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venerdì 11 dicembre 2015

Berlusconi e la lezione di Pratica di Mare

Il Cavaliere per primo ha capito il ruolo fondamentale della Russia

Berlusconi è stato spesso criticato, ma un merito comunque secondo me gli andrebbe riconosciuto da tutti: il disegno di considerare la Russia un paese europeo amico, con cui avere stretti rapporti e da inserire nella Nato.







Quando l'impero sovietico si è dissolto e si stava creando il nuovo assetto delle repubbliche ex sovietiche, gli europei e gli Usa avevano la possibilità di integrare economicamente e politicamente la Russia, nell'Europa occidentale a cui appartiene culturalmente e storicamente. Ma gli europei furono meschini e gli americani si opposero decisamente a questo progetto perché non volevano che l'Europa insieme alla Russia diventasse una grande potenza. Essi perciò hanno lasciato la Russia fuori dall'alleanza atlantica e gli europei non l'hanno mai invitata a entrare nella comunità.
L'unico uomo politico europeo che ha cercato di cambiare le cose è stato Silvio Berlusconi che, grazie all'amicizia con Bush jr e con Putin, nella riunione Nato a Pratica di Mare era addirittura riuscito a far assistere la Russia mettendo le basi per un'alleanza fra tutti i paesi occidentali. Berlusconi aveva anche una visione strategica nei riguardi dei paesi del Mediterraneo dove tendeva ad appoggiare e a fare accordi con gli stati laici. Per questo fu in disaccordo con Bush jr quando invase l'Irak di Saddam Hussein e criticò l'attacco franco-inglese a Gheddafi. La visione strategica di Berlusconi venne però totalmente distrutta dall'arrivo del presidente Obama che, approfittando della crisi ucraina, ruppe con la Russia, le mobilitò contro la Nato e le pose delle sanzioni. Nel Mediterraneo, approfittando della primavera araba, attaccò i regimi laici in Egitto, in Libia e in Tunisia, alimentò la guerra civile in Siria e lasciò nascere e crescere il Califfato. In sostanza, mentre Berlusconi voleva una grande alleanza fra Usa, Europa, Russia e paesi mediterranei laici, Obama ha combattuto la Russia, si è appoggiato agli stati islamici tradizionali, ha dato spazio agli islamisti e ha messo in gravi difficoltà l'Europa con le migrazioni africane gestite dalla Libia e con quelle dei profughi gestite dalla Turchia.

lunedì 7 dicembre 2015

Il rapporto 2015 CENSIS: L'Italia e' il letargo, non sa piu' progettare il futuro, "perso il gusto del rischio"

Un paese prigioniero della cronaca tra scandali, corruzione e contraddittorie spinte per fronteggiarli. 
Un paese dove crescono le disuguaglianze e gli egoismi, dove le riforme realizzate dal governo faticano a suscitare consenso, dove la crescita avviene puntando su 'cio' che resta' dei grandi soggetti economici, politici e sociali. Un paese che non sa più progettare il futuro: è questa la fotografia dell'Italia scattata nel 2015  

Padoan: "Abbiamo riacceso motori, l'Italia è piena di energia" Istat: migliora la situazione economica, ma l'Italia resta spaccata tra Nord e Sud e ricchi e poveri 
Istat: italiani più diffidenti, diminuisce la fiducia negli altri. 
Una societa' in letargo esistenziale, un Paese non piu' capace di progettare il futuro, ne' di produrre interpretazioni della realta', per cui finisce per restare prigioniero della cronaca (scandali, corruzioni, contraddittorie spinte a fronteggiarli). 
E' la fotografia dell'Italia scattata dal 49esimo Rapporto del Censis. "Nella nostra storia - osserva il direttore de Censis, Giuseppe De Rita - il resto del mito della grande industria e dei settori avanzati e' stata l'economia sommersa e lo sviluppo del lavoro autonomo. Il resto della lotta di classe nella grande fabbrica e' stata la lunga deriva della cetomedizzazione. Il resto della spensierata stagione del consumismo e' la medieta' del consumatore sobrio. Il resto della lunga stagione del primato delle ideologie e' oggi l'empirismo coninuato della societa' che evolve"
Spicca il rilancio del primato della politica, ma resta la crisi dialettica con la società Rispetto agli anni passati - si legge nella Considerazioni generali del Rapporto - quest'anno spicca il rilancio del primato della politica, "con un folto insieme di riforme di quadro e di settore, e la messa in campo di interventi tesi a incentivare propensione imprenditoriale e coinvolgimento collettivo rispetto al consolidamento della ripresa. 
E c'e' stata la ricerca del consenso d'opinione sulle politiche avviate, per innescare nella collettivita' una mobilitante tensione al cambiamento". Ma questo sforzo e' in parte fallito
La dialettica tra societa' e politica e' entrata in crisi: non riesce a produrre un progetto generale di sviluppo del Paese, e di conseguenza non produce una classe dirigente. Si torna alla saggezza popolare Cosi' gli italiani sono costretti ancora una volta ad arrangiarsi, facendo ricorso ai pilastri di sempre: la "saggezza popolare", la capacita' inventiva, aiutati da una composizione sociale poliedrica, lontana dagli schemi di classe e di ceto. "Esempio ne sono o teni giovani che vanno a lavorare all'estero o tenttano la strada delle start up. 
Oppure le famiglie che accrescono il proprio patrimonio e lo mettono a reddito (con l'enorme incremento dei bed&breakfast), le imprese che investono nella green economy, i borghi turistici, la silenziosa integrazione degli stranieri nella nostra quotidianita', l'intreccio tra successo gastronomico e filiera alimentare". Si è perso il "gusto del rischio" 
E' "l'Italia dello zero virgola", annota il Censis, in cui le variazioni congiunturali degli indicatori economici sono ancora minime e continua a gonfiarsi la bolla del cash cautelativo. Gli italiani, cioe', preferiscono tenere fermi i risparmi, perche' temono il futuro
D'altro canto il risparmio e' ancora la scialuppa di salvataggio nel quotidiano, visto che nell'anno trascorso 3,1 milioni di famiglie hanno dovuto mettere mano ai risparmi per fronteggiare gap di reddito rispetto alle spese mensili. Riparte il mattone, la casa torna a essere il bene rifugio Riparte il mattone, come sembra segnalare il boom delle richieste di mutui (+94,3% a gennaio-ottobre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014) e si diffonde la propensione a mettere a reddito il patrimonio immobiliare: 560.000 italiani dichiarano di aver gestito una struttura ricettiva per turisti, come case vacanza o bed&breakfast, generando un fatturato stimabile in circa 6 miliardi di euro, in gran parte sommerso
Ripartono i consumi. Più acquisti di auto ed elettrodomestici In un quadro di criticita', il turismo verso l'Italia rappresenta invece un record positivo: siamo una destinazione tra le piu' ambite dagli stranieri, che tra il 2000 e il 2014 hanno incrementato la loro presenza del 47,2%
L'altro dato incoraggiante riguarda la maggiore propensione all'acquisto di beni durevoli, nonostante la situazione di incertezza. Il 5,7% delle famiglie (piu' del doppio rispetto all'anno scorso) ha intenzione di comprare un'auto nuova e se andra' cosi' si avranno nel 2016 circa 1,5 milioni di immatricolazioni, come non si vedeva dal 2008. Il Rapporto Censis conferma il trend digitale degli italiani: ormai in 15 milioni fanno acquisti su internet, e l'home banking e' praticato dal 46,2% degli utenti del web. 
Ma a 5 milioni di famiglie i conti non tornano Ripartono i consumi, ma si riapre la forbice sociale. Per la prima volta dall'inizio della crisi, la quota di famiglie italiane che nell'ultimo anno hanno aumentato la propria capacità di spesa è superiore a quella delle famiglie che l'hanno invece ridotta (il 25,6% contro il 21,3%). Continua però a crescere, sfiorando ormai il 20% del totale, il numero di famiglie che non riescono a coprire tutte le spese con il proprio reddito: circa 5 milioni di famiglie hanno difficoltà a far tornare i conti e tra quelle di livello socio-economico basso la percentuale sale al 37,3%. 
Il primato del cibo sull'abbigliamento Infine, uno sguardo a come cambiano "i piani terra" delle nostre citta'. In calo i negozi di abbigliamento, calzature, ferramenta, macellerie. Crescono invece i take away (+37% tra il 2009 e il 2015), i ristoranti (+15,5%), i bar (+10%), le gelaterie e le pasticcerie (+8,2%). Cio' dipende dal fatto che il cibo e' sempre piu' pervasivo nella nostra vita, dal ridotto capitale necessario per avviare queste attivita', e dall'iniziativa degli stranieri nel commercio. 

Occidente nel caos

E’ davvero incredibile il grado di confusione che la crescita esponenziale del terrorismo islamista ha generato nell’intero Occidente. Molti si illudono ancora che un’intensificazione dei bombardamenti in Siria, Iraq e – forse – Libia riesca a frenare il fenomeno per poi condurre alla sua eliminazione.
L’idea sarebbe corretta se i terroristi e le loro basi fossero radicati soltanto in quei contesti territoriali e, quindi, individuabili con una certa facilità. La realtà è purtroppo assai diversa, come ben dimostrano attentati e stragi  avvenuti negli ultimi tempi.

Non siamo ancora riusciti a capire che il radicalismo islamico è penetrato nel tessuto delle società occidentali in un modo così profondo da impedire l’individuazione preventiva di coloro che possono colpire. E ciò vale non solo per i Paesi di un’Unione Europea sempre più in affanno, ma anche per Stati Uniti, Canada e la lontanissima Australia.
Certo, i servizi di intelligence stanno lavorando a pieno ritmo e piuttosto bene, ottenendo in molti casi ottimi risultati. Ma è come pretendere di svuotare il mare con il proverbiale cucchiaio. A ogni successo s’accompagna una strage improvvisa e imprevista, col che i terroristi dimostrano di poter comunque colpire quando e dove vogliono, a dispetto di ogni misura di prevenzione.
L’Italia, in fondo, è stata (finora) toccata in misura minore da questo terrore che compare del tutto inatteso lasciandosi dietro fiumi di sangue. Invece Paesi come Francia, Regno Unito e il piccolo Belgio stanno sperimentando un allarme quotidiano che, se durasse a lungo, finirebbe col bloccare non solo le istituzioni, ma pure la vita civile nel suo complesso.
E’ la sindrome del “terrorista della porta accanto”, una persona che ha vissuto per anni in mezzo a noi conducendo un’esistenza apparentemente normale, salvo rivelarsi nelle vesti di killer spietato nel momento da lui o lei scelto. Ed ecco quindi il panico, il diffondersi della sensazione che poco o nulla si possa fare, la crescita di un senso di ineluttabilità che genera una paura costante.
Nessuno in Occidente ne è immune, e i politici appaiono spesso distanti dagli umori profondi dell’opinione pubblica. Lo dimostra, a mio avviso, anche l’ultima strage negli USA. Barack Obama era partito come sempre lancia in resta contro la vendita libera delle armi, salvo poi procedere a una rapida marcia indietro quando si è appurato che i killer erano adepti del califfato.
Non penso sia necessario ripetere i soliti rilievi circa un multiculturalismo superficiale che ha consentito la presenza nelle nostre città di interi quartieri in cui vige la sharia, quartieri in pratica “off limits” per le stesse forze dell’ordine. Si è già detto abbastanza al riguardo e, in ogni caso, è troppo tardi per reagire con misure normali.
Il fatto da notare è che il cuore del conflitto è – in senso lato – culturale. Va mantenuta senza dubbio la distinzione tra islamici moderati e radicali, anche se talvolta la linea di confine è incerta. Tuttavia molti episodi avvenuti nelle scuole lanciano un segnale d’allarme. Sempre più spesso i ragazzi allevati in famiglie islamiche rifiutano il dibattito con gli altri poiché ciò li condurrebbe a discutere i dettami di un libro sacro che riporta nelle sue pagine la Verità assoluta e, in quanto tale, incontrovertibile.
E noi non siamo più abituati a prese di posizione di questo tipo. Il relativismo è così comune da indurci a credere che tutti lo condividano. Non siamo insomma in grado di opporci a chi della suddetta Verità assoluta si ritiene portatore.
Quale possa essere la via d’uscita, allo stato dei fatti, è difficile dire, proprio perché ci troviamo di fronte a persone che hanno lo stesso nostro passaporto e godono dei nostri stessi diritti di cittadinanza. Nei loro Paesi d’origine tutto questo è impossibile, e ciò basta per capire la tragica asimmetria in cui ci siamo cacciati.
Il Presidente americano continua a dire che ci vorranno decenni per sconfiggere questa particolare forma di terrorismo ma, se continua così, è lecito nutrire dubbi sulla possibilità di riuscirci. E occorre riconoscere con onestà che gli attuali nemici dell’Occidente – a differenza dei loro predecessori – sanno sfruttare al meglio la sua debolezza.