Se il Pdl avesse vinto le elezioni con un
consistente margine di vantaggio, finalmente l’Italia avrebbe imboccato la
strada che sta cercando da diciannove anni. L’Italia deve diventare più “liberale” e non rimanere “ingessata” com’è da uno Stato “opprimente”, costoso, inutile e “corrotto”. I governi Berlusconi tanto
hanno fatto, ma tanto di più si sperava e ci si aspettava che facessero. Questo
non si può negare. Ma non si può neppure negare che solo con Berlusconi certi sogni
impossibili della “maggioranza silenziosa”
e spremuta come un limone, si sono realizzati con l’azione del suo governo, ma anche
da chi ha tentato invano di copiarlo e, quando si e’ trovato a governare, ha
fatto soltanto disastri. Non si può
negare che tante riforme liberali e istituzionali sono state fatte (oltre 40) e
poi sono state abrogate, cancellate, ridimensionate dai governi successivi di
centrosinistra o, peggio ancora, da autolesionistici referendum, a partire dal
più grande errore commesso di bocciare la riforma della Costituzione (2005),
salvo poi pretendere di riavere quelle stesse riforme, come la riduzione dei
parlamentari, che va tanto di moda ultimamente. Non si può negare che gli alleati,
a partire dai principali Fini e Casini, hanno dimostrato la loro gratitudine. Hanno
sempre sofferto del complesso d’inferiorità ed hanno sempre avuto la “smania” di sostituire Berlusconi il
prima possibile, ed hanno fatto di tutto per “impedire” che quelle riforme fossero fatte. Certo, non si può
neppure negare che Berlusconi abbia commesso degli errori personali che hanno
offeso, deluso e allontanato tanti suoi elettori. In queste elezioni le condizioni per un forte
cambiamento, stranamente e nonostante tutto, c’erano tutte, forse più ancora
che in altre elezioni. A partire dal fatto che gli alleati “traditori” si sono andati a “suicidare
politicamente” da soli in un “centrino”,
dove nella migliore delle ipotesi otterranno le poche poltrone disponibili e,
nella peggiore, impediranno qualsiasi governabilità per pretendere poltrone che
non gli spetterebbero mai in base ai pochi voti ricevuti. Poteva essere la
volta buona che i partitini “tutto veto”
e “niente riforme” sparissero dal
Parlamento per arrivare, finalmente, a una democrazia matura e bipolare,
l’unica che in tutto il mondo garantisca la maggiore governabilità con i minori
costi pubblici e minori occasioni di corruzione. Sarebbe potuta essere la volta
buona per imparare dagli errori commessi per non ripeterli per arrivare,
finalmente, alla riduzione della pressione fiscale e della spesa pubblica. L’ultimo
“disgraziato” governo ha dimostrato
che i “tecnici” servono solo agli “speculatori” e ai“rapinatori” stranieri interessati a far man bassa dei risparmi
degli italiani e delle loro migliori aziende. Se il Pdl avesse vinto, poteva
essere la volta buona per mettere mano alla “cancrena”
della magistratura politicizzata, ritornando alla suddivisione dei poteri
democratica cancellata giusto vent’anni fa. La politica, quella vera, per me
continua a essere fatta d’idee, di programmi, di coerenza, di disegni
complessivi, di fattibilità dei programmi, non di persone, non di gossip, non
di urla, non d’insulti, non di slogan vuoti. E’ vero che nessuno è immune dal
vizio del potere. Ma l’unico modo per limitare questo vizio a tutti
indistintamente i politici e’ quello di “limitare”,
prima di tutto, il potere dello Stato in tutti le “sfere” possibili, proprio con quelle riforme liberali che ancora
oggi Berlusconi e’ l’unico che ha la capacita di poter portare avanti con
coerenza e concretezza.
martedì 26 febbraio 2013
Il Pd ha vinto ma non potra' governare.
Ormai è chiaro che Bersani non solo non e’ riuscito a “smacchiare il giaguaro” ma ci ha rimediato
una bella “zampata”. Il Pd, vincendo sul
Pdl di qualche decimo (0,40%) alla Camera, ha la maggioranza assoluta per aver ottenuto
il premio di maggioranza, ma non ha la maggioranza in Senato. Come farà a
governare? Che il Movimento 5 Stelle otteneva moltissimi voti e seggi ormai lo
aveva capito tutti. Si spera che finalmente questo serva almeno a far comprendere
ai partiti tradizionali che e’ arrivato il momento di tenerne conto e di dare
all’Italia quella svolta che aspettiamo tutti da tempo. L’ipotesi di dare stabilità al Paese, con un nuovo governo di centro
sinistra, che è stato il “chiodo fisso”
di Napolitano, di Mario Monti e di Pierluigi Bersani fin dal momento della
caduta del governo di Silvio Berlusconi e della nascita del governo tecnico, si
e’ dissolta come neve al sole. Ora a Bersani e
al Pd, ma soprattutto a Napolitano, che è poi quello che decide davvero, si
prospettano diverse strade. La più classica da prima repubblica: “raccattare” i voti del “centrino” di Monti, rendendo palese
l’accordo da tempo raggiunto, spartirsi le poltrone, iniziare a litigare dal
giorno dopo, tirare a campare finché si può senza fare nulla, mantenendo
l’Italia nella ingovernabilità perenne in cui vive da 65 anni. Il “centrino”, che non è altro una nuova
versione del consociativismo “cattocomunista”,
nonostante il suo scarso peso politico, non rinuncerà a “ricattare” il Pd. Forse non riuscirà a imporre Mario Monti
presidente del consiglio, ma nelle decisioni importanti, o si fa come dicono
loro, oppure “ciccia”. Per “neutralizzare” Monti, Bersani pensa di
avere l’asso nella manica convincendo gli eletti del Movimento 5 Stelle di “saltare il fosso”. Quando questo lo fa
Berlusconi e’ “corruzione”, se lo fa
Bersani e’ “scouting”. Non riuscirà a
convincerne molti, salvo non intervenga Vendola a convincere qualche nostalgico
comunista duro e puro a tornare alle origini. Per fare questo, però, bisognerebbe
ritornare al”statalismo puro” che il
Pd, con tutti gli intrecci economico/finanziari (vedi Monti dei Paschi di Siena)
ha creato negli ultimi anni, non può permettersi per non perdere l’appoggio dei
“poteri forti” che lo sostengono più
o meno palesemente. Il nuovo Parlamento “a
tempo” sarà formato da soggetti che fanno politica per professione da
sempre e da chi ha alle spalle, come unica esperienza politica, i comitati
No-Tav, i centri sociali, le dimostrazioni violente di piazza o qualche altra
esperienza di protesta, insomma da “qualunquisti”. Bersani e i suoi
dirigenti sono convinti di aver facile gioco nel dividere e gestire questa “massa di dilettanti” allo sbaraglio
mandati in Parlamento da Grillo e dalla rabbia popolare. Infatti, sono convinti
che anche questi, una volta in Parlamento, subiranno la “metamorfosi” di trasformarsi da “brave e oneste persone” a “normali”
parlamentari che pensano “esclusivamente”
ai “casi” loro. La natura dell’uomo è
sempre la stessa ed è molto probabile che questo avvenga. Bersani & Co. s’illude
se pensa che un Paese, in crisi profonda, possa essere governato in maniera
continua e stabile da un’armata Brancaleone. Quindi e’ bene incominciare a
pensare fin da ora alle prossime elezioni. Berlusconi tenterà di tirare fuori
dai guai Bersani e il Pd proponendo, come già aveva fatto con Prodi nel 2006,
di accordarsi per un governo che si occupi solo degli affari correnti,
trasformando questa legislatura in “costituzionale”
per “svecchiare”, finalmente, una
Costituzione del tutto “inadatta” a
rendere “governabile” e “competitiva” l’Italia. Solo i due
principali partiti lo possono fare, perché sono gli unici che possono aspirare
a governare in una democrazia moderna. Stop a governi “ricattati” dai piccoli partiti che sono stati la principale fonte
di crescita della spesa pubblica e della “corruzione”.
Stop alla magistratura che deve tornare al servizio dei cittadini e non dei
magistrati. Tutto sommato un risultato positivo queste elezioni l’ha ottenuto.
Con l’Udc di Casini all’1,8% e il Fli di Fini allo 0,5% i due vecchi “marpioni” sono fuori dal Parlamento.
Sembra però che Casini possa salvarsi ottenendo un seggio al Senato, invece
nessuna poltrona per Fini e per Di Pietro.
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