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venerdì 4 dicembre 2009

Gli italiani nel modo sono orgogliosi di essere italiani. Quante Silvie Greco si nascondono tra gli italo-trasnazionali?

Non tutti i mali vengono per nuocere. La volgare, offensiva ed ignobile mappa dell’Italia, pubblicata dall’Australian Financial Review, ha smosso l’orgoglio degli italiani ed e’ stata massiccia l’adesione alla meritoria iniziativa dell’Italianmedia. Migliaia e migliaia di copie dell’offensiva mappa sono state “rispedite” all’AFR per protesta. E non finirà qui! Continueremo sino quando non otterremo completa soddisfazione. Se costretti inizieremo un’azione legale collettiva. Dobbiamo cogliere questa opportunita’ per far sentire forte e chiara la nostra voce e farci conoscere ed apprezzare per quelli che realmente siamo. Chiediamo per l’Italia, il nostro Paese di nascita o d’origine, riconoscenza ed assoluto rispetto per il grande contributo, in tutti i settori, che ha dato al mondo intero nei secoli. L’Australia e’ per noi (circa un milione di persone) la nostra seconda patria che amiamo quanto l’Italia. Gli siamo grati perché ci ha dato lavoro, dignità e un futuro per i nostri figli. Gli italiani che sono venuti in Australia nel dopoguerra si sono adattati a fare i lavori più duri e umili, nelle coltivazioni della canna da zucchero, nelle miniere, nella costruzione delle centrali idroelettriche, delle strade e delle ferrovie, nei campi e nelle fabbriche. Oggi, la seconda e terza generazione, sono in grado di svolgere professioni altamente qualificate. I “nomi italiani” sono presenti nelle prime posizioni di alta responsabilità, dalla politica alla finanza, dalla medicina alla ricerca scientifica, dalla magistratura al commercio, all’industria, allo sport, alla musica e alla moda. Sin dalla scoperta dell’Australia gli italiani erano presenti sulle prime navi che vennero dall’Inghilterra, cartografi come Matra e capitani di marina come Malaspina. Raffaelo Carboni fu uno degli eroi della rivolta Eureka Stockade a Ballarat nel 1854. I rapporti commerciali con l’Australia sono in continua crescita. Il primo ministro australiano Kevin Rudd ha elogiato la ricchezza, la storia, la cultura e le tradizioni dell’Italia. Ha espresso grande stima e gratitudine riconoscendo che l’emigrazione italiana ha permesso all’Australia di fare un salto di qualità in molti campi, come quello delle costruzioni, dell’industria, della moda e della gastronomia. A questo punto il nostro orgoglio d’italiani non ci permette di rimanere in silenzio. E possiamo sostenere ad alta voce che l’eccellenza italiana, in molti settori, e’ universalmente riconosciuta. Ad esempio, sulla gastronomia non ci batte nessuno, specialmente sui prodotti tipici alimentari. Dai vini, all'olio, dai formaggi, al prosciutto e salami, pasta, pane, sughi siamo i primi al mondo in termini di qualità e tutti all’estero tentano di copiarli, uno per tutti il “parmesan”. Bandierine tricolori e nomi dal suono italiano sulle imitazioni commerciali non possono sostituire la nostra qualità e l’autenticità’. E cosa poi dire della moda? Dei mobili? Delle macchine utensili? Delle automobili, motociclette e biciclette? Siamo orgogliosamente consapevoli che anche oggi, nonostante quello che accade nella politica italiana, l’Italia e’ tra i primi Paesi al mondo. Per modestia potremmo anche tralasciare di ripetere che siamo gli eredi dell’antica Roma e del Rinascimento, gli “unici” fari della civiltà mondiale. E’ dal 1968 che, purtroppo, siamo costretti ad assistere alla crisi politica italiana. Dal 1992 (mani pulite) la politica e’ in tumulto. Attualmente la situazione economico-lavorativa non è affatto brillante, insomma molte cose non vanno troppo bene. Mentre il presidente degli USA Obama, ma non solo lui, non perde occasione per elogiare l’Italia ed il suo governo, molti media di Paesi stranieri vogliono farci apparire come una nazione di serie B e tutto quanto ne consegue. Va bene, e’ anche vero, dalla realtà non si può sfuggire, ma loro la manipolano per calunniarci e tutto solo per “invidia”. Nonostante noi italiani nel mondo abbiamo dimostrato di essere dei buoni, collaborativi ed innovativi cittadini nei Paesi in cui siamo emigrati, per “scherzo”, veniamo considerati dei mafiosi. E’ capitato, e capita spesso “tutt’oggi”, di essere discriminati anche se, ipocritamente, in maniera “sottile” e “cortese”. Obbiettivamente, pero’, dobbiamo riconoscere che il grande difetto di noi italiani e’ “l’individualismo”. Nel nostro Dna ci sono i geni della “discordia”. I rioni di ogni paese si sfidavano (lo fanno anche oggi) tra loro per un palio. Paesi distanti alcuni chilometri si facevano continuamente la guerra. Ogni paese aveva (ed ancora ha) il suo dialetto e le sue specialità culinarie. Dopo la caduta dell’impero romano, per circa mille anni, l’Italia e’ stata terra di conquista e dominio di tanti paesi stranieri. Il loro scopo era quello di saccheggiarla e sfruttarla al massimo. L’Italia non unita non poteva difendersi con un suo esercito. Per forza di cose ogni singolo abitante della penisola doveva provvedere a se stesso e Dio per tutti. Gli italiani, sottomessi e sfruttati, per difendersi e sopravvivere, sono diventati “diffidenti” ed hanno affinato l’arte della furbizia e dell’arrangiarsi, parola intraducibile in altre lingue. Individualmente siamo delle persone eccezionali, ma non sappiano concretizzare nulla di straordinario incapaci di fare “sistema”. Eppure e’ arcinoto il motto che l’unione fa la forza. Possiamo essere fieri se l’italianita’ si e’ affermata in tutto il mondo grazie, soprattutto, alla grande passione, allo spirito di sacrificio e patriottico che hanno animato i “Giganti”, ossia gli emigranti degli anni 50/70. Ma di pari passo non siamo riusciti a costruire una “Comunità italiana” solida, legando tra loro con stretti vincoli le molteplici associazioni che hanno agito singolarmente magari in concorrenza con le altre. La supremazia “dell'individualismo” a volte, tra risse e conflitti infiniti, ha generato tra gli italiani nel mondo contrapposizioni per fini ignobili. Per ultimo le elezioni politiche sono state un ulteriore motivo di divisione. Dovremmo fare ogni sforzo per superare sentimenti di “supremazia” che impedisce i processi di aggregazione. E’ dura a morire la “smania” di voler essere capi, capetti o presidenti di “qualche cosa”. Le associazioni si sono dedicate esclusivamente a coltivare il loro “orticello” rinunciando di metterli tutti insieme per farne un unico “grande campo”, nel quale “coltivare”, intensivamente e con piu’ profitto, ogni “prodotto” culturale e sociale. L’aggregazione delle varie associazioni era un compito preciso dei COMITES, ma hanno clamorosamente fallito. Inutile, poi, e’ risultata l’elezione dei 18 parlamentari esteri. Nei Paesi dove sono emigrati gli italiani, certi aspetti dell’italianita’ rimarranno nel tessuto della società per sempre, seppure con una certa trasformazione della sua genuinità. Ma la “comunità italiana” e’ sulla via di una lenta ed inesorabile “estinzione”. I discendenti degli emigranti della prima generazione hanno ben poco d’italiano. I nonni sopravvissuti parlano esclusivamente italiano per ragioni di orgoglio. I loro figli parlano italiano saltuariamente con strano accento ed incerte parole. Quasi nella totalità i nipoti non spiccicano una parola ed anche culturalmente sono molto piu’ “transnazionali” che italiani. Sono teenager i miei nipoti. A scuola hanno amici, anche loro di seconda e terza generazione, i cui genitori e parenti sono emigrati dalla Grecia, Serbia, Scozia, Libano, India, Siria ecc. Invitati ad alcune feste hanno scoperto che, specialmente, i greci ed i serbi, parlano tra loro “esclusivamente” nella loro lingua madre. I loro club sono tappezzati di fotografie dei loro piu’ famosi eroi e tutte le insegne e cartelli sono scritti nella loro lingua. Al contrario dell’italianissimo Club Marconi dove l’italiano e’ stato bandito: si deve parlare soltanto in inglese. Il presidente e’ italiano di seconda generazione ed ha piu’ domestichezza con l’inglese dell’italiano. Capita sovente che i miei nipoti incontrino giovani che si dichiarano italiani. Felici si rivolgono a loro in italiano, ma rimangono spiacevolmente “sorpresi” nel sentir rispondere: “what?” Scoprono che quei giovani “italiani” neppure sono in grado di formulare una breve frase. E mi interrogano: “Nonno, come mai non parlano l’italiano?”. Perché a casa loro tutti parlano inglese! Ecco perché col passare del tempo il legame con l’Italia diventerà sempre piu’ flebile e prolifereranno tante Silvie Greco che disprezzeranno l’Italia. Ogni anno diminuiscono gli alunni alle scuole d’apprendimento dell’italiano. I Presidi delle scuole governative stanno sostituendo la nostra lingua con quelle asiatiche. Per incrementare il numero degli alunni alla scuola d’italiano gli enti gestori, come il CO.AS.IT., dovrebbero organizzare “urgentemente” una campagna d’informazione intensiva diretta a tutte le famiglie di origine italiana. Deve far intendere ai nonni, ai genitori, agli zii e agli amici italiani, che e’ assolutamente “fondamentale” che parlino in italiano con i loro nipoti e i giovani, se “veramente” tengono che rimangono degli “autentici italiani”. L’italiano (anche se fosse il dialetto) s’impara a casa, la scuola può soltanto perfezionarlo. L’ho scritto e lo riscrivo: “La lingua e’ quello che distingue un popolo”. La lingua non e’ solo un insieme di parole: e’ “sentimento”. L’ “anima” di un popolo e’ la sua lingua che rappresenta il suo modo di essere, di vivere, la sua stessa cultura e la sua storia attraverso i secoli. Se si vuole capire a fondo la “mentalità” dell’Italia, in ogni suo aspetto e comprendere il suo spirito nazionale, e’ necessario essere padroni della sua lingua. Gli italiani in Australia ed in tutto il mondo sono in grande pericolo di perdere la loro identità a causa della perdita delle generazioni future. Sino ad ora siamo stati capaci di trasmettere “marginalmente” la nostra cultura, ma corriamo il pericolo che vengano dispersi i sacrifici ed il grande lavoro fatto dai “Giganti”. Quale sarà il futuro degli eredi degli italiani in Australia o in altri Paesi? Al “Forum” organizzato dalla GIA (Giovani Italiani Australia) hanno partecipato “soltanto” 70 giovani provenienti da tutti gli stati d’Australia. Invece alla serata di di gala “Dolce amaro” si non ritrovati in 150! In che modo le Regioni ed il Governo italiano stabiliranno un rapporto con le nuove generazioni? Come riusciranno a mantenere un legame con quelli che non parlano italiano, che hanno poco a che fare con l’Italia contemporanea e stanno perdendo la loro eredità italiana? Di sicuro il governo italiano, di qualsiasi colore sarà, continuerà a mantenere i corsi d’italiano sino a quando ci saranno alunni, ma anno dopo anno sono sempre di meno e, tra non molto, giungerà l’anno zero. È iniziata da tempo la scomparsa graduale della “autentica” italianità, che giorno dopo giorno si disgrega e s’indebolisce per essere sostituita con il “transnationalism”. Gli appartenenti alla seconda e terza generazione partecipano raramente alle attività delle associazioni fondate dai “Giganti”. La maggior parte non partecipa alle attività sociali. Neppure partecipano alla festa della Repubblica. Sarebbe interessate sapere quanti sono stati i giovani di origine italiana che si sono “indignati” ed hanno “protestato” con l’Australian Financial Review per aver vilipeso l’Italia.