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domenica 31 dicembre 2017

Riscaldamento globale: La piu' grande bufala di tutti i tempi

Antonio Zichichi – noto fisico e divulgatore scientifico italiano e professore emerito del dipartimento di fisica superiore dell’Università di Bologna – ci spiega perché secondo lui il riscaldamento globale evocato dagli scienziati sarebbe la più grande bufala di tutti i tempi.
“Proibiamo di immettere veleni nell’aria con leggi draconiane, ma ricordiamoci che l’effetto serra è un altro paio di maniche, e noi umani c’entriamo poco. Sfido i climatologi a dimostrarmi che tra cento anni la Terrà sarà surriscaldata. La storia del climate change è un’opinione, un modello matematico che pretende di dimostrare l’indimostrabile.*Antonio Zichichi, 85 anni, in una intervista a Il Mattino avverte: “Noi studiosi possiamo dire a stento che tempo farà tra quindici giorni, figuriamoci tra cento anni”. E poi si chiede Zichichi: “In nome di quale ragione si pretende di descrivere i futuri scenari della Terra e le terapie per salvarla, se ancora i meccanismi che sorreggono il motore climatico sono inconoscibili? Divinazioni”.
Lo scienziato spiega che “per dire che tempo farà tra molti anni, dovremmo potere descrivere l’evoluzione del tempo, istante per istante, sia nello spazio che nel tempo. Ma questa evoluzione si nutre anche di cambiamenti prodotti dall’evoluzione stessa. È un sistema a tre equazioni che non ha soluzione analitica”. Quindi, perché molti scienziati concordano sul riscaldamento globale? “Perché hanno costruito modelli matematici buoni alla bisogna. Ricorrono a troppi parametri liberi, arbitrari. Alterano i calcoli con delle supposizioni per fare in modo che i risultati diano loro ragione. Ma il metodo scientifico è un’altra cosa”.
“Occorre distinguere nettamente tra cambio climatico e inquinamento. L’inquinamento esiste, è dannoso, e chiama in causa l’operato dell’uomo. Ma attribuire alla responsabilità umana il surriscaldamento globale è un’enormità senza alcun fondamento: puro inquinamento culturale. L’azione dell’uomo incide sul clima per non più del dieci per cento. Al novanta per cento, il cambiamento climatico è governato da fenomeni naturali dei quali, ad oggi, gli scienziati, come dicevo, non conoscono e non possono conoscere le possibili evoluzioni future. Ma io sono ottimista”.
 

L'uomo dell'anno 2017


LA MEMORIA DELLA DISCORDIA

È l'eterno Mussolini 
l'uomo dell'anno 2017

Tra monumenti da abbattere e siti da oscurare il Duce è da mesi al centro della scena. È molto più vivo Lui dei nostri politicanti

È L'eterno Mussolini l'uomo dell'anno 2017
Il personaggio del corrente e morente anno 2017 è pelato, mascella volitiva, nascita romagnola, coniugato con svariati figli e qualche amante, professione giornalista, vocazione dittatore, ma un doppio segno particolare sovrasta su tutti gli altri: ha 134 anni, ed è morto da 72 anni. Sono scaduti perfino i diritti d'autore. Se non lo avete ancora capito, e sarebbe preoccupante per voi, sto parlando del cav. Benito Mussolini, in arte duce, inventore della malattia più grave e più attuale dell’anno, il fascismo. Per fronteggiare il Pelatone e il suo virus letale, tutto il 2017 è stato dedicato alla sua profilassi, e guai a chi non si vaccina con l’antidux. Si sono fatte leggi speciali su leggi speciali, si è tentato di bonificare strade, piazze, iscrizioni, facebook e depurare tutti i social, movimenti, sezioni, case, spiagge e stadi che recavano segni inquietanti di quella malattia e del suo artefice. Hanno mandato i ghostbusters perfino nella sua tomba, per profanarla e purificarla, a suon di divieti e telecamere.
Il peccato originale e mortale della nostra società è l’apologia del duce e della sua creatura malefica. È il male assoluto, disse un coglione assoluto che pure aveva campato sui residui tossici di quel male.
Basta un portachiavi, una tazzina, un busto col suo capoccione, o un saluto romano. e vai all’inferno per direttissima. Per chiedere protezione celeste da quella sciagura, è apparsa nell’aula sorda e grigia la Madonna dell’antifascismo, Santa Boldrina del Soccorso Rosso, fiancheggiata dai Santi Fiano & Ruffiano, che vegliano sull’insorgenza di ogni rigurgito ducista. C’è un giornalone che fonda la sua attività sulla somministrazione di vaccini, unguenti, articoli protettivi, esorcismi e riti purificatori d’antifascismo, si chiama la Repubblica e si dedica alla pulizia etnica dalla razza fascista. E poi c’è tutta una processione di personaggetti che vive alle spalle del ducione. In omaggio al duce, a Roma a piazza Venezia hanno eretto perfino l’albero di natale pelatone come lui.
L’effetto assurdo di questa campagna antifascista è che inavvertitamente si conclude con un corale: viva il Duce. Sì, il duce viva per unire il Paese, la sinistra, il governo, la cultura, i media, i tribunali e le piazze nel nome dell’antifascismo. È l’unico collante che resta a questo scollatissimo Paese. Si riporta in vita il Duce per dare un mestiere, una missione, un senso a tanta, troppa gente altrimenti senz’arte né parte. Come camperebbe questa umanità, su cosa edificherebbe la sua legittimazione se non fossero medici, infermieri e portantini mobilitati contro il morbo del mussolinismo? È per questo che sono loro a tenere in vita il duce. Quest’anno è stato dedicato interamente a lui, che dico, a Lui, Gli hanno dato la caccia più che a Igor e siccome non riescono a prenderlo perché è nascosto sotto terra, rinnoveranno la caccia anche l’anno prossimo, con i relativi contratti di assunzione per tutti i ricercatori del duce, compresi i cani lupo e gli speleologi del fascismo.
Eppure il 2017 era l’anno in cui ricorreva il centenario del comunismo, che nell’arco della sua lunga e interminata vita (pensate alla Cina), ha sconvolto più continenti, più epoche e ha ammazzato più vittime, per giunta in tempo di pace. Ma il comunismo è passato inosservato, si è solo parlato dei dieci giorni della rivoluzione russa senza minimamente accennare ai settant’anni e più di orrori, mentre il fascismo col suo ducione è stato il tema dell’anno, del decennio, forse del millennio. Parlare per i settant’anni seguenti di un regime durato un ventennio, mi pare un’evidente sproporzione. Ma il duce resta il Bestione Espiatorio di tutti i mali nazionali. Lo accusano di tutto, perfino di avere i capelli incolti...
Certo, era difficile trovare nel morente 2017 il personaggio italiano dell’anno. Renzi è caduto in disgrazia già l’anno precedente e quest’anno si è limitato a precipitare, i due giganti dell’anno, Dibba e Alfano, si sono ritirati lasciando un vuoto incolmabile nella storia d’Italia, Di Maio concorre per lo zecchino d’oro, l’altro Cavaliere, il Berlusca, è stato appena riesumato e rischia di competere per l’anno prossimo, la Nazionale è caduta, nuovi protagonisti non si vedono, Mattarella è solo il nome che abbiamo dato alla sede vacante, è il segnaposto della poltrona vuota; e Gentiloni è tutto meno che un personaggio. Altri giganti non si sono visti, sicché di personaggi c’erano rimasti solo quelli del presepe. A livello mondiale, se la battono il Papa, il Trump e il Kim, ma alla fine vedrete, vincerà Hitler. Intanto per dimostrare che marciamo a pieno regime, è rientrato perfino Re Vittorio Emanuele III in Italia, il piccolo re che accolse dal duce due doni: l’Italia di Vittorio Veneto e poi l’Impero. L’avranno invitato a rientrare per la festa a sorpresa al duce? Ora ci aspettiamo da Mussolini il messaggio di fine anno a reti unificate. Un duce morto da più di settant’anni sprizza più vitalità del presidente in carica.

sabato 30 dicembre 2017

Ora vadano all'opposizione

 

Nel futuro prossimo auguriamo a Gentiloni di avere un ruolo importante. Quello di figura autorevole dell'opposizione di sinistra a un governo di centrodestra


È finita, si va a votare. Diamo atto al presidente Mattarella e al premier Gentiloni che ciò sta avvenendo in modo ordinato e naturale, senza strappi e isterismi, grazie anche al benevolo occhio con il quale Silvio Berlusconi ha seguito da dietro le quinte l'ultimo miglio di questa sciagurata legislatura.







Era infatti interesse di quasi tutti, in primis del Paese, che Paolo Gentiloni arrivasse in sella al traguardo e ognuno ha fatto - in chiaro o sottobanco - la sua parte. Così ieri il premier ha raccolto i frutti di tanto lavoro: tutti a casa meno lui e il suo governo, che non essendo mai stato sfiduciato resterà in carica nel pieno dei suoi poteri fino al dopo elezioni, che con l'aria che tira nei sondaggi non si capisce quanto sarà «dopo» la chiusura delle urne la sera del 4 marzo.
Doveva essere, quella che si è finita ieri, la legislatura nella quale prima i grillini avrebbero dovuto «aprire il Parlamento come una scatola di tonno» e poi Matteo Renzi aprire invece una radiosa stagione per la sinistra. Non è successa né l'una né l'altra cosa. Di Maio e soci non hanno toccato palla, tutti presi a fare solo gazzarra per avere un po' di visibilità mediatica, e Renzi è rimasto imbrigliato nella ragnatela che lui stesso aveva steso. L'unica vera novità - oltre all'incredibile ritorno sulla scena di Silvio Berlusconi - è stata, che piaccia o no, l'arrivo inaspettato di Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi. Siamo tutti contenti ma attenti alle beatificazioni e alle autocelebrazioni. È vero che in tanti anni non ho mai visto un premier ammettere, nella conferenza di fine anno, i propri errori e fallimenti (non lo fece neppure Mario Monti, e questo dice tutto) ma quella raccontata ieri da Gentiloni non è oggettivamente l'Italia reale, non quella che vivono i terremotati che da due anni aspettano un alloggio provvisorio, non quella dei risparmiatori truffati anche per i ritardi e le incertezze dei governi, non quella di chi vive in balìa della criminalità, della disoccupazione eccetera eccetera. Tutto questo fa parte di un passato che ben conosciamo, da oggi, con l'avvio ufficiale della campagna elettorale, c'è da concentrarsi sul futuro prossimo, dentro il quale auguro di cuore a Gentiloni di avere un ruolo importante.

Quello di figura autorevole dell'opposizione di sinistra a un governo di centrodestra.  

mercoledì 27 dicembre 2017

Le banche di Grasso e Grillo

Un'alleanza post elettorale tra Di Maio, Grasso e Boldrini sarebbe una sciagura senza appello

È finita, senza ius soli e con tante mance elettorali. La legislatura più sciagurata della Seconda Repubblica (tre governi e tre premier non eletti) va in archivio senza rimpianti e con l'onta indelebile di aver espulso dal Parlamento con l'inganno il leader dell'opposizione.







«Game over» aveva commentato quel giorno con sarcasmo Matteo Renzi, non immaginando che a distanza di due anni sarebbe stato lui - e non Silvio Berlusconi - a un passo dal perdere l'ultima vita a sua disposizione nel grande gioco della politica.
Ci sarebbe da brindare, ma io non vedo la ragione di alzare il calice. Fare politica non è come tifare la squadra del cuore, e i destini del Paese non sono come una partita di calcio dove vincere sei a zero è meglio che passare il turno con un solo gol di scarto. 
Un Pd troppo indebolito e allo sbando potrebbe fare la fortuna della sinistra estrema del duo Grasso-Boldrini. La fortuna della quale potrebbe a sua volta tornare utile a Di Maio in cerca di alleati comunisti per provare a conquistare il governo del Paese.
Per questo la caccia grossa in corso in questi giorni a Renzi e alla sua Maria Elena Boschi mi lascia perplesso, al di là del merito dei casini bancari che i due hanno combinato. Guarda caso, è cavalcata alla grande dai grillini e dagli scissionisti del Pd, e non penso proprio a tutela dei risparmiatori traditi (Grasso, Boldrini e Bersani votarono contro o comunque si opposero alla mozione di sfiducia presentata a suo tempo contro l'allora ministro Boschi). Grasso e Boldrini sono stati per tutta la legislatura complici del renzismo, hanno agevolato le forzature procedurali per zittire le opposizioni, insomma fa ridere sentire oggi Grasso e Boldrini  dopo averli insultati per cinque anni praticamente a ogni votazione di sostenere di essere alternativi a Renzi e al Pd. E fa altrettanto senso vedere Di Maio strizzare l'occhio ai dueenato e Camera (e viceversa).
Quindi è bene tenere gli occhi aperti e non farsi prendere per i fondelli. Il nemico, e il pericolo, non è Maria Elena Boschi, ma il possibile asse politico tra i suoi principali accusatori. Perché con lei eventuali conti politici e giudiziari potranno essere comunque risolti, mentre un'alleanza post elettorale tra Di Maio, Grasso e Boldrini sarebbe una sciagura senza appello. Per le banche e per tutti noi.

giovedì 21 dicembre 2017

Natale.

La celebrazione della nasciata del "povero" di Betlemme e' diventata una festa "pagana" che ignora i "fratelli" poveri.


 Il Natale, che dovrebbe essere un importante momento di “raccoglimento”, e’ diventato da tempo la più grande di tutte le “farse”. E’ la festa dello “spreco”, del“superfluo”, della “ipocrisia”. In pochi riescono a sfuggire a questa convenzione sociale del tutto “pagana”, mentre dovrebbe essere la festa della “cristianità” per eccellenza. Il problema non sono i “regali” in sé, ma tutte le complicazioni che questa mentalità dello “sperpero” ci ha imposto. Che regalo fare, dove andare a prenderlo, quanti soldi spendere, quante ore di coda….. Senza considerare l’imbarazzo che si crea quando se ne riceve uno di cui non si ha assolutamente bisogno o che, semplicemente, non ci piace. Vogliamo parlare di quei bambini che, dopo aver ricevuto in un quarto d’ora i regali “che si dovrebbero ricevere nell’arco dei primi diciotto anni di vita”, riempiono di “allegria” natalizia la casa con dei “laceranti pianti isterici” perche’ voleva un giocattolo diverso?
Non c’e’ nulla di male scambiarsi regali il giorno di Natale, ne’, in fondo, di avere il piacere di fare il presepe (per chi ancora lo fa), addobbare l’albero, porte e finestre. Fa parte dei nostri usi, delle nostre tradizioni. Lo si e’ sempre fatto. Ma rendiamoci conto che “abbiamo passato il limite” tappezzando intere città (e soprattutto interi centri commerciali) di fiocchi di plastica, di luci decorative già dall’inizio di Novembre. E’ pazzesco! Non e’ decisamente troppo in anticipo? Ma chi l’ha deciso? Il fatto d’iniziare a parlare di Natale due mesi prima riduce l’intensità della gioia e della “magica” atmosfera che si dovrebbe provare durante le feste. Ma per fortuna “sembra” che sia iniziato il “rigetto” a questo“sfrenato” ed “insensato” consumismo: quest’anno le vendite non saranno ai livelli degli anni precedenti. Ma sarà vero? Sarebbe un buon segnale. In questo modo riusciremo forse a ridare il giusto valore non solo ai “doni”, ma al Natalestesso per quello che rappresenta a livello religioso. Ci aiuterà a capire che lo scambio del dono dovrebbe essere un piacere, un gesto spontaneo, non una forzatura. Dovrebbe poi farci ricordare dei poveri soli e’ abbandonati, per lo piu’ anziani, che ogni giorno sono sempre di piu’. Visitate una qualsiasi casa di riposo e vi accorgerete quanti ce ne sono. Non e’ di “moda” oggi parlare dei poveri. Eppure sappiamo tutti quanto sia grande il dramma della povertà nel mondo. Per noi cristiani dovrebbe essere uno “scandalo” insopportabile. E se la povertà e’ uno scandalo, oggi lo e’ in maniera “imperdonabile”. Nella storia umana, infatti, non ci sono mai stati tanti poveri come oggi, eppure mai il mondo e’ stato così ricco. Gesù usava il termine “fratello” solamente riferendosi ai“discepoli” e ai “poveri” e disse: “Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me”. A che serve la tavola sovraccarica di tanto ben di Dio quando c’e’ chi patisce o muore di fame? Cominciamo a “saziare” gli affamati, soprattutto quelli bisognosi di “affetto” perche’ soli ed abbandonati e poi, quello che ci resterà, sarà piu’ che sufficiente.

In un brano del Vangelo di Matteo Gesu’ dice: “Avevo fame e mi hai dato da mangiare” e in una parabola e’ stato detto: “i poveri hanno bisogno della parola e non solo di aiuto: date col pane la vostra parola…” Si, c’è bisogno di parole e di amicizia e così il povero lo sentiremo nostro familiare, un familiare che si trova nel bisogno. Certo i poveri non sono “attraenti”, anzi normalmente“imbarazzano”. E spesso accade che allunghiamo il passo quando vediamo un povero che chiede aiuto. Eppure i poveri devono essere il “metro di giudizio”della civiltà che abbiamo creato. Avere vera attenzione dei poveri, non come si fa con i mendicanti cui si getta una monetina pensando di mettere a posto la propria coscienzasignifica vedere nel loro volto quello di Gesu’. E’, infatti, nei poveri, nelle loro concrete storie, che Gesu’ si e’ identificato. E’ ai poveri che Gesu’ ha rivelato cose che ha taciuto ai sapienti e ai potenti della terra. Infatti Gesu’ conosce i poveri “per nome”, come si legge in una parabola: “….il Signore narrando di un povero e di un ricco, dice il nome del primo e tace quello dell’altro, se non per dimostrare che Dio conosce gli umili ed e’ vicino a loro, mentre non riconosce i superbi”. I poveri sono “fratelli” come li considerava Gesu’. Ecco perché cristiani sono coloro che hanno “un povero per amico” e non ambiscono all’amicizia dei potenti, dei ricchi, belli e famosi. Si, essere “cristiano” vuol dire dare amicizia ad un “povero” e invitarlo spesso a tavola soprattutto a Natale. Questa sarebbe la maniera per festeggiare“cristianamente” la nascita del “povero” di Betlemme”

sabato 9 dicembre 2017

Il vero fascismo

Che patologia più grave di un grave tumore aveva Sofri rispetto a Dell'Utri, da essere trattato in modo così diverso? La risposta è semplice: era di sinistra


Devo ricredermi, ha ragione La Repubblica a lanciare l'allarme su un pericoloso rigurgito di fascismo in Italia.







Ma non perché - come enfatizza il quotidiano diretto da Mario Calabresi - cinque cretini di Forza Nuova leggono un volantino in un centro culturale pacifista e altrettanti agitano fumogeni sotto la sede del suo giornale mascherati manco fosse carnevale. Stiamo diventando un Paese fascista perché un anziano e malato detenuto viene tenuto in carcere nonostante i medici abbiano certificato che le sue condizioni di salute sono senza dubbio incompatibili con il regime di detenzione. Anzi, per la verità Mussolini gli oppositori politici li mandava al confino nella splendida isola di Ventotene o in esilio, come capitò anche a Indro Montanelli, futuro fondatore di questo Giornale.
La decisione di ieri del tribunale di sorveglianza di negare cure adeguate in luoghi adeguati a Marcello Dell'Utri, 76 anni, malato di tumore e ad alto rischio cardiopatico, suona come una condanna a morte di Stato. Condanna che l'imputato ha accettato annunciando di sospendere volontariamente e da subito anche le poche terapie che gli vengono somministrate in carcere. Noi quella condanna non la accettiamo e la cosa dovrebbe fare inorridire anche i sinceri democratici antifascisti che si agitano tanto per le pagliacciate di quattro ragazzotti in cerca di pubblicità (facendo così peraltro il loro gioco) ma che appaiono indifferenti alle violenze fasciste della giustizia.
Tanto accanimento, direi odio, nei confronti di Dell'Utri non può che avere radici politiche, perché il codice penale permetterebbe ben altre soluzioni. Tipo quelle trovate per Adriano Sofri, icona della sinistra salottiera e rivoluzionaria, che condannato per l'omicidio del commissario Calabresi (padre dell'attuale direttore della Repubblica) scontò metà di una misera pena (15 anni) nel comodo di casa sua per «motivi di salute». Chiedo ai signori giudici: che patologia più grave di un grave tumore aveva Sofri rispetto a Dell'Utri (che per di più non ha mai ucciso nessuno), da essere trattato in modo così diverso?
La risposta è semplice. Sofri era di sinistra (e che sinistra), Dell'Utri è stato a lungo il braccio destro di Berlusconi, e per questo può morire in cella come un cane. Se dovesse succedere, e mi auguro di no, chiunque può fare qualche cosa per fermare questo «fascismo» giudiziario - dal ministro della Giustizia al presidente della Repubblica - e se ne lava le mani dovrà risponderne. Agli uomini liberi da pregiudizi e alla propria coscienza, per tutta la vita.

NB:
Dell'Utri è stato condannato per concorso esterno in una associazione mafiosa a 7 anni ed è ancora in galera. Sofri invece per concorso interno nell'omicidio Calabresi a 22 ed è libero da tanti anni.E voi in questa Italia FASCISTA volete che si possa fare, a livello giudiziario, un paragone fra i due.
Sofri è un criminale e Dell Utri no.
Il primo era un "kompagno" che sbagliava, anche se andava ad ammazzare innocenti in giro per la penisola. Il secondo ha l'unica colpa di essere amico del pericolo Silvio Berlusconi anche se non ha ammazzato nessuno.