Powered By Blogger

lunedì 6 febbraio 2012

Mario Monti "ipnotizzatore" & "berlusconiano".

Mario Monti e’ sempre in tivù. Le sue chiacchierate davanti alle telecamere sono sempre più frequenti, praticamente una rubrica fissa. L’avesse fatto Berlusconi ci avrebbero detto che la democrazia era in pericolo. Monti e’ un professore e come tale spiega con puntiglio ogni concetto, anche il più elementare, convinto di rivolgersi a dei “testoni”. Dopo anni di talk show televisivi “concitati” avevamo bisogno di un “ipnotizzatore”. Lo ascoltiamo per un po’, non comprendiamo tutto quello che dice, o non ce ne frega niente di capire, e poi ci appisoliamo beati sulla poltrona. Quando ci risvegliamo siano contenti, sereni, fiduciosi e pensiamo: sto Monti e’ proprio bravo, infonde sicurezza da farci dormire sonni tranquilli. E’ il premier che ci voleva! Sere fa, mentre ero ad ascoltarlo mezzo addormentato su RAI News 24, all’improvviso mi sono risvegliato dal torpore quando l’ho sentito pronunciare una frase “berlusconiana”: “Il posto fisso non esiste più, meglio così, perché era noioso”. Ho subito pensato: chi sa quanto avrà sconvolto e messo in “angoscia” piu’ nera la sinistra. Monti ha detto una cosa “sacrosanta”. In effetti, non c’è nulla di più noioso che lavorare tutta la vita alla stessa scrivania, allo stesso macchinario, col medesimo incarico. Ma i “progressisti”, dimostrandosi “ultraconservatori”, rimpiangono il passato quando il sogno di quasi tutti era di essere assunti in pianta stabile dalla pubblica amministrazione: posto “sicuro” garantito a vita senza paura di essere licenziati. Nonostante il mondo sia profondamente cambiato, i politici della sinistra e i sindacati sono ancora a “difendere” l’impiego “senza fine”, una specie di “ergastolo”, ovvero una cosa impossibile da tutelare “in quanto non c’è più”. Monti questa volta ha detto la verità e, come si sa, la verità fa male a certa gente che gli prenderà “un colpo” quando Monti dovrà fare un’altra cosa “berlusconiana”: modificare l’articolo 18 che “frena” gli investimenti stranieri mentre gli industriali italiani preferiscono “delocalizzare” all’estero ed e’ per questo che i giovani non trovano lavoro. Monti, se vorrà veramente cambiare l’Italia, e’ obbligato a fare tutte le riforme che sono state impedite a Berlusconi, e questa volta quelli di “sinistra” saranno “costretti a votarle”. L’avevo detto che si erano cacciati nel sacco. Hanno voluto Monti? Sai quanti rospi dovranno ingoiare.

Oscar Luigi Scalfaro.

Come sempre il rispetto per la persona che ci lascia e’ sentito e doveroso. Mi sembra un’ipocrisia, invece, elargire a piene mani “elogi” sulle “qualità umane” di Scalfaro. Dal presidente della repubblica ai politici di sinistra, e non solo, ai più alti gradi della Chiesa si sono stracciati le vesti per celebrare la “cristianità” e la “coerenza” di colui che fu. Vorrei sollecitare, sempre nel rispetto per l’uomo scomparso, una riflessione sulla fucilazione di Enrico Vezzalini e altri “repubblichini” a “guerra finita” furono processati e condannati a morte su richiesta del pubblico ministero Oscar Luigi Scalfaro a Novara il 23 settembre del 1945. Ebbene, un fervente cattolico, “difensore dei principi morali della chiesa”, come viene dipinto oggi da illustri “prelati” e dai componenti della sinistra, ha ordinato la morte di altri uomini, per quanto colpevoli, oltre a sostenere la legge sull’aborto. Se questa é “coerenza” e “cristianità”! Scalfaro non mancherà a molti. Come si può poi dimenticare ciò che combinò nel dicembre 1994? Per questo molti lo ricordano come il peggior presidente della repubblica Italiana. E’ noto che con molta “riluttanza” Scalfaro, il 10 maggio 1994, aveva incaricato Berlusconi a formare il governo dopo che aveva vinto le elezioni e che da subito iniziò a mettergli i bastoni tra le ruote. Berlusconi preparava la lista dei ministri, Scalfaro disse a Bossi: “Se escluderai Miglio, quando rovescerai il governo io non scioglierò le Camere” e pose il veto per altri personaggi che non dovevano essere scelti come ministri. Il 21 novembre 1994 Berlusconi ricevette un invito a comparire mandato dal Pool di Milano “notificatogli” tramite le pagine del “Corriere della Sera” mentre stava presiedendo a Napoli una conferenza internazionale sulla criminalità. Per quella vicenda, nell’aprile 2006 dopo dodici anni, Berlusconi venne assolto con formula piena per non aver commesso il fatto. Ma questo processo con tutti gli altri, dove non e’ stato mai condannato, ha inciso molto negativamente sulla sua vita politica. Nell’occasione dell’avviso di garanzia a Berlusconi, Scalfaro convinse Bossi ad uscire dal governo. Come avvenne il “ribaltone” lo ha raccontato nel suo libro “Il mio progetto” (edito nel 1996) Umberto Bossi nel quale racconta il “patto segreto” tra Bossi e Scalfaro a cui si “accodarono” Massimo D’Alema e Rocco Buttiglione. L’obbiettivo era evitare le elezioni dopo la caduta del governo Berlusconi. Scoperto il “giochetto” furono in molti a pensare di accusare Scalfaro e di chiedere lo “impeachment”, il piu’ attivo fu Marco Pannella. Subito dopo l’avviso di garanzia, Bossi iniziò a fare “casino” e la “grande stampa” a sparare a “pallettoni” contro Berlusconi, per non parlare della magistratura. Quando Berlusconi annunciò una manovra economica con la riforma delle pensioni (che anche la sinistra considerava giusta) i sindacati preannunciarono “l’inferno” per la manifestazione del 12 dicembre 1994 con un milione di persone in piazza. In cuor suo Scalfaro ne fu felice. Fu un capolavoro di ipocrisia politica da parte di tutti: la riforma delle pensioni proposta da Berlusconi (un 3% annuo in meno per chi fosse andato in pensione d’anzianità senza aver raggiunto l’età pensionabile) fu considerata uno scandalo: la stessa riforma sarà poi fatta dal successivo governo di Lamberto Dini. Il 21 dicembre 1994 Scalfaro, sprizzando gioia, accolse le dimissioni di Berlusconi che rimase in carica sino al 17 gennaio 1995. Finalmente Scalfaro, infischiandosene della Costituzione, poteva presentare un suo nuovo governo anche se promise a Berlusconi le elezioni a breve con la precisa intenzione di “non mantenere la promessa”. E nel frattempo, per il bene del Paese minacciato da Berlusconi, dava tempo alla sinistra di riorganizzarsi: tanto è vero che poi vinse le elezioni. Il governo di Lamberto Dini durò dal 1995 alla primavera del 1996, fu la lunga mano di Scalfaro che brillò per la “ostinazione” con cui volle tentare di prolungare la sua durata ad ogni costo, inventandosi continuamente nuovi obiettivi ogni volta che aveva conseguito i precedenti. Finché non fu il partito di Bertinotti a staccare la spina. Ciò che accadde allora, si e’ ripetuto ora con il governo Monti, sia pure in forme diverse. Oggi Napolitano si e’ fatto il suo “personale governo” del Presidente. La dipartita di Scalfaro, dunque, non lascia un vuoto. E’ rimasta celebre la sua apparizione in Tv, interrompendo la trasmissione di una partita di calcio, per gridare agli italiani quel “Non ci sto!” di fronte alle accuse che gli venivano mosse circa alcune vicende oscure (ancora in via di chiarimento) in cui lo si supponeva implicato. Quel “Non ci sto!” che non ha concesso ad altri che si sono trovati nelle sue stesse condizioni, come l’ex presidente del Consiglio Berlusconi. Scalfaro ordinò alle sue guardie del corpo di picchiare con calci e pugni il giornalista Valerio Staffelli che voleva consegnargli il “tapiro d’oro” per la sua famosa frase. Il pestaggio avvenne sotto i suoi occhi con suo compiacimento e questo non mi sembra l’agire di un che voleva apparire “buono” e “cristiano”.

Adriano Celentano.

La partecipazione del “molleggiato” al Festival “canzonettistico” di San Remo costerà alla Rai (televisione pubblica) 350mila euro ad apparizione. Senza dubbio Celentano e’ un eccezionale cantante, ma 350mila euro a puntata sono sempre troppi per alcune ore di lavoro. La generalità delle persone impiegano 10/15 anche 20 anni di duro lavoro per accumulare una simile cifra. Non e’ apparso vero al direttore della Rai Mauro Mazza, per pubblicizzare l’evento, di annunciare che Celentano devolverà interamente il compenso in “beneficenza”, ma non solo, la sua generosità andrà oltre perche’ pagherà le tasse di tasca propria. Quindi, la conclusione e’ che Celentano alla fine ci rimetterà. La realtà e’ che Celentano si fa bello con i soldi “pubblici”. In piena crisi economica sarebbe stato piu’ opportuno partecipare al Festival a titolo gratuito anziché devolvere “soldi pubblici”. La beneficenza Celentano l’avrebbe dovuto farla di tasca propria, cosi’ facendo avrebbe creato ancora piu’ clamore e sarebbe stato piu’ apprezzato. Concordiamo con Gianni Morandi nel considerare Celentano un cantante “unico”, ma lo e’ anche nel prendere per fondelli tutti quanti come anche quando si esibisce in “monologhi” sconclusionati ed incomprensibili. Bravissimo cantante si, ma anche scaltro “furbastro”.