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sabato 18 luglio 2009

Straordinario successo del G8 all'Aquila. Il Pd in grande confusione e Beppe Grillo l'aumenta.

Il Globo & La Fiamma - Australia

Friday, 17 July 2009
GIAMPIERO PALLOTTA
Orgogliosi, dobbiamo sentirci molto orgogliosi di essere italiani dopo lo straordinario successo planetario ottenuto dall’Italia al G8 dell’Aquila. L’Italia ha avuto un ruolo centrale in questo vertice, non solo dal punto di vista cerimoniale, in quanto Paese ospitante, ma anche dal punto di vista sostanziale. Ad esempio, le posizioni sostenute da molto tempo dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, in materia di riforma delle regole del sistema finanziario, hanno qui trovato sostegni e ampie convergenze. E’ vero che i risultati dei vertici internazionali si misurano solo nel tempo, quando i solenni impegni assunti saranno realizzati concretamente. Per un solo protagonista, invece, non si può aspettare per formulare un giudizio: è stato un grande successo personale di Berlusconi. Chi è che ha dimenticato l’arroventato clima politico della vigilia? Gli avversari del premier che prevedevano scosse”, disastri organizzativi, gaffe protocollari, nuovi scandali mediatici e giudiziari, persino speravano in una forte scossa di terremoto durante il vertice per mandarlo all’aria. I giornali stranieri, soprattutto quelli inglesi, che arrivavano addirittura ad annunciare l’espulsione dell’Italia dal “club dei grandi”. Era stato scritto che molti leader non avrebbero partecipato e di sicuro le first ladies, “disgustate” da quanto scritto dai giornali sul premier italiano. Tutti sono arrivati puntualmente. Era stato messo in atto un tentativo di delegittimare il governo, di metterlo alla gogna con il serio pericolo di ridicolizzare l’Italia e deludere la speranza dei terremotati aquilani. Nel giro di qualche settimana abbiamo assistito a un crescendo di calunnie e persino di fosche previsioni. L’Italia era diventata un Paese “impresentabile” di cui vergognarsi. I giornali (alcuni giornali) inglesi e americani erano in prima linea nel raccontare un’Italia “inaffidabilee un governo non in grado di ospitare il summit. Palazzo Chigi sembrava un fortino assediato. Il G8 ha messo alla prova il governo del fare. I profeti di sventura della sinistra hanno preso una cantonata. Si aspettavano la caduta di Berlusconi durante il G8 (spernacchiato su un palcoscenico internazionale) e invece devono assistere al suo successo. Può sembrare un paradosso, ma Berlusconi è stato aiutato a costruire il suo personale successo proprio dal quel clima di foschi presagi. Di Pietro, nel pieno svolgimento del vertice, ha speso 38 mila euro per una pagina dell’ International Herald Tribune per chiedere scusa al mondo “per il comportamento di Berlusconi” e per chiedere aiuto per la democrazia italiana che è in “grave pericolo”. Infangare l’immagine del Paese, comprando pagine pubblicitarie sui giornali stranieri, è cosa ignobile. Di Pietro è recidivo. Come non ricordare che, nel 1994, proprio durante lo svolgimento del G7 a Napoli notificò, in mondovisione, l’avviso di garanzia al Presidente del Consiglio? Tutti ricordano la vicenda. La notifica fu accompagnata dalla famosa frase del Di Pietro magistrato: “Io quello lo sfascio”. La conclusione fu: “Sputtanamento” universale dell’Italia e assoluzione per Berlusconi dopo 12 anni. Per dare il giusto merito al governo Berlusconi, dell’eccezionale successo che ha riscosso il G8, Di Pietro dovrebbe comprare un’altra pagina nei quotidiani stranieri, per chiedere scusa per il danno provocato all’immagine del nostro Paese. Sul Corriere della Sera ha scritto bene Ostellino: “Uno spirito, quello di Di Pietro, autoritario che mal sopporta, oggi, di fare politica dentro il perimetro costituzionale, e che così facendo getta anche qualche ombra sul suo passato di magistrato”. Prima del meeting dell’Aquila era dovuto intervenire, con saggezza ed amor patrio, il presidente Napolitano per chiedere serietà e riflessione. Giravano le voci di una “scossa” che avrebbe eliminato definitivamente il premier. Molti ne erano certi: il berlusconismo e’ finito e sarebbe stato il vertice internazionale del G8 a certificarlo. Non è andata così, per fortuna. Anche i non berlusconiani dovrebbero essere contenti. Figuratevi che cosa sarebbe successo se fosse andato come tanti “gufi” avevano previsto. Non solo una leadership politica finita nel ridicolo, ma un Paese in ginocchio per il grande “sputtanamento”. L’Aquila dimenticata. Le rovine del capoluogo abruzzese sarebbero persino apparse poca cosa di fronte alle macerie della politica italiana. Era questo che alcuni che non amano l’Italia volevano che accadesse solo per invidia ed odio di Berlusconi. Dopo mesi di campagna “insensata” contro Silvio che ha messo a rischio, soprattutto, il prestigio e la rispettabilità dell’Italia nel mondo, La Repubblica ha dovuto ammettere il grande successo del premier riconosciutogli, per altro, da tutti i 40 leader del mondo che hanno partecipato al G8, iniziando da Obama. Nel suo articolo su La Repubblica Vittorio Zucconi ha scritto: “Questo è il risultato vero che il nostro Paese, il governo Berlusconi e i futuri governi incassano al G8 e che l’Italia può riporre in cassaforte come un capitale”. Anche il Financial Times, il giornale inglese che alla vigilia del meeting dell’Aquila aveva scritto che l’Italia sarebbe stata “cacciata” dal G8, è stato costretto a scrivere: “La scommessa di Silvio Berlusconi di tenere il vertice del G8 sembra aver pagato. Da playboy flagellato dagli scandali a statista: dopo aver presieduto per tre giorni il vertice internazionale mr. Berlusconi ha zittito i suoi critici e ha messo in riga i suoi alleati, almeno per il momento. Per il 72enne premier miliardario, il vertice di tre giorni con 40 capi di governo e organizzazioni è stato un successo per tutto ciò che non è accaduto”. Tutti i detrattori dell’Italia e di Berlusconi hanno collezionato schiaffoni e calci nel sedere. Il primo riconoscimento della forte leadership del governo italiano è giunto da Obama e Gordon Brown, ovvero dai “due giganti della sinistra occidentale”. La sinistra è rimasta completamente spiazzata dal suo mito Obama. Il riconoscimento al lavoro svolto e alla “forte” leadership del governo italiano è stata una decisa sconfessione di chi pretendeva di delegittimare Berlusconi per le “chiacchiere” sulla sua vita privata. Ma la maggioranza degli italiani sono con lui perché dal capo del governo non pretendono la virtù della castità, ma capacità decisionale e realizzativa: un governo del fare. Delle questioni di sesso, vere o fasulle che siano, se ne infischiano. Gli italiani sono stufi di politici parolai, nullafacenti, disonesti, corrotti dediti ad incassare tangenti e al servizio dei loro affari personali e non dei cittadini. Archiviato il G8 il presidente della Repubblica invita le parti politiche ad un ”clima più civile”: favorevoli Pdl e Pd, l’unico a “declinare” è il solito Di Pietro. Torna a ridire che l’Italia è in balia della “dittatura” di Silvio Berlusconi. E questa volta lo fa dalle pagine del Corriere della Sera. Il Pd si trova nel mezzo di un turbolento ciclone per la questione morale sollevata da Ignazio Marino dopo l’arresto dello stupratore seriale che era un coordinatore di un circolo del Pd. Come se non bastasse ecco che irrompe sulla scena il “comicoBeppe Grillo: vuole nientemeno “rifondare il partito per offrire un’alternativa al nulla”. Giura che si tratta di una cosa “serissima” e non di una provocazione. Tutto il “vecchio apparato” cerca di sbarrargli la strada a cominciare da Fassino, Bersani, Bindi, Melandri, Violante e Franceschini. A dargli il benvenuto è invece Mario Adinolfi che fa un appello “ai burocrati del Pd” affinché non ne impediscano la candidatura. Dello stesso avviso Antonio Di Pietro che e’ il vero suo “sponsor” per destabilizzare ancor più il Pd e accogliere gli elettori fuggiaschi. Giudica positiva la candidatura di Grillo il senatore Ignazio Marino: “Seguendo le regole della democrazia, non vedo perché debba essere escluso”. Emma Bonino sbotta: “Io ancora non ho capito bene se le regole di questo Statuto del Pd, che ogni giorno di più risulta più pasticciato, consentono o no la candidatura di Beppe Grillo”. Se Beppe Grillo si candida alla segreteria, i sondaggi dicono che vince le primarie. Da qui al 25 ottobre ed oltre, la sinistra, sarà impegnata nel suo "democratico" dibattito interno. All’improvviso, la scossa che doveva verificarsi contro Berlusconi, ha sommerso sotto le macerie tutta l’opposizione. Un redattore di Repubblica, in conferenza stampa al G8, con stupefacente candore, ha domandato a Berlusconi cosa ne “pensasse del fatto che non vi era stata nessuna compromissione dell’immagine dell’Italia a seguito della campagna di Repubblica dato che erano stati espressi validi riconoscimenti da parte di Capi di Stato e di Governo stranieri”. Ha fatto finta di non capire che senza l’eccezionali capacità di reazione di Berlusconi, Repubblica e la sinistra avrebbero avuto partita vinta. Lapidaria la risposta del Presidente: “Cosa ne penso? Che non avete raggiunto il risultato che volevate. Volevate rovinare l’Italia, ma avete fallito. Auguri!” Concluso il G8 il governo del “fare” ha ripreso a lavorare alacremente con o senza il contributo dell’opposizione. Ma quale opposizione? L’accozzaglia di sinistra è impegnata a districarsi da incomprensibili ed aggrovigliate idee, dalle tradizioni e visioni contrastanti ed incoerenti, e a darsele di santa ragione. Come è possibile costruire in questo modo un partito? Il male del Pd è che non ha un vero leader credibile.

venerdì 17 luglio 2009

E loro si chiedono perche' sempre meno li votano

Marco Cavallotti

giovedì 16 luglio 2009

L'interrogativo ricorre: perché questi coglioni di Italiani non li votano? Perché loro, il meglio del pensiero e della moralità italiana, non sono stati compresi da quei fessi dei nostri connazionali? Perché una valanga di voti, sempre di più, si riversa sul nano pelato, tanto che ormai i più acuti fra loro possono seriamente parlare di Berlusconismo, che fa pure rima con Fascismo? Perché nessuno li capisce e li apprezza come credono di meritare? Eppure le considerazioni dei loro giornali sono lì, da leggere per tutti, e quando non vengono lette su Repubblica, sul Corriere, su La Stampa o sull'Unità vengono riportate dalla Tv italiana e dall'estero. Ma la verità continua a non trionfare, e invece di iniziare a scomparire, come crede di vedere il povero Franceschini, i più svegli fra loro ammettono sottovoce proprio il contrario. Perché il fato è tanto crudele con loro? Vediamo di elencare i cardini su cui si basa l'opposizione, intorno agli spalti del Pd ed alle formazioni di ventura legate a Di Pietro.
1) «Berlusconi è stato votato da chi ha un disagio». Così oggi un imbecille rimpannucciato da intellettuale organico su Rai 2. Il giornalista lascia dire, compiaciuto e adorante. Tutti sanno che cosa è successo quando un commento analogo è stato espresso intorno al Papa ed ai suoi fedeli, e non intorno al Premier ed ai suoi elettori.
2) Abbiamo avuto presidenti e primi ministri cocainomani, mica tanto corretti, sessualmente iperattivi, e non sempre nella direzione "normale". Per lo più la cosa, quando non rivestiva troppo evidentemente una rilevanza penale, fu ignorata. Solo quando volarono parole più pesanti, e si parlò senza troppi complimenti di "ladri", qualcuno si degnò di rispondere, prendendo per il sedere gli Italiani, con il celebre "non ci sto". Questo qualcuno non era dei nostri, come poi si vide. Ma ora ci troviamo con un presidente che inventa la "firma con formula dubitativa". Una novità che difficilmente si troverà nelle pagine della nostra Costituzione, e che potrebbe indurre i soliti maligni a constatare quanto sia dura a morire una antica tradizione di fedeltà al partito sopra di ogni altra cosa.
3) Il Pci-Pds-Pd ha sempre vantato superiorità e serietà nel distinguere fra pubblico e privato: era il tratto che lo contraddistingueva, ad esempio, dai cattolici, che predicavano bene e razzolavano male, ma poi dovevano chiedere l'assoluzione dalla Chiesa, che questa distinzione moderna non può comprendere. Ora le pagine dei suoi quotidiani sono piene solo di gossip su sottane, puttane e capezzoli, che per giunta non importa se siano vere o inventate: ciò che conta è l'annuncio diffamatorio. La verità che uscirà fra dieci anni sarà comunque stantia. E anche qui mi pare di sentire il vecchio odore dei metodi della Lubjanka.
4) Poco si può dire della proposta politica: visto che in fondo stiamo meno male di tanti altri paesi europei, la linea di opposizione consiste nel dire che bisogna fare "più intensamente" le cose che fa la Maggioranza. Per il resto nebbia e disaccordo su tutto.
5) Sull'idea sciagurata di appoggiarsi a Di Pietro si è già sprecato abbastanza inchiostro: resta da chiedersi solo perché un elettore dovrebbe scegliere la copia quando ha a disposizione l'originale, tanto più effervescente e ruspante. Ma in fondo un partito che va in confusione perché un comico vorrebbe iscriversi e teme di non essere in grado di contenerne il successo è un partito convinto – questo sì – che il suo elettorato sia un popolo di imbecilli, pronto a lasciarsi convincere da un guitto. Vecchio vizio. Insomma, un problema c'è, eccome: come può rimanere in Italia un 20% di elettori che continuano ad essere fedeli al Pci-Pds-Pd?
C'è il Titanic della flotta del Botteghino che sta affondando, e quelli di bordo, dal capitano all'ultimo dell'equipaggio, continuano a guardarsi in giro alla ricerca dei vari icebergs che hanno aperto falle, senza avvedersi di quelli che stanno aprendo falle nello scafo sono dentro la nave, e lo fanno usando anche gli apriscatole, perchè è ormai chiaro che ogni capo della sinistra è un Sansone, che pur di non cedere un ilusorio potere, preferisce che tutti muoiano, sperando di salvarsi solo lui. E non comprendono che quanto sta accadendo ora alla sinistra italiana, altri non è che la continuazione di ciò che accadde in Unione Sovietica nei ventanni che hanno preceduto il crollo del muro. Era stato edificato un monolito con della sabbia bagnata e basato sull'argilla.
Albert

giovedì 16 luglio 2009

Veltroni: "Craxi ha innovato piu' di Berlinguer"

Carlo Panella
mercoledì 15 luglio 2009

Bene, ma come la mette col berlingueriano Franceschini? Walter Veltroni ha rispettato, con larghezza, la ferrea norma degli ex comunisti italiani: fare autocritica, pesante autocritica, ma solo passati 15 anni dai propri errori. Mercoledì, a sorpresa, dopo una ventina d’anni, Veltroni ha finalmente riconosciuto che “Craxi aveva ragione e Berlinguer torto”, ammissione clamorosa –che ovviamente sottoscriviamo in pieno- che lascia però aperti due scabrosi interrogativi. Il primo: perché Veltroni non comunica questa sua opinione, che non riguarda una questione secondaria, ma proprio l’essenza del percorso della sinistra italiana, al suo candidato segretario Dario Franceschini? Settimane fa, infatti, il candidato alla segreteria del Pd, nel commemorare solennemente Enrico Berlinguer nella sala della Lupa alla Camera, ha ribadito, con entusiasmo, con convinzione, la perenne attualità della strategia di fondo segnata da Berlinguer, questione morale –ovviamente, inclusa. Siccome si tratta di due strategie confliggenti in tutto e per tutto, tanto che i berlingueriani, Veltroni nel gruppo di testa, tutto fecero per sconfiggere e addirittura eliminare dalla scena politica non solo il craxismo, ma anche personalmente Bettino Craxi, sarebbe carino che Veltroniprima dei prossimi 15 anni- chiarisse se sul punto ha ragione Franceschini, oppure ha torto, e quindi sarebbe bene che il Pd dimentichi in tutto e per tutto la strategia berlingueriana e si dedichi ad aggiornare quella craxiana. Veltroni però, non lo farà, per una ragione –non accettabile- che lui stesso ha chiarito: solo ora può parlare liberamente da libero cittadino, senza i vincoli di una carica. Dunque, la riproposizione eterna della doppia verità, ereditata dal Pci togliattiano: una verità, quella ufficiale del partito, di totale fedeltà alla eredità berlingueriana (celebrata da Veltroni nel suo indimenticato libro “La sfida interrotta” del 1994); l’altra verità, quella “vera” quella a cui si crede nel proprio foro interiore, relegata però alla sfera personale. Ma c’è un’altra ragione che rende l’inedito entusiasmo politico di Veltroni per Bettino Craxi, particolarmente scabroso. Nel 2000, quando Craxi agonizzava a Tunisi senza cure adeguate, in una situazione sanitaria assolutamente deficitaria, Veltroni era un uomo potente: era segretario del Pds, il partito che esprimeva il capo del governo, Massimo D’Alema. Purtroppo però, né Veltroni, né D’Alema, pur essendo perfettamente al corrente della tragedia umana di Craxi, non mossero un dito. Non solo, non dissero nulla, assolutamente nulla, neanche sottovoce, contro la disumana posizione della Procura di Milano che continuava pervicacemente a rifiutare qualsiasi gesto di umanità e pretendeva che “il latitante”, per essere curato in Italia adeguatamente, si consegnasse alle patrie galere (era condannato a 22 anni!), per essere poi ricoverato, ma piantonato e in libertà vigilata, in un qualche ospedale affidabile. Una vergogna che fu amplificata dal gesto successivo del governo guidato da D’Alema, che, appena Craxi morì, propose alla famiglia la celebrazione di un “funerale di Stato”, con tutti gli onori conseguenti. Sepolcri imbiancati.

mercoledì 15 luglio 2009

Pd in un vicolo cieco. Trema la nomenclatura il popolo tifa per Grillo

15 Luglio 2009

di
Aldo Torchiaro

L’impressione è che (anche) sulla vicenda Grillo, il Pd si stia infilando in un cul de sac. Le primarie dovevano essere la fine dell’apparato e l’apertura alla società civile, ma si dimostrano – ancora una volta – un esercizio, questo sì, di cabaret. Il problema è che alla base dei Democratici le primarie piacciono aperte e Beppe Grillo, per dirla tutta, non dispiace per niente. Mentre gli oligarchi s’accalcano in una metaforica caccia alla volpe, con tutto il notabilato a cavallo che suona il corno e scioglie i cani, i militanti prendono d’assalto il web ma in senso contrario. In tanti, cresciuti a pane e manette, giustizialisti prima che legalitari, girotondini di pancia prima che riformisti riflessivi, stravedono per il comico genovese. Semplicemente, ci si rivedono. A Red, la fondazione di Massimo D’Alema, arrivano tante e-mail dallo stesso tono: “Fateci capire come possiamo votare Grillo”, insistono. E’ uno smacco al quale non danno risposta, dalle segrete stanze democratiche. Ma l’atteggiamento iraniano non paga, non serve: i mille rivoli del web s’inondano di tesserati Pd che non ne vogliono più sapere della triade ufficiale, Bersani-Franceschini-Marino. Persino il sindaco di Torino, il sempre autorevole e disciplinato Sergio Chiamparino, cresciuto alla scuola di Fassino, decide in questa situazione di non prendere parte alla farsa delle primarie. “Io a questo punto non voto più”, decreta laconico. E invita all’astensione chi prende sul serio il congresso democratico. E’ evidente per tutti che se Beppe Grillo si candida alla segreteria, vince le primarie. Per questo l’alzata di scudi è stata netta: trovato il comma, individuato l’articolo, spostato un lodo, Grillo non è più candidabile. “Si è iscritto”, rileva in coro il web democratico in un grido che lambisce l’emittente ufficiale, YouDem Tv. “Non fa niente, un’iscrizione da annullare”, replicano i garanti, tutori dell’ordine costituito. Beppe Grillo non potrebbe iscriversi al Pd perché si è rivolto al circolo fuori dal suo territorio. Giustamente non demorde: “Noi andiamo avanti. Il Pd sardo ha respinto la richiesta? Vorrà dire che la ripresenterò in continente. Peraltro la tessera praticamente ce l’ho già, ho pure pagato ben 16 euro…”, sottolinea l’interessato. E interviene, senza usare mezzi termini, l’ex presidente del Senato Franco Marini per stigmatizzare le caratteristiche di una fase precongressuale del Pd che ha del grottesco. “Il problema non è Grillo, che è un comico serio. Il suo è uno sberleffo, ci dà una scrollata. Il problema vero è l’immagine rovinata del partito che mette in palio al ’gratta e vinci’ la carica di segretario”, ha confidato Marini a Repubblica. Ce l’ha con Ignazio Marino, a quanto pare: “La cosa surreale - dice infatti - è che personaggi improbabili, senza preparazione ne’ attitudine, pensino seriamente di poter fare il segretario del partito. Il problema nel Pd - aggiunge quindi - è che si svilisce il senso di una responsabilità importante e grave quale è quella di segretario”. Dopo aver parlato del Pd come di “un partito con tante regole bizzarre, e perciò senza regole”, Marini critica il meccanismo delle primarie: “Vanno benissimo per i sindaci - osserva - ma eleggere così un segretario è come dire che l’amministratore di un condominio viene deciso da chi abita nel palazzo accanto”. E Grillo? “Per il Pd è un avversario politico - chiarisce Marini - perciò quale partito gli potrebbe dire ’entra’? Mi auguro si fermi, allora gli manderò un biglietto per ringraziarlo”. E c’è chi invita Grillo a candidarsi alle primarie di Italia dei Valori, qualora ne indica. “Perché’ Grillo non prova a candidarsi alla leadership dell’Italia dei Valori?”, provoca il responsabile comunicazione del Partito democratico, Paolo Gentiloni. In un intervento sul suo blog, Gentiloni scrive: “Se il desiderio di entrare nella stanza dei bottoni della politica è così irrefrenabile, se Beppe Grillo non riesce a resistere alla tentazione di candidarsi alla guida di un partito già presente in Parlamento, perché scegliere un partito così lontano dalle sue idee, perché aspirare alla leadership di una forza politica che combatte e sbeffeggia quotidianamente e contro la quale ha presentato liste elettorali in diverse realtà?”. La risposta la fornisce chi alle primarie blindatissime del Pd, ma quelle dei giovani, ha provato a correre: Giulia Innocenzi, tessera radicale in tasca. “Fin quando il Pd riuscirà a proporre primarie di facciata e a respingere chi vuole utilizzare le primarie per quello che servono, cioè per far concorrere gli outsider nel processo di rinnovamento della classe dirigente di un partito?”, chiede. Trincerati nel Palazzetto d’Inverno che si scioglie ormai sotto il sole di luglio, i maggiorenti del Pd tengono la linea. Comunque non si potrebbe iscrivere. Secondo il senatore Ceccantila domanda di iscrizione di Grillo non sarebbe accettabile perché lo statuto del partito al comma 8 dell’articolo 2 precisa: ‘Sono esclusi dalla registrazione nell’Anagrafe degli iscritti e nell’Albo degli elettori le persone che siano iscritte ad altri partiti politici’. Grillo non sarebbe candidabile dato che in passato è stato promotore di liste in concorrenza col Pd”. Da quando una lista equivale a un partto? E siamo certi che questa campagna di clausura gioverà all’immagine dei democratici? Ad avvalorare il dubbio sopraggiunge la lettura de L’Espresso, nel suo sondaggio on line. Per Beppe Grillo oltre cinquemila elettori democratici, per Bersani mille, per Franceschini duecento. Se si facessero davvero primarie vere….

Beppe Grillo e Pd, che triste spettacolo.

Scritto da Marcello Foa
lunedì 13 luglio 2009

Fino a qualche tempo fa seguivo Beppe Grillo con simpatia, ritenevo che certe sue provocazioni fossero salutari e contenessero anche una buona dose di verità. Ora non lo leggo più: le sue argomentazioni sono sovente pressapochiste e intrise di un populismo da bar che non sopporto più. L’uomo si è dimostrato molte volte incoerente. Fa politica, ma lo nega. Manda allo sbaraglio i comitati civici senza esporsi in prima persona, ma ora che gli fa comodo ne rivendica la paternità. In un’intervista all’Agr ha dichiarato che vuole correre per la segreteria del Pd, ma che non intende candidarsi al Parlamento. Nel suo penultimo post si leggono solenni banalità tipo: Dalla morte di Enrico Berlinguer nella sinistra c’è il Vuoto. Un Vuoto di idee, di proposte, di coraggio, di uomini . Il che peraltro è falso. Berlinguer era una persona perbene ma era il segretario di un Partito comunista e da allora la sinistra è cambiata e molto. Sbagliando, ma il tentativo lo ha fatto.
Beppe Grillo è l’uomo che si batte per l’ecologia e poi gironzola per il Mediterraneo con un motoscafo ultrainquinante; che si batte per i precari, le ingiustizie e gli avvoltoi della finanza, ma poi si dimostra abilissimo e spregiudicato uomo d’affari con redditi annui milionari. Lotta contro il copyright delle grandi major, ma denuncia per ricettazione un ragazzo che ha osato vendere su e bay un suo dvd. Non dichiara se sostiene o no lo sciopero dei blogger, probabilmente perchè l’idea non è venuta a lui, dimostrando un egocentrismo molto forte. Grillo evidentemente non ama condividere la ribalta con altri, tranne quando conviene a lui.
Ciò detto sono altrettanto allibito dalla reazione del Pd. Ma che credibilità ha un partito che,
per bocca del suo segretario organizzativo Migliavacca, si affretta a dichiarare che Beppe Grillo non ha i requisiti per ottenere la tessera? Sostiene Migliavacca: “Secondo lo statuto del Pd la domanda di iscrizione di Grillo non sarebbe accettabile perché lo statuto del partito al comma 8 dell’articolo 2 precisa: ‘Sono esclusi dalla registrazione nell’Anagrafe degli iscritti e nell’Albo degli elettori le persone che siano iscritte ad altri partiti politici’. Grillo non sarebbe candidabile dato che in passato è stato promotore di liste in concorrenza col Pd”.
Mi sembra un criterio sovietico: chi in passato ha fatto concorrenza al Pd non riceverà mai la tessera. E allora i radicali? E i tanti militanti di altri partiti? Incredibile. Non è questa la risposta di un partito moderno e sicuro di sè di fronte alla provocazione di un comico politico o se preferite di un politico comico.
E non c’è nulla da ridere…

martedì 14 luglio 2009

E' ricominciata la "sceneggiata" delle primarie. Tutti contro tutti gli omuncoli falliti del Pd.

Il Globo & La Fiamma - Australia
Venerdi 10 luglio 2009
Avevano ragione quei ex dirigenti “diessini” che avevano suggerito di evitare il Congresso per concentrarsi ad organizzare le elezioni regionali del 2010: non sono stati ascoltati. Quelli di sinistra hanno nel loro DNA il gene della “cagnara” che è subito iniziata alla grande: tutti contro tutti. E’ stata la “new entry” ad iniziare le “danze”, la giovane (38 anni) Debora Serracchiani fresca eurodeputata. Diventata famosa per avere ottenuto nella sua circoscrizione, alle elezioni europee, più preferenze di Berlusconi. Debora ha sparato a zero contro tutti i “capoccia” del Pd iniziando da Massimo D’Alema: “E’ l’opposto del progetto Pd”. Ha bollato Pierluigi Bersani come: “Uomo di apparato” e si è schierata con Franceschini perché è “simpatico”. Così ha frantumato in mille pezzi il Pd. Considerandola una sua temibile concorrente, la Rosy Bindi non ha perso tempo per rifilarle un sonoro schiaffone: “Sembrava che questa ragazza avesse più consistenza. I suoi argomenti mi sono sembrati un po’ banali, scontati e certamente non quelli di cui c’è bisogno in questo momento”. Un calcio nel sedere gliel’ha rifilato Pasquale Laurito di “Velina Rossa” un’agenzia di area ex Ds: “È questo il nuovo della Serracchiani? Ma con quale coraggio i militanti del Pd dovrebbero seguire Franceschini sulla base dei consigli della Serracchiani? Si è mai chiesta perché è diventata deputata europea? Se ricopre questo incarico lo deve proprio a quell’apparato che oggi disprezza. Abbiamo l’impressione che questa signora, o signorina, abbia avuto un’indigestione provocata dalle troppe mele mangiate insieme alla troppa grappa friulana”. Il tono della discussione nel Pd si è fatto già incandescente, altroché pacato, costruttivo e “democratico”!! Ad alimentare ancor più le “altissime” fiamme, ci hanno pensato anche Francesco Rutelli ed Ignazio Marino. Rutelli (ex Margherita) appoggerà Franceschini, ma a due “condizioni”: “Il suo programma deve essere compatibile con i nostri obiettivi. Non deve esserci un solo capo perché l’unica speranza di un ampliamento dei consensi risiede proprio nella ricchezza e nel pluralismo di idee”. Per capirci: vuole la solita ammucchiata, altrimenti correrà da Casini per fare il “grande centro”. Ignazio Marino, valente medico chirurgo e senatore Pd, un personaggio spocchioso con la puzza sotto il naso che si reputa il migliore di tutti perché parla anche correttamente l’inglese, ha dichiarato all’“Unità: “Oggi è una grande giornata per cominciare un’avventura politica che in questi giorni in tanti mi hanno chiesto di fare. Non ho paura, provo la stessa sensazione vissuta tante volte nella vita prima di un intervento chirurgico che non avevo mai fatto. Ma anche la stessa determinazione”. E’ “schifato” sino a qui del Pd ma effettivamente è lui il vero outsider di questa corsa verso il congresso che sceglierà la guida del Pd, sempre se ad ottobre esisterà ancora. Da tempo virtualmente è finito, la guerra che infuria per le “primarie” non farà altro che distruggerlo di fatto. Agli attacchi la Serracchiani replica direttamente via internet su “Facebook”: “Mentre il Paese attraversava una delle crisi più difficili con un governo impegnato in una politica fatta di spot senza nessuna efficacia reale il Pd era spesso occupato a dirimere i ‘propri’ conflitti tra chi aveva come unico obiettivo il logoramento del leader di turno. Ed io so, da elettrice come voi, quanto questo ci abbia dato fastidio e ci abbia a tratti allontanati dalla politica e dal nostro partito”. Subito si è sviluppato un acceso dibattito tra il popolo di Facebook: “Cara Debora ho visto delle mummie inveire contro di te, ciò significa che la scelta che hai fatto è quella giusta”. Qualcuno invita la Serracchiani a “resistere” e a non farsi “intimidire” e prevale lo scetticismo: “Hanno vinto loro! Non ci sarà nessun rinnovamento nel Pd. Ricompaiono i D’Alema, i Fassino, i Bersani, le Finocchiaro, in pratica i perdenti da 25 anni!”.Nel frattempo, nei sondaggi, la Serracchiani risulta la più votata come eventuale candidata per le primarie del Pd (anche se lei stessa ha chiarito che non scenderà in campo direttamente). Dietro di lei, Bersani (che vuol fare del Pd una “bocciofila”), Chiamparino (che si è tirato fuori dalla mischia: mica è scemo!), Marino e poi, per ultimo, Franceschini. D’Alema non gradisce il tono del dibattito e non nasconde la sua irritazione per le critiche ai “vecchi apparati” espresse dalla Serracchiani e quelle di Franceschini che non vuole lasciare il Pd “a quelli che c’erano prima di lui”. Massimo, il leader “minimo”, dice che non ci sono stati “complotti” e che non è lui la causa delle due “disastrose” sconfitte politiche ed è barbaro “avvelenare” il confronto interno, ma non perde tempo per lanciare alcune bombe Molotov. La sua specialità. Per lui Franceschini, “non regge” e Ignazio Marino è una persona seria, ma in questo momento non è la persona “adatta”, magari in un altro momento. Fassino si arrabbia e sbotta: “Massimo si dice statista e ha paura della Serracchiani? Rifletta perché ha preso 160 mila preferenze”. Nel Pd una cosa sola è certa: che da qui ad ottobre può succedere di tutto. Sicuramente in questi mesi la sinistra sarà occupata a dividersi, recriminare sul passato lontano e recente ed “accoltellarsi” fra correnti e candidati. Ma diranno: il nostro è un congresso vero, con una lunga e travagliata discussione politica, prendano esempio tutti gli altri. Alludono a Berlusconi? E nel frattempo chi continuerà a perseguitare il premier che D’Alema considera ormai “bollito” e prevede per lui altre “scosse”? Visto che con la magistratura e neppure con le veline, le pseudo minorenni, le escort, le 5000 fotografie nella sua villa in Sardegna sono riusciti a distruggerlo, ora sono passati ad una nuova “strategia”: quella dei gruppuscoli che lo contestano. La popolarità raggiunta da Berlusconi non è mai stata sognata, neanche lontanamente, da Prodi, Fassino, D’Alema o un Franceschini qualsiasi. Allora occorre far di tutto per appannare l’immagine gettandogli spruzzi di sterco addosso. In ogni sua uscita pubblica, Silvio è accolto da una moltitudine di cittadini che lo applaudono e lo incitano ad andare avanti. Benissimo, allora ad ogni sua comparsa, vengono organizzati piccoli manipoli di 20/30 contestatori che lo fischiano e lo insultano. Le Tv e giornalisti, onnipresenti, porteranno l’eco della protesta nelle case d’ogni italiano anche di quelli che risiedono all’estero, per accreditare la tesi che Berlusconi non è più così amato dagli italiani. Che è in rapido declino e sull’orlo d’abbandonare. E’ il un sogno “ricorrente” della sinistra che svanisce all’alba. A Viareggio hanno dimostrato a Berlusconi un’ostilità ingiustificata non essendo la sciagura colpa dell’operato del governo. Allora perché lo insultavano? La sinistra sta preparando il clima per favorire in autunno scontri di piazza? Con questa irresponsabile opposizione tutto è possibile. D’Alema aveva previsto una “scossa” nel governo che infatti c’è stata: l’azzeramento del “governodella regione Puglia. Ha sbagliato governo! Ad un apprendista stregone può accadere. Quello che meraviglia è che, tutto ad un tratto, il “martellante” sistema mediatico sul caso Bari, le escort, le cene con il premier, il giro di ragazze facili, si è bloccato all’improvviso perché l’inchiesta ha preso un’altra piega. I media, soprattutto “La Repubblica” ed “Il Corriere della sera”, non sono più interessati. Le intercettazioni telefoniche dicono che le escort allietavano le serate di dirigenti del Pd. Viene fuori una cronaca di tangenti e di appalti facili in cui è coinvolto un ex assessore Pd, che sta per diventare senatore. Nichi Vendola ha azzerato la giunta regionale ed i “dalemiani” sono stati “decapitati”. Inizia anzitempo la guerra di successione a Vendola. Il Pd si prepara a sostituire con Francesco Boccia (quarantenne amico di Enrico Letta) Michele Emiliano, il potente sindaco di Bari rieletto alla grande nelle ultime amministrative, che aspira alla candidatura alle prossime regionali per il Pd. Come al solito i dirigenti della sinistra continuano ad interessarsi esclusivamente dei loro affari personali. Non hanno un progetto, un programma o un “sogno” da proporre ai loro elettori ed è difficile capire come facciano ancora a seguire e, peggio ancora, ad aver fiducia di questi falliti omuncoli della politica.

lunedì 13 luglio 2009

La scossa che ha travolto la sinistra


Scritto da Giovanni Alvaro

Sunday 12 July 2009

E’ arrivato come un manrovescio, una sberla senza complimenti, un pugno ben assestato, e l’hanno assorbito senza fiatare perché totalmente disorientati. Di certo non se lo aspettavano ed anche per questo, infatti, è stato ancor più pesante e mortificante. In un attimo, mesi e mesi di “imbecillità” e di gossip sfrenato sono finiti nel nulla, diradati come nebbia al sole, scomparsi dalla scena, quella costruita con tanta cura e convinzione di successo, anche per l’apporto di ascari stranieri al soldo di uno squalo senza vergogna alcuna che, proprio in queste ore, si sta rivelando uno squallido personaggio.
Il G8 che doveva seppellire il Premier italiano è diventato invece la sua apoteosi, il suo trionfo certificato non da un Emilio Fede ma, addirittura, dal Presidente americano Barack Obama, un democrat doc, osannato fino ad ieri come un messia, e che aveva fatto sognare le scomposte e brancaleoniane truppe italiche ormai letteralmente allo sbando, in precipitosa ritirata ed alla ricerca di vessilli da inseguire o di nicchie dove garantirsi una sopravvivenza. Non esiste altro metro di lettura per i travasi di ‘fior di dirigenti e di intellettuali’ verso l’IDV del superacculturato Antonio Di Pietro, ormai faro per l’intellighetia rossa.
Aver sentito dire ad Obama che a Berlusconi, all’odiato Berlusconi, al nemico pubblico n. 1, all’abominevole uomo delle nevi, all’uomo senza remore e senza morale, al ‘frequentatore’ di minorenni (accusa accettata come verità anche da tal monsignor Vattelaapesca), andava riconosciuta unastraordinaria leadership”; aver ascoltato parole di esaltazione da parte di tutti i partecipanti agli incontri, ha sconvolto letteralmente la sinistra nostrana e i suoi, si fa per dire, dirigenti, ufficiali e no, da Franceschini a Veltroni, da Bersani a D’Alema, da Eugenio Scalfari a Ezio Mauro, a De Benedetti, con i loro ormai logori e spuntati strumenti come Repubblica, Corriere della Sera, Stampa e Unità oltre a testate estere come El Pais, Guardian e New York Times. L
a cosidetta carta vincente Altro che scossa! E’ stata una micidiale scarica di migliaia di volt! Un vero e proprio tsunami che ha spazzato via quel che rimaneva ancora in piedi della lettera di Veronica e della sua richiesta di divorzio, della festa di compleanno di Noemi e della condanna ad orologeria dell’avvocato Mills, dei voli di Stato e delle foto ‘rubate’ a Villa la Certosa, delle feste a Palazzo Grazioli e dell’infame testimonianza della D’Addario, dei tentativi ‘a pagamento’ per avere dichiarazioni contro il Premier e dell’asfissiante campagna di Repubblica fino alla ignobile richiesta del Guardian di esclusione dell’Italia dal G8.
All’improvviso la scossa che doveva verificarsi contro Silvio Berlusconi, ha cambiato direzione ed ha sommerso sotto macerie d’ogni tipo ideatori, esecutori e tricoteuses. Mai come in questo momento si può dire che ‘il re è completamente nudo’. Lo ha dimostrato un redattore di Repubblica che, in conferenza stampa, ha teso a capovolgere, con stupefacente candore, il problema domandando a Berlusconi cosa ne ‘pensasse del fatto che non vi era stata nessuna compromissione dell’immagine dell’Italia a seguito della campagna di Repubblica dato che erano stati espressi validi riconoscimenti da parte di Capi di Stato e di Governo stranieri’.
Si fa finta di non capire che senza le capacità di Berlusconi, Repubblica avrebbe avuto partita vinta con un Premier azzoppato ed un’Italia messa all’indice. Lapidaria la risposta del Presidente: ‘Cosa ne penso? Che non avete raggiunto il risultato che volevate. Volevate rovinare l’Italia, ma avete fallito. Auguri’

Stupri, la questione morale del PD

Scritto da Paolo Della Sala

domenica 12 luglio 2009

Ignazio Marino: Pazzesco come sia vero il detto Sic transit boria mundi. ("Così passa la gloria di questo mondo"), Ancora una settimana fa la campagna stampa costruita da Repubblica, col contributo fondamentale di pezzi del parastato e di potentati economici italiani e stranieri, aveva trasformato il Presidente del Consiglio in un pubblico peccatore, continuando così a riverginare gli aristoi del PD come santi-salvatori del mondo, mentre invece si tratta di un partito-reliquia,
ridotto con Veltroni a danzare la Cumparsita per George Clooney, annegato dalla sua incapacità di uscire dalla fossa delle sue origini: Democrazia Cristiana, Partito Comunista Italiano, Partiti totalitari di massa del Novecento (inclusi quelli nazionalisti-statalist)i, massonerie e consorzi di tipo bancario-affaristico (Nomisma di Prodi) o cooperativistico (nelle amministrazioni locali), con una cultura politica imbarazzante, fatta di un mix di statalismo, liberismo (il peggiore: quello per cui il liberismo si applica solo a se stessi, mentre per gli altri c'è il rosario kantiano della iuslatria), marxismo, globalismo (prodiano-sorosiano), no-globalismo (verbale); ambientalismo, anti-ambientalismo (caso monnezza in Campania), becerismo da superiorità nietzschiano-scalfariana.
Ma il castello è crollato alla posa della prima pietra: a partire dagli apprezzamenti di Obama e dei global media sul successo mediatico-organizzativo del G8 (quanto ai risultati concreti, siamo nello standard); poi con lo sputtanamento micidiale di Murdoch in the Sky with interceptations; infine con la scoperta dello scandalo pugliese del PD, con -ci dicono le indagini- una villa a Matera dove utilizzare sciacquette per oliare i pistoni fumanti dell'ennesima massoneria politico-imprenditoriale rossa. Un languido tango, e poi via sulla tangenziale a partire per le tangenti.
Ieri si è aggiunto il piccolo scandalo di uno stupratore dirigente di un circolo romano del PD. La cosa doveva restare privata, come sempre in casi di criminalità. Infatti avevo scelto di non parlarne, considerando sbagliato speculare politicamente su casi simili. Invece poi è arrivato lo sputtanamento per bocca di un candidato alla segreteria del PD. A quel punto si è schierato tutto l'Apparathnik residuale dell'ex Gran partito, i Bersani, le Rosy Bindi, fino a quel caso pseudo-giovanilista interamente costruito a tavolino da La Repubblica, cioé Debora Serracchiani. Debora Serracchiani rappresenterebbe il partito dei pannolini Lines, contro il partito dei pannoloni. L'opposizione invece abbisognerebbe di persone serie, con una formazione politica successiva a solidi bagni di contenuto (nel mondo dell'impresa, della fede, del sapere...), con il giusto equilibrio tra infantilismo e senescenza (non è questione anagrafica, ma culturale: il presidente della Repubblica è più giovane di tutto l'apparato del suo partito). Prima di leggere l'articolo del Corriere della Sera sul "caso" sollevato dal chirurgo Ignazio Marino, candidato segretario del PD, conviene rileggersi il titolo di ItaliaOggi del 4 luglio: PD, vogliono fare a fette il chirurgo, Sottotitolo:Via libera al fuoco di sbarramento contro Ignazio Marino: "Nel PD sono cominciate le grandi manovre per sbarrare la strada al terzo uomo Ignazio Marino, colui che può veramente far male ai due candidati di bandiera e nomenklatura...".Ecco il succoso articolo del Corsera al riguardo. Da sottolineare la battuta finale di Debora Serracchini, perfetta interprete del Grande Cambiamento intervenuto: dal comunismo al luogocomunismo. Dal culetto delle veline al paraculetto delle eurodeputate -divenute tali tramite pre-imbalsamazione dell'indipendenza di giudizio- non è che ci sia molto progresso. MILANO - «Trovo davvero incredibile che un criminale che già 13 anni fa era stato coinvolto in odiosi reati di violenza sessuale possa essere arrivato a coordinare un circolo del Pd». È un duro attacco quello che il senatore Ignazio Marino, medico-candidato alle primarie del Partito democratico, lancia circa i criteri di selezione dei dirigenti locali riferendosi all'
arresto dello stupratore seriale a Roma, coordinatore di un circolo democratico nella Capitale. «È evidente - ha detto Marino in una nota - che nel Pd abbiamo una questione morale grande come una montagna, che non può essere ignorata né sottovalutata». Parole che hanno scatenato una vera e propria bufera all0'interno del Partito democratico. Sollevando in primis l'ira del leader Dario Franceschini, secondo il quale le parole di Marino «sono offensive per migliaia di coordinatori di circolo, quadri e centinaia di migliaia di iscritti».
«Una cosa - spiega in una nota il segretario dei democratici - è il dibattito congressuale tra candidati e anche la comprensibile tentazione di far accendere i riflettori. Un'altra cosa è utilizzare un episodio oscuro e terribile, il caso, come abbiamo letto sui giornali, di una persona con una doppia vita invisibile a tutti quelli che lo hanno frequentato nel lavoro e nelle amicizie, per parlare di questione morale nel Partito democratico». pesanti critiche alle parole di marino anche da parte di Pier Luigi Bersani: «Sono davvero dispiaciuto - spiega - . Cose del genere non le pensa di noi il nostro peggiore avversario». Rosy Bindi non usa mezzi termini: «Marino che si presenta come il campione della laicità, in realtà è solo il campione della strumentalizzazione. Non c'è bisogno d'altro per dimostrare che non ha nè il cuore, nè l'intelligenza per dirigere un grande partito come il Pd». Di «inopportuna strumentalizzazione» parla anche Debora Serracchiani. L'europarlamentare del Pd accusa il medico-candidato alle primarie di non avere «nessun rispetto per il dolore delle donne coinvolte in questa vicenda» e di mettere «in discussione il lavoro di migliaia di coordinatori di circolo che quotidianamente si adoperano per radicare e rendere più forte il partito tra la gente».

domenica 12 luglio 2009

L'Aquila e Berlusconi

Domenica 12 Luglio 2009


Scritto da Mario Monti

Con il G8 il presidente del Consiglio ha ottenuto un importante successo, per l'immagine dell'Italia e per la propria leadership. Come lo utilizzerà? A Berlusconi sono stati rivolti in questi giorni vari consigli: condivida il successo di politica estera con l'opposizione, lo trasformi in un atteggiamento più conciliante in politica interna. E' auspicabile che il pre­mier sia sensibile a tali sug­gerimenti, anche se le sue prime dichiarazioni non vanno in questa direzione.Al di là dello stile, quale progetto politico potrebbe dare al governo un colpo d'ala, sullo slancio e nello spirito dell'Aquila? Berlusconi dovrebbe ispirarsi proprio all'aquila: rapace di grande prestanza fisica, ma che ha il suo vero pun­to di forza nella vista, capace di fissare nitidamente obiettivi lontani. L'obiettivo: l'Italia del 2015-2020. Il progetto: un insieme coerente di riforme per la crescita dell'economia e della società.Singoli ministri, di fronte alle resistenze che ogni riforma comporta, possono chiedersi se l'Italia, colpita dalla crisi meno di altri Paesi, abbia davvero bisogno di riforme; e se sia opportuno chiedere uno sforzo di riforma durante una crisi. Ma il capo del governo non può non vedere che la sua legacy , l'opinione che in futuro si avrà della sua opera, dipenderà dalla realizzazione o meno di un tale progetto, non da una serie di vittorie contingenti contro gli avversari.Berlusconi ha saputo costruirsi un consenso vastissimo, tra gli italiani di oggi. Ma per avere quello degli italiani di domani, per essere considerato un gior­no colui che avrà reso l'Italia più moderna e più giusta, non colui che avrà sprecato una grande occasione, deve trasformare in riforme il consenso che ha og­gi, anche a costo di perder­ne un po'.Riduzione strutturale della spesa pubblica corrente, riforma delle pensio­ni anche per rendere meno precario il lavoro dei giovani, riforme incisive nella scuola e nell'università, introduzione di una maggiore concorrenza per aprire i mercati e ridurre le rendite, liberalizzazione dei servizi e specialmente dei servizi pubblici locali: queste sono — lo ricordavo di recente («L'Italia ha bisogno di una data chiave» Corriere , 28 giugno) — alcune ri­forme necessarie.Angelo Panebianco («I veri ostacoli alle riforme» Corriere , 6 luglio) ha osser­vato che l'assenza di incisive riforme in questi settori «obbliga da decenni l'economia italiana a funziona­re a basso regime», ma d'altra parte «assicura al Paese condizioni di stabilità so­ciale e territoriale». Si chiede lucidamente Panebianco: «Ciò significa che non bisogna fare quegli interventi riformatori? Bisogna farli di sicuro, a meno che non ci si rassegni definiti­vamente all'idea che la de­mocrazia italiana possa reggere solo se si accettano bassi tassi di crescita (anche a crisi superata) e forse, in prospettiva, un ulteriore impoverimento complessivo. Ma bisogna anche individuare le strategie utili per attutire gli inevitabili contraccolpi » .Questo è il dilemma che Berlusconi, rafforzato dopo l'Aquila sul piano interno e internazionale, ha di fronte a sé. Si propone di gestire l'Italia nello spirito di una buona amministrazione ordinaria? O si sente di dedicare i prossimi quattro anni a un programma straordinario che, con le opportune misure di accompagnamento, introduca radicali riforme affinché l'Italia non debba rassegnarsi e possa avere sia la democrazia sia la crescita?