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giovedì 18 settembre 2014

Rivalutare Berlusconi

Dello stesso autore

 3/11 
Più passa il tempo e più appare evidente che all’Italia fa male il ridotto peso politico di Silvio Berlusconi. L’uomo ha, come tutti sanno, grossi difetti, e su questi hanno insistito da tempo immemorabile gran parte dei mass media, la maggioranza della magistratura e avversari di ogni tipo. Si è tuttavia dimenticato – troppo spesso – che possiede anche grandi pregi.
Comincio col dire che il primo è indubbiamente il carisma, elemento indispensabile per ogni leader che aspiri a giocare un ruolo di primo piano nella scena politica. E non solo in quella italiana. Si veda per esempio il caso di Barack Obama. Pur essendo a capo della maggiore potenza mondiale, l’attuale Presidente americano è costantemente in affanno poiché non riesce ad aggregare consenso attorno alla sua figura. Il rispetto, peraltro assai scarso, che gli viene tributato dipende soltanto dal ruolo che ricopre e molti, sia in America sia altrove, contano con ansia i giorni mancanti alla scadenza del suo mandato (che restano, purtroppo, ancora troppi).
Il carisma di Berlusconi è stato sbertucciato in ogni modo. In fondo nessuno osa dire che non esista, ma lo si è da più parti ridotto all’abilità nella comunicazione mediatica lasciando intendere che, tolta quella, c’è il vuoto.
Penso che adesso parecchi detrattori si stiano ricredendo. Non parlo ovviamente di quelli che opportunamente sono stati definiti “antiberlusconiani teologici”. Con loro non c’è niente da fare perché adottano un punto di vista tipico dei fondamentalisti islamici e dei pasdaran iraniani. Essere contro di lui è un atto di fede che non ammette deroghe, troncando ab initio qualsiasi possibilità di discussione.
Il fatto è che l’uomo di Arcore trasuda carisma in tutto ciò che fa, e finora non s’intravede nel centro-destra alcuna figura in grado di prenderne il posto. Alcuni hanno tentato salvo poi scomparire o andare a sbattere contro risultati elettorali modestissimi. Se si pensa che Berlusconi ha rivoluzionato completamente il panorama politico italiano imponendo di fatto un bipolarismo prima inesistente, e che è riuscito a realizzare un progetto – lo sdoganamento dell’ex Msi – da quasi tutto ritenuto impossibile, asserire che il suo carisma è da operetta significa negare la realtà dei fatti.
Lo stesso discorso vale per la politica estera. L’opinione di gran parte dei commentatori (quelli che a sinistra vengono giudicati autorevoli) e dei suoi nemici era che si basasse sui rapporti personali di amicizia – e anche di stima – che il nostro era riuscito a intessere sia nelle vesti di capo del governo sia come leader dell’opposizione. Ed è così, in effetti. Quella di Berlusconi era una vera e propria ragnatela che gli consentiva di parlare in modo diretto con quasi tutti i leader mondiali (alcuni dei quali nel frattempo scomparsi), traendone spesso benefici per il Paese.
Il fatto è che è proprio questo il modo migliore di condurre la politica estera di una nazione. Alzare il telefono e parlare direttamente con l’interlocutore, oppure organizzare viaggi improvvisi per discutere faccia a faccia dei problemi sul tappeto, è mille volte più efficace delle visite ufficiali e dei canali diplomatici tradizionali. E la ragnatela di cui sopra, nonostante tutto, esiste ancora come si è visto in questo periodo drammatico con crisi assai pericolose che si susseguono l’un l’altra. Naturalmente, per poterlo fare, occorrono statura e notorietà globali, qualità che, ahinoi, mancano a chi gestisce ora le nostre relazioni internazionali.
E’ ormai assodato che Berlusconi fu costretto a dimettersi a causa di una sorta di complotto estero, e in questo caso a Obama va riconosciuto il merito di non aver voluto prendervi parte. Lo hanno narrato con dovizia di particolari Giulio Tremonti e altri in vari libri e articoli. Pur “disarcionato” in quel modo, tuttavia, il Cavaliere non ha smarrito il senso di responsabilità dando una mano agli avversari quando era il caso di farlo per il bene del Paese (mentre gli altri, con lui, si erano comportati nel modo esattamente opposto).
Ho detto in precedenza che non si vedono figure che possano prenderne il posto alla guida dello schieramento moderato, ed è questo il vero guaio. Ha 78 anni, ma resta comunque più lucido tanto di coloro che lo circondano, quanto di quelli che se ne sono andati sperando di rimpiazzarlo dando vita a partiti e partitini diversi. Vista la situazione, non resta che augurargli di restare ancora a lungo sulla scena. L’alternativa non c’è.