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giovedì 8 agosto 2013

The Real Untouchbles

 


 

Federico Punzi
Giovedì, 08 Agosto 2013
 
L'intervista rilasciata dal giudice Antonio Esposito al Mattino, e l'audio che ha letteralmente e totalmente sbugiardato la sua doppia smentita, sono di una gravità inaudita.
1) Il giudice della Cassazione, presidente della Corte che ha condannato in via definitiva Berlusconi, ha mentito per due volte, nelle due smentite in cui ha negato di aver pronunciato le frasi che poi tutti abbiamo potuto ascoltare nell'audio pubblicato dal quotidiano, e probabilmente ha mentito anche al suo capo, il primo presidente della Cassazione Santacroce, rispondendo alle sue richieste di chiarimento.
2) Nella registrazione audio Esposito sembra fare riferimento proprio alle motivazioni della sentenza di condanna inflitta a Berlusconi: «Noi non andremo a dire "chillo non poteva non sapere", noi potremmo dire nella motivazione, eventualmente, "tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva"... Nunnè che tu nun putev nun sape' pecché eri u cap, pecché pur u capo potrebbe non sapere. Tu non potevi non sapere perché Tizio, Caio e Sempronio hanno ditto che te l'hanno riferito, allora è nu poco diverse».
3) Il giudice Esposito cade in contraddizione comunque, sia che si riferisse a Berlusconi sia che parlasse in generale. Se infatti si riferiva alla sentenza Mediaset, è evidente che non ha letto gli atti del processo, dal momento che nessun testimone, nessun "Tizio, Caio e Sempronio" ha mai detto di aver portato a conoscenza di Berlusconi l'elusione fiscale. Anzi, "Tizio, Caio e Sempronio" hanno sempre smentito di averlo informato. Se, invece, parlava in generale, allora la sentenza da lui pronunciata va contro il principio di diritto enunciato nell'intervista, nella quale conferma più volte che non si può condannare qualcuno sull'argomento solo logico, e non giuridico, del "non poteva non sapere", mentre la sentenza che la Cassazione era chiamata a valutare in diritto, senza entrare nel merito, si basava proprio sul "non poteva non sapere", non sul "sapeva".

Nelle sue smentite Esposito denuncia la «manipolazione» dell'intervista, ma qui l'unica manipolazione compiuta dal giornalista del Mattino è la traduzione in italiano delle parole del supremo giudice. In linea teorica, di principio, se un giudice si lascia scappare che l'imputato è stato condannato senza prove – è questo, in pratica, che emerge dall'audio di Esposito – dovrebbe essere possibile revocare anche una sentenza di Cassazione. Ma anche ammesso che l'intervista e l'audio di Esposito non siano elementi sufficienti ad inficiare la sentenza, sono evidentissimi gli estremi per un'azione disciplinare nei suoi confronti. Eppure, mentre scriviamo, a quasi 24 ore dalla pubblicazione dell'audio dell'intervista, che sbugiarda totalmente il giudice, non abbiamo notizie in tal senso, né da parte del Ministero della Giustizia né da parte del Csm. Si badi che l'iniziativa avviata dai consiglieri "laici" del Csm Zanon, Palumbo e Romano, e trasmessa alla I Commissione, è una "pratica a tutela", ben diversa da un procedimento disciplinare ai sensi del
decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109.
Altro che riforma della giustizia, che qualcuno ingenuamente o ipocritamente evoca come possibile, ora che con la condanna sarebbe caduto l'alibi del favore a Berlusconi. La Cancellieri come ministro della Giustizia e il presidente Napolitano in qualità anche di presidente del Csm potrebbero - quindi dovrebbero - pretendere l'avvio di un'azione disciplinare nei confronti del giudice Esposito. Eppure, né l'una né l'altro sembrano avere la forza nemmeno per chiederla su un caso così conclamato. Figuriamoci una riforma della giustizia! L'amara realtà è che i magistrati nel nostro paese fanno parte dell'unica casta davvero intoccabile, mentre in un paese normale, civile, un Esposito sarebbe stato espulso dalla magistratura e privato della pensione.

La magistratura italiana come l'Inquisizione


 
L’attuale magistratura italiana ha uno “strapotere” che non ha precedenti nella storia d’Italia. L’opinione pubblica ha aperto gli occhi ascoltando le dichiarazioni uscite dalla bocca dal Presidente della Sezione di Corte di Cassazione Antonio Esposito. Ecco ciò che ha detto in un’intervista concessa al giornale  “Il Mattino” di Napoli: "Noi potremmo dire: tu venivi portato a conoscenza di quel che succedeva, non è che tu non potevi non sapere perché eri il capo. Teoricamente, il capo potrebbe non sapere. No, tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva. Tu non potevi non sapere perché tizio, caio o sempronio hanno detto che te lo hanno riferito. È un po' diverso da non poteva non sapere". Il magistrato ha in seguito “negato categoricamente di avere pronunciato queste parole”  ma “rimane il fatto che l’intervista è registrata” a prova di qualunque smentita o querela. In Italia ci sono giudici abituati a condannare i cittadini (così come avveniva ai tempi dell’Inquisizione) “senza uno straccio di prova”. E’ anche dimostrato che si permettono sfacciatamente, grazie alla loro impunità, di usare la legge a loro piacimento. Carlo De Benedetti, colpevole di un reato analogo a quello per cui Silvio Berlusconi è stato condannato al carcere, gli sarà comminata una “semplice sanzione pecuniaria” (non dimentichiamo che De Benedetti è il tesserato n. 1 del Pd).  È accettabile in una sana democrazia un’interpretazione così “discordante” della legge al punto che un magistrato commina per lo stesso reato una sanzione pecuniaria e un altro magistrato punisce con la pesante condanna di 4 anni di carcere e da 1 a 3 anni (ancora da definire) d’interdizione dai pubblici uffici? Non è accettabile, anzi è  vergognoso. È accettabile che un giudice, senza alcuna perizia professionale, ordini un risarcimento, nella causa per il lodo Mondadori, di oltre 700 milioni, e che in secondo grado una tale valutazione da un altro giudice sia considerata eccessiva e ridotta di circa ben 200 milioni? A quali criteri i magistrati s’ispirano per arrivare a differenze così clamorose? E vi pare saggia la decisione di obbligare il “pagamento immediato” di una tale somma, quando ancora manca il terzo e ultimo grado di giudizio? E se Carlo De Benedetti non fosse più in grado di restituire la somma (in passato molte sue aziende sono fallite), chi provvederebbe a risarcire la Fininvest? Nessuno. Non è accettabile, anzi è vergognoso. È accettabile che un magistrato non si ritiri dal collegio giudicante in una causa in cui l’imputato è un cittadino di cui “ha pubblicamente sparlato”? È accettabile che lo stesso magistrato, dopo aver letto il dispositivo della sentenza, “si permetta di anticipare alla stampa” le motivazioni non ancora pubblicate? È accettabile che sempre lo stesso magistrato “neghi continuamente di aver rilasciato certe dichiarazioni” e minacci querele, quando la registrazione della sua intervista conferma quanto scritto dal quotidiano? È accettabile che un magistrato “mentisca”? Non è accettabile, anzi è vergognoso. Si può aver fiducia in una magistratura così combinata? Non si può e non si deve aver fiducia. Eppure c’è chi ancora considera le sentenze della magistratura, non solo non criticabili, “ma fonte della verità assoluta”. Qualche “pazzo” va proclamando che la nostra è la costituzione più bella del mondo, e guai a modificarla (e non si è accorto che la costituzione è stata modificata più volte), ma è mai possibile che sia ancora oggi la più bella quando l’ordine giudiziario si permette di fare il bello e il cattivo tempo “a seconda che gli aggrada”, e un cittadino si ritrova dietro le sbarre senza colpa (oltre il 50% di chi è in carcere alla fine risulterà innocente), così come ai tempi dell’Inquisizione una donna veniva bruciata come strega per il semplice fatto che un magistrato dell’Inquisizione la riteneva tale? Gli “antiberlusconiani” hanno, per ciò che sta accadendo, una grossa responsabilità. Non hanno mai accettato il confronto democratico con un avversario capace di sconfiggerli. L’hanno combattuto “apostrofandolo con i peggiori insulti”, deformandogli il nome in tanti modi tutti irriguardosi e spregevoli (dopo la sentenza lo chiamano “delinquente”). Hanno contrastato ogni tentativo di riforma per il solo fatto che portasse la sua firma. Non è realistico aspettare che il presidente Napolitano “restituisca a Berlusconi l’eleggibilità’ politica” revocatagli dai giudici. A cosa serve parlare di grazia, o evocare altre fantasiose formule, se comunque altre condanne sono dietro l'angolo? “Stupido” è stato l’incontro con Napolitano dei capigruppo Brunetta e Schifani. La domanda politica che il Pdl deve porsi, e porre, pretendendo una risposta dai suoi alleati di governo e anche dal capo dello Stato, come “padrino” dell'attuale esecutivo, è la seguente: il Pd ha intenzioni serie? E' pronto ad assumersi la responsabilità di riformare le istituzioni insieme a un partito il cui leader è stato appena condannato, oppure sta semplicemente prendendo tempo per riorganizzarsi, mentre la magistratura porta a termine il lavoro sporco di togliere di mezzo il suo unico avversario politico? Ciò che Berlusconi e i suoi possono “pretendere” da Napolitano non è la grazia, o la riforma della giustizia, ma la garanzia che costringa il Pd a realizzare le riforme costituzionali insieme al Pdl continuando a far vivere il governo Letta. Berlusconi deve chiedere di essere incarcerato, ma i giudici non gli faranno questo “regalo” politico. La verità è che il “regime” ha paura di mandarlo in carcere, e finge di mostrare misericordia per un uomo che ha 77 anni. Se Berlusconi va in carcere il “regime” implode e si “sfascerà’” tutto. Berlusconi ha la vittoria in tasca. Ha l’occasione per sferrare il pugno del ko proprio dall’angolo in cui l’avversario l’ha costretto, convinto di metterlo al tappeto definitivamente.

 

 

 

mercoledì 7 agosto 2013

Berlusconi: la motivazione della sentenza.

 

Gianni Pardo
Martedì, 06 Agosto 2013
 
 
La motivazione della sentenza della Cassazione non è stata ancora pubblicata e forse non è stata nemmeno scritta ma si è autorizzati a commentare quella parte di essa che è stata anticipata – non si osa dire quanto ritualmente – dal Presidente della Sezione di Corte di Cassazione, Antonio Esposito. Ecco ciò che ha detto in un’intervista concessa al “Mattino” di Napoli:
"Noi potremmo dire: tu venivi portato a conoscenza di quel che succedeva, non è che tu non potevi non sapere perché eri il capo. Teoricamente, il capo potrebbe non sapere. No, tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva. Tu non potevi non sapere perché tizio, caio o sempronio hanno detto che te lo hanno riferito. È un po' diverso da non poteva non sapere".
Il magistrato ha in seguito negato categoricamente di avere pronunciato queste parole e altrettanto categoricamente il direttore del giornale ha ribattuto che il Presidente può benissimo essersi pentito di averle dette ma rimane il fatto che l’intervista è registrata: dunque a prova di qualunque smentita o querela. Crediamo per il momento al direttore e consideriamo quelle parole come unica motivazione della sentenza.
Il dr. Esposito discute della conoscenza che Berlusconi poteva avere della frode fiscale. Egli distingue la prova logica (date le condizioni di fatto, l’imputato “non poteva non sapere”) dalla prova fattuale (“qualcuno ha testimoniato di avere informato l’imputato e per questo sappiamo che sapeva”). Se ne deduce che, se la Corte avesse disposto esclusivamente della prova logica, avrebbe anche potuto avere qualche dubbio (lo afferma lo stesso magistrato nell’intervista) ma non può averne se dispone di precise testimonianze che affermano il fatto. E se non si potevano avere dubbi, se ne deduce la colpevolezza dell’imputato.
Tesi ardita. Non sappiamo di quali altre prove dispongano i magistrati ma il semplice essere informati della commissione di un reato non costituisce reato. L’art.40 del codice penale stabilisce: “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l'esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.  Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. È dunque evidente che l’essere informati della commissione di un reato non corrisponde a commetterlo: perché l’evento dannoso o pericoloso non è conseguenza di quell’informazione. È pur vero che l’art.40 prosegue statuendo che, se non si impedisce un evento, è come se lo si fosse cagionato. Ma è fondamentale l’inciso: “che si ha l’obbligo giuridico di impedire”. Per evitare un evento dannoso, Il pompiere ha il dovere di affrontare il rischio dell’incendio, il carabiniere il rischio del contatto col criminale, il medico il rischio dell’infezione, ma nessun analogo obbligo ha il cittadino normale. Persino per quanto riguarda la semplice denuncia di un reato, l’obbligo ricade soltanto sul pubblico ufficiale (art.361) o sull’incaricato di un pubblico servizio (art.362). Silvio Berlusconi, in quanto azionista di Mediaset, non aveva nessun obbligo del genere.
Se questo è il nocciolo della motivazione della colpevolezza di Berlusconi, siamo di fronte ad un’assurdità giuridica e si comprende che il dr.Esposito, a bocce ferme, si sia morso le labbra. Anche perché la toppa è peggiore del buco: infatti, sbracciandosi a dimostrare che non si tratta di prova logica ma di prova testimoniale, insiste di fatto sul suo valore; e proprio questo è drammatico: che si sia potuta infliggere una gravissima condanna a quattro anni di reclusione a un cittadino della Repubblica Italiana semplicemente perché qualcuno gli ha detto che si commetteva un reato. Senza che egli abbia tenuto nessuna condotta tendente a cagionare l’evento.
Veramente abbiamo ragione di aspettare con curiosità la motivazione della Corte di Cassazione, nel processo contro Silvio Berlusconi.
pardonuovo.myblog.it
 

martedì 6 agosto 2013

Il problema e' dell'Italia, non di Silvio Berlusconi.

L’ultimo dei problemi è quello che riguarda la persona di Silvio Berlusconi. Anzi, hanno trovato il modo di farlo passare da protagonista assoluto della seconda Repubblica e da persona dotata di senso dello Stato. E’ uno “statista” che rifiuta di sfuggire alla legge e alle sentenze. Prodigi della faziosità e della persecuzione ormai “ventennale”. Riguardo la sentenza della Cassazione su Berlusconi ci si può chiedere se corrisponda alla colpevolezza o all’innocenza dell’imputato. Possono anche essere dieci, cento, mille gli ordini di giudizio, ma saranno sempre “nulli” se il giudice e’ prevenuto contro l’imputato. La storia fara’ scomparire nel nulla quanti faziosamente l’hanno “perseguitato” e “contrastato” e tutto questo sara’ a lungo una riflessione per tutti.  No, il problema non è Berlusconi, non è suo. Il problema è di tutti gli italiani. Giorgio Napolitano ha detto che i magistrati vanno rispettati, ma la giustizia finalmente va riformata. Alla storia passerà come l’ammissione di una sconfitta. Il problema non è Berlusconi, ma la democrazia in Italia. Ammalata di mali profondi. Una parte dell’elettorato è convinta che i sostenitori di Berlusconi sono persone “indegne” e intellettualmente “minorate”. Il Pd pensa di potere vincere solo impedendo all’avversario d’esistere. Sono venti anni che non si fa nulla di quel che tutte le persone ragionevoli considerano necessario e urgente  Si è scaricata sulla giustizia la vita politica “minando” cosi’ sia la democrazia che lo Stato di diritto. S’è confusa la stabilità con l’immobilità, tanto che ora ci si chiede come potrà andare avanti il governo. Enrico Letta avrebbe dimostrato di avere un po’ di spessore personale e un pizzico di coraggio politico correndo a rendere visita al leader politico che “per primo propose il governo che ora lui presiede”. E ora, come se ne esce? Esistono due strade: la prima consiste tornare subito al voto. La seconda consiste in un’iniziativa politica della sinistra che, per far continuare l’azione del governo Letta, sia d’accordo per l’immediata e profonda riforma della giustizia. E’ facile indovinare che non lo faranno. Prevarrà “l’odio” profondo che hanno dell’avversario. Ma non avrebbero neppure la capacita’ ne’ il coraggio. Ci sono anche altre infinite vie, ma portano tutte all’autodistruzione di chi si crede troppo “furbo” e, come si sa, i furbi mancano di “intelligenza”.