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martedì 18 settembre 2012

Una proposta "rivoluzionaria" per unificare le "sinergie" dei Fratelli d'Italia"

Occorrerebbe una proposta “rivoluzionaria” per creare “entusiasmo” e per far rinascere la “speranza” in tutti gli italiani. E’ soltanto “galvanizzando” la gente, invece di “deprimerla”, che si può uscire dalla crisi economica. In questo momento gli italiani, piu’ della riforma dell’architettura dello Stato che deve comunque essere portata avanti, vogliono la “ripartenza” dell’economia sia per mantenere i posti di lavoro e sia per crearne molti altri. La “libertà” esiste soltanto quando c’e’ il lavoro. Molti giovani italiani si stanno recando all’estero, con questa loro scelta quasi nessuno risolve il suo problema occupazionale. I Paesi in cui emigrano sono anche loro in “recessione” ed hanno problemi interni di disoccupazione. Cosa fare allora? Occorre una “rivoluzione” (che poi non lo e’) per mettere rapidamente in moto l’economia Italia e, parzialmente, anche quella mondiale. Si e’ sempre parlato che gli italiani all’estero sono una “risorsa” infatti, lo e’ e lo e’ sempre stata. Sono stati loro, con le loro rimesse, a fornire denaro alle banche che hanno potuto finanziare la ricostruzione dell’Italia nell’ultimo dopo guerra. Gli emigranti sono stati tra i maggiori artefici del famoso “miracolo economico” degli anni ’60. Sono stati loro a “propagandare” i prodotti italiani nei Paesi in cui sono emigrati, acquistandoli e, quindi, facendoli conoscere e, di conseguenza, hanno creato lavoro in Italia e fatta diventare una delle sette nazioni piu’ industrializzate del mondo. Ma questa “risorsa” e’ stata sempre “bistrattata” da tutti i governi e dai politici italiani. Nonostante le umiliazioni subite dalla politica italiana, nel cuore degli italiani nel mondo batte sempre “forte” un “cuore piu’ italiano” degli italiani in Italia. Gli italiani nel mondo hanno sempre partecipato alle vicende italiane, nel bene e nel male, ed oggi ancor di piu’. Sono decine di migliaia nel mondo le imprese gestite dagli italiani o oriundi. Tra loro ce ne sarebbero moltissime che potrebbero sviluppare una “joint venture” o una semplice “collaborazione” con ditte italiane in Italia che operano nello stesso settore o similare. Quindi “non c’e’ nulla da creare”, tutto e’ gia’ pronto da tempo, tutto e’ a portata di mano, bisogna soltanto unificare le “sinergie” per generare lavoro in Italia e all’estero. Come? E’ auspicabile la costituzione di un’agenzia finanziaria, da istituire presso la “Banca D’Italia” interessando al contempo i principali istituti bancari, in grado di far convergere e di mobilitare i risparmi di cui dispongono gli italiani operanti al di fuori del territorio nazionale. La massa di denaro, che un’agenzia finanziaria per gli italiani nel mondo può canalizzare, ammonta a molti svariati di miliardi di euro, una quantità imponente che attualmente soltanto per minima parte affluisce in Italia, attraverso un sistema bancario non specificatamente attrezzato. Una volta adeguatamente indirizzato, gli italiani in Italia e nel mondo potranno tranne grande vantaggio. Sarebbe “rivoluzionario” se il Pdl presentasse questa proposta e sia capace di attuarla. Sarebbe “rivoluzionario” se il rilancio dell’economia italiana iniziasse dall’estero, perche’ sono sempre stati gli emigrati italiani ad aver sempre fornito le “risorse” all’Italia. Sarebbe “rivoluzionario” se Angelino Alfano, in qualità di candidato Premier, accompagnato da Silvio Berlusconi e da altri, aprissero in un Paese oltremare la campagna elettorale per le prossime elezioni politiche italiane. Questo “rivoluzionario” avvenimento “galvanizzerebbe” la stragrande maggioranza degli elettori italiani. Riterrebbero il Pdl un partito “del fare” realista e pragmatico capace di una vera “rivoluzione” e tutti i “Fratelli d’Italia” si troverebbero uniti per raggiungere lo stesso obbiettivo.

La paura fa 90.

Un tempo si gridava “mamma li turchi!” ora Bersani & Co. gridano: “mamma Matteo Renzi!”. Con la “dabbenaggine” che lo contraddistingue il Pd ha gia’ preparato la squadra di governo, tanto e’ sicuro di vincere le elezioni 2013. Vendere la pelle dell’orso prima di averlo “accoppato”, porta sempre “scalogna”. E’ accaduto anche nel 1994. I “compagni” erano sicuri di vincere, invece Berlusconi “frantumò” la “gioiosa macchina da guerra” di Achille Ochetto. Nell’ipotetico governo del Pd figurano Bersani, Bindi, D’Alema, Veltroni, Fioroni, Tabacci e persino Nicky Vendola che vuole andare al governo “esclusivamente” per approvare la legge sul matrimonio dei gay perche’ lui vuole sposare il suo “amichetto”, insomma “largo ai giovani”! Matteo Renzi ha “distrutto” tutte le loro certezze. E’ diventato la loro spada di Damocle che potrebbe trafiggere e “fracassare” il cranio all’establishment del Pd. I “mammasantissima” del partito sono terrorizzati e, per sopravvivere, momentaneamente hanno messo da parte i loro antichi odi per coalizzarsi contro il “pericolo numero uno”. Prima era la paura di Berlusconi ad unire i “notabili” del Pd, ora e’ Matteo Renzi. Il coraggio della paura ha fatto sempre miracoli. Renzi e’ l’unico “uomo nuovo” nel Pd ed e’ l’unico che parla di politica: “quella vera”. Una sua vittoria alle primarie equivarrebbe ad una straordinaria “rivoluzione” che all’istante “rottamerebbe’” tutto il vecchio apparato del Pd. Bersani forse solo ora sta capendo che il Pd non ha un “programma” e non può controbattere Renzi che ne ha uno ben preciso, seppure quasi simile a quello del Pdl. Come arginare l’effetto Renzi? Si domanda Bersani che non ha capito che non può fermare il “nuovo che avanza”.

Il nuovo che avanza.


Secondo l’ultima ricerca dell’ Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) sono ben 23.146 i giovani amministratori sotto i 35 anni, circa un quinto sul totale. Secondo la ricerca i giovani amministratori risulterebbero essere mediamente più colti e preparati dei politici nazionali, sono molto più “aperti di mente” e non hanno “barriere ideologiche”. Rifiutano i “vecchi schemi” e “obsoleti schieramenti”. Il “merito” e’ al centro della loro politica e il colore della propria bandiera non rappresenta un ostacolo nel dialogo con colleghi di altri partiti. Sanno dialogare meglio con le opposizioni, trovare compromessi e sono per una gestione della “cosa pubblica” dinamica e non statica. Sono piu’ propensi ad usare i mezzi tecnologici (come Internet) che li porta ad essere “antiburocratici” e ad adempiere i propri doveri di amministratori in maniera più veloce e fattiva. Questi “baby amministratori”, sono nati e cresciuti al di fuori della “vecchia politica” e delle “ideologie ormai superate” e incapaci ad interpretare i bisogni e l’evoluzione della società moderna. Non sono “polli allevati in batteria”, ovvero come quei giovani politici che in realtà vivono “all’ombra dei vecchi politici”, insomma “giovani invecchiati” che fanno la “solita politica da prima repubblica”. Se chiedete a qualcuno di questi giovani sotto i 35 anni che cosa era le “Frattocchie” i più non sapranno rispondere. Eppure la splendida villa ottocentesca, nella minuscola frazione di Marino nei colli romani, e’ stata per molto tempo sede dell’Istituto di “studi comunisti” Palmiro Togliatti, ma in anni più lontani intitolata ad Andrej Zdanov, il braccio destro di Stalin. Era la scuola quadri del Pci (frequentata anche da Marco Fedi), fucina di “professionisti della politica” allevati a “pane e Marx”. Sapere che il “volto nuovo” del Pd e’ quel Nicola Zingaretti (che ha fatto in tempo a studiare alle “Frattocchie”) e che aveva sfidato Alemanno alla carica di Sindaco di Roma facendo sfoggio di “nuovismo” e “verginità politica”, rende un po’ l’idea dell’incapacità della politica italiana, soprattutto del Pd, di sapersi “rinnovare”. La ricerca dell’Anci rappresenta una prima smentita al fatto che i giovani non si interessano di politica e che in Italia non ci sia un possibile “ricambio generazionale”: il ricambio c’è e come! Ma chiaramente fa “talmente paura alle vecchie aquile della politica” che cercano in ogni modo di “screditare” i giovani politici se non addirittura di “negare” l’esistenza di una nuova generazione di politici italiani che nulla ha a che vedere con l’attuale classe dirigente dei partiti. Questa “campagna denigratoria”, unita alle enormi difficoltà che incontrano i giovani per fare carriera (secondo la ricerca su 23.146 solo l’1,86% e’ riuscita a diventare Sindaco), ha fin’ora “arginato” in questi anni l’ondata giovanile che in Italia resta comunque “abbondantemente” al di sotto della media europea. Cominciano però ad esserci segnali di apertura da parte del mondo dei palazzi del potere. L’ex Ministro della Gioventù Giorgia Meloni (non a caso la più giovane ministra dello Stato eletta nella passata legislatura) ha proposto un disegno di legge costituzionale per permettere ai giovani sin dai 18 anni di poter essere eletti in Parlamento. A questo si aggiunge un ulteriore proposta, ancora più rivoluzionaria dell’Unione Europea, di concedere il voto sin dal sedicesimo anno d’età. In questo modo i Governi sarebbero costretti ad interessarsi ancora di più dei problemi del mondo giovanile. Questo sarebbe un grosso passo avanti, visto che l’Italia e’ uno degli ultimi paesi che investe sui giovani.