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domenica 2 dicembre 2018

 Anche noi non ci caschiamo

«Io non ci casco», ma alle balle che raccontano Di Maio e soci, dobbiamo dirlo anche noi, e possiamo documentare di essere in buona compagnia

«IoNonCiCasco» è lo slogan con cui il blog dei Cinquestelle ha lanciato la campagna per mettere a tacere i giornali tra i quali ovviamente il nostro che hanno osato alzare il velo sugli affari della famiglia Di Maio e più in generale critici con l'azione del loro governo.







Non è solo un'operazione mediatica. Nel testo del documento infatti si annunciano imminenti provvedimenti di legge per limitare la libertà della stampa «al servizio dei poteri forti». A parte che questi presunti «poteri forti» in questo momento sono al massimo della loro debolezza, rilancerei con una campagna «NoiNonCiFacciamoRicattare» o a scelta «NonCiFatePaura».
Meglio ancora: «Io non ci casco», ma alle balle che raccontano Di Maio e soci, dobbiamo dirlo anche noi, e possiamo documentare di essere in buona compagnia. Per esempio non c'è cascato il Pil, che non credendo alla favola del reddito di cittadinanza ieri ha certificato la decrescita dell'Italia nel terzo trimestre di quest'anno, mai avvenuta in cinque anni di crescita ininterrotta. E non c'è cascata neppure la disoccupazione, che non fidandosi del decreto dignità a ottobre è tornata a salire. Non cascano, nell'utopia della decrescita felice, i vertici di industriali, artigiani e commercianti di ogni grado e tendenza politica che lunedì a Torino si riuniranno per la prima volta tutti insieme per chiedere la ripartenza delle grandi opere sospese nel limbo del grillismo.
Vogliamo andare avanti? «Io non ci casco» l'ha detto Salvini a Di Maio che voleva fare approvare dall'Italia il trattato Onu sulla libera immigrazione. E «io non ci casco» il leader della Lega lo ha ripetuto al presidente della Camera Roberto Fico, che fino all'ultimo ha tentato di evitare il voto sul decreto sicurezza.
Sono in tanti, come si vede, a non cascare nella propaganda Cinquestelle. I grillini possono provare a delegittimare giornali e giornalisti, ma dovranno comunque fare i conti con il malcontento che stanno generando. E che ha già fatto cascare, come dimostrano i sondaggi, gli attributi anche a molti dei loro elettori.

mercoledì 28 novembre 2018

Se qualcuno si stupisce della democrazia

Uscendo dall'incontro di sabato sera con Juncker, il premier Conte si è vantato che il suo governo in soli sei mesi ha cambiato l'Italia.








Nulla di più vero, il Paese è cambiato eccome. Lo spread è schizzato a oltre trecento punti, la disoccupazione è aumentata, la produzione industriale diminuita, la crescita si è azzerata, gli italiani sono più poveri di 145 miliardi e il peggio, secondo tutte le previsioni, pare che debba ancora arrivare. Più che un cambiamento è una vera rivoluzione, peccato solo che sia al ribasso. E peccato che avvenga con stampella una parte, oggi maggioritaria, del centrodestra. Matteo Salvini ieri ha detto che esclude rimpasti di governo, una strategia che ricorda quella del «tanto peggio tanto meglio», soprattutto meglio per lui, che più il Paese va giù più la sua Lega si tira su.
Ciò non toglie che nel dietro le quinte della politica si inizi a parlare con una certa insistenza, se le cose dovessero continuare a peggiorare, di un possibile cambio di governo e di maggioranza, costruendo a tavolino un'alternativa di centrodestra, schieramento che negli ultimi sondaggi è dato addirittura attorno al cinquanta per cento. In Parlamento, attualmente, la sua forza è minore il che rende la cosa non impossibile ma certamente difficile. Sta di fatto che la sola ipotesi sta già facendo impazzire i grillini e i loro fan che hanno aperto un fuoco di sbarramento contro il «Salvisconi» (così l'hanno battezzato), riedizione rivista è aggiornata dei vecchi governi di centrodestra.
A questi signori mi permetto di dire che semmai ciò dovesse succedere si tratterebbe della cosa più naturale del mondo, molto più rispettosa della democrazia e dell'elettorato di quanto lo sia l'attuale governo, guidato da un premier non eletto e formato da forze - Lega e Cinquestelle - che si erano dichiarate avverse e alternative. «Salvisconi», o forse allora «Berlusalvini» (come noto invertendo l'ordine degli addendi il risultato non cambia) era invece stampato, di fatto, sulle schede elettorali e aveva ottenuto il maggior gradimento da parte degli elettori.
Non accadrà, ma se dovesse succedere sarebbe solo un ripristino di verità politica ed elettorale.

martedì 30 ottobre 2018

Desirée Mariottini, Giorgia Meloni lancia l'accusa: "Perché l'ha uccisa il lassismo della sinistra"

29 Ottobre 2018
Desirée Mariottini, Giorgia Meloni lancia l'accusa: "Perché l'ha uccisa il lassismo della sinistra"
La piccola Desirée è stata stuprata e uccisa. Sarà la magistratura, grazie al lavoro degli investigatori e delle forze di polizia, ad individuare tutti i colpevoli e si spera a dare loro una pena esemplare. Esiste tuttavia, nella triste vicenda di questa ragazzina, un altro livello di responsabilità, quello di chi ha contribuito a creare i presupposti di questa tragedia. Nonostante qualcuno, come mi aspetto, vorrà accusarmi di "sciacallaggio", voglio assumermi la responsabilità di parole chiare e scomode: Desirèe è stata uccisa una volta da un branco di vermi spacciatori, ma anche quattro volte dal lassismo della sinistra.

Uccisa da chi promuove la droga, attraverso un martellamento scientifico che tenta di convincerci che drogarsi sia una forma innocente di svago, mentre le cronache, supportate dalle statistiche, ci raccontano sempre più di giovani vittime di overdose. L' eroina gialla, spacciata da bande di nigeriani, ha causato decine di morti negli ultimi dodici mesi, tra i quali Alice, 16 anni come Desirée, spirata nella desolazione di un bagno della stazione di Udine. Giovani uccisi da una sinistra che spaccia la cultura della morte e che in sei anni di governi filo-tossicodipendenze è riuscita a portare l' Italia tra le prime nazioni per il consumo di droghe in Europa.

Desirée è stata uccisa da chi difende l' illegalità delle "zone franche", come quello stabile di San Lorenzo a 
Roma, come tutte le terre di nessuno che esistono in Italia, difese dai centri sociali e dall' ANPI, che scendono in piazza, non contro gli spacciatori che hanno ucciso Desirée Mariottini, ma contro la presenza dello Stato. A questa sinistra piace l' idea di uno spazio in cui lo Stato non possa entrare, perfino quando questo è diventato covo di spaccio e sede di violenza. Una rivendicazione politica e ideologica che spesso nasconde torbidi affari tra centri sociali, spacciatori e delinquenti vari.

IMMIGRAZIONE

Desirée è stata uccisa da chi ha favorito per anni l' immigrazione incontrollata in Italia. L' illegalità questa volta come "resistenza democratica", in nome dell' immigrazione di massa, sostenuta dal sindaco di Riace e da tutte le anime belle della sinistra. Per dirla con le parole del guru Saviano «centomila immigrati (clandestini) non sono un problema, ma un dono». A proposito del sempre loquace Saviano, aspettiamo ancora una parola su Desirée e su Pamela, anche lei drogata, violentata e uccisa da pusher africani, per spiegarci meglio questo dono.

Desirée è stata uccisa, infine, da chi nega le evidenze statistiche che mettono in relazione l' immigrazione illegale di massa con l' aumento di un certo tipo di reati in Italia, la violenza sessuale su tutte. I dati del Viminale sono allarmanti: gli stranieri, che sono solo l' 8% della popolazione commettono quasi il 42% delle violenze sessuali, con una incidenza sconcertante per determinate nazionalità e in particolare proprio quelle prevalenti di chi è sbarcato sulle nostre coste negli ultimi cinque anni. Una vera e propria emergenze stupri da parte di stranieri che coinvolge ormai tutta l' Europa. Quella stessa sinistra che nega l' allungarsi nella nostra nazione dell' ombra della mafia nigeriana.
Un giorno potremmo scoprire che molte delle violenze finite nelle cronache di questi anni, siano ascrivibili a pratiche tribali, stupri e omicidi rituali, tipici di organizzazioni criminali che abbiamo importato con i barconi durante l' ubriacatura dell' accoglienza per tutti.
Per questo mi assumo tutta la responsabilità delle mie parole. Stiamo combattendo una autentica guerra per salvare i nostri giovani e sfido tutta la sinistra, compreso il M5S, a dire chiaramente da che parte intende schierarsi. Per la liberalizzazione delle droghe o con chi, come Fratelli d' Italia, sostiene che non esistono droghe leggere e pesanti, ma solo la droga, quella che rende schiavi e che uccide senza pietà? CENTRI SOCIALI A difesa delle zone franche dello spaccio e del degrado care ai dai centri sociali, o dalla parte della legge e dello Stato sgomberando tutti gli edifici occupati e portando la polizia dove oggi non può entrare?
A favore dell' immigrazione di massa, come fenomeno ineluttabile e positivo per l' Italia, oppure per un controllo serio delle frontiere stabilendo che in Italia non si entra illegalmente e chi entra deve rispettare le nostre leggi e la nostra civiltà?
Continuando a negare il nesso diretto tra immigrazione incontrollata e l' aumento degli stupri o con Fratelli d' Italia che ha il coraggio di dire che va bloccata l' immigrazione proveniente da quelle nazioni che, in base ai dati ufficiali, creano maggiori problemi di sicurezza e di allarme sociale?

Fratelli d' Italia non resterà a guardare aspettando un' altra Pamela, un' altra Desirée, un' altra ragazzina sacrificata sull' altare del politicamente corretto della sinistra. Possono chiamarci "sciacalli" se vogliono, siamo disposti ad essere anche iene, squali e belve feroci per difendere i nostri figli.
di Giorgia Meloni

sabato 27 ottobre 2018

L’ASSE WASHINGTON-ROMA-MOSCA METTERÀ FINE AL NUOVO ORDINE MONDIALE?

di Cesare Sacchetti
Il viaggio di Salvini a Mosca della scorsa settimana, seguito da quello del presidente Conte ieri ha aperto un capitolo inedito nella storia delle relazioni internazionali.
Un tempo, erano i leader del PCI a recarsi a Mosca in pellegrinaggio per coordinare la strategia di opposizione al blocco atlantico.
Era il tempo della guerra fredda, delle opposte visioni del mondo dove l’Italia aveva un ruolo chiave per spostare l’ago della bilancia verso una delle due superpotenze che si contrapponevano per affermarsi sulla scena mondiale.
Oggi l’Italia riveste un altro ruolo, diverso ma forse ancora più importante. L’Italia oggi è al centro di un’alleanza che vuole arrestare il progetto globalista, e riportare al centro della scena gli stati nazionali, piuttosto che le organizzazioni sovranazionali dominate dalle élite.
Questa alleanza si fonda sull’asse Washington-Roma-Mosca, dove l’Italia ha un ruolo chiave per spostare gli equilibri a favore dell’uno o dell’altro blocco globalista rappresentato da Bruxelles e Pechino.
Per raggiungere il suo obbiettivo, la de-globalizzazione deve necessariamente mirare ad uno smembramento dell’Unione europea, e ad un ritorno alla sovranità degli stati nazionali europei.
L’elezione di Trump: il colpo decisivo contro il globalismo
Il punto di svolta si è avuto nel 2016, quando alla Casa Bianca si è insediato Donald Trump.
Se ci fosse stata Hillary Clinton a Washington, oggi per il governo giallo-verde sarebbe stato praticamente impossibile costruire un qualche tipo di sponda con gli Stati Uniti contro l’UE , né tantomeno rivolgersi al Cremlino per un eventuale sostegno, considerata la totale ostilità dei democratici americani nei confronti della Russia.
La Clinton era sicuramente la garante migliore per continuare verso la realizzazione del nuovo ordine mondiale.
Il nuovo ordine mondiale vede la preminenza delle organizzazioni sovranazionali sugli stati nazionali, fino alla completa esautorazione dei secondi rispetto ai primi.
no borders e l’immigrazione illimitata rientrano in questa strategia di creare un melting pot indistinto che si sostituisca alle identità nazionali dei popoli, per assoggettare meglio le masse a questo disegno.
Questo progetto sembra essere andato incontro ad una brusca frenata nel 2016, all’alba delle presidenziali americane.
Per la prima volta, dopo molti anni, alla Casa Bianca si è insediato un presidente contrario alla visione globalista, e decisamente convinto di riportare al centro le prerogative dello stato nazionale.
Il naturale interlocutore per Trump è sembrato subito essere Putin, e il presidente USA, seppur tra molte difficoltà, è riuscito ad aprire parzialmente il canale con il Cremlino.
In questa strategia che vuole una fine della globalizzazione, l’Italia assume un ruolo decisivo, un elemento naturale geografico e geopolitico di comunicazione tra due mondi, tra Ovest ed Est.
La posizione di frontiera del Paese ha sempre rappresentato un elemento strategico chiave già dai tempi del dopoguerra al margine della contrapposizione tra la NATO e il blocco sovietico.
Oggi l’Italia invece riveste un ruolo nuovo. Non più un elemento di divisione tra due blocchi, ma un elemento di unione, un ponte tra Washington e Mosca che può aprire un corso nuovo nelle relazioni internazionali.
In questo senso, il viaggio di Conte a Mosca può essere letto come il tentativo di fortificare questo nuovo asse contro il blocco globalista sostenuto dall’UE e dalla Cina.
La strategia dell’UE al momento è quella di provocare una crisi dello spread contro l’Italia per costringerla a capitolare come accaduto nel 2011.
Stavolta il contesto internazionale è però ben diverso. L’Italia all’epoca era isolata e priva di interlocutori forti. Oggi non solo c’è il canale di Washington già aperto, ma se ne è aperto un secondo con Mosca, con Putin che ha già dato la sua disponibilità a comprare i titoli di Stato italiani.

La partita con Bruxelles si gioca quindi con equilibri del tutto diversi da quelli di 7 anni fa. La fase storica attuale delle relazioni internazionali sembra volgere verso una fine del processo di globalizzazione che ha subito una decisa accelerazione negli anni’90, dopo il crollo del muro di Berlino.
Il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas in un suo recente articolo su Handelsblatt, ha parlato della necessità per l’UE di raccogliere il testimone lasciato dagli USA per portare avanti il nuovo ordine mondiale.
Ma come può un’Europa debole e divisa portare avanti un progetto simile alla luce di quanto sta accadendo ora?
Se Bruxelles metterà all’angolo l’Italia, Roma potrebbe staccare la spina all’euro, e il progetto sovranazionale europeo crollare irrimediabilmente.
E’ senz’altro un momento decisivo per la storia delle relazioni internazionali, e l’Italia non è mai stata così importante in questo senso.
Nei prossimi mesi, si deciderà tutto. In qualsiasi caso, e qualsiasi visione geopolitica si imponga, tutto dipende dalla Penisola. Il destino dell’Italia deciderà il destino dell’Europa e del mondo.

Ma leggete cosa succede. E' la "pazzia" che fara' finire il mondo



Ho trent’anni e sono un gigolò: ecco cosa cercano le mie clienti

di Greta Sclaunich
Aaron ha 30 anni e fa il gigolò. Pecco di ingenuità se confesso che, prima di ricevere la sua mail, ero convinta che l’esistenza di uomini che fanno questo mestiere fosse più mito che realtà? Non c’è una ragione specifica: semplicemente, non mi era mai capitato di conoscerne uno. Soprattutto, non mi è ancora successo di conoscere una donna che ammetta di aver avuto (o di aver desiderato) degli incontri con questi uomini. Ho letto con interesse la storia di Aaron perché volevo capire cosa cercassero in lui le sue clienti. Il suo racconto mi ha stupita. Mi aspettavo trasgressione e solitudine, curiosità ma anche situazioni goliardiche come un addio al nubilato. Invece le tre donne delle quali parla non lo cercano per nessuno di questi motivi: la 38enne sposata Noemi è insoddisfatta, la 28enne Luisa non ha ancora scoperto il sesso, la 46enne Michela voleva solo far ingelosire l’ex. Situazioni «normali» nelle quali incappiamo nella vita di tutti i giorni, insomma. E persone così «normali» da poter essere chiunque: la signora in coda al supermercato, la vicina di casa la collega, l’amica. Noi stesse – e mi ci metto anch’io, certo. «A volte mi chiedo chi sono. Che lavoro faccio in realtà. Se l’amico, l’amante, lo psicologo, la spalla», si interroga Aaron. Una domanda legittima ma fondata su basi sbagliate: quello di amico, quello di amante ma anche quello di spalla non sono «lavori». È questo, secondo me, l’unico punto debole del suo racconto: è chiaro che, quando frequenta le sue clienti, rivesta anche questi ruoli ma c’è una certa confusione su cosa cerchino davvero le donne che lo contattano. Perché sono incapaci di staccare il sesso dalla sfera emotiva? O perché non hanno tanto bisogno del sesso quanto di, appunto, vicinanza emotiva? A ben guardare le tre storie sembra essere proprio così. Noemi, Luisa e Michela hanno in comune una cosa: il desiderio di avere più fiducia in loro stesse. Chissà se dopo gli incontri con Aaron questo loro bisogno viene davvero soddisfatto: il buon sesso, in fondo, è un obiettivo ben più facile da realizzare.
Ore 7.30: «Mi alzo la mattina con una nuova illusione e sono soddisfatto un poco saggio e un poco matto, penso che fra vent’anni finiranno i miei affanni, ma ci ripenso però, mi guardo intorno per un pò e mi accorgo che son solo». La sveglia è appena suonata e io ho in testa le parole di questa canzone di Rino Gaetano. Ci sono delle mattine che anche io come Rino Gaetano mi sento un po’ solo, con tanti pensieri sul futuro, ma poi penso che questa è la vita che ho scelto: una vita da gigolo.
Dopo un’abbondante colazione e un intenso allenamento in palestra mi metto in viaggio, sarò lontano dalla mia amata Roma per una settimana avendo tre appuntamenti ravvicinati, tutti nel nord Italia, divisi tra Milano, Torino e Padova. Ormai la mia auto è diventata una seconda casa. Durante questi lunghi viaggi mi ritrovo sempre a riflettere su obiettivi e progetti futuri, ed è proprio durante un viaggio che mi venne l’idea di creare Rossetto&Cioccolatouna video rubrica per le donne che parla di sesso e sessualità senza tabù, dove la protagonista è la donna con le sue esperienze, i suoi sogni e i suoi desideri. Chissà le tre donne che dovrò incontrare a breve che desideri hanno, cosa sognano, di cosa si vergognano. Lo scoprirò presto. È il mio «lavoro» e sono bravo in questo. Come un ottimo psicologo riesco a capire subito chi mi trovo davanti.
Domani sarò a Milano da Noemi. Noemi è una giovane donna di 38 anni ed è sposata. Mi chiamò circa un anno fa, era molto timida e le tremava la voce. Mi raccontò di sentirsi schiava di un rapporto di coppia che non l’appagava né dal punto di vista emotivo, né da quello prettamente sessuale. Domani sarà il nostro quarto appuntamento. Siamo diventati amici, oltre che amanti e tempo fa mi fece una confessione che mi colpì particolarmente. Mi disse che per potersi permettere di uscire con me, aveva cominciato a fare il mio stesso lavoro. Si vende ad altri uomini per poter pagare un uomo, me. Dice che lo fa perché gli regalo momenti di felicità, che sono la sua isola di pace, ma io credo che lo faccia anche perché le piace avere attenzioni da parte di altri uomini, perché le danno un’importanza che non ha mai avuto e la fanno sentire di nuovo bella e desiderata. Che strana la vita. Io le ho ridato sicurezza in se stessa e ora lei non ne può più fare a meno, ma allo stesso tempo non riesce a fare a meno di me.
Mercoledì invece incontrerò Luisa. Luisa è di Torino, ha 28 anni ed mi ha confessato di essere vergine. Mi ha chiamato circa una settimana fa raccontandomi che ha avuto sempre problemi ad approcciarsi con l’altro sesso, non per via del suo aspetto fisico (e in effetti guardando la sua foto è una bellissima ragazza), ma a causa della sua emotività. E ora, alla soglia dei 30 anni, per lei essere vergine è diventato un problema. Ha conosciuto un ragazzo che le piace, ma ha paura di perderlo se gli confidasse questo segreto. E così ha chiesto aiuto a me.
Venerdì incontrerò Michela. Michela ha 46 anni, è divorziata ed è di Padova. Mi contattò due anni fa per e-mail, mi disse che voleva far ingelosire il suo ex per dimostrargli che era comunque riuscita ad andare avanti anche senza di lui. Ci siamo incontrati nel ristorante di cui lei era proprietaria. Michela era bellissima, indossava un tubino nero aderente e i capelli neri e lunghi le arrivavano a metà schiena. Cenammo lì, in quanto il suo ex compagno era anche il suo socio in affari. L’idea era quella di farsi notare, di farlo ingelosire, ma quella serata prese una piega assai diversa. Eravamo totalmente concentrati su di noi, ci siamo entrambi scordati del suo ex, del motivo per cui mi aveva contattato, di dove eravamo, di tutto il resto. Solo noi due, occhi negli occhi. Da quella sera di due anni fa ci vediamo regolarmente una volta ogni due mesi.
A volte mi chiedo chi sono. Che lavoro faccio in realtà. Se l’amico, l’amante, lo psicologo, la spalla. Poi smetto di pensare e mi concentro sugli occhi che ho davanti. Mi chiamo Aaron, ho 30 anni e faccio lo gigolo.
Aaron, 30 anni
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