi del caporalato ai giornalisti precari che raccontano gli intrecci del malaffare sulle testate locali. E perché non menzionare anche Vittorio Pisani, ex capo della Squadra Mobile di Napoli. Un signore che la camorra l’ha combattuta sul campo. E che, dello scrittore partenopeo, disse: “A noi della Mobile fu data la delega per riscontrare quel che Saviano aveva raccontato a proposito delle minacce ricevute. Dopo gli accertamenti demmo parere negativo sull’assegnazione (…). Ho arrestato centinaia di delinquenti, io giro per la città con mia moglie e con i miei figli senza scorta“.
Tutta gente che, forse per la sola colpa di non avere accesso ai salotti (di sinistra) che contano, non ha potuto rendere questa attività un business, non ha potuto trarne sceneggiature per il cinema e le serie TV e non è stata invitata a parlare da “compagni” altolocati nelle trasmissioni televisive. E allora, francamente, poco importa della scorta dell’autore di “Gomorra”. Se gli organi competenti reputeranno che di rischi non ne corre, bene farà il ministro Salvini a levargliela. In caso contrario che la tenga.
Anche se, è chiaro, la protezione di Stato a un milionario che sostanzialmente vive all’estero fa sorridere. Piuttosto la protezione la si dovrebbe dare agli italiani, potenziando l’organico e gli strumenti a disposizione delle Forze dell’ordine e le leggi a loro tutela. E magari varando una norma decente sulla legittima difesa. È questo che chiedono i cittadini normali. Quelli come i tabaccai, i benzinai e tutti gli esercenti che rischiano costantemente di essere rapinati mentre guadagnano onestamente il pane per se e per la propria famiglia. Soprattutto perché questo, nel bel Paese, non è una possibilità remota, ma avviene una volta ogni quarto d’ora, stando ai dati del 2016.
E allo stato attuale quei cittadini, se per sbaglio dovessero avere la malaugurata idea di provare a difendersi, rischierebbero pure di finire in galera. Loro, non i delinquenti. Così come quelli che, mentre personaggi alla Saviano si ergono dai loro pregiati immobili a paladini di nomadi e irregolari (a proposito ma come la mettiamo con la storia della legalità?), devono dormire nella propria casa con il terrore di ricevere la visita di qualche ladro, perché magari non possono pagarsi un costoso antifurto. O ancora come gli anziani che, costretti ad abitare in qualche alloggio popolare dopo una vita di sacrifici, devono stare attenti a non farselo occupare mentre vanno a fare la spesa.
Ecco, è a queste persone, a questi cittadini che lo Stato deve garantire davvero sicurezza e tutela. Altro che Saviano. Altro che balle.

La Merkel si piega, Macron impazzisce: ma quant’ è grande questa Italia?

 
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Riepiloghiamo. La Merkel e Macron stringono un accordo a due che prevede il diritto di rispedire nel Paese di prima accoglienza, ovvero soprattutto l’Italia, i migranti che riescono a raggiungere altri Paese. Il premier Conte e il ministro degli Interni Salvini si arrabbiano, picchiano i pugni sul tavolo e minacciano di disertare il vertice europeo di Bruxelles.
In altri tempo Berlino e Parigi avrebbero fatti spallucce, perché l’Italia smidollata a cui erano abituati avrebbe fatto spallucce. Ma stavolta no. Bastano poche ore e la Merkel compie un gesto inimmaginabile, si rimangia tutto estraccia l’accordo con Parigi.
Macron reagisce a modo suo, svelando ancora una volta il lato autoritario e sprezzante del suo carattere; denuncia “i populisti che si diffondono come la lebbra”. Non nomina l’Italia, ma il riferimento è esplicito. E a rimetterlo in riga in pochi minuti è il vicepremier Di Maio.
Il governo di Roma è così forte da piegare la Germania e da mandare in crisi (d’isteria) la Francia, che non sa più come domare un Paese troppo a lungo considerato alla stregua di una servile colonia..
Come cambia il mondo e quant’è grande questa Italia?

Siatene fieri. E abbiate fiducia.

giovedì 21 giugno 2018


I fantasmi non esistono. Farsi censire è un dovere


La questione del censimento dei rom è malposta e la rivolta delle sinistre all'annuncio di Salvini è basata su un falso.







Non è infatti lo Stato che vuole indire un censimento razziale, viceversa sono decine di migliaia di rom che rifiutano da sempre di farsi censire dallo Stato, commettendo già solo per questo un'irregolarità.
La legge - l'ultima è del 1989 - impone infatti l'obbligo per tutti i cittadini di farsi censire, e chi si sottrae incappa, oltre che in un reato sanzionabile, nella perdita di alcuni diritti. Il censimento non è uno sfizio statistico o una intrusione nella vita privata dei cittadini, ma è una delle basi su cui si fondano le moderne società. In Italia il primo fu fatto alla fondazione del Regno unito, nel 1861, e da allora viene riproposto per legge ogni dieci anni (saltò solo in due occasioni, nel 1891 per mancanza di fondi e nel 1941 per la Seconda guerra mondiale).
Farsi censire è quindi un dovere, sia per i cittadini italiani sia per quelli stranieri che al momento della «conta» risiedono abitualmente in Italia. È da questo «certificato» che derivano diritti e doveri, dai quali non pochi rom pretendono di sfuggire a costo di vivere ai margini della società, zona assai pericolosa per loro e per noi.
Peraltro la proposta di Matteo Salvini - che in serata ha però frenato - non è neppure inedita come in molti vorrebbero fare credere oggi. Solo rimanendo in tempi recenti, la rossa Emilia Romagna, così come il Comune di Milano sotto la guida del compagno Pisapia, avviarono censimenti dei rom presenti sul territorio per cercare di mettere un minimo di ordine in un micro-mondo assolutamente fuori controllo. Allora, ovviamente e giustamente, nessuno urlò al pericolo «leggi razziali». E, onestamente, neppure oggi lo fa il popolo della sinistra. Circa il 50 per cento degli elettori Pd, secondo un sondaggio, addirittura approva la linea dura di Salvini, sia con gli immigrati che con i rom.
A strepitare restano alcuni politici orfani di elettori (mi spiace che anche Renzi sia tra questi), i grillini terrorizzati dalla scalata leghista e i soliti intellettuali scollegati dalla realtà. Buon segno, significa che forse, almeno su questi temi, siamo sulla strada giusta. Salvo ripensamenti.

mercoledì 20 giugno 2018

Socrate diceva "di sapere di non sapere"

L'ignoranza? Grazie al web è diventata saccenza

Il web ha distrutto il concetto di autorità: liberi tutti.. di sparare pericolose idiozie

Cosa significa essere ignoranti? In teoria l'ignorante è chi dice «non so», in realtà oggi l'ignorante è quello che non sa una cosa e la spiega a chi la sa.







Insomma, chiunque sa qualcosa per sentito dire, e la tragedia è che anche colui dal quale l'ha sentita dire lo sa per sentito dire. D'altra parte basta andare cinque minuti su Google e si capisce cosa intendeva Doctor House quando disse a una paziente che contestava una sua diagnosi perché aveva letto un parere diverso su internet: «Già, perché prendere una laurea in Medicina quando c'è il wi-fi?».
Attenzione, non si tratta dell'impossibilità di sapere tutto, ciascuno di noi è ignorante, e perfino gli scienziati. Un biologo è ignorante in astrofisica, un astrofisico è ignorante in chimica, la differenza è che ciascuno di loro sa cosa non sa. Non è tanto il discorso di opporre all'ignoranza l'enciclopedismo ingenuo, il vano tentativo di Bouvard e Pécuchet, o quello dell'autodidatta di Sartre. Tanto meno lo spaesamento di fronte al «mare dell'oggettività» di cui parlava Italo Calvino. Casomai il problema è il mare della soggettività. Ciascuno dice la sua, su tutto, e le opinioni si rispettano. Colpa di internet? Forse.
A proposito, Il Saggiatore ha organizzato un incontro sull'ignoranza alla Triennale di Milano, domani. Il punto di partenza è il libro di Antonio Sgobba Il paradosso dell'ignoranza da Socrate a Google (Il Saggiatore), dove si arriva proprio alle aspettative disattese da internet. O meglio, più che da internet, da chi utilizza internet. Negli anni Novanta si vedeva internet come una formidabile risorsa di cultura globale, e al massimo si temeva solo che si creasse «una fascia di esclusi, troppo poveri o troppo pigri per accedere alle nuove tecnologie disponibili». Non è avvenuta nessuna delle due cose: oggi chiunque ha accesso a qualsiasi informazione, perfino un immigrato appena sbarcato ha già uno smartphone in mano, e non è cresciuta la qualità della conoscenza media. È aumentato vertiginosamente l'accesso alle fonti, certo, ma quali fonti? Questo è il punto.
L'ignorante odierno ha sempre delle fonti da citare, fonti di ignoranza, ma le ha. E ecco quindi il moltiplicarsi di No-vax, di rimedi alternativi alla medicina ufficiale, di santoni e influencer che vendono sostanze bruciagrassi (come un tempo Wanna Marchi) «scientificamente provate», di bufale e fake news in ogni campo, e la scomparsa di qualsiasi autorevolezza. L'ignorante di oggi non sa di non sapere, sa tutto perché ha sempre un link disponibile dove ha letto qualcosa. 
Il Sessantotto voleva l'immaginazione al potere, grazie alla tecnologia c'è arrivata l'ignoranza, motivo per cui non si leggono più neppure i giornali. Perché mai devo spendere un euro e mezzo per leggere un pensiero di Angelo Panebianco sulla politica internazionale, quando ne ho già uno mio per conto mio, e già che ci sono lo metto su Facebook?
È la democrazia dell'ignoranza, sarà per questo che la scienza per fortuna non è democratica, altrimenti il Sole girerebbe ancora intorno alla Terra (eppure, dopo millenni, grazie a internet sono tornati perfino i Terrapiattisti). Non per altro il chimico Dario Bressanini, che vuole smentire una serie di bufale su presunti cibi «cancerogeni» diffusi da uno youtuber che si chiama Infinito, ha centomila iscritti, mentre questo signor Infinito ne ha un milione. Se andassimo alle elezioni, Infinito sarebbe ministro. È ignoranza mista ad arroganza, come ha sintetizzato Roberto Burioni (tacciato a sua volta di arroganza da questi nuovi saccenti ignoranti): «In questo mondo incredibile chi studia trent'anni prima di parlare è un arrogante, chi consulta internet per 5 minuti è un cittadino informato». Che è poi quello che aveva detto Doctor House.
Ma forse, la nuova ignoranza saccente non è solo disinformazione, o informazione sbagliata. Richard Dawkins, per esempio, era molto ottimista, ed era convinto che quella gran parte della popolazione che ancora non crede alla teoria dell'evoluzione (non c'è bisogno di crederci, è un fatto, e il più vasto programma di ricerca scientifico mai realizzato, da Darwin al Dna), fosse semplicemente ignorante. Dopo due anni di convegni e incontri con il pubblico cambiò radicalmente idea: «Non è solo ignoranza, è anche stupidità».

lunedì 18 giugno 2018

Matteo Salvini dalla Gruber a parlare di Immigrazione: cita Soros e lei...

12 Giugno 2018
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Matteo Salvini dalla Gruber a parlare di Immigrazione: cita Soros e lei...
Lo ha invitato a 48 ore dalla giornata finora più delicata del suo mandato ministeriale: la crisi della nave AquariusLilli Gruber ha chiamato nella puntata di Otto e mezzo di oggi l'uomo del momento, Matteo Salvini, per incalzarlo sulla questione migranti. Lo ha fatto con Il Punto di Paolo Pagliaro che ha sparato una raffica di numeri del tutto diversi da quelli in possesso del ministro dell'Interno e senza citare le fonti da cui aveva tratto quei numeri, Salvini non s'è scomposto e ha ribadito come l'Italia, con 35 euro per migrante, sia il paese che di gran lunga spende di più tra quelli europei, per ognuno degli stranieri presenti da noi.
Poi ha incalzato il leghista sul blocco dei porti e Salvini ha richiamato all'attenzione l'incontro avuto col collega agli interni tedesco per rafforzare i confini esterni della Ue. Salvini non ha risparmiato, ovviamente, stoccate al presidente francese Macron, che "aveva promesso di prendersi 9.816 migranti l'anno scorso, e invece se n'è presi dall'Italia appena 640.
E le Ong? Salvini prima ha ribadito come non sia comprensibile che "navi di Paesi stranieri sbarchino gli immigrati nei nostri porti". Poi ha citato Soroscome il burattinaio-finanziatore che si serve di queste Ong per creare scompiglio in Europa. A quel punto la Gruber ha preferito cambiare argomento perchè andava su un terreno minato

Alessandro Sallusti: "Grillini e Travaglio da boia a ghigliottinati"

18 Giugno 2018
Alessandro Sallusti: "Grillini e Travaglio da boia a ghigliottinati"



"Nei Cinquestelle è gara a scaricare quello che fino a ieri era l'uomo più potente del Movimento (Luca Lanzalone, ndr) e che ora si trova agli arresti per corruzione e associazione a delinquere. Marco Travaglio, megafono grillino, non si dà pace e firma senza vergognarsi uno dei suoi capolavori). Alessandro Sallusti nel suo editoriale sul Giornale attacca il direttore del Fatto per quell'articolo in cui la sintesi è questa: "Il caso Lanzalone è solo sfiga, era un grande con un curriculum da premio Nobel e nessuno poteva immaginare che fosse un furbacchione probabilmente corrotto. Avete presente quando un genitore si ritrova con un figlio delinquente o drogato e invece che a se stesso dà la colpa alla società: era un bravo ragazzo, me l' hanno rovinato".
Ma Lanzalone "non è un caso di sfiga, è un caso dei Cinquestelle probabilmente più diffuso di quanto possiamo immaginare". Il loro mondo, conclude Sallusti, "è inquinato come tutti gli altri e da inquisitori i Travaglio d'Italia si ritrovano a fare gli agnellini che al confronto Emilio Fede con Berlusconi appare oggi come uno con le palle".  Grillo, Casaleggio, Di Maio "e tutta la combriccola potevano non sapere. Anzi, a leggere Travaglio «dovevano» non sapere. Altrimenti casca l' asino. Da «onestà, onestà» a «omertà, omertà»"