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mercoledì 29 agosto 2018

Mario Monti, l'ultima presa in giro dell'ex premier agli italiani: come lo inchioda Senaldi

di Pietro Senaldi 28 Agosto 2018
Pietro Senaldi a Sottovoce: "Tutta la verità su Libero"
Allarme, è tornato. Il professor Mario Monti ha scritto ieri l' editoriale del Corriere della Sera, muovendo le sue critiche alla politica del governo rispetto all' Unione Europea. In breve, l' ex premier sostiene che l' Italia sbaglia a far la voce grossa sugli immigrati perché così facendo si isola rispetto a Germania e Francia, le quali potrebbero essere tentate di sostituirla con la Spagna come interlocutore privilegiato. Viene anche criticato l' avvicinamento «all' austroungarico» Orbán, che oggi incontrerà il ministro Salvini, quasi il leader ungherese avesse la peste e non appartenesse al Ppe, il partito della Merkel. Infine, contesta al governo di volersi riposizionare nella Ue senza averlo concordato con nessuno.
Faccio appello alla proverbiale autoironia del professore e mi permetto un paio di considerazioni. Innanzitutto, quando egli discetta di Unione dalle colonne del Corriere, tremo. Il mio pensiero corre all' autunno del 2011: allora i suoi dotti editoriali europeisti gli spianarono la via di Palazzo Chigi a danno del Cavaliere, sfrattato violentemente in omaggio ai voleri di Berlino e Parigi e con la complicità della sinistra. Grazie a Dio, il Pd, che lo sostenne con Forza Italia, oggi non rappresenta né un avversario credibile né un' alternativa valida. Tuttavia il terrore che il film si ripeta, con nuove tasse sulla casa, aumento dell' Iva, stretta sulle pensioni e patrimoniali imposte dall' Unione resta vivo in me. Ricordo infatti che l' aumento del debito pubblico e la crescita più bassa e tardiva nell' Unione non la dobbiamo al governo Lega-M5S, ma a Monti e ai premier che l' hanno seguito, temporalmente e nell' approccio con i conti e con Bruxelles.
Ma entriamo nello specifico: mi chiedo se quando scrive che sarebbe il momento buono per l' Italia per provare a dialogare da pari a pari con Francia e Germania, il professore ci sia o ci faccia. Ai suoi tempi, con i nostri euro avevamo appena contribuito a rimettere in sesto i conti delle banche tedesche, distrutti da speculazioni sbagliate, e avevamo appena pagato dazio a Sarkozy, saziando le sue bramosie regalandogli mezza Libia. Eppure, quando abbiamo bussato alle porte dell' Europa perché ci aiutasse a rimettere in ordine i nostri istituti di credito, essa ci ha risposto che avevamo presentato domanda tardi, come se si trattasse dell' iscrizione a un concorso a premi e non una richiesta a un' Unione solidale tra Stati. Quando erano forti, Berlino e Parigi ne hanno approfittato per azzannarci al collo, perché dovrebbero soccorrerci ora che hanno i loro problemi in patria?
CHI STA CON CHI
Monti giudica l' immigrazione una questione importante, ma non l' unica. Resta però una cartina di tornasole. È noto che chi sbarca in Italia punta a lasciarla per spingersi più a Nord, ma se Francia e Germania non ci aiutano a sistemare 150 eritrei dopo che abbiamo ridotto di più del 50% gli sbarchi, e quindi i potenziali clandestini in tutta Europa, come possiamo aspettarci sostegno per questioni più complicate?

Forse è il caso di ribaltare il punto di vista: l' Europa si sta squagliando, lo dicono tutti. A chi la comanda, e da essa trae i maggiori vantaggi, la scelta: arroccarsi fino a spaccarla o dialogare. Al momento, la linea dura del governo sull' immigrazione paga: se non altro, gli scafisti hanno iniziato a puntare la maggior parte dei gommoni verso la Spagna anziché verso la Sicilia. Per ora, la sostituzione di Roma con Madrid paventata da Monti è vantaggiosa.
Quella che però non va giù al professore è la sostituzione nella ricerca del dialogo da parte dell' Italia dell' asse Parigi-Berlino con quello Vienna-Budapest senza che nessuno lo abbia deciso né votato. A parte che l' euroscetticismo di Lega e M5S era noto a tutti anche prima del 4 marzo, liquiderei il rimprovero del bocconiano rammentandogli che nessun italiano aveva scelto neppure lui, tantomeno votato, e che pure ce lo siamo ritrovato prima a Palazzo Chigi e poi in Parlamento a vita.
L' EST NON È EUROPA?
È poi inaccettabile che l' intellighentia democratica europea possa trattare Ungheria, Polonia e Austria con un disprezzo che non ha mai riservato neppure ai regimi islamici più feroci solo perché hanno governi che non le aggradano o che preferiscono Salvini a Martina e Gentiloni. Se l' Est è ancora considerato come l' Impero Austro-Ungarico, perché l' Europa si è precipitata ad allargare a esso i propri confini? I casi sono due: o l' Unione è un insieme di nazioni solidali, e allora, dai migranti alle banche, quando uno è in difficoltà lo aiutano tutti, oppure è un far west dove si combatte una guerra per bande, e allora è lecito che ognuno stia con chi gli pare.

Su una cosa il professore ha ragione: la Ue di Francia e Germania sta lavorando per creare intorno a Salvini e a questo governo un cordone sanitario che li isoli. Sono i sussulti violenti e reazionari di un' organizzazione sfilacciata che non riesce a darsi la missione per la quale nacque. Possono fare male, ma non per questo il progetto salviniano di tentare una soluzione alternativa e allargare davvero l' Europa agli Stati dell' Est come interlocutori e non come membri senza diritto di parola non ha dignità o è destinato al fallimento.
Chiudo con un aneddoto.

Pochi giorni fa i giornali hanno festeggiato l' uscita della Grecia dal commissariamento europeo dopo sette anni drammatici: operazione riuscita, si è detto, omettendo di specificare che però il malato è morto. Al professor Monti stupirà sapere che ho un amico fraterno, Nicola Crocetti, editore della rivista Poesia, al quale a maggio la Grecia ha conferito la massima onorificenza culturale alla presenza del presidente della Repubblica. Al rinfresco c' erano solo aranciata e acqua minerale perché, ha spiegato il capo dello Stato ellenico al mio colto amico, «qui da che comanda l' Europa non abbiamo neppure i soldi per offrirti una tartina».

martedì 28 agosto 2018

IL COMPAGNO BENETTON

di Emidio Novi (ex deputato)

Insaziabili questi Benetton, più guadagnavano meno spendevano per la manutenzione delle autostrade che avevano avuto in regalo dal centrosinistra.

Fortunati questi Benetton. In pieno delirio privatizzatore comprano dall’IRI la catena Gs. La comprano con i soldi delle banche e subito la rivendono, guadagnandoci 4500 miliardi di lire. In euro sarebbero due miliardi e 250 milioni.

Fantasiosi questi Benetton. Prodi, Ciampi e Giuliano Amato s’erano impegnati con Bruxelles e soprattutto con francesi e tedeschi a smantellare l’Iri. Massimo D’Alema li prende in parola e nel 1999 decide di privatizzare la rete autostradale di proprietà dell’Iri e quindi dello Stato. Ancora una volta i Benetton non si perdono d’animo. Una lira delle loro non la rischiano, non sia mai. Bussano a Banca Intesa e gli viene aperto. Chiedono un piccolo prestito che in euro è di 8 miliardi e l’ottengono. Con questi soldi comprano dall’Iri Autostrade. Per due, tre anni la manutenzione della rete è quasi inesistente. Con i soldi rastrellati ai caselli e l’aumento delle tariffe restituiscono i soldi a Intesa.

Le Autostrade sono una Zecca che produce moneta sonante. I Benetton semifalliti come imprenditori del tessile-abbigliamento hanno diversificato e incassano tanti di quei soldi da diventare investitori globali.

Grandi investitori, questi Benetton. Con i soldi guadagnati con una gestione finanziaria e non industriale della rete autostradale ex Iri i Benetton diventano soci degli spagnoli di Albertis e comprano il 50% della rete. Vito Gamberale si dimette dalla societa Autostrade perché non ne condivide la politica. Si pensa solo a incassare soldi ma si bada poco alla manutenzione e alla modernizzazione di un asset così importante.

Insaziabili questi Benetton. Con una redditività del 25% decidono di tagliare le spese di manutenzione. Per loro le Autostrade ex Iri sono una miniera d’oro inesauribile. Aumma aumma nel 2016 ottengono una proroga quarantennale con un emendamento aggiunto all’ultimo minuto dal governo alla Finanziaria. Una vergogna. La banda Renzi è capace di tutto. I predecessori non sono stati da meno. I contratti che riguardano i concessionari delle autostrade vengono secretati.

E la trasparenza del mercato, la concorrenza, le terzietà della politica, l’occhiuta vigilanza del commissario per la concorrenza di Bruxelles? Tutto fumo, chiacchiere e distintivo.

Questa banda di malavitosi merita un decreto del governo che spazzi via la benevolenza di TAR e magistratura civile corrotta.
E che faccia capire a opposizioni e potere mediatico che “la fortuna” sta abbandonando i Benetton, e quelli come loro.

domenica 26 agosto 2018

 

Chiesa, 2mila miliardi di immobili nel mondo

 
Il suo patrimonio mondiale è fatto di quasi un milione di complessi immobiliari composto da edifici, fabbricati e terreni di ogni tipo con un valore che prudenzialmente supera i 2mila miliardi di euro. Può contare sullo stesso numero di ospedali, università e scuole di un gigante come gli Stati Uniti. Ha oltre 1,2 milioni di "dipendenti" e quasi un miliardo e duecento milioni di "cittadini".
Questo Paese immaginario dotato delle infrastrutture di un big dell'economia occidentale e della popolazione della Cina va sotto il nome di Chiesa. Un universo dietro al quale non c'è solo e unicamente il Vaticano, ma una galassia di satelliti fatta di congregazioni, ordini religiosi, confraternite sparse ovunque nel mondo che, direttamente o attraverso decine di migliaia di enti morali, fondazioni e società, possiedono e gestiscono imperi immobiliari immensi che nessuno forse è in grado di stimare con precisione e che sono sempre in costante metamorfosi.

Un patrimonio dove l'elenco dei beni, la maggior parte sicuramente no-profit ma una discreta fetta anche a fini commerciali, sembra non esaurirsi mai: chiese, sedi parrocchiali, case generalizie, istituti religiosi, missioni, monasteri, case di riposo, seminari, ospedali, conventi, ospizi, orfanotrofi, asili, scuole, università, fabbricati sedi di alberghi e strutture di ospitalità per turisti e pellegrini e tante, tantissime abitazioni civili in affitto

Un universo intorno al quale gravitano nel mondo 412mila sacerdoti e 721mila religiose – senza contare centinaia di migliaia di laici - che assistono 1 miliardo e 195 milioni di fedeli.

Secondo il gruppo Re, che da sempre fornisce consulenze a suore e frati nel mattone, circa il 20% del patrimonio immobiliare in Italia è in mano alla Chiesa. Un dato quasi in linea con una storica inchiesta che Paolo Ojetti pubblicò sull'Europeo nel lontano 1977 dove riuscì per la prima volta a calcolare che un quarto della città di Roma era di proprietà della Chiesa
Un patrimonio immenso che però non si ferma appunto alla sola capitale dove ci sono circa 10mila testamenti l'anno a favore del clero e dove i soli appartamenti gestiti da Propaganda Fide – finita nel ciclone di alcune indagini per la gestione disinvolta di alcuni appartamenti – valgono 9 miliardi. La Curia vanta possedimenti importanti un po' ovunque in Italia e concentrati, tra l'altro, in gran numero nelle roccaforti bianche del passato come Veneto e Lombardia.
 ".
Quindi se oggi il valore del patrimonio immobiliare italiano supera quota 6.400 miliardi di euro – come qualche giorno fa ha registrato il rapporto sugli immobili in Italia realizzato dall'Agenzia del territorio e dal dipartimento delle Finanze – si può stimare prudenzialmente che solo nel nostro Paese il valore in mano alla Chiesa si aggiri perlomeno intorno ai mille miliardi (circa il 15%). Se a questa ricchezza detenuta in Italia – dove pesa l'eredità di un potere temporale durato per quasi duemila anni – si aggiunge il patrimonio posseduto all'estero fatto di circa 700mila complessi immobiliari tra parrocchie, scuole e strutture di assistenza la stima, anche stavolta più che prudenziale, può raddoppiare almeno a 2mila miliardi. Numeri, questi, che nessuno conferma dall'interno della Chiesa perché per molti neanche esiste una stima ufficiosa. Ma da ambienti finanziari interpellati la cifra sembra apparire congrua. Cifra a cui si devono aggiungere, tra l'altro, investimenti e depositi bancari di ogni tipo. Questi sì ancora meno noti.

Diciotti, Salvini fa rotta fuori dall'Ue. L'Albania prende 20 migranti

L'Uedice "no" ai migranti e il governo guarda altrove. Tirana: "Ieri l'Italia ci ha salvato e oggi noi diamo una mano"

L'Europa dice di no? Allora l'Italia guarda ai Paesi extra Ue.







Il ministro Salvini e il governo italiano, fanno sapere fonti del Viminale, "continuano a lavorare alla ricerca di soluzioni, nonostante il nostro Paese sia stato lasciato solo dall'Europa" sulla vicenda della nave Diciotti. 
"In queste ore Salvini e il governo stanno sondando la disponibilità ad accogliere gli immigrati sulla Diciotti da parte di alcuni paesi che non fanno parte dell'Unione europea. C'è un dialogo aperto anche con altre istituzioni. Il principio è che non paghino gli italiani".
Il primo risultato è già arrivato. A rivelarlo è il ministro degli Affari Esteri Enzo Moavero Milanesi, che attraverso un tweet della farnesina "ringrazia l'Albania per la decisione di accogliere 20 profughi della nave Diciotti. Un segnale di grande solidarietà e amicizia molto apprezzato dall'Italia".
A caldo è arrivato anche il commento di Ditmir Bushati, ministro per l'Europa e gli Affari Esteri dell'Albania: "Italia! Noi non possiamo sostituire l'Europa, ma siamo sempre qui, dall'altra parte di un mare dove una volta eravamo noi quegli eritrei che ora soffrono giorni e notti in mezzo al largo, nell'attesa che l'Europa si svegli!". Tirana farà la sua parte per sdebitarsi con il Belpaese: "Ieri l'Italia ci ha salvato - sottolinea il ministro - e oggi noi siamo pronti a dare una mano".
Il ministro dell'Interno ha poi detto che altri migranti andranno in altri due Paesi (l'Irlanda ne prenderà 20 o 25), mentre gli altri saranno accolti dalla Chiesa italiana (a sue spese). 
"Siamo riusciti ad aprire le porte della Chiesa e saranno ospitati a cura della Chiesa italiana. E quindi li ringrazio. Il problema lo abbiamo risolto grazie a un Paese che non è in Europa e alla Chiesa italiana. E questo a costo zero", ha detto il ministro.
Intanto il ministro dell'Interno è tornato all'attacco dell'Europa, confermando l'intenzione di porre il veto al bilancio dell'Ue. "Non è l'Italia che ha bisogno dell'Europa è l'Europa che ha bisogno dell'Italia - ha detto Salvini - Fino a ieri l'Europa ha spremuto l'Italia come un limone, prendendo miliardi di euro e danneggiando i nostri agricoltori, pescatori, commercianti, lavoratori, risparmiatori, pensionati. Adesso la musica è cambiata, non c'è più un governo schiavo, non c'è più un governo complice, non c'è più un governo di servi. C'è un governo che non deve dire grazie a nessuno ma difende gli interessi dell'Italia. Questo vale per le concessioni dei signori Benetton e per i voti in Europa".

Diciotti, Meloni e Toti con Salvini: "Sovversivo indagare chi vuol fermare l'invasione"

La solidarietà di Giorgia Meloni e Giovanni Toti per l'indagine a carico di Matteo Salvini sul caso Diciotti

Giorgia Meloni si schiera al fianco di Matteo Salvini. E arriva la solidarietà anche di Toti per l'indagine aperta dalla procura di Agrigento (ma ora il fascicolo passerà al Tribunale dei Ministri) nei cronfronti del leader della Lega.








Sul caso Diciotti il vertice del Viminale (e il suo capo di Gabinetto) potrebbe dover rispondere di sequestro di persona e detenzione illegale.
"Scandaloso e sovversivo indagare un ministro che cerca di fermare l'invasione di clandestini, come chiesto a gran voce dai cittadini italiani nelle ultime elezioni politiche, per costringerlo invece a far sbarcare gli immigrati e a non cambiare nulla", ha scritto su Facebook il presidente di Fratelli d'Italia. "Ancora più scandaloso - ha aggiunto - se si tiene conto che mai nessun magistrato ha pensato di indagare il precede governo per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, pur essendoci tutti i presupposti. Nessuno creda di potersi porre al di sopra della volontà popolare e di piegare la nostra democrazia alla propria ideologia. Fratelli d'Italia esprime la sua solidarietà a Salvini e chiede al Ministro della Giustizia e al Presidente della Repubblica di intervenire immediatamente per censurare questo gravissimo atto. E ci aspettiamo una parola di sdegno anche da quella parte significativa della magistratura non obnubilata dal furore ideologico".
Immediata è arrivata anche la solidarietà del governatore della Liguria, Giovanni Toti: "C'è chi difende l'Europa che non ci ha mai aiutato a gestire l'immigrazione sulle nostre coste - ha detto - C'è chi prova a ristabilire un pò di equilibrio e di equità nell'accoglimento dei migranti. E c'è chi indaga chi ci prova. Solidarietà all'amico Salvini. Se esiste un reato di opinione, mi sento indagato con lui. Non resta che una strada di fronte a tutto ciò: il Governo ordini il blocco navale in Libia".