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venerdì 2 agosto 2013

Il disinganno di Scelta Civica. Si sapeva che Mario Monti era soltanto un "bluff".

 

Se rileggerete i miei articoli su Mario Monti contenuti in questo blog, vi accorgerete che la mia opinion su Mario Monti era esatta. Era soltanto un "bluff".

Gianni Pardo
Giovedi' 01 agosto 2013
L’intera Scelta Civica è sull’orlo della scissione. Secondo tutti i giornali, le linee di frattura separano i cattolici dell’Udc (fra loro divisi in due tendenze, secondo che seguano Casini o Cesa), i cattolici delle altre tendenze, i liberali e infine i montezemoliani. Un giornale ha enumerato sette tendenze diverse. Nell’ultima riunione Mario Monti ha insistito per rimuovere Andrea Olivero dall’incarico di coordinatore politico, perché reo di intelligenza con i casiniani, ma è stata una vittoria di Pirro. Il partitino è talmente spaccato, e talmente lontano dal seguire con convinzione il leader, che lo stesso Monti si è formalmente dimesso. È poi tornato sui suoi passi solo perché l’ex ministro Alberto Bombassei gli ha fisicamente sbarrato la strada e molti l’hanno implorato di rimanere. Ma pare che la partita sia soltanto rimandata. La vicenda è interessante come paradigma della politica. Quando si tratta di parlare ai cittadini, tutti i discorsi sono alti, tutti i programmi sono tesi al bene comunei e il disinteresse dei singoli è un’evidenza che sarebbe sconveniente mettere in dubbio. Nella realtà i politici - tutti - sono cattedratici di realismo e mirano in primo luogo al successo personale. Non lo si afferma per criticarli, ma soltanto per ribadire che questa è l’unica chiave per comprenderne i comportamenti.
Scelta Civica è un partito nato da un enorme equivoco. Mario Monti si è illuso di avere l’intera Italia dietro di sé, e se così l’avesse pensata solo lui, sarebbe stato soltanto un pazzo fra gli altri. Invece questa idea l’hanno avuta in parecchi e si è messo in moto un meccanismo dalle ambizioni gigantesche.
Innanzi tutto, Monti e I suoi amici hanno rifiutato ogni apparentamento col Pdl, benché ideologicamente il partito più vicino, perché pensavano che non contasse più niente. Poi hanno sperato di avere la maggioranza relativa, tanto da poter imporre loro al Pd il proprio programma, piuttosto che aderire al programma e alla leadership del Pd. Indimenticabile al riguardo una esplicita proposta di Monti. Infine la convinzione che Monti fosse l’astro nascente è stata tanto forte che persino politici navigati e leader di grande rinomanza hanno accettato di essere suoi luogotenenti. Numeri due e tre, loro che per decenni erano stati numeri uno. Evidentemente Casini e Fini non avevano la stoffa del Duca Valentino (aut Caesar aut nihil, o il capo o nessuno) ma certo pensavano che essere i vice del padrone dell’Italia sarebbe stato sufficientemente vantaggioso. Soprattutto pensando che questo signore non aveva né il carisma né l’esperienza politica di Berlusconi, e dunque che l’avrebbero usato come bandiera ma di fatto avrebbero comandato loro.
Gli elettori l’hanno pensata diversamente. Fini è scomparso totalmente dalla scena, Casini è stato eletto per pietà e misericordia e il partitone si è ristretto a partitino. Quanto a Monti, si è confermato quel personaggio che alcuni pessimisti pensavano fosse. Non che riunire tutti gli italiani sotto la sua bandiera, non riesce, anche a causa delle sue scarse qualità umane, a tenere unito neppure il suo piccolo club. Alcuni giornalisti ironizzano crudelmente sulla scissione dell’atomo.
I suoi sodali erano stati uniti dall’interesse (il salto sul carro del previsto trionfatore) e ora, sempre nel nome dell’interesse, si guardano attorno per sapere se c’è una scelta migliore. Casini in particolare scalpita, essendo il numero due di uno zero politico: non è intervistato, non viene riferita la sua opinione, non è invitato ai talk show e, pur essendo stato eletto, teme di essere dimenticato, quasi come Fini. Una scissione con la quale riprenderebbe il suo ruolo di leader di un partito non importa quanto piccolo, ma esclusivamente suo, gli andrebbe a pennello. Purtroppo non ha i numeri per costituire un gruppo autonomo in Parlamento ma, come si dice nel telefilm americani, “ci sta lavorando”.
Monti pensa seriamente alle dimissioni, ed è comprensibile. Non pesa nella vita politica del Paese e non è né amato né accettato come leader all’interno di Scelta Civica. Non è strano che si dichiari “profondamente amareggiato”: l’Italia lo ha fatto passare da venerato Presidente del Consiglio al di sopra delle parti a capo inadeguato di una piccola fazione.  E amareggiato sarà pure il Presidente Napolitano, che di quell’inganno nazionale è stato partecipe e vittima.
La morale della storia è la solita: la vittoria ha molti padri, la sconfitta è orfana. Ma stavolta gli sconfitti non meritano compianto. Non si sono battuti per un ideale: hanno solo sbagliato il cavallo su cui scommettere.
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