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venerdì 10 luglio 2015

I tedeschi? Quelli di sempre: arroganti e prepotenti.


Ovidio Gentiloni  

Il guaio è che i tedeschi, negli ultimi 2 o 3 lustri, stanno

riprendendo un'arroganza che non gli conoscevo se non dai libri di

storia.

Ci vivo dall'asilo e li frequento quotidianamente per lavoro, sia in

Germania, dove passo almeno metà del mio tempo lavorativo, sia

in Italia.

Stanno cambiando, e non per il meglio.

Da quando tengono tutti i paesi del Sud Europa per le balle con l'Euro, il disprezzo nei confronti nostri (con nostri intendo appunto tutti i cittadini di questi paesi, anche noi) è in continuo aumento.

Sono fortissimi e si fanno le regole (in tutti i campi) a proprio uso e consumo, poi le fanno imporre dall'UE. Così loro sono pronti, gli altri devono fare una fatica incredibile per tirarsi in pari.

Regolamenti tecnici, normative igieniche o di sicurezza, tutto quanto a loro misura, poi addosso a chi non sta al passo.

Le loro aziende sono mediamente più grandi e meglio strutturate delle nostre, hanno sostegni da parte di enti e organizzazioni statali o privati che noi nemmeno ci sogniamo, e fanno tutto nella propria lingua.


Così estendono il loro potere e la loro influenza, preparandosi a controllare tutto.

Un male dietro l'altro e' arrivato

 ECCO UN MALE DIETRO L'ALTRO E' ARRIVATO, E' ARRIVATA LA SVENTURA.
IN OGNI ANGOLO E' TESO UN AGGUATO. NON C' E' PIU' DOVE TROVARE SCAMPO.
TUTTI L'UNO CONTRO L' ALTRO;  LA VIOLENZA ESPLODE E DIVIENE LA FALCE DELLA MALVAGITA' 


"Parenticidi +1600% in vent'anni"

Dal Vangelo secondo Matteo: cap.10
21]Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire.
Dal Vangelo secondo Luca cap. 12
[52]D'ora innanzi in una casa di cinque persone
[53]si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera.
[54]Diceva ancora alle folle: Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade.
[55]E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade.
[56]Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? 

ECCO SUPERBIA CONTRO SUPERBIA,
E SARA' UOMO CONTRO UOMO, DONNA CONTRO DONNA,
FRATELLO CONTRO FRATELLO, SORELLA CONTRO SORELLA,
MADRE CONTRO FIGLIA, FIGLIA CONTRO MADRE,
PADRE CONTRO FIGLIO, FIGLIO CONTRO PADRE,
MOGLIE CONTRO MARITO, MARITO CONTRO MOGLIE,
FAMIGLIA CONTRO FAMIGLIA,
NAZIONE CONTRO NAZIONE, CITTA' CONTRO CITTA',
PAESE CONTRO PAESE, POTERE CONTRO POTERE.
RAZZA CONTRO RAZZA, CLASSE CONTRO CLASSE,
OCCIDENTE CONTRO ORIENTE, ORIENTE CONTRO OCCIDENTENORD CONTRO SUD, SUD CONTRO NORD.


L'ECONOMIA CROLLERA' E GLI OPERAI RESTERANNO SGOMENTI.
QUANTO SONO INTELLIGENTI  I CAPI DELLA SCIENZA !
I  PIU' BRAVI DEI CONSIGLIERI DEL PRESIDENTE FORMANO UN CONSIGLIO STUPIDO.
COME POSSONO DIRE: " IO VENGO DA SCUOLE E MAESTRI ILLUSTRI ?! "
DOVE SONO DUNQUE  I  TUOI  GRANDI SAPIENTI ?
TI  RIVELINO LORO QUANTO HA  DECISO IL SIGNORE DEGLI  ESERCITI CONTRO LA SUPERBIA.
SONO DIVENUTI STUPIDI I SAPIENTI E INGANNANO GLI ILLUSTRI MAESTRI,
TANTO DA FAR SBAGLIARE TUTTI  I  LORO CAPI.
IL SIGNORE HA MANDATO SUI CAPI  UNO SPIRITO DI TRAVIAMENTO
CHE LI FA MUOVERE IN OGNI COSA COME UBRIACHI  NEL LORO VOMITO.
NULLA DI BUONO FARANNO NE' CHI E' IN TESTA, NE' CHI E' IN CODA;
NE' CHI E' IN ALTO, NE' CHI E' ALLA BASE ; NE' CHI E' CAPO, NE' CHI OBBEDISCE;
NE'CHI GUIDA, NE' CHI SEGUE; NE' IL RE, NE' I SUOI SUDDITI; NE' IL PAPA, NE'I SUOI  FEDELI.


PAROLA DEL SIGNORE.


Banca rotta

Anche i banchieri, come gli altri, guardano l’Europa e, poi, si guardano fra loro. Lo hanno fatto all’assemblea dell’Abi, la loro associazione. Pur guidati da un europeista convinto, Antonio Patuelli, sentono il bisogno di dire: quella che c’è, non ci piace. Pensare che molti credono di averla in uggia proprio perché suppongono piaccia troppo ai banchieri. Eppure, proprio in campo bancario, i passi fatti sono positivi. Semmai si dovrebbe farli più in fretta.
Prendiamo il caso della nuova legge sui fallimenti bancari. E’ stato scritto: finisce la garanzia dello Stato e saranno i cittadini correntisti a pagare. Balle. La riforma non è una trovata del legislatore italiano, ma il derivato di una direttiva europea. Noi siamo gli ultimi a recepirla. E non abbiamo ancora finito, perché, come ieri ha ricordato il governatore della Banca d’Italia, Igrazio Visco, mancano ancora i decreti attuativi (ma quando s’imparerà a prepararli mentre è in approvazione il decreto legislativo?!). 
La novità, in vigore dal prossimo primo gennaio, è il bail-in, ovvero che in caso di fallimento ne rispondono i privati. Prima di tutto gli azionisti, poi gli obbligazionisti non garantiti, quindi anche i correntisti con depositi superiori a 100mila euro (sotto quella cifra non ci sono pericoli). Se tutto questo non basta, a coprire il buco, interviene un fondo di garanzia, proprio a tutela dei depositanti. Prima garantiva lo Stato? Certo, e significava che in caso di fallimento pagavano tutti i cittadini contribuenti, ora solo chi ha investito o avuto troppa fiducia. Forse non è chiaro, ma i soldi dello Stato non sono dei politicastri cattivoni, sono i nostri.
Il busillis della riforma, però, sta nella prima categoria di chiamati a pagare: gli azionisti. Che i privati rispondano del fallimento è cosa sana e giusta. Le azioni sono sempre investimenti che comportano un rischio. Se non volete correrlo, o (più saggiamente) diluirlo con la diversificazione, non compratele, prendete prodotti che le incorporano. Il fatto è che fra gli azionisti, in molti casi europei, c’è lo Stato. Da noi no. Noi facevamo uscire lo Stato dalle banche, mentre altri ce lo tenevano e lo facevano entrare. Il che cambia notevolmente la faccenda della garanzia costituita dagli azionisti. Se fallisce una banca di cui è azionista lo Stato francese o tedesco non è la stessa cosa di avere azionisti di altra natura. Anche se va ricordato che in Austria hanno lasciato fallire anche in presenza di azionariato pubblico.
Se lo Stato italiano mette un soldo nelle nostre banche, quello è un aiuto illecito. Se lo fanno i francesi, quello è il dovere dell’azionista. Non è proprio un caso che il governo tedesco abbia messo 248 miliardi nelle proprie banche, quello inglese 165, quello spagnolo 58, e il nostro ne ha prestati (prestati, non messi) 4.
Sapendolo, quindi, delle due l’una: o si rientrava prima che il recinto fosse chiuso, oppure sarebbe stato saggio reclamare la nostra virtù e farla pesare. Ma dalle nostre parti si è particolarmente vocati alla geremiade e poco propensi a far valere i punti di forza.
Che deve fare il cittadino? Intanto capire che, dall’anno prossimo, non “deposita” più, ma “presta” i propri soldi alla banca. Siccome le banche fanno esami del sangue e delle urine, prima di prestarti un tallero, sarà il caso di guardarle almeno negli occhi.
La Banca d’Italia aiuti, pubblicando indici sintetici di solidità patrimoniale. Molti banchieri non ne saranno felici, ma non sono loro i soggetti da tutelare. Questo innesca conseguenze nel taglio dei costi e negli accorpamenti, con un occhio alle fondazioni. Positive, se guidate da una visione degli interessi collettivi, che, nei passaggi precedenti, è mancata. A tal proposito, Patuelli ha ricordato che le banche italiane erano 4337 nel 1927; 2070 nel 1936; 1156 nel 1990; mentre oggi abbiamo 136 gruppi bancari, sui si sommano le banche di credito cooperativo. In Germania le banche sono, oggi, 1734, mentre in Francia 579. Non si pianga, la concentrazione è positiva e dovrebbe essere continentale. Sono gli altri a essere rimasti indietro. Il che va fatto pesare, visto che ci mazzolano quando abbiamo torto.
E siccome la solidità patrimoniale (il rapporto fra patrimonio e soldi dati in prestito, detta rozzamente) può essere nemica della disponibilità a erogare credito, il che nuoce a economia e consumi, faremmo bene a far notare che le nostre banche, al netto delle partecipazioni statali, sono più solide di quelle altrui, sicché non si vede perché il nostro sistema produttivo debba subire un danno e gli altri un vantaggio, dato solo dai soldi messi dallo Stato. 
A ben vedere, quindi, non solo le cose fatte vanno nella giusta direzione, ma siamo noi gli scolari modello, quelli che hanno fatto i compiti, quindi quelli interessati a che l’Unione bancaria  sia una cosa,  e non suini casualmente la pausa della ricreazione.
@DavideGiac

L'Italia e' sempre irrilevante in questa Ue-truffa

Come era stato con Berlusconi, liquidato con qualche sorrisino ironico, Renzi non ha partecipato alle consultazioni con i greci

Quando i capi di Stato di Germania e di Francia avevano reagito alle argomentazioni europee di Berlusconi, allora capo del governo, con sorrisetti ironici, qualcuno aveva attribuito l'episodio all'inadeguatezza personale del Cavaliere.







Ma Berlusconi era stato solo il pretesto che Germania e Francia avevano colto per dimostrare che l'Italia contava come il due di picche e che senza di loro non c'era trippa per i gatti. Ora, con Renzi, in occasione delle consultazioni con i greci, la situazione si è ripetuta. Niente sorrisini, ma il nostro capo del governo è stato semplicemente escluso dalle consultazioni di Germania, Francia e Commissione europea con la Grecia. 
Come era stato con Berlusconi, liquidato con qualche sorrisino ironico, Renzi non ha partecipato alle consultazioni con i greci perché l'Italia, per dirla con un' antica e cruda definizione, continua a essere solo una trascurabile entità geografica. 
Berlino e Parigi mal sopportavano la pretesa di Berlusconi di recitare un ruolo pari al loro e la stessa cosa si ripete oggi con Renzi. Come il Cavaliere era stato solo un pretesto, così lo è ora Renzi. 
L'obiettivo era un altro allora; è un altro adesso. 
L'Italia è un concorrente scomodo, soprattutto può esserlo se le si dà corda sul piano industriale e commerciale
Corda senza la quale non ha neppure la forza per imporsi su quello politico. Germania e Francia si guardano bene dal dare corda all'Italia. 
Non l'aveva con Berlusconi. Quando mostrò di provare a procurarsela, fu fatto fuori con una congiura a metà finanziaria e a metà interna con la complicità dell'opposizione di sinistra - lo spread fatto salire a livelli vertiginosi, la minaccia di fallimento dell'Italia e la crisi di governo manovrata dal presidente della Repubblica Napolitano- non l'ha adesso con Renzi, che essendo più furbo del Cavaliere si tiene alla larga dalla Germania e dalla Francia, mettendosi al loro seguito. 
Così, diciamola tutta, non è il nostro capo di governo del momento a essere inadeguato. È l'Italia di sempre. 
Se mai, Berlusconi e Renzi hanno avuto il torto di non avere fatto quelle riforme del nostro sistema politico e economico che avrebbero conferito al nostro Paese la forza economica per crescere e la forza politica per imporsi. 
Senza crescita, l'Italia non ha mai avuto crescita economica autonoma e forza politica e, tanto meno, l'ha ora. 
Ovviamente, per avere crescita economica e forza politica, l'Italia non avrebbe dovuto, non dovrebbe, seguire le direttive europee, che sono fatte apposta per favorire la Germania e la Francia, ma provvedere alle riforme autonomamente, come cercano di fare ora i greci. 
Ciò che il linguaggio giornalistico chiama austerità, in realtà, è una politica europea che, deprimendo gli eventuali concorrenti, faccia gli interessi della Germania (soprattutto) e della Francia (in misura minore, ma ugualmente rilevante). 
L'Unione europea non è un organismo all'interno del quale vigano regole paritarie. Gli Stati membri non contano tutti allo stesso modo; c'è qualcuno, per dirla con Orwell, più uguale degli altri e sono la Germania e la Francia. 
L'Ue è una forma di associazione che serve gli interessi tedeschi e francesi, le sole due grandi potenze europee in grado di imporli grazie alle proprie condizioni economiche interne e, di conseguenza, a tutti gli altri Paesi, Italia compresa. 
Finora, la politica di austerità ha fatto gli interessi soprattutto della Germania, e della Francia ancorché in misura minore. 
Il merito del governo greco è stato di avere reagito a tale imposizione indicendo il referendum proprio sulle richieste dell'Ue e che si è risolto con un voto che rifiuta di adottare tali misure.
L'Unione europea, così come è concepita e funziona, è una truffa che gli italiani, si tratti di Berlusconi o di Renzi, non sono stati in grado di denunciare, ma alla quale hanno dovuto accodarsi un po' per incultura e conformismo, molto per convenienza. 
Le crisi che si sono succedute, e soprattutto quest'ultima, avrebbero dovuto essere l'occasione per chiedere una revisione dei trattati che ne regolano la governabilità. 
Berlusconi e Renzi non l'hanno fatto, non perché entrambi inadeguati; ma perché lo era, lo è, l'Italia. Che lo sarà almeno fino a quando non si darà una regolata...
piero.ostellino@ilgiornale.it

giovedì 9 luglio 2015

Perche' l'Unione Europea ha paura della Grecia

George Friedman ha scritto un articolo interessante perché, ancora una volta, mostra di seguire l’aureo principio secondo cui, per capire una situazione, non bisogna partire dall’idea che il prossimo sia folle o sciocco. Bisogna innanzi tutto cercare di comprendere le sue motivazioni. E mentre molti si chiedono che cosa si aspetti per rimandare a casa Tsipras con un incoraggiamento nel fondo schiena, l’analista americano offre una spiegazione del fenomeno che nella pubblicistica corrente manca del tutto. L’articolo è sesquipedale, e dunque se ne riassumono per sommi capi i punti fondamentali.
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Che i greci non sarebbero mai stati in grado di rimborsare i debiti è stato sempre noto. E l’austerity non poteva che peggiorare le cose. Naturalmente lo hanno sempre saputo anche I greci. Analogamente è sempre stato noto che, senza un “radical restructuring”, o si sarebbero dovuti condonare i debiti della Grecia o essa sarebbe fatalmente arrivata al default. Tutte cose che naturalmente sapeva anche l’Unione Europea. Ma ciò che l’ha sempre frenata è stata la coscienza che la situazione, nella sostanza, non era diversa per altri Paesi dell’eurozona, anche se la Grecia costituiva l’esempio peggiore. Se dunque si fossero fatte grandi concessioni ad Atene, gli altri Paesi indebitati avrebbero chiesto anche loro di rinegoziare i debiti. Al riguardo si pensava soprattutto a Italia e Spagna, e malauguratamente questi Paesi sono economicamente molto, molto più “pesanti” della Grecia. La cosa era dunque da evitare ad ogni costo.

Ma la Grecia si è data un governo ostile all’Europa, ha avuto un comportamento sfacciato e arrogante, e l’Ue ha infine pensato che questo fosse il caso migliore per prendere posizione e punire chi osava discutere l’ordine stabilito. Sempre con l’intenzione di rimandare il problema, eccola dunque inflessibile, severa e irremovibile sull’austerity. Non si è resa conto che, con Syriza, il gioco era finito. I leader europei si aspettavano che il governo greco si sarebbe piegato, ma esso non poteva farlo. Non soltanto per ragioni politiche. Ma semplicemente perché I greci non ne potevano più. La loro economia era in macerie e sembrava assurdo che l’Europa insistesse nell’austerità piuttosto che passare allo stimolo. A questo punto i greci hanno pensato che il default poteva essere conveniente.
Secondo Friedman, è in ciò che i leader europei hanno sbagliato i calcoli: concetto che costituisce addirittura il titolo del suo articolo. Volevano dimostrare che nessuno poteva permettersi di pagare questo prezzo e il risultato è che si sono messi nell’angolo da soli. 
Già il sistema dei prestiti e dei rimborsi era tutto un imbroglio, perché, se i greci erano degli irresponsabili nel contrarre i debiti, l’Europa era irresponsabile nel concederli. Secondo Friedman, è assurdo ritenere che le banche europee siano state ingannate. Esse sapevano perfettamente quello che facevano. Volevano concedere i prestiti perché “facevano soldi con le transazioni”; in un turbinio di trasferimenti tra le banche. Così, l’Unione europea è sembrata “protettiva per le banche e predatoria nei confronti di coloro che non hanno contratto debiti”.
I votanti di domenica hanno scoperto il bluff dell’Europa. Questa riteneva che i greci non si rendevano conto di che cosa avrebbe significato per loro il default, ma essi pensavano che non era mendicando che avrebbero ottenuto di più. Dovevano convincere gli europei che erano realmente disposti ad abbandonare l’eurozona. Ed effettivamente erano pronti a farlo. La posta in gioco era troppo alta, per bluffare soltanto. 
Ad Atene si è pensato che il default avrebbe avuto un costo altissimo, ma ci sarebbe stato modo di superare la crisi. E proprio questa era la massima paura dell’Europa: la dimostrazione che si potesse lasciare l’euro e sopravvivere, se non addirittura fiorire. 
Per questa ragione oggi l’Ue potrebbe cedere ed offrire alla Grecia accordi che quest’ultima potrebbe essere disposta ad accettare
Anche perché la Germania ha la preoccupazione di mantenere la zona di libero scambio per le sue esportazioni
E tutto ciò senza parlare delle opzioni offerte da Russia, Cina e Stati Uniti. 
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L’articolo di Friedman, forse discutibile in alcune parti, dimostra tuttavia che il problema greco è soltanto l’indice di un problema più grande: l’intera Europa è costruita su un assunto erroneo. Se l’assioma fondamentale è che 3x3 fa 10, è ovvio che da quel momento i conti non torneranno mai. 
Gli errori dell’Europa sono soprattutto due: 1. Che si possano contrarre debiti in modo esponenziale e all’infinito; 2. Che si possa avere una moneta unica per Paesi sovrani e diversi. 
In realtà, per quanto riguarda i debiti, tutto ciò che si può fare – se riesce – è rinviare il momento della scadenza, che tuttavia fatalmente arriverà. Per quanto riguarda la moneta, la sua unicità e la sua rigidità porteranno prima o poi a squilibri che diverranno insostenibili. Per alcuni Paesi essa sarà troppo forte, per la realtà economica sottostante, per altri Paesi sarà troppo debole per la realtà economica sottostante. Ad alcuni essa darà vantaggi eccessivi, ad altri svantaggi insopportabili
La Grecia è la miccia che fa scoppiare questa bomba, ma è una bomba che altri, non la Grecia, hanno costruito. 
L’hanno costruita gli sciocchi idealisti europei. 
Quelli convinti che sostenere che tre per tre fa nove sia banale e contrario alle speranze degli uomini migliori.
Il default, per la Grecia, è la soluzione migliore. 

Quel piccolo Paese deve camminare con le proprie gambe, e cavarsela da sé. Se necessario si ridimensionerà fino ad assumere una configurazione sostenibile, al livello che risulterà dall’operazione.

L’Unione Europea potrebbe continuare a sovvenzionare la Grecia soltanto perché sotto ricatto. Perché vorrebbe nascondere ad ogni costo che i propri fondamentali sono fasulli. E se non lo fa, corre dei rischi. 
Fino ad oggi la Grecia è stata un bluff, ma purtroppo anche l’intera Europa lo è
Dunque, dopo tutto, se scoprisse che in mano ha un paio di scartine, un ritorno alla realtà - se pure al prezzo di notevoli sofferenze - a lungo termine sarebbe qualcosa di positivo.

Gianni Pardo,

Debito contro debito

Per spegnere gli incendi, nei casi gravi, si possono utilizzare gli esplosivi. Lo scoppio, se adeguatamente grande, interrompe la linea di fuoco, sposta l’aria, toglie l’ossigeno e consente di lottare meglio contro le fiamme, se non proprio di soffocarle. 
Il rogo del debito europeo può essere combattuto facendo esplodere altro debito, con cui finanziare i soli estintori ragionevolmente efficaci: l’aumento della ricchezza prodotta e la sottrazione della spesa dalle mani di chi ne perse il controllo. Su questo occorrerebbe ragionare, una volta giunti al bivio ineludibile e drammatico: se salviamo la Grecia, alle condizioni che i greci vorrebbero, facciamo saltare l’euro, perché nessuno accetterà di pagare agli altri quel che a casa propria non può avere; se non la salviamo danneggiamo seriamente l’Unione europea, che perderebbe un pezzo economicamente non rilevante, ma geopoliticamente e storicamente di gran peso. 
Come si fa ad andare avanti senza imboccare nessuna di queste due strade?
Per tornare al passato è troppo tardi, sarebbe come volere fare andare a marcia indietro un aereo: cade. L’Ue ha mille difetti, a cominciare da una produzione regolamentare maniacale, ma oggi garantisce livelli di libertà e sicurezza sconosciuti in passato. Criticare va sempre bene, studiare, però, va anche meglio. La Grecia subirebbe ben altra sorte, se non fosse dentro questo bozzolo. 
L’euro, nei suoi primi dieci anni di vita, è stato un successo. In particolare per i Greci, che hanno visto crescere notevolmente il loro tenore di vita. Quando sono arrivati i problemi, a partire dal 2010, ha dimostrato la pericolosità delle sue mancanze. Tenere dentro una stessa moneta debiti diversi, venduti a tassi diversi, con curve fiscali e di costo diverse, è come tenere dentro la stiva della barca botti slegate e vaganti: va bene finché il mare e piatto, ma alle prime onde sfonderanno lo scafo. 
Allora, a partire dal 2011, proponemmo d’imbragarle con la rete della federalizzazione del debito. 
La Germania s’oppose, per giunta costruendo il primo salvagente greco in modo da guadagnarci. Fu un passaggio pessimo, di cui il loro governo porta la responsabilità. I nostri, in compenso, mostrarono la loro pochezza. Poi, però, il vuoto fu rimediato dalla Banca centrale europea che, non senza il dissenso tedesco e di altri, riprese quella direzione di cammino, sebbene da altra strada. Da allora a oggi l’Ue non ha ancora fatto la cosa più urgente: ragionare e convocare una conferenza sul debito.
La Grecia, ora, ci conduce davanti a quel bivio. Versione grottesca del problema allora non risolto. Riprendiamo la proposta di allora, adattandola al malato dopo la cura Bce: si crei nuovo debito federale, usandolo per finanziare investimenti produttivi laddove il peso del debito è insopportabile. Alleggeriamolo non tagliandolo, ma rendendolo onorabile. La gestione di quegli investimenti non sia nazionale, affinché quei soldi non vadano a finanziare i vizi. Come la debitodipendenza, che illude di potersi drogare a vita, senza conseguenze. I soldi sono europei, gli investimenti e la gestione siano europee. Sarebbe una politica espansiva perfettamente conciliabile con il necessario rigore nell’amministrazione della spesa pubblica interna, che deve calare, essere tagliata, perché moltiplicatrice di rendite e sprechi, vero e terribile veleno propinato ai meno protetti.
Nell’immediato il debito complessivo crescerebbe, ma anche la sua sostenibilità. A quanti sono più intossicati da quella dipendenza si offre una via d’uscita, chiedendo in cambio la perdita di sovranità nella gestione di quel denaro
Sarà una tragedia per chi comanda e per chi approfitta. 
Sarà ossigeno per chi lavora e paga le tasse. 
Dinamite contro l’incendio, quindi da maneggiare con molta cura.
Ma l’alternativa consiste nel rallentare il volo unitario, non potendo tornare indietro. 
Prima o dopo va in stallo e cade lo stesso. 
Agli europei si mostrerebbe un volto diverso dell’Unione: non più spesa mediata, talché tutti i vincoli li si racconta come europei e tutte le regalie come autoctone (supremo imbroglio al popolo), ma spesa diretta e produttiva. 
A quel punto i governi nazionali possono anche sovranamente opporre, se desiderano, il loro migliore modello del clientelismo e della fila ai bancomat
Conto che, a quel punto, il referendum lo chieda il popolo, non il governo.
Davide Giacalone