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mercoledì 29 febbraio 2012

Sono "berlusconiano" e me ne vanto.

Prima dell’11 febbrai 1994 ero un convintissimo “antipolitico” ed avevo una “pessima” opinione dei politici che consideravo “politicanti” e per giunta “furfanti”. Mi ero fatto questo concetto dopo che, vent’enne (1959), l’avevo visti “all’opera” alla Camera dei deputati dal “loggione” riservato ai cittadini che vengono ammessi a “godersi lo spettacolo”. Per la verità, questi ultimi 18 anni, in cui mi sono interessato di politica, sono serviti per convincermi ancor di piu’ che era del tutto esatto ciò che avevo “dedotto” circa 34 anni prima. La politica mi ha sempre “infastidito” ed e’ per questo che mi ero sempre tenuto alla larga. Non ho mai “ambito” al “posto fisso statale” e, quindi, non ho mai partecipato a concorsi e, di conseguenza, non ho dovuto chiedere raccomandazioni all’onorevole, o al senatore, al sindaco, al vescovo o a qualche “caporione” politico locale. Per “vocazione” ho scelto di lavorare alle dipendenze di ditte private oppure come imprenditore autonomo. Soltanto per mancanza di opportunita’, sei anni fa’ sono andato in pensione all’età’ di 67 anni. L’Australia ha impiegato circa una settimana per concedermi la pensione e, per ricompensarmi di averla ritardata di due anni, mi ha liquidato anche un discreto bonus. L’Italia, oltre a non avermi riconosciuto alcun bonus, ha liquidato la pensione dopo circa un anno. E’ “abissale” tra i due Paesi la differenza con la quale vengono trattati i cittadini. Ora che sono “pensionato”, lavoro il doppio di prima e senza stipendio, in piu’ spendo quel poco di mio. Quando uno e’ “fesso” e’ “fesso” per tutta la vita! Questo e’ quanto decreteranno i “furbacchioni” che hanno sempre vissuti alle spalle dello Stato italiano e che, magari, sono andati in pensione molti anni prima di aver compiuto 65 anni. Ma io sono “orgoglioso di aver sempre dato” al mio Paese senza mai “sfruttarlo” e di aver contribuito al “miracolo economico” del ’60. Quando l’11 febbraio 1994 fondai il “Club Forza Italia” a Sydney, erano gia’ 12 anni che risiedevo in Australia ed avevo avuto modo di apprezzare l’organizzato sistema governativo australiano sia a livello “statale” che “federale”. Una volta “sistemati” i miei cinque figli, il mio interesse alla politica, fu dovuto in gran parte al desiderio di veder realizzate alcune riforme necessarie a rendere l’Italia all’altezza dei tempi e metterla al livello delle democrazie più avanzate, tutte molte più snelle ed efficienti della nostra, gravata da “elefantiasi” e “paralisi” ad ogni livello. Ero stanco marcio di quei “guitti” che continuavano con i giochetti ai quali gli italiani “abboccavano” da circa 50 anni. La mia “simpatia” per Silvio Berlusconi derivava dall’aver visto in lui l’uomo che “poteva trasformare” l’Italia in un Paese da essere governato almeno a livello australiano. Purtroppo non e’ stato così. Per tanti motivi l’obbiettivo e’ stato mancato, soprattutto per i “tradimenti” dei suoi alleati di turno, primo fra tutti quello di Gianfranco Fini. Ma, nonostante tutto, la “scesa in campo” di Silvio Berlusconi e’ stata molto importante per avere messo in evidenza tutto il “marcio” che l’Italia era andata accumulando anno dopo anno dovuto alla corsa “smodata” e “folle” del potere, che ha caratterizzato le “fameliche” forze politiche uscite dal “digiuno” di una lunga dittatura. Se non altro a Berlusconi gli si deve riconoscere il “merito” di essere riuscito, con la sua presenza e la sua politica, a mostrare agli italiani il “marcio” che ha devastato e sta devastando ancora di più la nostra democrazia. E’ un “merito” che non gli viene riconosciuto abbastanza e che invece qualificherà positivamente la sua esperienza politica e gli assegnerà un posto nella storia. Con Berlusconi gli italiani hanno potuto vedere tutto il “marciume” che si era consolidato in tutti questi anni grazie a personaggi che si sono “accaparrati” il potere e si sono concessi “privilegi” che ora vogliono “conservare” con le unghie e con i denti. E’ per questo che si sono scagliate contro Berlusconi, “manifestamente” o “occultamente”, quasi tutte le istituzioni italiane. Tra queste la magistratura, che ha temuto l’avvicinarsi del tempo della “resa dei conti” a suo danno, e perciò ha reagito con tutti gli enormi poteri in suo possesso e con la complicità e la colpa di tutte, o quasi, le istituzioni. Con l’ultima sentenza di alcuni giorni fa sul caso Mills, la partita tra la magistratura (di una parte) e Berlusconi si chiude con un 25 (tanti sono i processi conclusisi senza condanna) a “zero” a favore di quest’ultimo. Rimangono tre processi in corso, compreso il caso Ruby, riuscirà la magistratura a segnare il “goal” della bandiera?

Come volevasi dimostrare: il Pd si e' cacciato nel sacco.

Per anni, specialmente per l’intero anno 2011, da tutti quelli che lo hanno “sempre combattuto”, e’ stato chiesto a Berlusconi di “dimettersi” perche’ ormai non era piu’ in grado di governare. Era stato “venduta” al grande pubblico la necessità di un governo di “competenti” per evitare il peggio all’Italia. E dopo essersi “sbizzarriti” nella ricerca del nome che doveva assumere il nuovo governo (di salute pubblica, di solidarietà nazionale, del Presidente ecc.), alla fine, con grande soddisfazione degli avversari di Berlusconi, il 16 novembre 2011 e’ nato il governo “tecnico” guidato da Mario Monti. Quindi, sono stati “loro” (Bersani, Fini e Casini) ad aver “invocato” la nascita del governo attuale. Secondo molti un “governo di tecnici”, non essendo legato a un partito, e quindi slegato dal vincolo delle “promesse” fatte agli elettori per ottenere il loro voto, non poteva che fare il vero bene dell’Italia. Di conseguenza, chiunque dovesse mettersi di traverso per impedirgli di governare, sarebbe inevitabilmente considerato un “fanatico traditore”. La prima fase del governo Monti e’ andata “liscia”, visto che si trattava di provvedimenti di aumento delle tasse che la “sinistra” ha approvato senza nessuna remora visto che e’ sempre stata “il partito delle tasse” e perche’ il Pdl non ha temuto l’impopolarità’. Ora si e’ passati alla seconda fase e sono iniziati i “dolori” perche’ si parla, in particolare, dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori che s’intitola “reintegrazione sul posto di lavoro” e disciplina le conseguenze “in caso di licenziamento illegittimo” nelle ditte con più di 15 dipendenti. L'articolo 18 dispone che, in caso di licenziamento “senza giusta causa” o giustificato motivo, il lavoratore sia reintegrato nel posto di lavoro. Il giudice, qualora accerti l’illegittimità del licenziamento per uno dei motivi indicati nella legge n. 604/1966, ordina la “reintegrazione” del lavoratore nel posto di lavoro. Oltre all’ordine di reintegrazione, al lavoratore spetta, in ogni caso, un risarcimento danni che non può essere inferiore a cinque mensilità. Infine, al dipendente e’ data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità. Se si modificherà’ l’art 18, la Fiom (Federazione Italiana Operai Metallurgici) promette scioperi generali, la Cgil (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) si è messa risolutamente di traverso e il Pd non se la sente di dissociarsi sia dal suo sindacato di riferimento (CGIL) sia da una buona parte della sua base elettorale. Il segretario Bersani ha pubblicamente e solennemente affermato che il suo partito non accetterà supinamente le decisioni del governo, ma valuterà le sue proposte e dopo deciderà. Il bello e’ che il Pd ha “voluto” il governo Monti e gli ha “votato” la fiducia ed era “consapevole” che doveva appoggiare “incondizionatamente” l’azione del governo da loro “invocato” e finalmente ottenuto. Se il Pd obietterà che le norme del governo Monti sono “sbagliate e ingiuste”, smentirà se stesso quando chiedeva il “governo dei tecnici”. Ora Monti ha detto a chiare lettere che “con o senza l’accordo dei sindacati” farà la riforma del lavoro e l’articolo 18 andrà modificato per permettere gli investimenti in Italia delle ditte straniere e per bloccare il “trasferimento” all’estero delle ditte italiane. Ora il Pd dovrà scegliere tra “rompere” con la Cgil e con buona parte di un elettorato al quale ha parlato per decenni dell’art.18 come di un “tabù intoccabile” oppure “rompere” col governo. Pur sapendo che facendolo cadere sarà accusato di essere “un fanatico traditore” e di avere impedito che il “governo dei tecnici” facesse il bene del Paese. Berlusconi, che ha sempre invocato la riforma del mercato del lavoro, potrà dire che il Pd non voleva un governo che facesse il bene della nazione, ma soltanto uno che lo avesse “allontanato” dal governo dopo avere vinto legittimamente elezioni democratiche. Il Pd si e’ “cacciato nel sacco”. Per uscirne o dovrà “tradire” Monti che ha voluto, oppure mettersi contro alla CGIL e ad una grossa fetta dei suoi elettori. E’ la prova provata del fallimento del Pd e che e’ diventato un’interessante caso di “psicologia”. Non si comprende come mai i sondaggi indichino che il 25/28% degli italiani voterebbero per un partito che non “esiste” perche’ non ha dirigenti, non ha un programma, non ha idee e che per il solo “cieco” odio verso Berlusconi si e’ “cacciato nel sacco”.