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sabato 14 maggio 2016

DECRETO LEGGE SULLA SOCIALIZZAZIONE DELLE IMPRESE (1944

-  vista la Carta del Lavoro;
-  vista la premessa alla nuova struttura economico-sociale approvata dal Consiglio dei ministri il 13 gennaio 1944;
-  su proposta del ministri per la Economia Corporativa, di concerto con il ministro per le Finanze e col ministro per la Giustizia;

Decreta:
(Titolo I)
Art. 1 - Gestione dell’impresa.
La gestione dell’impresa, sia questa di proprietà dello Stato, sia di proprietà privata, è socializzata. Ad essa prende parte diretta il lavoro. L’ordinamento delle imprese socializzate è disciplinato dal presente decreto, dallo statuto o regolamento di ciascuna impresa, dalle norme del Codice Civile e dalle leggi speciali, in quanto non contrastino col presente provvedimento.
Art. 2 - Organi di gestione dell’impresa.
Gli organi di gestione della impresa sono: a) per le imprese private che abbiano forma di società per azione o di società a responsabilità limitata con almeno un milione di capitale: il capo dell’impresa, l’assemblea, il consiglio di amministrazione (di gestione) ed il collegio sindacale; b) per le imprese private che abbiano altra forma di società: il capo dell’impresa ed il consiglio di amministrazione; c) per le imprese private individuali: il capo dell’impresa ed il consiglio di gestione; d) per le imprese di proprietà dello Stato: il capo dell’impresa, il consiglio di amministrazione e il collegio sindacale.

(Titolo II) Amministrazione delle imprese a capitale sociale.
Art. 3 - Organi delle società per azioni e delle società a responsabilità limitata.
Nelle società per azioni ed in quelle a responsabilità limitata con almeno un milione di capitale, fanno parte degli organi collegiali di amministrazione rappresentanti eletti dai lavoratori dell’impresa: operai, impiegati amministrativi, impiegati tecnici e dirigenti.
Art. 4 - Assemblea, consiglio di gestione, collegio sindacale.
All’assemblea, ferme restando le disposizioni degli artt.2368 e seguenti del Codice Civile sulla sua regolare costituzione, nonché quelle relative ai suoi poteri, partecipano i rappresentanti dei lavoratori con un numero di voti pari a quelli del capitale intervenuto. L’assemblea nomina un consiglio di amministrazione, formato per metà dai rappresentanti dei soci e per metà dai rappresentanti dei lavoratori. L’assemblea nomina altresì un collegio sindacale che deve avere tra i suoi componenti almeno un sindaco effettivo ed un supplente, proposti dai rappresentanti dei lavoratori, ferme restando le disposizioni del Codice Civile per i collegi sindacali.
Art. 5 - Votazioni.
Nelle votazioni tanto dell’assemblea quanto del consiglio di amministrazione, prevale, in caso di parità di voti, il voto del capo dell’impresa che di diritto presiede i predetti organi sociali.
Art. 6 - Consiglio di gestione delle società che non sono per azioni o a responsabilità limitata.
Nelle società non contemplate nel precedente art.3 e che abbiano almeno un milione di capitale o impieghino almeno cento lavoratori, il consiglio di amministrazione è formato dai soci e da un egual numero di rappresentanti, eletti dai lavoratori dell’impresa.
Art. 7 - Poteri del consiglio di gestione.
Il consiglio di amministrazione delle imprese private a capitale sociale, sulla base di un periodico e sistematico esame degli elementi tecnici, economici e finanziari della gestione: a) delibera su tutte le questioni relative alla vita dell’impresa, allo indirizzo ed allo svolgimento della produzione nel quadro del piano nazionale determinato dai competenti organi dello Stato; b) esprime il proprio parere sulla stipulazione dei contratti di lavoro aziendali con le associazioni sindacali facenti capo alla Confederazione Unica del Lavoro, della Tecnica e delle Arti e su ogni altra questione inerente alla disciplina e alla tutela del lavoro e della impresa; c) esercita in genere nell’impresa tutti i poteri attribuitigli dallo statuto e quelli previsti dalle leggi vigenti per gli amministratori, ove non siano in contrasto con le disposizioni del presente provvedimento; d) redige il bilancio dell’impresa e propone la ripartizione degli utili ai sensi delle disposizioni del presente provvedimento e del Codice Civile.
Art. 8 - Cauzione dei membri del consiglio di gestione.
I membri del consiglio di amministrazione eletti dai lavoratori sono dispensati dall’obbligo di prestare cauzione.
Art. 9 - Capo dell’impresa.
Nelle società per azioni e in quelle a responsabilità limitata che abbiano almeno un milione di capitale, il capo dell’impresa è nominato dall’assemblea. Nelle altre imprese a capitale sociale il capo dell’impresa è nominato tra i soci con le modalità previste dagli atti costitutivi, statuto e regolamento delle società stesse.
Art. 10 - Poteri del capo dell’impresa.
Il capo dell’impresa convoca l’assemblea, nelle imprese in cui esiste, e la presiede; presiede altresì il consiglio di amministrazione; rappresenta l’impresa nei rapporti con i terzi. Egli ha le responsabilità e i doveri di cui agli artt.21 e seguenti e tutti i poteri riconosciutigli dallo statuto, nonché quelli previsti dalle leggi vigenti ove non contrastino con le disposizioni del presente provvedimento.

(Titolo III) Amministrazione delle imprese a capitale individuale.
Art. 11 - Consiglio di gestione.
Nelle imprese individuali, purché il capitale in esse investito sia di almeno un milione o il numero dei lavoratori in esse impiegati sia di almeno cento, viene costituito un consiglio di gestione, composto di almeno tre membri eletti, secondo il regolamento dell’impresa, da ognuna delle categorie di lavoratori: operai, impiegati amministrativi, impiegati tecnici e dirigenti.
Art. 12 - Capo dell’impresa, poteri del consiglio di gestione.
Nelle imprese individuali l’imprenditore, il quale assume la figura giuridica di capo dell’impresa con le responsabilità e i doveri di cui ai successivi artt.21 e seguenti, è coadiuvato nella gestione dell’impresa stessa dal consiglio di gestione che dovrà uniformare la sua attività agli indirizzi della politica sociale dello Stato. L’imprenditore capo dell’impresa deve riunire periodicamente, almeno una volta al mese, il consiglio per sottoporgli le questioni relative alla vita produttiva dell’impresa ed ogni anno, alla chiusura della gestione, per l’approvazione del bilancio ed il riparto degli utili.

(Titolo IV) Amministrazione delle imprese di proprietà dello Stato.
Art. 13 - Capo dell’impresa statale.
Il capo dell’impresa di proprietà dello Stato è nominato con decreto del Ministero per l’Economia Corporativa di concreto con il Ministero per le Finanze, su designazione dell’Istituto di Gestione e Finanziamento, tra i membri del consiglio di amministrazione dell’impresa e fra gli altri elementi dell’impresa stessa o di imprese del medesimo settore produttivo che diano speciali garanzie di comprovata capacità tecnica o amministrativa. Il capo dell’impresa ha la responsabilità e i doveri di cui agli artt.21, e seguenti, ed i poteri saranno determinati dallo Statuto di ogni impresa.
Art. 14 - Consiglio di gestione.
Il consiglio di amministrazione è presieduto dal capo dell’impresa ed è composto di rappresentanti eletti dalle varie categorie dei lavoratori dell’impresa: operai, impiegati tecnici, impiegati amministrativi, dirigenti, nonché di almeno un rappresentante, proposto dall’Istituto di Gestione e Finanziamento e nominato dal Ministero per l’Economia Corporativa, di concreto con il Ministero per le Finanze. Le modalità di elezione ed il numero dei membri del consiglio saranno determinati dallo statuto dell’impresa. Nessuno speciale compenso, salvo il rimborso delle spese, è dovuto ai membri del consiglio di amministrazione per tale loro attività.
Art. 15 - Poteri del consiglio di gestione.
Per i poteri dei consigli di amministrazione delle imprese di proprietà dello Stato valgono le norme contenute nel precedente art.7.
Art. 16 - Collegio sindacale.
Il collegio sindacale delle imprese di proprietà dello Stato è costituito con decreto del Ministero per l’Economia Corporativa di concreto con il Ministero per le Finanze, su proposta dell’Istituto di Gestione e Finanziamento. Il compenso dei sindaci è determinato dall’Istituto di Gestione e Finanziamento.
Art. 17 - Approvazione del bilancio e riparto degli utili - Deliberazioni eccedenti l’ordinaria amministrazione.
Il bilancio delle imprese di proprietà dello Stato e il progetto di riparto degli utili, gli aumenti e la riduzione di capitali, nonché le fusioni, le concentrazioni, lo scioglimento e la liquidazione di imprese di proprietà dello Stato, sono proposti dall’Istituto di Gestione e Finanziamento, sentito il consiglio di amministrazione delle imprese interessate, e approvati dal Ministero per l’Economia Corporativa, di concerto col Ministero per le Finanze e con gli altri Ministeri interessati.

(Titolo V) Disposizioni comuni ai titoli precedenti.
Art. 18 - Atti costitutivi e statutari delle imprese di proprietà dello Stato.
Gli atti costitutivi e gli statuti delle imprese di proprietà dello Stato, come pure ogni loro modificazione sono approvati con decreto del Ministero per l’Economia Corporativa, di concreto con il Ministero per le Finanze.
Art. 19 - Statuti e regolamenti delle imprese di proprietà privata.
Entro il 30 giugno 1944 tutte le imprese a capitale privato dovranno provvedere ad adeguare gli statuti alle norme contenute nel presente decreto. Le imprese individuali non regolate da statuto dovranno redigere il regolamento entro il termine suddetto. Statuti e regolamenti saranno sottoposti nel termine di 30 giorni all’omologazione del Tribunale competente per territorio che, riscontratane la regolarità e la rispondenza al presente decreto ed alle altre leggi vigenti in materia, ne ordinerà la trascrizione nel registro delle imprese.
Art. 20 - Modalità di elezione dei rappresentanti dei lavoratori.
I rappresentanti dei lavoratori chiamati a far parte degli organi delle imprese socializzate, siano esse di proprietà dello Stato o do proprietà privata, sono eletti con votazione segreta da tutti i lavoratori dell’impresa: operai, impiegati tecnici, impiegati amministrativi, e dirigenti, su una lista formata dai sindacati comunali delle singole categorie. La lista comprenderà un numero di lavoratori multiplo di quello dei rappresentanti da eleggere e proporzionalmente alle singole categorie dei lavoratori dell’impresa.

(Titolo VI) Il capo dell’impresa e gli amministratori.
Art. 21 - Responsabilità del capo dell’impresa.
Il capo dell’impresa, sia essa di proprietà privata, sia dello Stato, è personalmente responsabile di fronte allo Stato dell’andamento della produzione dell’impresa e può essere rimosso o sostituito a norma delle disposizioni di cui agli articoli seguenti oltre che nei casi previsti dalle vigenti leggi, quando la sua attività non risponda alle esigenze dei piani generali di produzione e alle direttive della politica sociale dello Stato.
Art. 22 - Sostituzione del capo dell’impresa di proprietà dello Stato.
Nell’impresa di proprietà dello Stato, la sostituzione del capo dell’impresa è disposta dal Ministero per l’Economia Corporativa, di concerto con il Ministero per le Finanze, d’ufficio o su proposta dello Istituto Gestione e Finanziamento o del consiglio di amministrazione o dei sindaci, premessi gli opportuni accertamenti.
Art. 23 - Sostituzione del capo dell’impresa privata a capitale sociale.
Nelle società per azioni, la sostituzione del capo dell’impresa è deliberata dall’assemblea. Nelle altre imprese a capitale sociale la sostituzione del capo dell’impresa è regolata dagli atti costitutivi, statuti e regolamenti, oppure può essere promossa dal consiglio di amministrazione, con la stessa procedura prevista dagli artt.24 e seguenti per le imprese private a capitale individuale. E’ in facoltà del Ministero per l’Economia corporativa di provvedere alla sostituzione d’ufficio del capo dell’impresa quando egli dimostri di non possedere senso di responsabilità e manchi ai doveri indicati dall’art.21.
Art. 24 - Sostituzione del capo dell’impresa a capitale individuale.
Nelle imprese private a capitale individuale l’imprenditore, capo dell’impresa, può essere sostituito solo in seguito a sentenza della Magistratura del lavoro che ne dichiari la responsabilità. L’azione per la dichiarazione di responsabilità può essere provocata dal consiglio di gestione dell’impresa, dall’Istituto di Gestione e di Finanziamento, qualora interessato nell’impresa, o dal Ministero per l’Economia Corporativa, mediante istanza al Procuratore di Stato presso la Corte di Appello competente per territorio.
Art. 25 - Procedura davanti alla Magistratura del lavoro.
La Magistratura del lavoro, sentito l’imprenditore, il Pubblico Ministero, il consiglio di gestione dell’impresa, o dell’Istituto di Gestione e Finanziamento, se interessato, premessi gli opportuni accertamenti, dichiara con sentenza la responsabilità dell’imprenditore. Contro la sentenza è ammesso ricorso per Cassazione a norma dell’art. 426 del Cod. Pr. Civ.
Art. 26 - Sanzioni contro il capo dell’impresa.
A seguito della sentenza che dichiara la responsabilità dell’imprenditore, il Ministero per l’Economia Corporativa prenderà quei provvedimenti amministrativi che riterrà del caso affidando, se occorre, la gestione dell’impresa ad una cooperativa da costituirsi fra i dipendenti dell’impresa medesima.
Art. 27 - Misure cautelari.
Pendente l’azione di cui agli articoli precedenti, il Ministero per la Economia Corporativa può sospendere con proprio decreto, l’imprenditore capo dell’impresa dalla sua attività e nominare un commissario per la temporanea amministrazione dell’impresa.
Art. 28 - Responsabilità del consiglio di gestione.
Qualora il consiglio d’amministrazione dell’impresa, sia di proprietà dello Stato , sia di proprietà privata, dimostri di non possedere sufficiente senso di responsabilità nell’assolvimento dei compiti affidatigli per l’adeguamento dell’attività dell’impresa alle esigenze dei piani di produzione e della politica sociale della Repubblica, il Ministero per l’Economia Corporativa, di concreto con il ministero per le finanze, può disporre, premessi gli opportuni accertamenti, lo scioglimento del consiglio e la nomina di un commissario per la temporanea gestione dell’impresa. L’intervento del Ministero per l’Economia Corporativa può avvenire di ufficio o su istanza dell’Istituto di Gestione e Finanziamento se interessato, o del capo dell’impresa, o dell’assemblea, o dei sindaci.
Art. 29 - Sanzioni penali.
Al capo dell’impresa ed ai membri del consiglio di amministrazione di essa, sia di proprietà dello Stato, sia di proprietà privata, sono applicabili tutte le sanzioni penali previste dalle leggi per gli imprenditori, soci e amministratori delle società commerciali.

(Titolo VII) Responsabilità del capo dell’impresa e degli amministratori.
Art. 30 - Passaggio delle imprese in proprietà dello Stato.
La proprietà di imprese che impegnino settori base per l’indipendenza politica ed economica del Paese, nonché di imprese fornitrici di materie prime, di energia e di servizi indispensabili al regolare svolgimento della vita sociale, può essere assunta dallo Stato secondo le norme del presente decreto. Quando l’impresa comprende aziende aventi attività produttiva diversa, lo Stato può assumere la proprietà di parte soltanto della impresa stessa. Lo Stato può inoltre partecipare alla formazione del capitale delle imprese private.
Art.31 - Determinazione della impresa da passare in proprietà dello Stato.
Con decreto del Capo dello Stato, sentito il consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per l’Economia Corporativa, di concreto col Ministro per le Finanze, saranno di volta in volta determinate le imprese di cui lo Stato intenda assumere la proprietà.
Art.32 - Sottoposizione a sindacato, nomina dei sindacatori e di commissari di Governo.
Con lo stesso decreto di cui allo articolo precedente e con decreti successivi, le imprese per le quali sia stato deciso il passaggio in proprietà dello Stato, vengono sottoposte al sindacato con la procedura di cui alla legge 17 luglio 1942 n. 1100, e vengono nominati i sindacatori. Potrà anche essere affidata ad uno degli amministratori dell’impresa la gestione straordinaria di questa, in qualità di commissario del Governo.
Art. 33 - Nullità dei negozi che modificano il rapporto di proprietà del capitale.
Saranno considerati nulli i negozi fra vivi che comunque modificano il rapporto di proprietà nei riguardi dei titoli azionari rappresentanti il capitale delle imprese, per le quali viene deciso il passaggio in proprietà dello Stato, effettuati dal giorno dell’entrata in vigore del provvedimento che decide il passaggio di proprietà.
Art. 34 - Amministrazione del capitale delle imprese di proprietà dello Stato.
Il capitale delle imprese assunte in proprietà dalla Stato è amministrato per mezzo di un Istituto di Gestione e Finanziamento, ente pubblico con propria personalità giuridica. La costituzione dell’Istituto e l’approvazione del relativo statuto saranno disposte con separati provvedimenti.
Art. 35 - Compito dell’Istituto di Gestione e Finanziamento.
L’Istituto di Gestione e Finanziamento controlla l’attività delle imprese di cui all’art.30, secondo le direttive del Ministero per l’Economia Corporativa ed amministra altresì le partecipazioni assunte dallo Stato in imprese private.
Art. 36 - Trasformazione delle quote di capitale.
Le quote di capitale già investito nelle imprese che passano in proprietà dello Stato vengono sostituite da quote di credito dei singoli portatori verso l’Istituto di Gestione e Finanziamento, rappresentate da titoli emessi dall’Istituto medesimo ai sensi dei successivi articoli.
Art. 37 - Valore di trasferimento delle quote di capitale.
La sostituzione delle quote di capitale già investito in ciascuna impresa che passa in proprietà dello Stato con i titoli dell’Istituto di Gestione e Finanziamento viene effettuata per un ammontare pari al valore reale di dette quote di capitale.
Art. 38 - Determinazione del valore delle quote di capitale.
Il valore reale delle quote di capitale delle imprese da trasferire in proprietà dello Stato sarà determinato con decreto del Ministero per l’Economia Corporativa, di concreto con il Ministero per le Finanze, su proposta dell’Istituto di Gestione e Finanziamento, in contraddittorio con gli amministratori dell’impresa. Contro il decreto del Ministero per l’Economia Corporativa è ammesso ricorso, entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione, al Consiglio di Stato in sede di giurisdizione da parte degli amministratori dell’impresa o di tanti soci che rappresentino almeno il decimo del capitale sociale.
Art. 39 - Caratteristiche dei titoli dell’Istituto di Gestione e Finanziamento.
I titoli dell’Istituto di Gestione e Finanziamento sono nominativi, negoziabili e trasferibili e a reddito variabile. Essi vengono emessi in serie distinte corrispondenti a singoli settori di produzione. Per ciascuna serie il reddito sarà annualmente determinato dal Comitato dei Ministri per la Difesa del Risparmio e l’Esercizio del Credito, su proposta dell’Istituto di Gestione e Finanziamento, tenuto presente l’andamento dei relativi settori produttivi e quello generale della produzione.
Art. 40 - Limitazioni alla negoziabilità dei titoli.
E’ demandata al Comitato dei Ministri per la Difesa del Risparmio e l’Esercizio del Credito la limitazione della negoziabilità dei titoli dell’Istituto di Gestione e Finanziamento, emessi in sostituzione di quote di capitale, e anche l’iscrizione nei libri dell’Istituto di Credito dei titolari di tali quote, senza che venga effettuata la materiale consegna dei titoli.
Art. 41 - Modalità del passaggio di prorpietà allo Stato
Con decreto che dispone il trapasso dell’imprese allo Stato verranno stabilite le norme integrative e di esecuzione, le modalità e i termini del trapasso medesimo, nonché quelle altre norme, modalità e termini che si renderanno necessari ed opportuni per il trasferimento del capitale allo Stato e per l’assegnazione e distribuzione dei titoli dell’Istituto di Gestione e Finanziamento agli aventi diritto.

(Titolo VIII) Quote e capitale.
Art. 42 - Determinazione degli utili.
Gli utili netti delle imprese risultano dai bilanci compilati secondo le norme del Codice Civile e sulla base di una contabilità aziendale che potrà successivamente essere unificata con opportuni provvedimenti di legge.
Art. 43 - Remunerazione del capitale.
Sugli utili netti, dopo le assegnazioni di legge alla riserva, e la costituzione di eventuali riserve speciali, che saranno stabilite dagli statuti e regolamenti, è ammessa una remunerazione al capitale investito nell’impresa in una misura massima fissata per i singoli settori produttivi dal Comitato ministeriale per la tutela del risparmio e l’esercizio del credito.
Art. 44 - Assegnazione degli utili ai lavoratori.
Gli utili che residueranno dalle assegnazioni di cui all’articolo precedente verranno ripartiti tra i lavoratori: operai, impiegati tecnici amministrativi e dirigenti, in rapporto all’entità delle remunerazioni percepite nel corso dell’anno. Tale ripartizione non potrà comunque eccedere il 30% del complesso delle retribuzioni nette corrisposte ai lavoratori nel corso dell’esercizio. Le eccedenze saranno destinate ad una Cassa di compensazione, amministrata dall’Istituto di Gestione e Finanziamento e destinata a scopi di natura sociale e produttiva. Con separato provvedimento del Ministero per l’Economia Corporativa, di concreto col Ministero per le Finanze, sarà approvato il regolamento di tale Cassa.
Art. 45 - Le quote di utili.
La quota di utile delle imprese a capitale individuale da volgere a favore dei lavoratori dovrà essere commisurata ad una percentuale del reddito accertato ai fini della imposta di ricchezza mobile.

Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Sociale Italiana e iscritto, munito del sigillo dello Stato, nella raccolta ufficiale delle leggi e decreti, entrerà in vigore il giorno che sarà stabilito con successivo decreto del Duce della Repubblica Sociale Italiana.  

Il buon governo impossibile

Secondo vaghi ricordi di scuola, Aristotele teorizzò tre tipi di governo: quello in cui comanda uno solo, quello in cui comandano in pochi, quello in cui comandano tutti. Con relative degenerazioni, che fanno sì che si passi poi dall’uno all’altro. Ed è a quest’ultimo fenomeno che vale la pena di fare caso.
Se – per ipotesi – l’oligarchia fosse il miglior tipo di regime, i popoli non tenderebbero a rigettarla, per passare per esempio alla democrazia. E se capissero che dopo tutto questa è la migliore forma di governo, malgrado i suoi immensi difetti, non penserebbero, come tante volte è avvenuto, di migliorare la propria sorte passando dalla democrazia alla dittatura. Ma questa è una costante storica: il popolo è scontento dei suoi governanti.
L’insoddisfazione dei cittadini ha spesso solide ragioni. Nell’autocrazia e nell’oligarchia è abbastanza naturale che l’uno o i pochi agiscano nel proprio interesse più che nell’interesse del popolo. Nella democrazia, cioè nel regime in cui dovrebbero governare “tutti”, questi tutti sono praticamente sempre ignoranti, poco competenti, sensibili alle suggestioni e alla demagogia, e infatti, con la forza del loro numero, sono capaci di imporre allo Stato decisioni stupide o nocive per la collettività.
Basti dire che in Italia si è confusa l’energia atomica per fini bellici con l’energia atomica per produrre elettricità, col risultato di pagare l’energia più cara e tenersi i rischi teorici del nucleare. Infatti l’inquinamento eventualmente ce lo porterebbe il vento, dalla Francia: quella stessa Francia da cui compriamo l’elettricità di origine nucleare.
Il problema della democrazia è che il livello mentale e culturale della massa può imporre al Paese decisioni gravemente sbagliate, tanto in campo internazionale che in campo economico. Ma soprattutto, sempre per gli stessi limiti intellettuali, il popolo non è in grado di distinguere i buoni governanti dai cattivi. Gli manca infatti “il metro del possibile”.
Immaginiamo che zero corrisponda ad un governo assolutamente pessimo e cento ad un governo ideale, capace di realizzare il nuovo Paradiso Terrestre. Quest’ultimo governo è evidentemente impossibile, ma non è che la sua unica alternativa sia il “governo zero”. Rimane possibile guidare la nazione in modo da tenersi lontani dallo zero e che il governo “sufficiente” si piazzi al livello cinquanta.
Ora immaginiamo un governo che valga sessanta. Indubbiamente sarebbe eccellente e il popolo farebbe bene a tenerselo stretto. Purtroppo, dal momento che l’ideale è sempre lì, ineliminabile, il popolo, mancando di quel “metro del possibile” che avrebbe se fosse competentissimo in storia, è capace di rimproverare anche a questo ottimo governo di non avere realizzato il Paradiso in terra. E di rovesciarlo. Magari per affidarsi ad un altro tipo di governo che lo porterà ad una situazione peggiore di quella in cui era prima. Il governo degli zar era certo cattivo (35), ma la Russia, affidandosi a Lenin e successori, si procurò un governo criminale che valeva 15, 10 o forse ancora meno.
Il metro del possibile è un regalo che la natura non ci ha fatto. Quando in passato gli alchimisti cercarono la “pietra filosofale”, cioè il modo per trasformare un metallo vile in oro, non sapevano che tentavano un‘impresa impossibile, e proprio per questo spesero centinaia, migliaia di ore in esperimenti inutili. Col risultato che, mentre l’impossibile – che perseguivano – non lo realizzarono, il possibile, quello cui non pensavano neppure, lo realizzarono, e si chiama chimica.
Purtroppo in politica non funziona il meccanismo della scienza. In questa il successo o l’insuccesso dell’esperimento insegnano testardamente la via giusta, e poi l’accumulo delle conoscenze porta al trionfo tecnologico dell’età contemporanea. In politica invece l’esperimento non è ripetibile perché “non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume”: la realtà è sempre nuova e diversa, e ciò che si è verificato in passato (per giunta spesso ignorato) non è detto che valga per il presente.
Così l’umanità crede sempre di avere trovato la “nuova” formula giusta, e passa da un regime all’altro, senza mai esserne contenta e senza neppure accorgersi, quando ha il meno cattivo dei regimi (la democrazia), che farebbe bene a tenerselo stretto, perché gli altri sono peggiori. Ma questo lo diceva un certo Winston Churchill che il popolo, in generale, non sa nemmeno chi sia.
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