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sabato 19 maggio 2018

Quanti anni ha governato Berlusconi?

Berlusconi ha governato per 9 anni e 52 giorni.

Da una ricerca in Rete, è possibile risalire a tutti i governi formati dal 1994, esattamente dal Berlusconi I. Prima di lui, Carlo Azeglio Ciampi formò il suo governo dal 28 aprile 1993 al 10 maggio 1994.

1. Berlusconi I, XII Legislatura: dal 10 maggio 1994 al 17 gennaio 1995, per un totale di 252 giorni.


2. Dini, XII Legislatura (non eletto): dal 18 gennaio 1995 al 17 maggio 1996, per un totale di 486 giorni.


3. Prodi I, XIII Legislatura: dal 18 maggio 1996 al 21 ottobre 1998, per un totale di 887 giorni.


4. D'Alema I, XIII Legislatura (non eletto): dal 22 ottobre 1998 al 22 dicermbre 1999, per un totale di 427 giorni.


5. D'Alema II, XIII Legislatura (non eletto): dal 23 dicembre 1999 al 25 aprile 2000, per un totale di 125 giorni.


6. Amato II, XIII Legislatura (non eletto): dal 26 aprile 2000 al 11 giugno 2001, per un totale di 412 giorni.

7. Berlusconi II, XIV Legislatura: dal 12 giugno 2001 al 23 aprile 2005, per un totale di 1.412 giorni.

8. Berlusconi III, XIV Legislatura: dal 24 aprile 2005 al 17 maggio 2006, per un totale di 390 giorni.


9. Prodi II, XV Legislatura: dal 18 maggio 2006 al 7 maggio 2008, per un totale di 722 giorni.

10. Berlusconi IV, XVI Legislatura: dal 8 maggio 2008 al 16 novembre 2011, per un totale di 1283 giorni.

Napolitano, dopo lo scioglimento dell'ultimo governo Berlusconi, ha espressamente richiesto si formasse un governo tecnico, senza politici al suo interno, ed ha dato incarico della nuova squadra a Mario Monti che prima di accettare ha “preteso” la nomina di senatore a vita, per avere uno stipendi a vita. 

Berlusconi ha governato per 3337 giorni in 4 governi = 9 anni e 52 giorni e non 20 anni come affermano i non bene informati.

Berlusconi ha presieduto i due governi più longevi della storia della Repubblica Italiana, cioè i Berlusconi II e IV; inoltre il Berlusconi II è, per longevità, secondo al governo Mussolini (7571 giorni = 20 e 271 giorni), se consideriamo i governi dall'Unità d'Italia.

Umberto Eco: "Internet? Ha dato diritto di parola 

agli imbecilli: prima parlavano solo al bar 

e subito venivano messi a tacere"

"I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli". Parola di Umberto Eco che attacca così internet dopo aver ricevuto all'Università di Torino la laurea honoris causa in "Comunicazione e Cultura dei media". "Prima – ha detto Eco - parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l'invasione degli imbecilli".
Per Eco il web sarebbe un vero e proprio "dramma" perché promuoverebbe "lo scemo del villaggio a detentore della verità". La struttura di internet, secondo Eco, favorirebbe infatti il proliferare di bufale. E in proposito ha affermato anche che il ruolo dei giornali in tal senso è importante perché dovrebbero "filtrare con équipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno". Per fare questo "i giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all'analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi", ha detto Eco riferendosi al fenomeno della copiatura dal web.
Per il professore la laurea honoris causa è stata un ritorno alle origini. Proprio qui, infatti, anel 1954 si era laureato in Filosofia. "La seconda volta nella stessa università, pare sia legittimo, anche se avrei preferito una laurea in fisica nucleare o in matematica", ha scherzato Eco.

giovedì 17 maggio 2018

Quel Comitato grillino che copia Mussolini

Anche Lega e M5s non hanno resistito alla tentazione che colpì dittatori e presidenti

F ra tutte le sorprendenti - o preoccupanti - novità del Contratto di governo, quella che sembra colpire di più è la nascita di un Comitato di conciliazione.








Dovrebbe dirimere, detto in soldoni, eventuali e probabili contrasti fra 5 Stelle e Lega. Ma come, non c'è già il Consiglio dei ministri, per questo? Ci si chiede. Ecco allora partire immancabili attacchi, di solito esagerati, cui replicano difese altrettanto sopra le righe.
Ha iniziato gli attacchi Graziano Delrio, usando addirittura la bomba atomica, ovvero paragonando il nascituro nientemeno che al Gran Consiglio del fascismo. Il paragone non regge. È vero che il Gran Consiglio era una sorta di doppione del Consiglio dei ministri, creato per ribadire lo strapotere del fascismo e delle sue organizzazioni all'interno dello Stato; in realtà, però, decideva poco o niente, e basti dire che non venne neppure convocato quando fu decisa l'entrata in guerra, il 10 giugno 1940. Al suo interno ci furono discussioni, anche accanite, ma alla fine decideva sempre uno solo, Mussolini. L'unica volta che il Gran Consiglio lo mise in minoranza - il 25 luglio del 1943 - il Duce cadde perché era una decisione già presa dal re e da un gruppo di «congiurati»: senza quella volontà, Mussolini avrebbe semplicemente approfittato della circostanza per distinguere gli amici dai nemici, ed eliminarli. (Con molti auguri al presidente del Consiglio signor XXXXX, a Di Maio e Salvini di non fare la stessa fine con una decisione di Mattarella/re.)
La difesa, invece, è incarnata da Giacinto della Cananea, ideatore del Comitato di conciliazione, il quale sostiene che «è simile al Consiglio di gabinetto previsto dal regolamento di governo». Non è attendibile neppure questo paragone. Senza considerare che la maggior parte degli italiani non sapeva neanche di avere goduto di un Consiglio di gabinetto, il nuovo Comitato di conciliazione avrebbe poteri forti, e come. Infatti, oltre a tenere «un dialogo in caso di conflitti, al fine di risolvere i problemi», dovrebbe elaborare una posizione comune a Lega e grillini nel caso improvviso di «crisi internazionali, calamità naturali, problemi di ordine e di salute pubblici». Dici niente. È anche previsto che, nel caso non si arrivi a un accordo, «le azioni riguardanti i temi controversi saranno sospese per almeno dieci giorni, in modo da dare al Comitato il tempo necessario per raggiungere un'intesa e suggerire le scelte conseguenti». È evidente, che una simile norma mette sotto vigilanza sia il presidente del Consiglio - e forse questo è una dei suoi scopi - sia i lavori del Parlamento.
Infine, la composizione: oltre al presidente del Consiglio dei ministri, sono previsti il capo politico di M5S e il segretario federale della Lega, i capigruppo di Camera e Senato delle due forze politiche ecc. Vengono dunque inseriti in un organo decisionale di governo due capi di partito, in quanto tali: non è previsto dalla nostra Costituzione. Si dirà: ma è sempre accaduto, per esempio, che De Mita e Craxi, anche senza essere ministri o capi del governo, decidessero sulle iniziative e le sorti del medesimo. Sì, ma altra cosa è istituzionalizzare questa prassi. Se un sicuro corso e ricorso storico c'è, è che tutti i governi - più o meno rivoluzionari - tendono a dotarsi di nuove strutture, di nuovi strumenti di comando fatti su misura per governare «meglio»: sarà possibile dire soltanto a posteriori se quel «meglio» era per i governati o per i governanti.
Altri precedenti ci sono: ricordo un «direttivo» creato da Craxi, forse tutti ricordiamo i «Dieci saggi» voluti da Napolitano nel marzo 2013 per elaborare un programma di riforme. Tutto ciò, però, non ha niente a che vedere con il nuovo Comitato di conciliazione. Il quale, in definitiva, può essere visto sotto due aspetti, secondo il principio del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.
Il bicchiere mezzo vuoto dice che i due partiti che andranno al governo intendono cambiare le regole del gioco ben oltre i programmi elettorali, con mezzi spicci e soluzioni che andrebbero discusse in Parlamento, in quanto discutibili.
Il bicchiere mezzo vuoto dice che, prevedendo sin da ora futuri contrasti difficilmente conciliabili, i due partiti hanno deciso di dotarsi di uno strumento che risolva le divergenze, senza esporre troppo i rispettivi capi. E qui la notizia buona è che si è consci di stare all'inizio di un difficilissimo percorso a ostacoli, e che si cerca il modo di superarli.
Auguri a tutti noi.
@GBGuerri

mercoledì 16 maggio 2018

Il politologo: "Vi spiego cosa c'è dietro lo stallo"

Luigi Di Gregorio, docente di Scienza Politica all’università della Tuscia, ci spiega perché Salvini potrebbe far saltare il banco con il M5S e tutti gli 'unicum' di questo inizio di legislatura

“Mattarella non ha alternative che dare altro tempo a quei due altrimenti deve chiudere la legislatura. Sarebbe un unicum, nella storia della Repubblica non è mai successo che si sia tornati a votare senza aver avuto un governo che ci abbia almeno provato.







Così Salvini e Di Maio entrerebbero davvero nella storia…”. Luigi Di Gregorio, docente di Scienza Politica all’università della Tuscia, intervistato da ilgiornale.it, conferma il timore di un ritorno alle urne che aveva già prefigurato pochi giorni dopo l’esito del 4 marzo scorso.
Ma perché l’accordo tra Lega e M5S si è impantanato?
Salvini probabilmente si è reso conto che avere Berlusconi e Meloni fuori e lui al governo a faticare lo indebolisce. Inoltre governare fa male perché, a prescindere dalle cose che fai, 9 volte su 10 ti va male, come dimostra l’esempio Renzi. Quando sei al governo, a differenza dell’opposizione, non puoi fare o dire quello che ti pare e, poi, i media sottolineano tutte le cose che non vanno ecc…Quindi, secondo me, Salvini si sta rendendo conto che, a queste condizioni non gli conviene più andare al governo, dato che ci sono problemi nell’individuare un premier e nel programma che costa tanto e, con i vincoli europei attuali, non si può realizzare. Il rischio è più alto della resa anche perché Salvini avrebbe all’opposizione due 2/3 della sua coalizione che stava per prosciugare e, ora, può avvenire il contrario.
Poi il ‘premier terzo’ non si trova e Di Maio aspira ancora a diventare premier…
Di Maio, dopo aver detto dall’Annunziata di essere disponibile a fare un passo indietro, pare volersi riproporre dato che un premier terzo è difficile da trovare. Difficile perché non potrebbe metter bocca né sul programma né sui ministri. A quel punto sarebbe un premier talmente depotenziato che diventerebbe una figurina e non saprei chi si presterebbe a queste cose. Lo stesso Sapelli oggi dice: “avevo chiesto almeno di indicare i ministri”. Più facile ipotizzare una staffetta o un governo con Fraccaro o Giorgetti. Trovare un prestanome che ci metta solo la faccia quando tutto il resto è deciso da altri sarebbe un altro unicum. Che, poi, fare un governo politico con un premier tecnico sarebbe assurdo.
Avere un premier terzo o tecnico per un governo politico non sarebbe un altro unicum?
Un premier terzo che tenga insieme le due anime deve avere un potere sanzionatorio sennò non ha senso. Berlusconi teneva insieme Bossi e Fini perché era la forza moderata tra i due e soprattutto perché aveva una forza maggiore rispetto a loro due. Come puoi federare se non hai forza? Saresti come Prodi che dietro non aveva un suo partito forte e cadde due volte dopo due anni. E, se sei un tecnico puoi federare in un governo tecnico come Monti ma non lo puoi fare se guidi un governo politico. Mi pare la ricerca di una ciliegina sulla torta che non servirebbe a niente quindi penso che, alla fine, andranno a pescare uno di loro.
Anche scegliere prima il programma e poi il presidente del Consiglio non è un’anomalia? Di norma dovrebbe essere il contrario, o perlomeno, finora è sempre stato così. O sbaglio?
Noi siamo abituati a uno scenario da Seconda Repubblica dove i candidati premier, le alleanze e i programmi erano predeterminati. Ora siamo tornati a uno scenario da Prima Repubblica cioè che la forza che sta in mezzo, il M5S, si è aperta a tutte le possibili alternative. A quel punto il programma lo devi rifare. Essendo cambiata l’offerta politica, ci sta che si mettano al tavolo per cercare una mediazione. Resta il paradosso di non avere un presidente del Consiglio però, nei fatti, non è unicum perché il Capo dello Stato dà l’incarico a chi può vantare di avere una maggioranza quindi, se loro trovano questo premier, tutto rientra.
Quindi se non si riesce a formare il governo è colpa della legge elettorale?
Il paradosso è che noi abbiamo votato con la convinzione di essere in uno scenario da maggioritario e, invece, siamo tornati al proporzionale. Uno scenario in cui o qualcuno tradisce il voto degli elettori o il governo non si fa. La novità di queste elezioni è che, già da prima del 4 marzo, si sapeva che nessuno avrebbe vinto ma si è fatta la campagna elettorale più social ed è successo che si sono scannati non solo i politici ma anche gli elettori. Chi fa politica sa che oggi tu sei mio nemico e domani mio alleato ma convincere gli elettori, dopo anni di insulti, è più difficile e, secondo me, Salvini sta valutando anche questo. Se il governo non parte subito e bene ne pagherà le conseguenze anche perché il popolo che sta con lui ha dovuto ingoiare l’alleanza con il M5S che era il principale avversario del centrodestra.
Domenica Lega e Cinque Stelle consulteranno i loro sostenitori. Cosa dovrebbe spingere un elettore di Salvini a votare a favore dell’accordo di governo?
Queste elezioni hanno dimostrato che il voto è stato molto legato alle persone e poco ai temi. Questo lo ha dimostrato Di Maio che può aprire tutti i forni che vuole i Cinque Stelle possono cambiare idea sulle Olimpiadi, lo streaming ecc… e non perdere consensi. Ciò significa che il messaggio dell’elettore è questo: “mi va bene tutto purché governiate voi”. Ora la posizione leghista mi pare sia intenzionata a far saltare il banco usando le gazebarie.
E a quel punto cosa succede?
A quel punto si tornerà a votare in autunno perché l’ipotesi del governo neutrale pare saltata in quanto non avrebbe la maggioranza. Lega e Cinque Stelle, però, correrebbero il rischio di perdere consenso dopo questo giro di consultazioni. Ho l’impressione che siano in calo e, in termini di voti, si avrebbe un risultato molto simile al 4 marzo anche se Di Maio non potrebbe più dire: “Mai con la Lega o col Pd”, dopo averli corteggiati. Il refrain sarebbe una campagna incentrata sui “traditori del Paese”, magari con Di Battista candidato premier.
Quindi a Palazzo Chigi rimane Gentiloni? E Mattarella che ruolo avrebbe?
Sì, ci porterebbe alle urne un governo Gentiloni, fortemente depotenziato a meno che Mattarella ci riprovi col governo neutrale per impedire almeno l’aumento dell’Iva ma non è detto che ci riesca. Salvini e Di Maio chiederebbero di tornare alle urne anche se votare in agosto è impossibile. Mattarella è molto attento al fronte europeo perché finché l’Italia è nell’Ue e nell’euro non si può far finta che quel fronte non esiste. L’unica cosa che gli rimprovero è che, prima del governo Lega-M5s e del governo neutrale, avrebbe dovuto dare un incarico a Salvini per evitare retropensieri anti-quirinalizi.