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domenica 2 novembre 2014

Elezioni dei COMITEs: costo nove milioni di Euro!!!!

 


Lo Stato italiano si sta apprestando a “sprecare” 9milioni di euro per eleggere i nuovi COMITES che saranno votati da una percentuale veramente “esigua” degli italiani all’estero che avranno diritto ala voto. Se nei 20 anni precedenti della loro esistenza i COMITES non sono serviti a nulla, di sicuro non lo saranno anche ora. Non era meglio che il governo italiano avesse destinato questi “nove milioni di euro” per sopperire ad altre esigenze degli italiani all’estero? Nelle case di riposo (in Australia, ma immagino anche in altri paesi dove gli  italiani sono emigrati) ci sono migliaia di italiani che debbono essere urgentemente aiutati. Nessuno dei cosiddetti “organi rappresentativi degli italiani all’estero”, ossia COMITES, CGIE, Patronati, FILEF, Deputati eletti all’estero e altri mai si sono interessati di loro. Non sarebbe ora di essere riconoscenti con coloro che sono stati i veri artefici dello sviluppo economico mondiale?

Sciopero economico, sciopero politico

  

Lo sciopero è una forma di pressione con la quale i lavoratori si astengono dalle loro prestazioni impedendo all'impresa di fare profitti mentre le spese fisse continuano a correre. L'intento è quello di forzare il datore di lavoro a concedere almeno una parte di ciò che è richiesto. Lo sciopero, dunque, ha un senso se la richiesta dei lavoratori ha la possibilità di essere accolta. Se per esempio il salario è scarso e i profitti dell'impresa sono alti, lo sciopero avra’ buone possibilità di successo. Lo sciopero invece non ha senso se l'impresa è in gravi difficoltà economiche perché accelererebbe il fallimento, con conseguente perdita di tutti i posti di lavoro. Talvolta, quando si tratta di grandi imprese, l'economia si intreccia con la politica. Se un macellaio chiude e licenzia i suoi due addetti, la cosa non commuove nessuno. Anche se le famiglie dei due addetti affronteranno poi la stessa tragedia che affronterebbero centinaia di altri operai dipendenti di una media/grande impresa. La cosa fa la differenza, dal punto di vista dell'opinione pubblica. Quando i lavoratori di una grande impresa sono migliaia, e sono sostenuti da quegli stessi sindacati che non si sono “mai interessati” per gli operai del macellaio, sono in grado di occupare la fabbrica, di fare manifestazioni di piazza, di avere protettori in Parlamento, di creare problemi d'ordine pubblico e d'immagine per il governo: lo sciopero e’ esclusivamente politico. Economicamente, se un'impresa intende chiudere, è perche’ non ha più convenienza a tenere aperta la fabbrica. Lo sciopero “politico” non cerca dunque d'indurre il datore di lavoro a fare qualcosa, perché non si può minacciare nulla a chi è pronto a chiudere l'impresa: esso chiede puramente e semplicemente l'intervento dello Stato. Questo può agire “sovvenzionando” l'impresa in crisi (a spese dei contribuenti); può nazionalizzarla (sempre a spese dei contribuenti); può concedere sovvenzioni a fondo perduto (a spese dei contribuenti); può offrire lunghi e generosi sussidi con la cassa integrazione guadagni; può forzare, nella misura del possibile, l'impresa a non chiudere, magari offrendole sgravi fiscali o altri vantaggi economici (sempre a spese dei contribuenti). Certo non può cambiare la realtà economica. Questo genere di soluzioni ha condotto a costosi disastri imprenditoriali come l'Alitalia, la cui flotta aerea vola pur essendo tecnicamente fallita. Se un azienda e’ morta non si puo’ risuscitarla. Lo sciopero economico tende ad ottenere migliori condizioni di lavoro; lo sciopero politico è un'arma dei lavoratori contro lo Stato affinché, a spese dell'erario, faccia ottenere ad alcuni privilegiati dei vantaggi antieconomici. Privilegiati non perché lavorare sia un privilegio, ma perché lo Stato non interviene a favore di tutti. Nelle piccole imprese non solo i lavoratori non sono protetti dallo Stato, ma rischiano, se protestano, di essere licenziati. Nel caso della ThyssenKrupp di Terni bisogna stabilire se lo sciopero sia economico o politico. Nel primo caso ogni persona per bene dovrebbe sostenerlo; nel secondo caso, pur essendo disposti a piangere con i lavoratori licenziati, bisognerebbe ricordare che la loro tragedia è anche quella di migliaia di altri che nessuno soccorre. I disoccupati in Italia sono più di tre milioni. O lo Stato aiuta tutti oppure, secondo giustizia, e secondo l'art. 3 della Costituzione, dichiara che non può intervenire solo per alcuni. Sono ragioni di economia e di diritto. La politica non puo’ farci nulla.