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giovedì 9 ottobre 2008

Lo Stato non ha piu' soldi: gli eletti all'estero battono cassa a regioni e comuni che sprecano 2 miliardi, 352 milioni, 896 e 99 euro all'anno.

È da mesi che l’Australia è "invasa" da molte corpose, allegre e spensierate comitive di Presidenti, assessori, portaborse e consiglieri di regione e comuni che viaggiano come ministri degli Esteri. Per aumentare il loro prestigio e sperando in qualche vantaggio personale, vengono accolte calorosamente dai pseudo notabili locali che le “recludono” in ristrette sale riservate. Vogliono evitare che il soggiorno dei loro illustri ospiti venga turbato da spiacevoli incontri con la “base”. I "vacanzieri", con i soldi pubblici, potrebbero imbarazzarsi nell’ascoltare certe domande pertinenti, che potrebbero considerare sconvenienti e persino offensive per loro. È da anni che "subiamo" queste trasferte di nessunissima utilità che coinvolgono anche le opposizioni per evitare polemiche. Mentre la Finanziaria chiede lacrime e sangue, le regioni ed i comuni continuano a darsi al turismo politico. Rigorosamente a spese del contribuente. Proprio per questo, "Panorama", tempo fa, effettuò un censimento nazionale dei viaggi all'estero regione per regione, consiglio per consiglio, assessorato per assessorato. Ne è scaturito un quadro di migliaia di trasferte con spese enormi. Oltre agli stanziamenti per biglietti aerei, alberghi, taxi, ristoranti, ci sono i fondi speciali, i finanziamenti comunitari e una miriade di spese per convegni, manifestazioni pubbliche, esposizioni, sagre, mostre in genere, sfilate di moda, catering, balli, stand, esibizioni canore, di poesia, scultura, pittura, concerti, banchetti, cene, pranzi, promozioni di prodotti tipici: i soliti salami. Non è esagerato calcolare che, tutti insieme, questi importi (sperperati) equivalgano al budget di una nazione in via di sviluppo. Con quali ritorni in termini economici? Zero. Turistici? Zero. D’immagine? Da spreconi. Interrogata in proposito, quasi nessuna amministrazione ha saputo fornire un quadro chiaro e convincente. C’è la sensazione che la stragrande maggioranza di questi viaggi siano superflui, simili a trasferte di piacere, semplice turismo camuffato con la politica. Insomma, uno enorme sperpero di denaro pubblico. Solo la Regione Toscana negli ultimi tre anni ha approvato circa 1.400 delibere per missioni e trasferte, con una media di 1,3 delibere al giorno compresi i sabati e le domeniche. Una faticaccia! Il Presidente, il vice e i consiglieri dell'Emilia-Romagna (2003) hanno partecipato a 42 trasferte in 36 mesi. La giunta, invece, ha organizzato 22 missioni equivalenti, in pratica, a 6 mesi e 6 giorni di viaggi continui. In Lombardia, nel 2004, gli assessori sono partiti per 12 grandi missioni, mentre il presidente Roberto Formigoni nello stesso periodo è andato due volte negli Stati Uniti e una in Australia, Senegal, Cina e Marocco. Come un diplomatico o un ministro degli Esteri, Formigoni in cinque anni si è incontrato con 15 capi di stato, 28 ministri, 52 ambasciatori e 32 consoli. Anche i dirigenti della Liguria non scherzano, girano come trottole: 12 grandi viaggi in 17 mesi. La Regione spende e spande in viaggi mentre il deficit sanitario cresce, e le tasse Irpef e Irap sono state considerevolmente aumentate. L'assessore alla piccola e media impresa del Lazio, Francesco De Angelis, ha fatto più volte il giro del mondo a tappe: Mosca, Los Angeles, New York, Pechino, Shanghai, Nanchino, Canton, di nuovo il Nord America, di nuovo Mosca, Bucarest, Cracovia, Dubai. Quando Bassolino era presidente della Campania, ha dichiarato di aver speso 86.861 euro in viaggi nel 2006 (la giunta 325 mila), più del doppio di due anni prima e più di nove volte rispetto all'anno precedente. Nel Friuli-Venezia Giulia le trasferte (2003) sono state 150 per 370 giorni complessivi. Nei casi in cui le missioni filano lisce, e non lasciano strascichi polemici, è perché vengono preparate bipartisan con la complicità della presenza anche dei consiglieri dell'opposizione. Così tutti sono felici e contenti e al ritorno nessuno fiata. Ormai le regioni ed i comuni, di fatto al di sopra di ogni controllo, hanno carta bianca per i viaggi spendendo fiumi di soldi pubblici tra aerei, soggiorni a cinque stelle, sagre di salami, del fico fiorone e pranzi di gala. Lo sapevate che ciascuna delle venti Regioni italiane possiede un’ambasciata a Bruxelles e una a Roma? Lo sapevate che la Sicilia ha un’ambasciata anche a New York, nel cuore di Manhattan, a due passi dalla 54a Strada? Quanto si può arrivare a sprecare all’incirca in un anno? Gli sprechi raccolti nel libro di "Panorama", che importanti giornali italiani hanno avuto il merito di scovare dandone notizia, non rappresentano che la punta di un iceberg dalle proporzioni ben più gigantesche. Solo nei 170 casi presi in esame si scopre che, in un anno o giù di lì, se ne sono andati in fumo circa 2 miliardi, 352 milioni, 896 mila, 99 euro. Una cifra da capogiro! Appunto: un budget di una nazione in via di sviluppo. Questo spreco è un dato significativo se comparato al debito pubblico nazionale, che ammonta a circa (va su e giù) 1.386 miliardi di euro. Ma se riflettiamo sul fatto che i 170 casi analizzati rappresentano soltanto una piccolissima percentuale degli sprechi, che ogni giorno si consumano negli enti pubblici, si potrebbe presumere, non a torto, che in Italia questi soldi mal spesi dagli enti locali rappresentano il 2% del debito pubblico nazionale. Questo cosa significa? Che, in circa 50 anni, eliminando questi sprechi, lo Stato potrebbe arrivare ad estinguere il debito pubblico, ed investire le risorse in attività e servizi utili e produttivi per tutta la collettività. Gli Enti locali, ad esempio i Comuni, per far fronte (dicono) alla riduzione di trasferimenti statali, hanno dovuto aumentare le tasse ai cittadini, l’Ici prima di tutto, che Berlusconi per fortuna ora ha tolto. Ecco invece, in soli 170 casi riportati dall’inchiesta, come hanno sprecato i soldi dei contribuenti. C’è bisogno di aggiungere altro? La riforma fiscale, appena approvata dal governo, metterà fine a questo vergognoso spreco perpetrato anche per far girare gratis il mondo le numerose bande di "fannulloni". È una riforma dovuta per attuare la Costituzione vigente, è una riforma necessaria per permettere alle istituzioni nazionali e locali di funzionare e spendere meglio, e ai cittadini di controllare le spese di chi li governa, a ogni livello. Una riforma che non penalizza le regioni del Sud ma che rappresenta per loro una grande occasione di riscossa e di rinascita obbligandole a gestire al meglio le risorse a loro disposizione. L’avevo già suggerito. I 18 parlamentari eletti all’estero non stiano piangendo per le poche risorse finanziarie che il governo ha reso disponibili per noi italiani nel mondo: soldi lo Stato non ne ha. I nostri parlamentari, invece di spendere il loro tempo in sterili chiacchiere per difendere la loro parte politica, uniti facciano un’azione congiunta presso tutte le 20 regioni italiane per convincerle ad utilizzare al meglio quei 2 miliardi e mezzo di denaro pubblico che annualmente sprecano. Da questa montagna di soldi facilmente potrebbero essere reperiti qualche centinaio di milioni di euro che, aggiunti alle poche decine di milioni messi a disposizione dal governo, potrebbero essere investiti (quindi con un ritorno finanziario) in azioni economiche all’estero sia a vantaggio dell’economia italiana che, conseguentemente, delle comunità italiane all’estero.

lunedì 6 ottobre 2008

Per fortuna che abbiamo "Vartere" er Kennedy de noantri, altrimente l'Alitalia sarebbe fallita!

Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Veltroni getta definitivamente la maschera. Gli slogan e le buone maniere da partito nuovo le ha accantonate e rispolvera tutto il vecchio spirito di buon comunista, ricominciando la delegittimazione dell'avversario. Le sue ultime apparizioni televisive ed interviste giornalistiche lasciano allibiti. Non una proposta, ma solo insulti a Berlusconi e al governo e demenziali analisi sull’Italia che, secondo lui, ormai corre verso la deriva fascista. La ragione di questa folle analisi sta nel fatto di mobilitare la piazza, in vista della “grande” manifestazione del 25 ottobre. Deve urlare, creare spauracchi e diavoli per andare oltre Di Pietro che gli stava portando via molti dei suoi elettori. E’ una gara a chi la spara piu’ grossa a chi dice piu’ idiozie. Niente di nuovo sotto il sole. La solita vecchia logica del Pci che demonizzava la Dc, ma era incapace di proposte riformiste di governo. Veltroni e’ un inconcludente. Ex comunista, ex segretario Pds, ex Direttore dell’Unita’, ex sindaco di Roma e, fra non molto, ex segretario del Pd, non gli viene in mente mai una buona idea. La cosa piu’ drammatica per lui e’ che ormai se ne e’ accorta anche la base elettorale che gli ha dato fiducia. Ricordate? Durante la campagna elettorale disse che la cordata italiana per l’Alitalia era un bluff di Berlusconi che sarebbe svanito dopo il voto. Quando, dopo il voto, la cordata è apparsa, ha detto che lui era contrario perché con la CAI sarebbe nata una compagnia di ”bandierina”. Quando si è accorto che la compagnia non era di bandierina, se n’è andato a New York, a comprare un appartamento a Manhattan per la figlia che studierà cinema come lui e, tra un cocktail ed un altro, ha promosso le “perle di saggezza” contenute nel suo “libriccino”. Tornato dice che il merito e’ tutto suo per la positiva conclusione della vicenda Alitalia. Ma che faccia e che coraggio! Per la verità, quando si era arrivati sul punto di chiudere, il segretario della Cgil Epifani ha fatto saltare tutto su ordine di Veltroni, che temeva l’ennesimo sfolgorante successo di Berlusconi. Poi il giochino e’ stato smascherato ed il fallimento dell’Alitalia sarebbe caduto tutto sulle spalle della Cgil e del Pd. Allora “Vartere”, con un lampo da “genio” qual’e’, scrive una “letterina” a Berlusconi suggerendogli il da farsi per salvare l’Alitalia. E’ facile pensare quale considerazione Silvio abbia dato a quella lettera. Epifani, resosi conto di trovarsi in un vicolo cieco, e’ corso subito a firmare l’accordo che pochi giorni prima era stato firmato dagli altri sindacati e che lui aveva “schifato”. Ha tentato, senza riuscirci, di salvarsi la faccia: ha firmato senza ottenere niente in piu’. Il povero Veltroni ancora non si capacita che l’Italia, finalmente, ha un governo che governa. Che ha il coraggio di esporsi in prima persona su questioni importanti e fondamentali per far “rialzare” l’Italia. Il Pd deve prendere atto che il governo attuale e’ unito, non e’ mica l’armata Brancaleone “prodiana”. Di fronte alla prospettiva che Berlusconi faccia “rialzare” l’Italia e governi a lungo, che cosa t’inventa il “leader minimo” Veltroni? Comincia a dire che in Italia esiste il rischio di un’altra dittatura. Invece, in un’intervista al Corriere della Sera, Confalonieri precisa che: “Berlusconi e’ un premier che vuol fare dell'Italia un Paese normale, per usare un'espressione coniata da altri. La gente l'ha capito e lo sta premiando”. Berlusconi agisce da imprenditore ed usa il linguaggio degli imprenditori e non si cura delle colorazioni e delle ideologie politiche. Gli imprenditori sono persone pratiche, non fanno discorsi astrusi come i politici e i sindacalisti che parlano in modo forbito ma vuoto e demagogico. Se c’e’ un problema da risolvere, gli imprenditori s’ingegnano di trovare una soluzione: se ne fregano della politica e delle ideologie. Molti italiani sono in gravi difficoltà economiche? Le casse dello Stato sono vuote? L’economia mondiale va malissimo? Senza soldi e’ difficile aiutare qualcuno, ma vedrete che una soluzione sarà trovata perché questo, oltre a tutto, e’ un dovere/obbligo del governo. In un Paese “normale” il governo e l’opposizione si confrontano seriamente per trovare la migliore soluzione ai veri problemi della gente. Il governo lo sta facendo, mentre l’opposizione e’ affaccendata a creare allarmismi per inesistenti pericoli. Ora Epifani e Veltroni hanno bisogno di una rivincita, dopo la batosta presa con l’Alitalia. Non è casuale la forte contrapposizione alla Confindustria e, che proprio sulla scuola, la Cgil si appresti a fare lo “sciopero generale“. I sindacati ed il Pd sanno benissimo che il 97% delle risorse destinate alla scuola se ne va in stipendi a insegnanti troppo numerosi, mal pagati e mal preparati. Veltroni sembra non capire che la scuola, come l'Alitalia, e’ un carrozzone destinato al fallimento se non si interviene subito e drasticamente. Non è plausibile che il Pd, come partito riformista, non contribuisca al suo cambiamento per migliorarla. Preferisce scegliere la scuola come terreno per una battaglia politica contro il governo Berlusconi che, con il ministro Gelmini, sta cercando di salvare non certo di smantellare la scuola pubblica. Dopo anni di demagogia e di gestione irresponsabile delle risorse, occorrono “scelte coraggiose” per far sì che l’Italia abbia una scuola efficiente e moderna, degna di una grande democrazia industriale. “Riformare la scuola e tagliare i costi”, e' il messaggio di Giorgio Napolitano per l'inaugurazione dell'anno scolastico. Occorre razionalizzare le risorse, valorizzare le professionalità e premiare il merito. La sinistra sta demonizzando le iniziative del ministro, “terrorizzando” le famiglie con “false notizie” (tempo pieno abolito, insegnamenti tagliati, insegnanti di sostegno licenziati, attacco alla scuola statale, ecc.) e “strumentalizzando” i bambini. I provvedimenti presi finora: educazione civica, voto in condotta, pagelle con i voti, maestro unico, riorganizzazione dell'impiego dei docenti nelle scuole elementari (potenziando il tempo pieno e mantenendo gli insegnati di sostegno) vogliono creare, nel giro di pochi anni, le condizioni per una scuola migliore, piu’ capace di istruire ma anche di educare, con insegnanti piu’ preparati e meglio pagati. Sono provvedimenti facili da comprendere ed, infatti, sono stati apprezzati dai cittadini. Il Pd e la Cgil sono davanti a un bivio: o collaborare per una riforma non piu’ rinviabile, o continuare a lasciare le cose come stanno e giungere alla bancarotta economica, formativa ma soprattutto educativa. Per il bene ed il futuro dell’Italia speriamo che scelgano la strada giusta, anche per evitare di prendere altre batoste e di perdere quel poco di credibilità che “forse” gli e’ rimasta.

Alitalia? Un carrozzone pieno zeppo di spocchiosi fannulloni super pagati.

Lo ricordiamo molto bene. La spocchia e la scortesia sono state sempre caratteristiche delle “cameriere” e dei “camerieri” di bordo dell’Alitalia. Facevano del tutto per essere antipatici e per non far sentire benvenuti a bordo i passeggeri. L’Alitalia ha smesso di volare in Australia perché alla fine gli aerei partivano quasi vuoti. Gli innumerevoli amministratori che si sono succeduti hanno prodotto perdite gigantesche tranne, che nel loro conto in banca. Il pessimo servizio a bordo e a terra, il personale viaggiante che vola un numero di ore mensile inferiore a quello di altre compagnie e con stipendi sproporzionati per il loro scarso impegno e servizio, quale onore ha dato in questi anni alla bandiera italiana? Solo vergogna. Qualunque potrà essere l’esito e’ evidente il protagonismo irresponsabile della Cgil. Provoca la morte dell’azienda e mette in mezzo alla strada oltre 20 mila dipendenti solo per dimostrare di essere più intransigente degli altri sindacati. Vuole impedire a Berlusconi di raggiungere un altro successo. E’ da irresponsabili e dementi. Epifani dovrà spiegare all’opinione pubblica perché, anziché difendere la misera paga dei lavoratori di terra (ventimila euro l’anno), si e’ schierato con i piloti (sino a 230 mila euro con le indennità varie). Siamo rimasti tutti allibiti nel vedere in Tv l’esultanza e gli applausi di un nutrito gruppo di uomini e donne, vestiti elegantemente e ben truccati, all’annuncio del fallimento della trattativa: sostenevano di preferire il fallimento alla perdita della loro dignità di lavoratori. Pensavano sul serio che ci fosse la fila di acquirenti? Che lo Stato avrebbe “nazionalizzato” la compagnia per farli continuare a godere degli assurdi privilegi? E’ assurda l’incapacità di comprendere la realtà della Cgil, dell’ANPAC (sindacato dei piloti) e di Veltroni. La trattativa com Air France affondò quando i sindacati pretesero di discutere di strategie, piani industriali e composizioni societarie. Spinetta, abituato ad operare in un “Paese normale”, li mandò a quel paese: le strategie le decide la società gestore. Ora, a distanza di mesi, la storia si e’ ripetuta. In tutto il mondo le aziende nascono e muoiono secondo le leggi del mercato. Se l’Alitalia venisse dichiarata fallita potrebbe essere un esempio molto educativo per tutti, soprattutto per i giovani. Comprenderanno che quando si lavora male, quando si gestisce peggio, quando ci si affida a sindacati faziosi ed irresponsabili, quando s'ignorano le regole del mercato per far prevalere i “privilegi”, quando i conti economici, da anni, non tornano, allora l’azienda fallisce. I piloti Alitalia volano circa il 14% in meno delle altre grandi compagnie. In media 52 ore al mese contro le circa 60 di Air France, Lufthansa o Iberia. In media i piloti Alitalia nel 2005 hanno volato 580 ore a testa, contro le 628 di Air France, 644 di Iberia, 674 di Lufthansa. Nel 2006 i piloti Air France hanno volato 641 ore, Iberia 650, Lufthansa 650. Curiosa la vicenda del settore cargo. L’Alitalia ha cinque aerei cargo e 180 piloti: 36 piloti ogni aereo quanto l’equipaggio è di due piloti che volano 40 ore al mese. I piloti Alitalia affermano di essere trattati come le colf? Nel 2006 hanno avuto uno stipendio medio di 121mila euro al lordo delle tasse (ma con le indennità raggiungono circa 230mila). Lo stipendio dei piloti della British Airways (131mila), Iberia (147mila), Lufthansa (153mila), Air France (170mila). Alitalia ha un'attività maggiore nel breve raggio e scarsa nell'intercontinentale, dove si guadagna di più. Secondo fonti sindacali, lo stipendio minimo, di un pilota con due anni di anzianità, è di 64mila euro lordi annui all'Alitalia, contro i 76mila di Iberia e gli 81mila di Lufthansa. Insistere a mantenere in vita una compagnia, che perde un milione di euro al giorno, e' assurdo. Alitalia avrebbe dovuto essere dichiarata fallita tredici anni fa. Il 14 e il 15 giugno 1995 i voli dell'Alitalia furono paralizzati dalle “emicranie” in massa dei piloti di “Aquila selvaggia”, in 200 marcarono visita. Per guarire il loro mal di testa, l’allora amministratore delegato Schisano, concesse ai piloti un aumento di 28 milioni di lire annue richiedendo un incremento di produttività. Si, ciccia! Schisano si dimise il 19 ottobre. Nel gennaio 1996 Cempella, il nuovo amministratore delegato, fece un accordo “innovativo” per salvare l’azienda: l’azionariato dei dipendenti. Ai piloti andò circa il 7% del capitale. Un anno prima di distribuire le azioni, tre rappresentanti dei dipendenti furono accettati a far parte del Cda (Consiglio di amministrazione) Alitalia. Entrarono tre sindacalisti della Filt-Cgil e della Fit-Cisl. Il bilancio del 1996 era fallimentare con 1.210 miliardi di lire di perdite (625 milioni di euro). Per qualche anno all'Alitalia non ci furono scioperi ma neppure il risanamento e le perdite aumentavano. Il 25 ottobre 1998 iniziò il piano Malpensa, nell'aprile 2000 Klm ruppe l'alleanza. Con l'Alitalia nel caos le azioni dei dipendenti, che per tre anni non potevano essere vendute, persero gran parte del valore. La promessa di far guadagnare i lavoratori con la partecipazione alla proprietà si era rivelata una pia illusione perché mai aumentò la produttività. Tra continue perdite siamo arrivati ai giorni nostri. La Cai (Compagnia Aerea Italia) intende rilevare Alitalia sborsando oltre un miliardo di euro per dar vita ad un’azienda efficiente che produca profitti. Epifani e Veltroni vogliono compratori stranieri. Ma gli “stranieri” mica sono fessi. Non si fidano dei sindacalisti italiani che hanno portato allo sfascio l’Alitalia. Non hanno alcuna intenzione di avere a che fare con hostess che non vogliono lavorare 100 ore al mese perché si “stressano”, con piloti che non salgono su un aereo da anni perché troppo occupati a fare i sindacalisti per ottenere privilegi alla categoria e con maestranze che urlano “banditi” a chi vuole acquistare l’azienda. Nonostante Veltroni nascosto abbia giocato allo sfascio, anche questa volta Silvio farà il miracolo.

Alitalia? Un carrozzone pieno zeppo di spocchiosi fannulloni

Lo ricordiamo molto bene. La spocchia e la scortesia sono state sempre caratteristiche delle “cameriere” e dei “camerieri” di bordo dell’Alitalia. Facevano del tutto per essere antipatici e per non far sentire benvenuti a bordo i passeggeri. L’Alitalia ha smesso di volare in Australia perché alla fine gli aerei partivano quasi vuoti. Gli innumerevoli amministratori che si sono succeduti hanno prodotto perdite gigantesche tranne, che nel loro conto in banca. Il pessimo servizio a bordo e a terra, il personale viaggiante che vola un numero di ore mensile inferiore a quello di altre compagnie e con stipendi sproporzionati per il loro scarso impegno e servizio, quale onore ha dato in questi anni alla bandiera italiana? Solo vergogna. Qualunque potrà essere l’esito e’ evidente il protagonismo irresponsabile della Cgil. Provoca la morte dell’azienda e mette in mezzo alla strada oltre 20 mila dipendenti solo per dimostrare di essere più intransigente degli altri sindacati. Vuole impedire a Berlusconi di raggiungere un altro successo. E’ da irresponsabili e dementi. Epifani dovrà spiegare all’opinione pubblica perché, anziché difendere la misera paga dei lavoratori di terra (ventimila euro l’anno), si e’ schierato con i piloti (sino a 230 mila euro con le indennità varie). Siamo rimasti tutti allibiti nel vedere in Tv l’esultanza e gli applausi di un nutrito gruppo di uomini e donne, vestiti elegantemente e ben truccati, all’annuncio del fallimento della trattativa: sostenevano di preferire il fallimento alla perdita della loro dignità di lavoratori. Pensavano sul serio che ci fosse la fila di acquirenti? Che lo Stato avrebbe “nazionalizzato” la compagnia per farli continuare a godere degli assurdi privilegi? E’ assurda l’incapacità di comprendere la realtà della Cgil, dell’ANPAC (sindacato dei piloti) e di Veltroni. La trattativa com Air France affondò quando i sindacati pretesero di discutere di strategie, piani industriali e composizioni societarie. Spinetta, abituato ad operare in un “Paese normale”, li mandò a quel paese: le strategie le decide la società gestore. Ora, a distanza di mesi, la storia si e’ ripetuta. In tutto il mondo le aziende nascono e muoiono secondo le leggi del mercato. Se l’Alitalia venisse dichiarata fallita potrebbe essere un esempio molto educativo per tutti, soprattutto per i giovani. Comprenderanno che quando si lavora male, quando si gestisce peggio, quando ci si affida a sindacati faziosi ed irresponsabili, quando s'ignorano le regole del mercato per far prevalere i “privilegi”, quando i conti economici, da anni, non tornano, allora l’azienda fallisce. I piloti Alitalia volano circa il 14% in meno delle altre grandi compagnie. In media 52 ore al mese contro le circa 60 di Air France, Lufthansa o Iberia. In media i piloti Alitalia nel 2005 hanno volato 580 ore a testa, contro le 628 di Air France, 644 di Iberia, 674 di Lufthansa. Nel 2006 i piloti Air France hanno volato 641 ore, Iberia 650, Lufthansa 650. Curiosa la vicenda del settore cargo. L’Alitalia ha cinque aerei cargo e 180 piloti: 36 piloti ogni aereo quanto l’equipaggio è di due piloti che volano 40 ore al mese. I piloti Alitalia affermano di essere trattati come le colf? Nel 2006 hanno avuto uno stipendio medio di 121mila euro al lordo delle tasse (ma con le indennità raggiungono circa 230mila). Lo stipendio dei piloti della British Airways (131mila), Iberia (147mila), Lufthansa (153mila), Air France (170mila). Alitalia ha un'attività maggiore nel breve raggio e scarsa nell'intercontinentale, dove si guadagna di più. Secondo fonti sindacali, lo stipendio minimo, di un pilota con due anni di anzianità, è di 64mila euro lordi annui all'Alitalia, contro i 76mila di Iberia e gli 81mila di Lufthansa. Insistere a mantenere in vita una compagnia, che perde un milione di euro al giorno, e' assurdo. Alitalia avrebbe dovuto essere dichiarata fallita tredici anni fa. Il 14 e il 15 giugno 1995 i voli dell'Alitalia furono paralizzati dalle “emicranie” in massa dei piloti di “Aquila selvaggia”, in 200 marcarono visita. Per guarire il loro mal di testa, l’allora amministratore delegato Schisano, concesse ai piloti un aumento di 28 milioni di lire annue richiedendo un incremento di produttività. Si, ciccia! Schisano si dimise il 19 ottobre. Nel gennaio 1996 Cempella, il nuovo amministratore delegato, fece un accordo “innovativo” per salvare l’azienda: l’azionariato dei dipendenti. Ai piloti andò circa il 7% del capitale. Un anno prima di distribuire le azioni, tre rappresentanti dei dipendenti furono accettati a far parte del Cda (Consiglio di amministrazione) Alitalia. Entrarono tre sindacalisti della Filt-Cgil e della Fit-Cisl. Il bilancio del 1996 era fallimentare con 1.210 miliardi di lire di perdite (625 milioni di euro). Per qualche anno all'Alitalia non ci furono scioperi ma neppure il risanamento e le perdite aumentavano. Il 25 ottobre 1998 iniziò il piano Malpensa, nell'aprile 2000 Klm ruppe l'alleanza. Con l'Alitalia nel caos le azioni dei dipendenti, che per tre anni non potevano essere vendute, persero gran parte del valore. La promessa di far guadagnare i lavoratori con la partecipazione alla proprietà si era rivelata una pia illusione perché mai aumentò la produttività. Tra continue perdite siamo arrivati ai giorni nostri. La Cai (Compagnia Aerea Italia) intende rilevare Alitalia sborsando oltre un miliardo di euro per dar vita ad un’azienda efficiente che produca profitti. Epifani e Veltroni vogliono compratori stranieri. Ma gli “stranieri” mica sono fessi. Non si fidano dei sindacalisti italiani che hanno portato allo sfascio l’Alitalia. Non hanno alcuna intenzione di avere a che fare con hostess che non vogliono lavorare 100 ore al mese perché si “stressano”, con piloti che non salgono su un aereo da anni perché troppo occupati a fare i sindacalisti per ottenere privilegi alla categoria e con maestranze che urlano “banditi” a chi vuole acquistare l’azienda. Nonostante Veltroni nascosto abbia giocato allo sfascio, anche questa volta Silvio farà il miracolo.

Buone vacanze, parlamentari eletti all'estero!

Chi la visti? Scomparsi! Ogni tanto qualche comunicato stampa “asettico” o vanno “bighellonando” da un meeting all’altro che poco, o nulla, ha a che fare con quello per cui l’abbiamo mandati al Parlamento. Mi riferisco agli eletti da noi italiani nel mondo. Stanno tutti quanti dimostrando la loro impotenza ed incapacità a realizzare quelle promesse che si sono “sgolati” a farci durante la campagna elettorale per carpire il nostro voto. E’ malizioso o si e’ nel vero nel pensare che il loro unico e solo obbiettivo fosse quello di trovare una loro sistemazione personale e nient’altro più? Riceveranno un più che ottimo stipendio per i prossimi 60 mesi. Una mensilità parlamentare corrisponde a più di un anno di uno stipendio di un lavoratore medio. Il doppio o tre, quattro o più di un’annualità di pensione che un “normale” cittadino riceve, magari dopo ben 53 anni di lavoro “vero”. E poi, a termine della legislatura, via con il liscio a “godersi” una pensione (minima), vita natural durante, di 3000 euro mensile in aggiunta, ovviamente, ad un’altra probabile maturata con il lavoro precedente. Dobbiamo riconoscere che i parlamentari sono delle persone molto lungimiranti e previdenti, ma esclusivamente per i loro “casi”. Si sono salvaguardati per ogni evenienza. Se un “povero” parlamentare sfortunatamente non e’ rieletto, niente paura: il “disgraziato” non si troverà all’improvviso in mezzo ad una strada come accade, sempre e comunque, ad un “normale” lavoratore che perde lavoro. Riceverà un “congruo” assegno (300 mila euro) a titolo di “reinserimento”. Come tutti i sognatori, che con le loro idee hanno rivoluzionato e migliorato il mondo, anche Mirko Tremaglia sicuramente sarà molto deluso dei risultati che stanno emergendo dalla sua quasi quarantennale battaglia. Si e’ battuto strenuamente per far riconoscere, a noi italiani nel mondo, il diritto di voto e per permetterci di eleggere i nostri diretti rappresentati al Parlamento italiano. La sua idea era giusta ma, purtroppo alla luce dei fatti riscontrati, si e’ rivelata una vera utopia che non ha prodotto i risultati che sperava e che tutti speravamo. Per fortuna c’e’ un barlume di speranza per il futuro degli italiani nel mondo. I giovani di origine italiana stanno prendendo consapevolezza che e’ arrivato il loro momento, e si stanno preparando a ricevere l’eredità che i “Giganti” (principalmente gli emigranti italiani degli anni ’50 e ’60) gli stanno per lasciare. In questa fase iniziale, sono pieni d’incertezze nell’individuare il metodo piu’ idoneo per cercare di mantenere l’italianita’ nel mondo. Il contesto socio/culturale attuale e’ totalmente differente da quello in cui operarono i “Giganti”. Emigrati senza soldi, con un minimo d’istruzione scolastica, senza sapere nulla del Paese dove andavano e senza conoscere la sua lingua. Eppure, con tutti questi handicap, sono riusciti a far affermare l’italianita’ fondando piu’ di 5000 associazioni, costruito molti importanti club e istituito numerosi uffici di assistenza. Il segreto di ogni successo sta nell’avere forti motivazioni e credere ad un’idea. Allora nessuno ostacolo, pur immenso, potrà fermare chi e’ animato da questa grande forza interiore. I giovani di origine italiana hanno tutti studiato. Moltissimi sono dei valenti professionisti in tutti i settori. Conoscono bene sia il Paese e sia la lingua dove sono nati. Si trovano in una situazione finanziaria nettamente migliore dei loro nonni o padri. Non hanno gli handicap dei “Giganti”, ma ne hanno degli altri per la diversa epoca e contesto storico attuale. Nelle innumerevoli riunioni, che si stanno tenendo in tutto il mondo prima d’incontrarsi a Roma a dicembre, i giovani di origine italiana, gradatamente stanno prendendo consapevolezza della responsabilità che sta per cadere sulle loro spalle. E’ un grande onere, ma anche un grande onore, raccogliere l’eredita’ che gli stanno per passare i “Giganti”, lo sottolinea costantemente il Sottosegretario, con delega agli italiani nel mondo, Senatore Alfredo Mantica. Senza formalismi, senza giri di parole, con linguaggio diretto, talvolta crudo, ma necessario per fotografare l’esatta realtà, Mantica, chiarisce che cosa si deve intendere per italianità. Significa parlare italiano, amare la cultura dell’Italia e condividere i valori della Costituzione. Lasciare ai perdi tempo le stupide disquisizioni sul fascismo e l’antifascismo. Bisogna pensare al presente e guardare al futuro. Questi sono i motivi per cui vale la pena che, i giovani di origine italiani di tutto il mondo, stiano assieme: “non deve essere un formale atto amministrativo”. Debbono sentirsi orgogliosi di appartenere alla gloriosa comunità italiana che, con sacrifici ed onestà, si e’ conquistata rispetto ed apprezzamento in ogni parte del mondo. In un suo discorso al Columbus Day, Bill Clinton ebbe a dire: “Grazie Dio per averci mandato gli italiani”. L’italianita’ dei “Giganti” ha inciso e profondamente influenzato lo stile di vita socio/culturale di tutti i paesi in cui sono emigrati. Per ragioni anagrafiche la loro forza propulsiva va affievolendosi. I giovani di seconda e terza generazione e piu’, debbono sentire forte e vivo il senso di appartenenza all’Italia. Oggi, i piu’ di loro, piu’ che cittadini italiani, sono da considerarsi cittadini di origine italiana che non conoscono la lingua italiana e niente dell’Italia storica ed attuale. Cosa sarà della comunità italiana tra vent’anni? Questa e’ quello che vorrà sapere dai giovani Mantica alla prossima assemblea dei giovani di origine italiana a Roma tra il 15 e il 18 dicembre. Non solo il sottosegretario, ma tutti ci attendiamo una risposta concreta fuori dalle logiche dei patronati, dei sindacati e dall’assistenzialismo. Largo ai giovani. Entusiasticamente associamoci a John B. Cecchi di Perth, uno dei partecipanti al recente incontro dei giovani italo-australiani alla Gold Coast: “Viva i giovani della comunità italiana!”.

Parisi consiglia Veltroni di prendere l'esempio da Silvio Berlusconi il "Padre della Patria", Silvio si che e' un leader!

Il Partito democratico è vicino allo scioglimento. Alle elezioni europee del 2009 Parisi propone che la sinistra (anche quella “cacciata” dal Parlamento dagli elettori) si presenti con un solo “listone”: Uniti per l’Europa. E’ passato quasi un anno dalle primarie e il Pd non è un partito e non è democratico. La sua crisi irreversibile di consenso e di credibilità è evidente a tutti e Veltroni non e’ più’ riconosciuto leader da nessuno. Parla per parlare e non ha nessuna seria iniziativa politica. Parisi lo invita ad imparare da Berlusconi “che e’ un grande leader politico”. Massimo D'Alema, parlando a Reggio Calabria al "Med-Fest", giura di non avere una sua corrente all'interno del partito. Poi, alla festa dell’Unita’ di Bologna, dice di non essere “deluso ma incazzato”. Tutto normale: nel Pd la solita baraonda. Tutti straparlano si contrastano e si pugnalano alle spalle. Altroché gioco di squadra! Esattamente come avveniva nel governo Prodi che, se interveniva, c’erano sempre sei o sette ministri che lo “spernacchiavano” e poi scendevano in piazza per manifestargli contro. Nel Pdl la storia e’ diversa. Fini ancora una volta, invece di starsene zitto, apre scioccamente bocca sul voto agli immigrati. Berlusconi taglia corto: “E’ un suo parere personale. Non e’ nel programma del governo”. Punto e basta. Fine della storia. Bossi ogni tanto spara delle fesserie come sull’inno nazionale e la scuola? Berlusconi interviene e fine della polemica. Per settimane Veltroni (e i giornali “amici”) ha perso tempo nel raccontare un sacco di cretinate, sul pericolo di un nuovo “fascismo” e per le misure emesse dal governo Berlusconi sui Rom e per la raccolta delle impronte digitali. Il Commissario europeo alla giustizia ha comunicato che le misure: “sono perfettamente in linea con l'Europa”. Le balle inventate dal Pd e, quindi, da Veltroni sono altrettanti auto goals. Il Pd, ormai allo sbando, peggiora sempre di più’ la sua situazione con accuse false (anche per la scuola) e demonizzando l’avversario. Ma silenzio di tomba (soprattutto dai media amici della sinistra) sul “falso in bilancio” di 30 miliardi di euro del governo Prodi recentemente accertato dall’Europa. A scanso di equivoci pero’, Veltroni, prende le distanze da Romano accusandolo apertamente di aver fatto finta di aver vinto l’elezioni del 2006. Aggiunge che sarebbe stato saggio se avesse accettato l’invito di Berlusconi per una grande coalizione. Invece mister “sereeenita’”, che voleva “stupire” e dimostrare di essere il “primo della classe”, preferì andare avanti con l’armata Brancaleone, con Rifondazione comunista amica dei terroristi che avevano rapito Ingrid Betancourt. Walter aveva promesso che sarebbe andato alle elezioni da solo: poi “imbarcò” Di Pietro. Ora si accorge che Tonino “ha tradito e stracciato quel patto fatto davanti agli elettori. Proprio lui che ci da lezioni di etica”. A chiusura della “festa” di Firenze Veltroni, nel vedere la foto dell’orso polare sperduto per non saper come salvarsi tradito dallo scioglimento dei ghiacciai, ha confessato: “Il mio cuore sensibile si e’ commosso”. Probabilmente si e’ immedesimato nella situazione. Anche lui smarrito e solo, vede intorno a lui il progressivo “scioglimento” del Pd. La politica per essere efficace ha bisogno di un governo che governi e di un’opposizione che lo frusti per non fargli perdere la retta via. Purtroppo assistiamo all’agonia del Pd senza che nessuno muova un dito. Col passare del tempo non sarà solo Veltroni a scomparire, ma anche quell’”embrione” che resta della sinistra italiana. Volenti o nolenti tutti hanno preso consapevolezza che Berlusconi è un vero leader più che capace. Ha saputo mettere assieme una “reale” maggioranza di governo e non solo elettorale, chiudendo la disastrosa stagione “prodiana” dell’inefficienza e delle tasse facili. Persino “Newsweek” ha elogiato il “miracolo” che Berlusconi e’ riuscito a fare nei suoi primi cento giorni di governo. Giudizi lusinghieri e inaspettati da chi sempre l’aveva denigrato. Tutti gli allarmismi contro Berlusconi si sono volatilizzati nell’aria. Nessuno crede più al grido continuo di “al lupo, al lupo” della sinistra. Gli italiani hanno apprezzato la soluzione dell’emergenza spazzatura a Napoli (Prodi promise di risolverla in 72 ore, ricordate?). Hanno approvato i provvedimenti sull’immigrazione clandestina e per la sicurezza dei cittadini. Sono stati d’accordo sulla raccolta delle impronte digitali dei Rom. Hanno gradito l’impiego dei soldati in alcune città. Hanno apprezzato la cancellazione dell’ICI sulla prima casa, la regolamentazione degli straordinari, la lotta contro i “fannulloni” e i premi per i meritevoli. Hanno approvato la legge che salvaguarda le Alte Cariche dello Stato per mettere termine ad un’assurda e vergognosa telenovela, che durava da quindici anni, e rischiava di paralizzare l’attività di governo. La stragrande maggioranza degli italiani approva l’operato del governo Berlusconi ed e’ con lui in forte sintonia. Quindi avanti con il federalismo fiscale, la riforma della magistratura, la riforma della scuola, il rilancio delle infrastrutture, la costruzione delle centrale nucleari, inceneritori e termovalorizzatori, la lotta al carovita e gli sgravi fiscali per gli stipendi più bassi. Di fronte ad un governo che procede a tutta forza, gli italiani vedono il fallimento di un’opposizione ottusa ed incapace di contrastare intelligentemente il governo. Veltroni con il suo Pd, e tutta la “sinistra radicale” cacciata dal Parlamento, sono stati soppiantanti da un governo di destra che fa politica di sinistra. Sono “incazzati” per questo e perché sanno che sono prossimi a scomparire. Quando sono stati al potere, questi “parolai” e apprendisti stregoni, hanno saputo soltanto combinare disastri. Silvio Berlusconi entrerà nella storia come “Padre della Patria”, come Alcide De Gasperi e forse di più, per aver rivoluzionato ed innovato la vita politica italiana ed europea.

Le dimissioni di Franca Rame "schifata" dalla politica. Che fanno Nino Randazzo, Marco Fedi e i 18 parlamentare eletti all'estero?

L’attrice Franca Rame, moglie del Nobel Dario Fo, il 20 gennaio 2008 si dimisse da senatrice “disgustata” sia per l’inutilità’ della sua azione politica e sia per non essere complice delle azioni “truffaldine” di alcuni Senatori. La lunga e dettagliata lettera e’ pubblicata nel sito www.itamondo.blogspot.com. Recentemente, Antonella Rebuzzi, anche lei ex senatrice nella precedente legislatura eletta nella circoscrizione estera, ha dichiarato che: “La politica mi ha stancato. Sono fatta per le cose pulite. Faccio più politica stando fuori dal parlamento. Ho fatto una brutta esperienza, il Senato mi ha insegnato solo cose brutte. Sarà stata la legislatura particolare…non so. Ho capito che i soldi spesi per gli eletti all’estero sono soldi buttati al vento”. I parlamentari vanno su tutte le furie se vengono accusati di stare a scaldare le poltrone e che, per fare poco (o niente), vengono strapagati. Per giunta, dopo solo 30 mesi in Parlamento, hanno diritto ad una pensione “minima” di 3000 euro mensili. Sono trascorsi alcuni mesi dall’inizio di questa nuova legislatura. Il governo Berlusconi ha già ottenuto alcuni grandi risultati e sta lavorando con grandissimo impegno e sollecitudine per raggiungere altri importanti obbiettivi. I 18 parlamentari esteri fanno tutti parte integrante di tutte le Commissioni, dove si esaminano i disegni di legge prima di essere discussi nei due rami nel parlamento per l’approvazione. Tutti gli eletti all’estero hanno gli stessi obbiettivi da raggiungere, quindi, di conseguenza dovrebbe essere naturale che agiscano tutti uniti e d’accordo. Purtroppo, invece, si dividono in “bizantinismi” per difendere la propria parte politica. La loro azione si limita a qualche “comunicato stampa”, a qualche “interrogazione” ed anche a qualche iniziativa legislativa, ma sanno già che i risultati saranno quelli ben descritti nella lettera di dimissioni di Franca Rame. La loro “avventura” al Parlamento italiano da l’impressione che sia per loro una lunga vacanza dalla quale, per giunta, ne ricavano un lauto guadagno. Non riescono a tirar fuori un ragno dal buco. Ma santo Iddio se nessuno non vi si “fila”, fate lo sciopero della fame e della sete o incatenatevi avanti al Parlamento! Fate qualche azione eclatante per dimostrarci che siete lì a battervi per noi! Nino Randazzo e Marco Fedi sono stati “riconfermati” grazie anche la fortissima conflittualità politica interna al centrodestra in Australia seppure, obbiettivamente, erano le persone più qualificate a rappresentarci al Parlamento italiano. Sono trascorsi alcuni mesi e sembrano “svaniti” i loro propositi che abbiamo letto il 18 aprile 2008 su Il Globo e La Fiamma. Nel loro entusiastico messaggio: “Grazie, italiani d’Australia!”, scrivevano che erano disponibili “…di accogliere suggerimenti e segnalazioni, di mantenere nei limiti del’umanamente possibile contatti diretti o indiretti. Un network di referenti in realtà’ locali cosi profondamente differenziate, su una vasta ripartizione elettorale quale appunto quella Africa, Asia Oceania, resta uno dei nostri principali obbiettivi, non pienamente raggiunto o raggiungibile nel corso della brevissima e difficile legislatura passata”. E terminavano con “..il nostro impegno (che non e’ la solita vuota promessa di politica elettorale) a mettercela tutta per continuare a meritare la vostra fiducia nello svolgimento del nostro mandato parlamentare. Qualora dovessimo venir meno a questo impegno, non esitate a farcelo sapere”. Nel sito www.itamondo.blogspot.com sono inclusi sette sondaggi, due riguardano Randazzo e Fedi. 1) “Pensate che chi verrà eletto al Parlamento italiano farà i nostri interessi?” Risultati: Si 6%; No 19%; Non saprei 9%; Farà i suoi 69%. 2)“Siete soddisfatti dell’attività’ che stanno svolgendo Nino Randazzo e Marco Fedi?”: Molto 10%; Discretamente 3%; Poco 23% Niente affatto 62%. Anche il Sottosegretario Mantica non perde occasione per “fustigare” i 18 parlamentari esteri. L’Invita ad essere più attivi nelle Commissioni parlamentari e conclude: “….E allora il sistema di rappresentanza dei parlamentari diventa completo a tutti gli effetti. Mi domando quale rapporto e quale potere abbia il Cgie sulla stessa materia. L’unica cosa che può dire il Governo è che non possono esistere due sistemi di rappresentanza diversi e conflittuali fra di loro”. Berlusconi lasciò che Mirko Tremaglia concludesse positivamente la sua lunga battaglia per il voto agli italiani all’estero. In verità il voto c’e’ sempre stato, ma per esercitarlo bisognava ritornare in Italia. Tremaglia avrebbe dovuto ottenere soltanto il diritto di voto per corrispondenza, come in Francia, Germania, Iraq ed in altre nazioni. Invece no, ha cambiato la Costituzione per istituire le quattro circoscrizioni estere per permettere agli italiani nel mondo di eleggere i loro rappresentanti. Berlusconi era contrario, ma non lo impedì. Quando si e’ in partnership e’ giocoforza accettare alcuni progetti dei parteners pur non condividendoli. Cosi’, per la prima volta nella storia politica italiana, Berlusconi istituì il Ministero degli italiani nel mondo e nominò Tremaglia Ministro ma che, in cinque anni, non riuscì a raggiungere alcun risultato apprezzabile. I vergognosi “brogli” accaduti durante l’elezioni del 2006 e replicati nel 2008, la “qualità” di molti parlamentari esteri alquanto scadente, hanno convinto Berlusconi (e non solo) che l’elezioni estere non sono ne’ serie ne’ utili. Tutte le parti politiche sono ormai d’accordo di ridurre il numero dei deputati alla Camera e di assegnare al Senato il ruolo di rappresentanza delle Regioni. La riforma, con moltissima probabilità, sarà l’occasione per cancellare le quattro circoscrizioni estere lasciando, agli italiani nel mondo, il diritto di voto per corrispondenza.