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venerdì 26 gennaio 2018

Elezioni politiche 2018, stesso copione del 2006?

«Serve una perizia grafica sui brogli del voto all’estero»

Il leader di «Azzurri nel mondo» Pallotta: «Mercato delle preferenze organizzato in precise centrali»

da Milano

Nuove ombre oscurano il voto degli italiani all’estero, ma s’intravede un sistema per far luce sui quei presunti brogli, capaci di viziare l’esito delle elezioni politiche del 2006, che il centrosinistra ha vinto alla Camera per 24 mila voti, e al Senato per una manciata di seggi, anche se con meno voti della Cdl.
Il segretario generale del movimento Azzurri nel mondo, Giampiero Pallotta, dall’Australia ha chiesto ufficialmente alla Procura di Roma di procedere al controllo dei voti dell’Oceania, con un sistema in grado di accertare la verità: una perizia calligrafica sulle preferenze assegnate ai candidati, per verificare in primo luogo se quelle migliaia di nomi sono state scritte effettivamente dalle stesse poche mani, e individuare gli autori degli brogli. 
Ma Pallotta - che ha ben pochi dubbi sulla irregolarità del voto - è convinto anche che non si sia trattato di «brogli fai da te»: il «mercato dei voti» sarebbe stato organizzato, in alcune precise «centrali».
Il caso del voto in Australia ha fatto scalpore oltre un mese fa, per un video amatoriale pubblicato da Repubblica.it: voti di lista e preferenze assegnati in blocco all’Unione, vergati da un’unica persona ripresa di spalle. Centinaia di schede elettorali ammassate in un garage, sistemate nelle buste del Consolato italiano in Australia e sigillate. Altre buttate in una discarica. Operazioni inquietanti, tutte riprese dal videtelefono di un candidato australiano dell’Udeur, Paolo Rajo, che spiegò anche di aver rifiutato un «aiuto» analogo, promessogli da una famiglia di Sydney «in cambio di qualche lattina di birra». «Effettivamente è sconcertante», commentò il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, auspicando una verifica. Il leader dell’opposizione, Silvio Berlusconi, giovedì è tornato a parlare di brogli: «Ci hanno fregato un milione di voti - ha detto alla festa dell’Udeur - troppe schede scomparse, bianche e molte irregolarità nel voto degli italiani all’estero».
Ma quel video era la prova di brogli reali, o solo la «rappresentazione» di brogli possibili? Pallotta è sicuro: «È successo, lo sanno tutti, e molti si facevano vanto di aver raccolto o votato decine di schede, chi 30, chi addirittura 100». Il dirigente di Forza Italia punta il dito contro in una direzione ben precisa: «I patronati operanti in Australia - spiega Pallotta - sono una trentina. Corrispondono alle sigle sindacali italiane, e hanno un orientamento politico molto preciso. Solo quattro-cinque, quelli Enas, fanno riferimento alla destra, tutto il resto è in mano alla sinistra. In Australia la percentuale di "affluenza" è stata bassa, intorno al 30%, hanno votato soprattutto gli anziani, e molti voti sono passati da lì».
Il voto all’estero è «per corrispondenza»: due settimane prima del giorno fissato per le elezioni in Italia i plichi con le schede da votare sono inviati dagli uffici consolari nelle case degli italiani all’estero iscritti agli elenchi. Questi, non oltre il decimo giorno prima delle elezioni, devono rispedire le schede votate. È in quei giorni, sostiene Pallotta, che si è verificato «l’inghippo». «Basta controllare per scoprire l’inghippo. Serve solo la volontà di farlo. Il controllo deve essere generalizzato, perché tutti si sono "arrangiati", ma si dovrebbe partire da Nino Randazzo e Marco Fedi, (eletti con l’Ulivo al Senato e alla Camera, ndr) chiamati in causa direttamente dal video di Rajo. Le schede con queste preferenze sono 24mila. In totale sono 120mila».
Pallotta conosce Rajo, che conduce su Rete Italia una trasmissione molto seguita dagli immigrati. Non pensa che il suo video sia la «pistola fumante»: «Non testimonia la prova in flagranza di reato, ma è la rappresentazione cinematografica di quello che è realmente accaduto».
Ma le «stranezze» sarebbero anche altre: «Prima delle elezioni - sostiene il segretario di Azzurri nel mondo - alcuni partiti di sinistra hanno inviato per posta del materiale propagandistico, in buste molto simili a quelle usate dal consolato. Molti, specie anziani, hanno pensato di trovarsi di fronte alle schede ufficiali. Poi l’ambasciata ha chiarito tutto». Ma non è tutto: «Ci sono voci - riferisce - di persone che avrebbero pagato per ottenere una candidatura».
Pallotta ha indirizzato la sua istanza al pm romano Salvatore Vitiello, che a luglio aveva disposto l'acquisizione del video di Rajo, e chiesto al ministero della Giustizia di acquisirne la testimonianza. Sui presunti brogli era stato aperto un fascicolo, senza indagati, per il reato di violazione della legge elettorale. Vitiello ha già fatto ricorso alle rogatorie internazionali praticamente in tutti i paesi in cui - per la prima volta nel 2006 - hanno votato gli italiani all’estero.

lunedì 22 gennaio 2018

VOTO ALL’ESTERO, COME PRIMA PIÙ DI PRIMA

Voto all’estero, come prima più di prima







Le elezioni si avvicinano e con esse fa capolino la maledizione della legge Tremaglia, una sorta di vendetta del Montezuma che più di una volta ha spostato gli equilibri elettorali agendo sui premi di maggioranza. Che ci siano dei brogli sistematici è ormai arcinoto così come è evidente che il centrodestra – estensore del provvedimento in questione – sia quasi sempre stato perculato dal voto all’estero.
Siamo pronti a scommettere che anche questa volta, a tre mesi dall’election day, nessuno – sia a livello governativo sia a livello di partiti politici – si sia preoccupato di avviare la macchina organizzativa tentando di scongiurare la solita fregatura. Quello che è certo è che, in sede di accordo sulla nuova legge elettorale, nessuno si è premurato di disciplinare lo sgangherato meccanismo di voto all’estero (qualcuno per convenienza e qualcun altro per sciatteria).
E così anche quest’anno assisteremo alle lagnanze dei nostri connazionali non residenti in Italia che denunceranno di non aver ricevuto il famosissimo plico e magari scopriremo che qualche solerte postino, qualche compratore di schede elettorali o addirittura qualche cacciatore di voti dedito a sottrarre le schede dalla buca delle lettere ha ordito l’ennesima truffa turbando di fatto il verdetto delle urne. Perché poi solo un ingenuo poteva coniare un metodo di voto secondo il quale l’elettore estero riceve per posta ordinaria la propria scheda onde poi reinviarla con lo stesso mezzo al relativo Consolato. Solo uno che crede alla Befana poteva pensare che in questo marasma non si stampassero schede false (fotocopie a colori) così che i voti fossero superiori ai votanti o le preferenze fossero espresse magari da cittadini già morti. Solo un boccalone non si rende conto che il meccanismo favorisce di brutto gli accumulatori seriali di schede bianche da votare. Poi ci faranno i soliti servizi sui plichi bianchi lasciati incustoditi davanti ai Consolati e noi faremo spallucce perché non ci avevamo pensato. E magari ad elezioni finite scopriremo l’acqua calda e ci saranno nuove testimonianze come quelle dell’italo-tedesco Rosario Cambiano relative al sistema posto in essere dai patronati con sede all’estero che si fanno consegnare i plichi assicurando il servizio di spedizione (e di voto of course).
Una giungla nella quale sguazza anche il crimine organizzato, un meccanismo fatto a posta per premiare i più furbi (ed organizzati) mentre i fessacchiotti cantano la canzoncina con la stella filante in mano.
ALTRO CHE SATIRA

Gene Gnocchi e Claretta Petacci "maiala", la lezione violenta di Vittorio Feltri

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Gene Gnocchi e Claretta Petacci "maiala", la lezione violenta di Vittorio Feltri


Gene Gnocchi, comico sui generis, rivendica il diritto di satira, e fin qui ha ragione. Si può e si deve ridere su tutto e su tutti, talvolta mancando di rispetto a qualcuno. La libertà è un bene superiore e quelli che la vorrebbero limitare non meritano di essere ascoltati. Noi, e il giornale che facciamo non a caso si chiama Libero, siamo i primi a dire con forza che non bisogna fare la guerra alle parole. Cosicché riconosciamo a Gnocchi la facoltà di dare sfogo alla sua creatività umoristica.

Ci mancherebbe altro.

 Siamo stati perseguitati anche dall' Ordine dei giornalisti, che invece dovrebbe tutelarci, perché abbiamo spesso usato un linguaggio disinvolto per descrivere la realtà. Ultimamente il direttore responsabile Pietro Senaldi è stato ingiustamente sanzionato per il titolo: «patata bollente» riferito al sindaco Raggi alle prese con grane amministrative romane, il che è assurdo oltre che ridicolo. Pertanto non vogliamo prendercela con chi scherza sui protagonisti della cronaca politica o generica che sia. Ma il caso di Gene è particolare e richiede una puntualizzazione. Egli ha detto per gioco - un gioco sporco - che la scrofa gironzolante per la capitale si chiama Claretta Petacci, il nome dell' amante di Benito Mussolini, la quale fu fucilata - pur essendo innocente - insieme con il capo del Fascismo.
E qui se permettete, la satira maschilista o non maschilista, non è pertinente. Si tratta di un insulto ingiusto oltre che volgare a una donna che non commise reati di alcun tipo, essendosi limitata ad amare, fino a sacrificare la vita, un uomo osannato dal popolo per venti anni e odiato negli ultimi giorni della propria esistenza perché sconfitto. 
Intendiamoci, il problema non è il Duce, i cui errori erano e sono evidenti anche a un cieco, bensì la figura macchiata di una signora senza colpe eppure uccisa quasi fosse una delinquente. Definirla maiala - animale a me molto simpatico - al solo scopo di infangarne la memoria, è stato un esercizio deplorevole che non può essere giustificato col diritto alla satira. Che non c' entra. Immagino tu, caro Gnocchi, sia consapevole della scemenza che hai detto: dovresti scusartene anziché arrampicarti su inesistenti specchi satirici.
 Capita a chiunque di sbagliare. Stavolta è toccato a te, e ti conviene fare marcia indietro senza nasconderti dietro a un dito sporco di merda antifascista

Claretta Petacci dimostrò di essere una persona seria crepando ammazzata pur non avendo subìto un processo. Tu, viceversa (assolto a furor di popolo bue), continuerai a dire cazzate e non sarai nemmeno giudicato dallo straccio di un Ordine dei giornalisti. Comoda la vita del comico.
di Vittorio Feltri

Gene Gnocchi, quella non è satira: è merda!

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Claretta Petacci è un maiale. Ah, che belle risate. E che riflessione arguta. Ma quale satira? Questa è merda. Pura, purissima merda chic, partorita dalla mente del democraticissimo progresso secondo cui non ci sono vincoli, nella comunicazione, né tabù; e la moralità, il buon senso, il buon gusto, ci stanno stretti, come antichi orpelli ormai in disuso. Cosa voleva dire Gene Gnocchi, ora che prova a difendersi – “Mi dispiace se qualcuno si è sentito toccato ma rivendico diritto di satira” (Huffington Post) -, o che provano miseramente a difenderlo – come Selvaggia Lucarelli, che dall’alto delle sue forme intellettuali e della sua scaciatezza modello liceale romana primi anni ’80, ci fa il cazziatone su quanto Gnocchi stesse solo praticando l’antica arte dello sberleffo, diretta alla Meloni per altro, e che quindi il celebre battutista, simpatico come un calcio nei coglioni di mattina presto, non ce lo meritiamo -? 

Forse voleva solo incarnare il motto di un altro paladino delle Belle Menti, Dario Fò, un proletario col culo degli altri: “Prima regola: nella satira non ci sono regole”, fintanto che, ovviamente, non colpisce gli agitatori del politicamente corretto. Cosa è satira nel grande mondo liberale e libertino, poco libero? E cos’è oltraggio?


Castigat ridendo mores, castigare i costumi ridendo. O è satira, o merda. E non c’è niente da fare. Il confine è sempre troppo labile, spesso irriconoscibile, ad un occhio pigro. Ed è inutile ricorrere al diritto di satira quando l’abbiamo fatta grossa. 

La satira è diritto di una società evoluta, a patto che sia riconoscibile in quanto tale.

Era solo satira, vero? E invece no, quella era merda. Molliccia, inconsistente, gratuita MERDA!


Perché la satira, castiga il costume, non paragona ad un maiale una povera donna trucidata e poi appesa a testa in giù, senza pietà da bestie forsennate in nome di una rivoluzione farlocca che non si è mai realizzata. 

Perché la satira, con la sua brutalità, educa. Fa aprire gli occhi, ma soprattutto, si erge come forma d’arte e d’intelletto, in ogni epoca, contro il potere. Lo smaschera, lo neutralizza, lo normalizza. E se eccede, è perché è costretta a farlo. Per realizzare se stessa, a patto che nessuno si offenda.

Il significato di satira, ce la offre addirittura la Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza 24 febbraio 2006 – 16 marzo 2006, n. 9246: “La satira, notoriamente, è quella manifestazione del pensiero (talora di altissimo livello) che nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores; ovvero, di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene”.
  


(La satira è una cosa seria, 
E.Ricucci, 2017, Edizioni Il Giornale, capitolo I

Il regresso culturale e l'illusione di sapere tutto con un clic

Siamo in una fase di decadenza dell'alta cultura e magari anche della scienza? È un'affermazione eretica.
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Eppure potrebbe essere vero. La sera spesso sono stanco e guardo la televisione. Mostra un livello culturale molto basso. La maggior parte dei film sono gialli, polizieschi con droga, spionaggio, serial killer e sparatorie. 
Io leggo molto e ho l'impressione che da circa trent'anni siano scomparse la grande filosofia e la grande letteratura. L'altra sera, dopo avere lasciato due film mediocri e due bestseller banali ho aperto Le notti bianche di Dostoevskij e, fin dalle prime pagine, sono rimasto incantato, annichilito, è stato come rivedere il sole. Che meraviglioso linguaggio che incredibile fantasia, che emozioni sublimi! 
E mi sono detto: ma come siamo caduti in basso, dove stiamo andando? Cosa guarda, cosa legge la gente oggi, cosa impara?
Le chiacchiere di Facebook, i dibattiti politici, le notizie dei telegiornali, ricette di cucina, film come cinquanta sfumature di qualcosa. Basta? Tutti mi rispondono che però c'è un grande progresso scientifico. Ma c'è davvero? 
Le ultime grandi scoperte in fisica le abbiamo fatte all'epoca di Einstein e di Planck e in biologia all'epoca di Watson e Crick.
Ma, mi rispondono, abbiamo fatto straordinari progressi tecnici. Certo in chirurgia, nella robotica e sappiamo comperare tutto con un clic
Ma i nostri scienziati ormai sono tutti specialisti e non hanno più un sapere generale, non c'è più una scienza dagli ampi orizzonti che domini la tecnica e ci consenta di governare i suoi effetti prima che abbiano creato catastrofi. 
Non controlliamo le migrazioni, la speculazione finanziaria, le droghe, l'impoverimento di intere popolazioni, il crollo della democrazia, il predominio dei potenti e le catastrofi ecologiche scatenate dagli interessi politici ed economici lasciati liberi come cavalli impazziti. 
No, la tecnica non basta. Aveva ragione Heidegger, la tecnica non guidata ci porterà alla rovina. Occorre un sapere più alto, una scienza più alta, una capacità di ragionare più diffusa e più alta, un'intelligenza morale che ponga un freno e dia una direzione alla volontà di potenza e al selvaggio interesse economico.